Il 15 agosto 2021 l’Afghanistan era sotto gli occhi di tutti. Il suo territorio montuoso diventava arena di scontro mediatico e ideologico. I riflettori sono calati, e il silenzio della rassegnazione viene ora interrotto solo dalle urla dei dissidenti in prigione e dai pianti di chi muore di stenti. La fisiologia della tragedia ha portato davanti ai nostri volti il dramma ucraino, e in pochi sono rimasti ad osservare Kabul.
La verità sta in Medioriente, nelle segrete della geopolitica, dove tutto viene spazzato via dalle tempeste di terra ocra. Per quanto sia difficile da credere, il futuro dell’Ucraina, passa adesso per l’Afghanistan. Negli ultimi mesi i rapporti tra Russia e Talebani si sono rafforzati, e la reciproca intesa tra i due sembra essere ormai allo scoperto; tutto questo avviene in un clima di indifferenza profonda.
Il legame robusto in questione venne definito da John W. Nicholson, comandante delle forze statunitensi in Afghanistan, come “un’intesa maligna”, a cui prendevano parte anche Iran e Pakistan. A supporto di questa tesi nel 2020 il New York Times affermò che fonti dell’intelligence USA avevano rintracciato degli ingenti spostamenti di fondi da conti correnti russi all’organizzazione talebana. Sebbene le inchieste finanziarie possano rivelare informazioni, la Russia è sempre stata abbastanza trasparente nell’intrattenere relazioni ambigue con il gruppo dei Talebani: la portavoce del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova, il 12 marzo del 2021 affermava che “La formazione di un’amministrazione temporanea e inclusiva sarebbe una soluzione logica al problema dell’integrazione dei talebani nella vita politica pacifica dell’Afghanistan”. Quest’ultima problematica dichiarazione viene rilasciata appena sei giorni prima della Conferenza di Mosca sulla Pace afghana, a cui partecipano tra l’altro, cinque rappresentanti dei talebani provenienti da Doha, Qatar.
Le interazioni tra Cremlino e governo talebano, non solo non hanno perso vigore passato il 15 agosto 2021, ma al contrario, si intensificano e sembrano finalmente uscire alla luce del sole. La presa di Kabul, e il conseguente insediamento del regime talebano in Afghanistan, ha significato la fuga di ambasciate e corpi diplomatici dal Paese: a rimanere operativa sul territorio c’era però l’ambasciata russa, insieme a quella cinese. Due giorni dopo l’assalto alla capitale, l’ambasciatore russo a Kabul, Dmitry Zhirnov, ha incontrato la leadership dei talebani. In quei giorni, l’inviato speciale per la Russia in Afghanistan, Zamir Kabulov, commentò gli eventi così: “Il riconoscimento o il non riconoscimento dipenderà dal comportamento delle nuove autorità. Osserveremo attentamente con quale responsabilità governeranno il Paese nel prossimo futuro. Sulla base dei risultati, la leadership russa trarrà le dovute conclusioni”. Sempre il 17 agosto, i talebani affermarono di aver messo in sicurezza il perimetro dell’ambasciata russa a Kabul.
Quanto affermato da Kabulov si è rivelato infine veritiero, Mosca ha effettivamente osservato con attenzione l’operato dei Talebani, e ha preso le misure che riteneva corrette: a Febbraio 2022, Sergei Lavrov, accoglie il primo diplomatico afghano inviato dai Talebani. Circa due mesi dopo, il 31 marzo, lo stesso ministro degli esteri partecipa alla Conferenza dei Paesi vicini all’Afghanistan, tenuta a Tunxi nella provincia cinese di Anhui, qui Xi Jinping definisce la drammatica e silenziosa crisi umanitaria afghana come un importante “punto di svolta dal caos all’ordine”. Focus della Conferenza (presenziata anche da Iran, Pakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan), è stata la necessità di mantenere la pace nel suolo afghano, e la conseguente necessaria collaborazione con il regime.
Le dichiarazioni rilasciate al termine della Conferenza di Tunxi non hanno avuto una grande eco nello scenario mediatico internazionale, eppure le affermazioni di Cina e Russia sull’argomento afghano sono utili per comprendere il futuro dei negoziati ucraini. Il ministro degli esteri cinese, in merito alla situazione dell’Ucraina, ha espresso massima fiducia e speranza nell’operato russo sostenendo fermamente il desiderio russo di portare la pace a Kiev.
Gli orizzonti disegnati da queste parole si incupiscono con lo scorrere del tempo e del silenzio. Il linguaggio negazionista delle due potenze sembra ormai descrivere scenari fantasy, ed è completamente alienato dalla realtà: la crisi umanitaria che si sta consumando in Afghanistan ha raggiunto una portata colossale, quasi il 99% della popolazione vive nella povertà assoluta; non si è affatto in “un punto di svolta dal caos all’ordine”, siamo al punto di arrivo, semmai.
Russia e Cina confermano quindi la loro fitta alleanza che, intrisa di omissioni e menzogne capovolge i paradigmi internazionali. La negazione della strage afghana si rifletterà presto nel campo ucraino, e il sostegno politico al regime talebano è solo l’ennesimo campanello dall’allarme che preannuncia il chiaro obiettivo russo in Ucraina.
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Foto copertina: Kabul, Afghanistan. Ansa