Giustizia di transizione in Cile, una promessa incompiuta


Nel 1990 in Cile tornava la democrazia e si metteva in moto un processo di giustizia di transizione. Sono passati più di trent’anni da allora, eppure il lavoro svolto dalla giustizia contro le violazioni dei diritti umani commesse durante la dittatura rimane insufficiente.


 

Impunità in democrazia

Il processo di giustizia di transizione avviato in Cile nel 1990 aveva l’obiettivo di affrontare le gravi violazioni dei diritti umani[1] avvenute durante i 17 anni di dittatura. In conformità alle norme internazionali sui diritti umani, il Paese si impegnava a fare i conti con il passato recente agendo su quattro sfere: verità, giustizia, riparazione e non ripetizione.

Fino al 1998 le condanne furono minime[2]. Spesso i tribunali si dichiaravano incompetenti, rimandando i casi alla giustizia militare. I giudici continuavano ad applicare sistematicamente il decreto di Amnistia dettato dalla giunta militare che impediva di processare le persone coinvolte in tutti i crimini commessi tra il 1973 e il 1978. Sul potere giudiziario democratico pesava ancora la figura ingombrante di Pinochet, Capo di stato maggiore dell’esercito fino al 1998 e poi senatore a vita della Repubblica.

Fantasmi del passato

L’arresto di Pinochet a Londra nel 1998, una Corte suprema progressista e le pressioni da parte della Corte interamericana dei diritti umani inaugurarono una nuova fase giurisprudenziale. Il decreto di amnistia cominciò ad essere ignorato, il sequestro fu qualificato come un delitto di tipo permanente e si affermò l’imprescrittibilità dei crimini contro l’umanità. Ciò favorì la presentazione di denunce e di ricorsi da parte delle vittime, portando a numerosi processi e condanne.

Tuttavia, dal 2007 a oggi, si registra una fase di regressione giudiziaria. In alcuni casi[3] è stata applicata la “mezza prescrizione”[4], riducendo le pene inflitte e stabilendo sanzioni non detentive. Negli ultimi anni, i condannati e gli indagati per violazioni dei diritti umani stanno adottando la strategia dilatoria di ricorrere alla Corte costituzionale per impugnare le sentenze ratificate dalla Corte suprema. Il trascorrere del tempo contribuisce all’ “impunità biologica”[5]: la morte di tutti i sospettati o gli indiziati di un processo comporta la sua archiviazione, con evidenti ripercussioni sulla verità storica e giudiziaria.

Attualmente, solo un quarto dei responsabili dei casi di persone riconosciute dallo Stato come scomparse o assassinate ha ricevuto una sentenza definitiva eseguibile, mentre più di 1400[6] cause sono ancora in corso. Dei circa 1200 desaparecidos ufficiali, sono stati rintracciati e identificati i resti di solo 309 [7] persone.

Riscrivere il futuro

I limiti della giustizia cilena dipendono dal modello di transizione democratico[8], a sua volta condizionato dal problema costituzionale. La transizione cilena non sorge dalla caduta della dittatura, ma da una sconfitta elettorale avvenuta dentro un quadro istituzionale disegnato dal regime. La Costituzione del 1980 ha impedito un cambio profondo nel Cile democratico grazie ai suoi meccanismi interni[9]: nomine di senatori a vita, sistema binomiale[10] che sovrarappresenta una minoranza in Parlamento, leggi organiche costituzionali che richiedono quorum superiori alla maggioranza assoluta e una Corte costituzionale con ampia competenza di controllo preventivo.

Le manifestazioni popolari del 2019, hanno aperto le porte a una nuova agenda politica che è culminata in un processo costituente. Inoltre, la dura repressione delle proteste ha sollevato diversi interrogativi sull’efficacia delle misure di non ripetizione adottate finora, riaprendo pubblicamente il tema delle violazioni dei diritti umani[11]. La maggioranza dell’Assemblea costituente, composta da indipendenti, potrebbe affrontare la questione da una prospettiva conforme ai dettati del diritto internazionale, superando le attuali divisioni partitiche che impediscono di avanzare su questo tema.


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Note

[1] Instituto Nacional de Derechos Humanos, Información Comisión Valech.  https://www.indh.cl/destacados/comision-valech
[2] “PRADH”, 16 giugno 2020, Justicia transicional, un pendiente del Estado chileno con los derechos humanos.https://pradh.org/2020/06/16/justicia-transicional-un-pendiente-del-estado-chileno-con-los-derechos-humanos
[3] “Diario Universidad de Chile”, 21 dicembre 2020, Caso Colombo: Querellantes buscan invalidar fallo que absolvió a agentes de la DINA. https://radio.uchile.cl/2020/12/21/caso-colombo-querellantes-buscan-invalidar-fallo-que-absolvio-a-agentes-de-la-dina
[4] “PRADH”, Justicia transicional, un pendiente del Estado chileno con los derechos humanos. cit.
[5] Centro de Derechos Humanos Universidad Diego Portales, Informe anual sobre derechos humanos en Chile 2020, UDP, 2020, p. 514; 578.
[6] “El Mostrador”, opinione di Gloria Elgueta, 7 dicembre 2020, El fracaso de la justicia transicional en Chile. https://www.elmostrador.cl/noticias/opinion/2020/12/07/el-fracaso-de-la-justicia-transicional-en-chile/#:~:text=Un%20balance%20m%C3%A1s%20general%20de,DDHH%20en%20dictadura%20resulta%20desolador.&text=Otras%201.459%20causas%20por%20violaciones%20a%20los%20derechos%20humanos%20contin%C3%BAan%20en%20tramitaci%C3%B3n
[7] Universidad Diego Portales, Informe anual sobre derechos humanos en Chile 2020, op. cit. p. 582.
[8] Claudio Nash, “Las deudas de la transición chilena en materia de derechos humanos. Un debate incómodo”, in Revista Anales, VII Serie, N. 15, 2018, p. 144.
[9] Universidad Diego Portales, Informe anual sobre derechos humanos en Chile 2020, op. cit. p. 505.
[10] “Pressenza”, Efren Osorio, 23 aprile 2014, Binominal: de la falsa democracia a la democracia incompleta. https://www.pressenza.com/es/2014/04/binominal-de-la-falsa-democracia-la-democracia-incompleta
[11] Amnistía Internacional, Ojos sobre Chile: violencia policial y responsabilidad de mando durane el estallido social, ottobre 2020. https://www.amnesty.org/es/latest/research/2020/10/eyes-on-chile-police-violence-at-protests


Foto copertina: Fotografie delle vittime della dittatura di Augusto Pinochet, in un memoriale a Santiago del Cile. – Foto: Zuma