Afghanistan: La gestione della migrazione dell’UE dopo la caduta di Kabul


La rapida riconquista della città di Kabul da parte dei Talebani lo scorso 15 agosto ha riportato inevitabilmente all’attenzione dei leader e dell’opinione pubblica europea il problema dei profughi in arrivo dall’Afghanistan, così come quello dei richiedenti asilo e dei migranti irregolari afghani già presenti sul suolo europeo.


Come previsto, il ritiro delle truppe statunitensi dal territorio afghano ha posto le basi per l’esplosione di una nuova crisi umanitaria, che solleva profondi interrogativi sulla fragilità dell’attuale politica migratoria e di asilo dell’UE e pone l’Unione di fronte al suo tallone di Achille: l’incapacità di risolvere le frizioni tra gli Stati membri relative alla gestione dei richiedenti asilo.[1] Emerge con urgenza la necessità di ripensare un modello fondato principalmente sull’esternalizzazione e di costruire politiche caratterizzate da maggiore resilienza e sostenibilità nel lungo termine.[2]

La cooperazione con l’Afghanistan nell’ambito della migrazione: il “Joint Way Forward” e la prassi delle intese non vincolanti

 Negli ultimi anni l’Unione europea ha accelerato la cooperazione relativa alla gestione della migrazione con l’Afghanistan attraverso politiche controverse ed inadeguate rispetto all’instabile contesto afghano. Nell’ottobre del 2016, poco prima della Conferenza di Bruxelles sull’Afghanistan, l’Unione europea ha concluso con il paese un controverso accordo non vincolante denominato “Joint Way Forward on migration issues between Afghanistan and the EU” (d’ora in poi Joint Way Forward), ricalcando il modello già tracciato dall’accordo UE-Turchia del medesimo anno, al fine di rispondere alla crisi migratoria emersa nel 2015 e di ridurre il numero di richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan,[3] che nel 2020 hanno costituito il secondo gruppo più numeroso di richiedenti asilo in Europa.[4] L’accordo, concluso senza alcuna consultazione del Parlamento europeo e di quello afghano,[5] si proponeva di spianare la strada per una futura cooperazione, da tradursi possibilmente nella stipulazione di un vero e proprio accordo di riammissione con l’Afghanistan.[6]  Lo scopo primario del Joint Way Forward risiedeva nella facilitazione delle procedure di rimpatrio di cittadini afghani che non rispondevano ai requisiti per accedere o risiedere nel territorio dell’Unione.[7] Tale obiettivo si innestava poi nel più generale scopo di prevenire l’immigrazione irregolare dall’Afghanistan.[8] Una serie di provvedimenti mirava a snellire ed ottimizzare le procedure: venivano previste regole dettagliate sui documenti di viaggio, sullo scambio di informazioni, sull’organizzazione di voli congiunti coordinati dall’Agenzia europea di guardia di frontiera e costiera, Frontex.[9] Tuttavia, nel testo della dichiarazione non è presente alcuna considerazione su coloro che sono a rischio di persecuzione o comunque rischiano di subire un grave danno, se rimpatriate.[10] L’intesa stabiliva poi la formazione di un Joint Working Group (JWG), un organo di monitoraggio composto da rappresentanti di entrambe le parti, incaricato di supervisionare e facilitare l’implementazione del Joint Way Forward; tuttavia a quest’organo non è stato attribuito un eguale mandato relativo al monitoraggio dei diritti dei cittadini afghani rimpatriati e ad oggi poco si conosce dell’operato del JWG e dei risultati raggiunti.[11]

Numerose organizzazioni non governative, tra cui Amnesty International, hanno sottolineato l’impossibilità di considerare l’Afghanistan un paese sicuro, verso cui i cittadini in condizione irregolare possono essere rimpatriati. Non ci sarebbero aree sicure in Afghanistan, a differenza dell’interpretazione dell’UE, e pertanto ogni procedura di rimpatrio costituirebbe una violazione del principio di non refoulement sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951.[12] Nel 2020 infatti, il Global Peace Index ha classificato per il secondo anno di fila l’Afghanistan come il paese meno pacifico al mondo, afflitto da una situazione di persistente insicurezza a cui si è sommato l’impatto della diffusione della pandemia di Covid-19.[13] Anche l’allora relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti degli sfollati interni, Chaloka Beyani, nel 2016 ha sostenuto che un simile accordo avrebbe contribuito ad alimentare l’instabilità in paese come l’Afghanistan, privo delle capacità necessarie per reintegrare gli afghani rimpatriati nel tessuto economico e sociale del paese.[14] Le preoccupazioni espresse dal relatore speciale ONU trovano conferma nelle parole di Abdul Ghafoor, direttore e fondatore dell’ Afghanistan Migrants Advice & Support Organisation, che in un’intervista del 2017 ha affermato che la maggior parte degli afghani rimpatriati migra nuovamente verso l’Iran, la Turchia o l’Europa, perché non possono sopravvivere in Afghanistan.[15]

Alla scarsa attenzione prestata dall’accordo verso la sicurezza dei migranti afghani, si aggiungono problemi di natura legale che hanno notevoli implicazioni. La problematicità del Joint Way Forward si colloca infatti nella più ampia e controversa prassi dell’UE del ricorso a strumenti di cooperazione non vincolanti con i paesi terzi come risposta alle crisi migratorie.[16] La gestione della migrazione è stata infatti crescentemente regolata attraverso strumenti internazionali stipulati in maniera poco rispettosa delle attribuzioni di poteri sancite dai Trattati e soggetti ad un limitato controllo da parte del Parlamento e della Corte di Giustizia dell’UE.[17] La mancanza di meccanismi trasparenti per il monitoraggio dell’attuazione del Joint Way Forward non garantisce il rispetto di garanzie procedurali e dei diritti delle persone coinvolte e non consente di supervisionare le modalità di cessione di risorse finanziarie al paese afghano. Ciò ha portato alcuni studiosi a ritenere che l’UE riesca in tal modo a creare un collegamento tra la politica di aiuto allo sviluppo e quella migratoria, usando la prima come leva per ottenere precisi obiettivi relativi all’ambito dell’immigrazione. L’accordo appare pertanto come uno strumento nelle mani di “stati forti”, come il blocco degli Stati membri dell’UE, utilizzato per imporre condizioni a “stati deboli” e fragili come l’Afghanistan[18], dipendente per il 40% del suo PIL dagli aiuti internazionali allo sviluppo.[19]

L’accordo, la cui scadenza era prevista nell’ottobre 2020 dopo un’estensione di due anni, è stato successivamente rinnovato attraverso la Joint Declaration on Migration Cooperation (JDMC). Nonostante il nome lasci pensare ad un approccio onnicomprensivo, che affronta i vari aspetti della mobilità e della migrazione, la JDMC si pone in realtà come il fedele successore del JWF, di cui eredità le principali caratteristiche: l’attenzione predominante verso i rimpatri di cittadini afghani e l’assenza di una supervisione da parte del Parlamento europeo.[20] La dichiarazione, conclusa stavolta per un periodo di tempo indefinito, restringe il concetto di unità familiare e quello di persone gravemente malate, ampliando la possibilità per gli Stati dell’UE di effettuare rimpatri.[21] L’esame di questi strumenti informali di cooperazione mette in luce la loro inadeguatezza di fronte al rapido deterioramento della sicurezza in Afghanistan dovuto alla presa del potere da parte dei Talebani. 

La risposta dell’UE alla crisi afghana e lo spettro della crisi migratoria del 2015

La situazione afghana richiederebbe un significativo cambio di approccio nella gestione della cooperazione in ambito migratorio tra UE ed Afghanistan. In una dichiarazione congiunta di numerose ONG pubblicata a fine agosto dall’European Council on Refugees and Exiles[22] è stata proposta una strategia incardinata su alcuni pilastri: evacuazione, reinsediamento e creazione di vie sicure di accesso per le persone afghane; assistenza umanitaria sul campo in Afghanistan e nei paesi limitrofi, con particolare riguardo a donne e bambine; ristabilimento  della sicurezza in Afghanistan attraverso la politica estera e di difesa comune (PESC) ed altre azioni esterne dell’UE; accesso rapido a procedure di asilo in Europa.[23] In particolare, nella dichiarazione si sottolinea che l’assistenza umanitaria ed il supporto ai paesi confinanti non possono rappresentare uno strumento per venire meno all’obbligo di offrire protezione internazionale in Europa o per scoraggiare le persone vulnerabili a cercare canali sicuri per ricevere tale protezione.[24]

Tuttavia, di fronte alla tragedia che si sta consumando nel paese dopo la conquista talebana di Kabul, alcuni leader europei hanno manifestato una netta opposizione all’accoglienza degli sfollati afghani che potrebbero raggiungere i confini dell’UE. Particolarmente dura è stata la linea proposta dal cancelliere austriaco Sebastian Kurz, il quale ha escluso categoricamente l’accoglienza per gli afghani in fuga, adducendo come motivazioni le difficoltà ed i costi dell’integrazione delle persone afghane, in un paese che già ospita la quarta comunità afghana in Europa; Kurz ha inoltre ribadito la necessità di proteggere le frontiere esterne al fine di evitare il ripetersi di “ingressi illimitati”, come verificatosi nel 2015.[25] L’unica soluzione percorribile per Kurz rimane quella di offrire sostegno ai paesi vicini affinché si prendano cura dei rifugiati afghani[26]: una posizione che si allinea con quella del premier sloveno Janez Jansa, aspramente criticato dal presidente del Parlamento europeo David Sassoli e dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen per aver affermato che “l’UE non aprirà corridoi per i migranti afghani”[27], in un’interpretazione eccessivamente ampia del suo mandato di presidente del Consiglio dell’Ue. La priorità onnipresente che emerge dalle affermazioni dei leader menzionati è quella di evitare ad ogni costo una nuova crisi dei rifugiati, che il premier sloveno Jansa ha definito come un “errore strategico” commesso nel 2015.[28] Anche esponenti più moderati come il presidente francese Emmanuel Macron non sono del tutto estranei a simili discorsi. In un clima di tensione, dovuto all’approssimarsi delle elezioni presidenziali, Macron ha dichiarato, tra l’altro, che: “Dobbiamo anticipare e proteggerci da un’ondata migratoria dall’Afghanistan”.[29] Gli orientamenti e le priorità espresse dai principali leader europei consentono di comprendere l’orizzonte politico entro cui si colloca la dichiarazione adottata dal Consiglio dell’UE riunitosi d’urgenza lo scorso 31 agosto, che si caratterizza per l’enfasi posta sulla prevenzione di movimenti migratori illegali di vasta scala; il rafforzamento dell’agenzia Frontex e della protezione delle frontiere esterne dell’Unione; il supporto ai paesi confinanti e di transito; la preparazione verso nuove potenziali minacce di natura terroristica.[30]

Viene soltanto menzionata la possibilità, su base volontaria, di attivare schemi per il reinsediamento di persone particolarmente vulnerabili,[31] mentre non viene contemplata l’attivazione di meccanismi di redistribuzione dei richiedenti asilo tra i differenti Stati membri, come era stato fatto nel 2015.


Potrebbe interessarti:


Al contempo, è possibile notare un contrasto tra l’orientamento del Consiglio dei Ministri e quello del Parlamento europeo. Quest’ultimo, lo scorso 16 settembre ha adottato una risoluzione che attribuisce priorità alla sicurezza e ai diritti degli afghani.[32] In particolare, viene sottolineato che il supporto finanziario e in termini di capacity-bulding offerto ai paesi confinanti, maggiormente colpiti dai flussi di sfollati afghani, non rappresenta un’alternativa ad una politica migratoria e di asilo europea a tutti gli effetti[33] e si chiede di conseguenza alla Commissione e agli Stati membri di perseguire una “politica di asilo umana nella quale l’UE si assuma la propria responsabilità morale nell’accoglienza e nell’integrazione in conformità alla Convenzione di Ginevra del 1951”, proponendo un’espansione dello strumento del reinsediamento dai paesi terzi.[34]

Intanto, la Commissione europea ad agosto ha iniziato a redigere un piano per un pacchetto di 600 milioni di euro per supportare il paesi vicini, a cui si sommano altri 300 milioni da destinare all’assistenza umanitaria diretta.[35] Inoltre, ha proposto di destinare 330 milioni di euro al reinsediamento di 30000 rifugiati afghani nell’UE e ha convocato per il prossimo 7 ottobre l’ High-level Resettlement Forum on Afghanistan allo scopo di promuovere il reinsediamento degli afghani in pericolo e la reazione di canali di accesso alla protezione internazionale, mantenendo un dialogo aperto con USA, Regno Unito e Canada nell’ambito di uno sforzo globale.[36] L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza ha finanche proposto di fare ricorso alla direttiva sulla protezione temporanea del 2001, che finora non ha mai trovato applicazione.[37] Tuttavia, alcuni funzionari UE sono scettici e temono che le opportunità per implementare tali proposte siano limitate.[38]

L’accento posto sull’urgenza di una nuova ondata migratoria stride con l’entità dei flussi che si prevede possano raggiungere l’Europa. Secondo uno studio pubblicato a settembre dal Migration Policy Institute, sebbene alcuni profughi afghani tenteranno di raggiungere l’Europa, le prospettive di una nuova crisi dei rifugiati nel breve termine sono molto remote. Gli sfollati che vogliano raggiungere l’Unione europea devono fronteggiare gli elevati costi imposti dai trafficanti[39] e sono consapevoli dei rischi connessi all’immigrazione irregolare e delle rigide misure di controllo dei confini attuate dai paesi alle frontiere esterne dell’UE (per una trattazione più estesa delle pratiche lesive dei diritti umani perpetrate dalle forze di polizia lungo la rotta balcanica si veda.[40]
Sono in primo luogo Pakistan ed Iran ad accogliere la maggioranza dei migranti afghani: 2,2 milioni di rifugiati registrati ed oltre 3 milioni di afghani a cui è stato attribuito uno status differente.[41]  Inoltre, ulteriori ostacoli si frappongono tra l’Afghanistan e l’Europa: nuovi muri e barriere sono stati eretti al confine tra Turchia ed Iran e lungo la frontiera tra Grecia e Turchia.[42]
Non solo, dunque, i parallelismi con la crisi dei rifugiati del 2015 sono inaccurati, ma secondo Matteo Villa, ricercatore del programma Migrazioni dell’ISPI, risultano problematici anche per un altro aspetto. Deviare l’attenzione dell’opinione pubblica europea sull’esigenza di arrestare o ridurre presunti flussi irregolari di sfollati afghani diretti verso l’Europa mette in ombra il problema degli afghani e delle afghane già presenti da anni sul territorio europeo, che si sono visti respingere le proprie richieste di asilo o che sono ancora in attesa dell’esito della loro domanda.[43] Si tratta di almeno 310ooo persone, di cui circa 60000 sono donne, relegate in una condizione di irregolarità, e quindi di precarietà. Per queste persone – afferma Villa- non è sufficiente sospendere le procedure di rimpatrio come alcuni paesi europei hanno prontamente fatto dopo la caduta di Kabul: è necessario attivare tutti gli strumenti di protezione temporanea di cui l’UE e i suoi Stati membri dispongono.[44]

Alcune conclusioni

L’approccio alla questione afghana seguito dai principali leader europei – e che si riverbera così nelle istituzioni europee – rivela l’esistenza di una frattura di fondo che affligge lo spazio politico europeo e che impedisce un avanzamento del processo di integrazione europea, così come l’elaborazione di politiche migratorie maggiormente sostenibili e lungimiranti. Si osserva infatti l’esaurimento di qualsiasi spazio per la solidarietà in Europa.[45] Ciò rappresenta un problema di natura quasi “esistenziale” per l’Unione europea e per la gestione della migrazione, considerando che l’art. 80 del TFUE individua la solidarietà come il valore primario entro cui deve essere incardinata la politica migratoria e di asilo comune.  Come sostiene Natasha Zaun, professoressa associata di Studi sulla migrazione presso la London School of Economics, la crisi dei rifugiati del 2015 è stata in gran parte una crisi del sistema comune d’asilo europeo, una crisi della cooperazione tra Stati membri.[46] Al fine di evitare il ripetersi di un’analoga crisi migratoria, sarebbe necessario riflettere sulle disfunzionalità dell’attuale sistema e raggiungere compromessi per superarle ed elaborare politiche nel quadro di un approccio più equo e multidimensionale, ormai sempre più necessario. [47] In tal senso, la crisi afghana solleva interrogativi più ampi sulle criticità delle recenti politiche europee e dà nuova eco alle richieste di cambiamento espresse da molteplici attori ed osservatori. Il supporto ai paesi terzi che ospitano la maggioranza dei rifugiati afghani è fondamentale, ma l’UE dovrebbe anche destinare le proprie risorse finanziarie alla riforma e al rafforzamento del proprio sistema d’asilo comune ed incrementare le quote di richiedenti asilo cui può offrire protezione.[48]


Note 

[1] Barigazzi J., Afghan takeover reminds Europe: It has no unified refugee plan, Politico, 23 agosto 2021. https://www.politico.eu/article/afghanistan-migrants-europe-no-eu-refugee-plan
[2] Tagliapietra, A., Biden’s withdrawal and Afghan migration to EU, EU Observer, 21 aprile 2021.
[3] Warin C., Zhekova Z., The Joint Way Forward on migration issues between Afghanistan and the EU: EU external policy and the recourse to non-binding law, Cambridge International Law Journal, 2017, pp. 143- 158.
[4] Quie M., Hakimi H., The EU and the politics of migration management in Afghanistan, Chatham House, novembre 2020.
[5] Ghafoor, A., Interview with Abdul Ghafoor, Afghanistan Migrants Advice & Support Organisation on one year Joint Way Forward between EU & Afghanistan, European Council on Refugees and Exiles, 6 ottobre 2017. https://ecre.org/interview-with-abdul-ghafoor-afghanistan-migrants-advice-support-organisation-on-one-year-joint-way-forward-between-eu-afghanistan/
[6] Moreno-Lax V., EU External Migration Policy and the Protection of Human Rights, European Parliament Think Tank, Settembre 2020.
[7] Ibidem.
[8] Ibidem.
[9] Ibidem.
[10] Ibidem.
[11] Ibidem.
[12] Quie M., Hakimi H., The EU and the politics of migration management in Afghanistan, Chatham House, novembre 2020.
[13] Amnesty International, NGO Joint Statement: Afghanistan is not safe – the Joint Way Forward means Two Steps Back, 17 settembre 2020. https://www.amnesty.eu/news/ngo-joint-statement-afghanistan-is-not-safe-the-joint-way-forward-means-two-steps-back/
[14] Rasmussen, S.E., EU deportation of migrants ‘adds to Afghanistan’s instability’, says UN, The Guardian, 1 novembre 2016. https://www.theguardian.com/global-development/2016/nov/01/eu-deportation-of-migrants-adds-to-afghanistans-instability-says-un-united-nations
[15]Ghafoor, A., Interview with Abdul Ghafoor, Afghanistan Migrants Advice & Support Organisation on one year Joint Way Forward between EU & Afghanistan, European Council on Refugees and Exiles, 6 ottobre 2017.
[16] Warin C., Zhekova Z., The Joint Way Forward on migration issues between Afghanistan and the EU: EU external policy and the recourse to non-binding law, Cambridge International Law Journal, 2017, pp. 143- 158.
[17] Ibidem.
[18] Warin C., Zhekova Z., The Joint Way Forward on migration issues between Afghanistan and the EU: EU external policy and the recourse to non-binding law, Cambridge International Law Journal, 2017, pp. 143- 158.
[19] Quie M., Hakimi H., The EU and the politics of migration management in Afghanistan, Chatham House, novembre 2020.
[20] European Council on Refugees and Exiles, THE JDMC: DEPORTING PEOPLE TO THE WORLD’S LEAST PEACEFUL COUNTRY, Policy Note 35, 2021.
[21] Ibidem.
[22] L’European Council on Refugees and Exiles è un’alleanza costituita da 103 organizzazioni non governative operanti in 39 paesi europei, che si propone di difendere i diritti di rifugiati e richiedenti asilo in Europa.
[23] European Council on Refugees and Exiles, Joint Statement: Current Priorities for an EU Response to the Situation in Afghanistan, 25 agosto 2021. https://ecre.org/joint-statement-current-priorities-for-an-eu-response-to-the-situation-in-afghanistan/
[24] Ibidem.
[25] Sky Tg24, Austria, Kurz: “Non accoglieremo nessun afghano in fuga”, 14 settembre 2021. https://tg24.sky.it/mondo/2021/09/14/kurz-austria-rifugiati-afghanistan
[26] Ibidem.
[27] Iorio V., Afghanistan: scontro a Bruxelles sull’accoglienza. Jansa: “L’Ue non aprirà corridoi per i migranti”, Euractiv Italia, 23 agosto 2021. https://euractiv.it/section/migrazioni/news/afghanistan-scontro-a-bruxelles-sullaccoglienza-jansa-lue-non-aprira-corridoi-per-i-migranti/
[28] Ibidem.
[29] Villa M., Migranti e profughi afghani: quello che l’Europa dovrebbe fare, ISPI, 18 agosto 2021. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migranti-e-profughi-afghani-quello-che-leuropa-dovrebbe-fare-31374
[30] Consiglio dell’Ue, Statement on the situation in Afghanistan, 31 agosto 2021. https://www.consilium.europa.eu/en/press/press-releases/2021/08/31/statement-on-the-situation-in-afghanistan/
[31] Ibidem.
[32] Parlamento europeo, Situation in Afghanistan. European Parliament resolution of 16 September 2021 on the situation in Afghanistan, (2021/2877(RSP)), 16 settembre 2021.
[33] Ibidem.
[34] Ibidem.
[35] Pop V., Foy H., EU plans €600m package for Afghanistan’s neighbours to avert refugee crisis, Financial Times, 31 agosto 2021
[36] https://ec.europa.eu/commission/commissioners/2019-2024/johansson/blog/timetodelivermigrationeu-no15-high-level-resettlement-forum-afghanistan-4-october-2021-protecting_en
[37] Barigazzi J., Afghan takeover reminds Europe: It has no unified refugee plan, Politico, 23 agosto 2021. https://www.politico.eu/article/afghanistan-migrants-europe-no-eu-refugee-plan
[38] Ibidem.
[39] Lo studio fa riferimento a dati del 2015 offerti dal Ministero dei Rifugiati e dei Rimpatri del governo afghano ormai destituito. In media vengono richiesti 7500$ ad un richiedente asilo che intenda fruire dei servizi offerti dai trafficanti.
[40] Sayed N. et al., Will the Taliban’s Takeover Lead to a New Refugee Crisis from Afghanistan?, Migration Policy Institute, 2 settembre 2021. https://www.migrationpolicy.org/article/taliban-takeover-new-refugee-crisis-afghanistan
[41] Ibidem.
[42] Ibidem.
[43] Villa M., Migranti e profughi afghani: quello che l’Europa dovrebbe fare, ISPI, 18 agosto 2021. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migranti-e-profughi-afghani-quello-che-leuropa-dovrebbe-fare-31374
[44] Ibidem.
[45] Villa M., Migranti e profughi afghani: quello che l’Europa dovrebbe fare, ISPI, 18 agosto 2021. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/migranti-e-profughi-afghani-quello-che-leuropa-dovrebbe-fare-31374
[46] Zaun, N., ‘Rethinking the ‘European Refugee Crisis’, Refugee Studies Centre, Oxford, 2020
[47] Quie M., Hakimi H., The EU and the politics of migration management in Afghanistan, Chatham House, novembre 2020.
[48] Mohammadi S., Askary S., The EU efforts to repatriate Afghan asylum seekers are dangerous, Al Jazeera, 26 aprile 2021. https://www.aljazeera.com/opinions/2021/4/26/the-eu-efforts-to-repatriate-afghan-asylum-seekers-are-dangerous


Foto copertina: Migranti afgani si radunano in una piazza fuori dalla stazione della metropolitana Victoria nel centro di Atene, Grecia, 24 febbraio 2016. SIMELA PANTZARTZ