“La Polonia non dovrebbe restare nell’UE ad ogni costo”.
Con queste parole, pronunciate dal Ministro della Giustizia polacco Zbigniew Ziobro, si riaccende la battaglia sullo stato di diritto, che vede Bruxelles e Varsavia contrapposte. In previsione di un eventuale ingresso di nuovi membri dai Balcani occidentali, il processo di Allargamento è da ritenersi un successo diplomatico, ovvero sarà destinato a spaccare il progetto europeo?
Cosa si intende per allargamento dell’Ue e come funziona?
Per Allargamento dell’UE si intende il processo di “espansione” dei confini comunitari verso quei paesi che fanno richiesta formale per divenire membro dell’Unione Europea, a condizione di rispettare alcuni criteri e requisiti di adesione. Il fondamento giuridico di tale processo di adesione è da rinvenirsi nel Trattato sull’Unione europea, che fornisce la base giuridica per qualsiasi stato europeo che intenda aderire all’UE (art.49 TUE) e stabilisce i valori fondanti dell’Unione (art.2 TUE).[1]
Ogni paese candidato è chiamato a soddisfare dei criteri di adesione, definiti nel 1993 durante la riunione del Consiglio europeo di Copenaghen e sono spesso indicati come i “criteri di Copenaghen“.[2] Tali criteri stabiliscono una serie di condizioni democratiche, economiche e politiche per i paesi che intendono aderire all’UE. Vediamoli nello specifico:
- Istituzioni stabili che garantiscano democrazia, stato di diritto, diritti umani e rispetto e tutela delle minoranze
- Un’economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alla concorrenza e alle forze di mercato all’interno dell’UE
- La capacità di assumere gli obblighi risultanti dall’adesione – in particolare l’adesione agli obiettivi dell’Unione politica, economica e monetaria – e darvi seguito in modo efficace
In particolare, si ricorda che nel corso del Consiglio europeo svoltosi a Madrid nel dicembre 1995 si è aggiunto che il “paese candidato deve essere in grado di applicare il diritto comunitario e deve essere in grado di garantire che il diritto comunitario recepito nella legislazione nazionale sia attuato in modo efficace attraverso adeguate strutture amministrative e giudiziarie”.[3]
Il processo di adesione si articola in tre passaggi fondamentali[4]:
- Quando un paese è pronto per avviare il processo di adesione, presenta una richiesta formale al Consiglio dell’UE e riceve ufficialmente lo status di candidato per la membership, concesso dal Consiglio dell’UE a seguito di un parere della Commissione Europea.
- A seguito di decisione unanime da parte del Consiglio dell’UE inizia la fase dei negoziati, un procedimento che include l’assimilazione del diritto UE da parte del paese candidato, la preparazione per l’approvazione e applicazione di riforme strutturali in campo economico, amministrativo e della giustizia al fine dell’adeguamento ai succitati criteri di adesione.
- Conclusa la fase dei negoziati e delle riforme, viene stilato un trattato di adesione. L’adesione deve essere approvata all’unanimità dal Consiglio dell’UE e ricevere l’approvazione del Parlamento Europeo. Il trattato deve essere firmato e ratificato da ciascuno stato membro e dal paese di adesione prima di entrare in vigore.
Una particolare procedura, invece, è prevista per il processo di allargamento dell’UE nei Balcani occidentali, nota come processo di stabilizzazione e associazione. In questo caso, i paesi interessati ricevono lo status di potenziale candidato. Lo status ufficiale di candidato potrà essere assegnato qualora il paese dimostri di essere pronto ad avviare formale processo di ammissione.[5]
L’UE verso i Balcani
Il piano europeo di allargamento UE nei Balcani Occidentali trova origine nel corso del Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003, durante il quale i leader UE confermarono che il futuro dei Balcani occidentali è nell’Unione europea.
Il 17 maggio 2018, a Sofia (Bulgaria) si tenne il vertice UE-Balcani occidentali, che vide la partecipazione di tutti i leader europei e di sei paesi balcanici: Albania, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Montenegro, Repubblica di Macedonia del Nord e Kosovo[6].
Al termine del vertice i leader europei ed i leader balcanici hanno sottoscritto la Dichiarazione di Sofia[7], un documento nel quale sono delineate le nuove misure per una cooperazione rafforzata nel settore della sicurezza, della legalità, dell’innovazione tecnologica, digitale ed infrastrutturale della regione e per accelerare il processo di integrazione dei Balcani occidentali nell’UE.
L’allora Presidente della Commissione UE, Jean-Claude Juncker, aveva annunciato una serie di finanziamenti, compresi nel Western Balkans Investment Framework, attraverso il quale “L’Ue stanzierà contributi per 11 progetti di sviluppo dei trasporti, dal valore di 190 milioni di euro. Altri 30 milioni di euro verranno stanziati per lo sviluppo della banda larga. La Commissione, inoltre, incrementerà il supporto per l’educazione, in particolare raddoppiando i fondi Erasmus+ previsti per la regione e lanciando una serie di iniziative per i giovani.”[8]
Tuttavia, è necessario ricordare che, nel corso del vertice, si levarono alcune voci dissonanti, che manifestavano preoccupazione per un ulteriore allargamento dell’UE, in mancanza di riforme per migliorare il funzionamento e la stabilità della stessa UE. I paesi che manifestarono scetticismo furono, in particolare, Francia e Paesi Bassi.
Tuttavia, a partire dal 24 marzo 2020 i ministri degli esteri europei si sono accordati sull’avvio dei negoziati per l’allargamento dell’Ue con l’adesione dell’Albania – paese candidato da giugno 2014 – e la Repubblica di Macedonia del Nord – candidato dal dicembre 2005.
Nel mentre, sono in corso i negoziati con Serbia (gennaio 2014), Montenegro (giugno 2012), Turchia (ottobre 2005) e hanno ottenuto lo status di potenziale candidato la Bosnia-Erzegovina – domanda di adesione presentata nel febbraio 2016 – e Kosovo – accordo di stabilizzazione e di associazione entrato in vigore nell’aprile 2016.
Il primo tassello del processo di allargamento Ue verso i Balcani è stato posto con l’ingresso della Croazia nell’UE a partire dal 2013.
Polonia e Ungheria: Gioie…
Nell’aprile del 2003, ad Atene, fu firmato l’accordo di adesione all’Unione Europea, ufficialmente in vigore a partire dal 1° gennaio 2004, a seguito di un referendum popolare, che vide il 77,45 % dei votanti polacchi, favorevoli all’ingresso in UE.[9]
A dispetto dello scontro politico UE-Polonia – che infuria da quasi un decennio, in merito al rispetto dello stato di diritto e alla deriva illiberale del governo conservatore guidato dal partito PiS e dal suo leader carismatico Jarosław Kaczyński – il caso della Polonia potrebbe essere considerato quale successo della European Neighbourhood Policy (ENP) ovvero la Politica europea di vicinato, almeno per quanto riguarda l’integrazione economica.
La Polonia è la sesta economia UE. Essa ha conosciuto una crescita economica senza eguali nell’Europa orientale, presentando una delle economie più forti e strutturate tra i paesi di recente adesione nella UE. L’Agenzia di rating Fitch ha confermato il rating “A-”, citando “l’economia diversificata della Polonia con un record di crescita stabile negli ultimi anni” e “un solido quadro macroeconomico e di politica monetaria”.[10]
In Polonia, il reddito medio disponibile pro capite corretto è di 19.814 dollari annui, una cifra notevolmente inferiore alla media OCSE ed UE, presentando però uno tra i più bassi tassi di disoccupazione d’Europa (3,3%) subito dietro Rep.Ceca e Germania; con una percentuale del 66 % di occupati tra la fascia d’età 15 – 64 anni.[11] Secondo dati Eurostat, il PIL polacco al 2019 era di 529,0 miliardi di euro[12], quasi il doppio rispetto all’anno 2004, quando il PIL si attestava intorno ai 255 miliardi di dollari[13] (dati Banca Mondiale), con un tasso di crescita del 4,0 %, numeri che confermano la costante crescita economica della Polonia, stimolata proprio dalla partecipazione al mercato unico e alla unione doganale.
Sempre l’agenzia Fitch ha aggiunto di aspettarsi che il PIL della Polonia crescerà del 4,1 % l’anno prossimo e crescerà del 4,7 % nel 2022.[14]
I vantaggi economici sono stati molteplici. In primo luogo, il settore agricolo, che conta per il 2,7% del PIL e che impiega circa il 10 % della popolazione attiva, ha goduto e gode dei fondi europei ricevuti nell’ambito della Politica Agricola Comune PAC, risultando uno dei principali beneficiari.[15] Inoltre, secondo dati del 2018 la spesa totale dell’UE in Polonia è stata di 16,350 miliardi di euro (il 3,43% dell’economia polacca), mentre il contributo complessivo polacco al bilancio europeo è stato di 3,983 miliardi di euro (0,84%), facendo della Polonia uno dei maggiori beneficiari dei finanziamenti UE.[16]
Similmente, Budapest ha beneficiato dei finanziamenti UE per un totale di 6,298 miliardi di euro, nel 2018, a fronte di un contributo complessivo di 1,076 miliardi di euro al bilancio europeo.[17] Il PIL annuo ungherese nel 2019 si attestava intorno ai 143 miliardi di euro, con un tasso di crescita del 4,6% ([18]) ed un PIL pro capite di circa 13 mila euro.[19] Tuttavia, da un punto di vista squisitamente geopolitico, risulta evidente il forte legame politico ed economico con la Russia di Putin, dalla quale l’Ungheria importa oltre il 44% del proprio petrolio.
…e dolori per l’UE.
Tuttavia, i vantaggi economici sono compensati dalle tensioni politiche che animano i rapporti di Varsavia e Budapest con l’UE, soprattutto per quanto riguarda le riforme costituzionali illiberali, conservatrici e populiste avviate dai governi PiS a partire dal 2015,[20] e dal governo di Viktor Orbán. Con il completamento della Brexit, il fronte euroscettico si concentra oggi ad Est, con il Gruppo di Visegrad nel ruolo di agguerrito antagonista di Bruxelles.
In particolare, una riforma del sistema radio-televisivo pubblico che pone di fatto la radio e la Tv di Stato sotto controllo governativo; una riforma della giustizia, compresa la Corte costituzionale, su proposta dall’allora premier Beata Szydło, che concedeva al governo un maggior controllo sul potere giudiziario. L’approvazione di tali riforme da parte del Sejm è costata il deferimento alla Corte di giustizia UE, in applicazione dell’art 7, par.1, TUE, e l’avvio di una procedura di infrazione annunciata dalla Commissione Europea, “in seguito alla nuova legge sulla giustizia, entrata in vigore all’inizio del 2020”.
Con l’ascesa del partito conservatore Fidesz ed il ritorno al governo di Viktor Orbán nel 2010, sono state varate una lunga serie di leggi restrittive delle libertà civili e politiche e di una vigorosa deriva illiberale, in particolare la riforma costituzionale del 2013 per ridimensionare il potere della Corte costituzionale; leggi ed emendamenti per rafforzare il controllo sui media, sulle università – emblematico il caso della Central European University CEU fondata da George Soros – e la stretta sulle ONG che ricevono fondi dall’estero. Il Parlamento Europeo, nel 2018, aveva attivato l’art.7 TUE per sanzionare Budapest. Sanzioni bloccate dall’opposizione di Polonia, Bulgaria e Repubblica Ceca.
Lo scontro sul rispetto dello stato di diritto e sulle controverse politiche, polacche e ungheresi, in merito alle libertà della comunità LGBT+ e delle vibranti resistenze legate alla redistribuzione dei migranti, ha raggiunto un punto critico con l’approvazione da parte di Bruxelles del piano di rilancio dell’Unione, per combattere gli effetti del Covid-19. In particolare, Varsavia e Budapest hanno provveduto a bloccare l’approvazione del piano di rilancio europeo da 750 miliardi, ponendo il veto a causa della proposta della Commissione Europea di vincolare l’elargizione dei fondi al rispetto dello stato di diritto e dei valori democratici dell’Unione. Il fondamento di tale proposta risiede nella volontà della Commissione guidata da Ursula vor der Leyen di impedire che un governo che non rispetti più le regole comuni continui a beneficiare dei finanziamenti dell’Unione.[21]
Nei giorni scorsi, sembrerebbe essersi aperto uno spiraglio per un parziale dietrofront del governo Morawiecki che, come annunciato dallo stesso leader Kaczynski, ha annunciato la abolizione della controversa Camera Disciplinare della Suprema Corte entro settembre, dando risposta all’ultimatum del Commissario UE per la Giustizia Didier Reynders, che ha chiesto a Varsavia di provvederne alla rimozione entro il 16 agosto.[22]
Inoltre, è necessario precisare che, al momento in cui si scrive questo articolo, il governo di Mateusz Morawiecki è scosso da una serie di eventi che potrebbero portare il paese ad elezioni anticipate. Il Premier polacco ha recentemente estromesso dal governo la Viceministra allo Sviluppo, Anna Kornecka, esponente del partito di governo Accordo, per aver criticato l’ultima misura fiscale proposta dal governo, nota come “Polish Deal”, mossa che ha irritato non poco il leader Jarosław Gowin, e che potrebbe portare a una rottura nella coalizione di destra.[23] A ciò si aggiunge l’accendersi delle tensioni con l’amministrazione Biden in merito alla stretta governativa sul canale televisivo TVN, gestito dalla americana Discovery; e il recente ritorno di Donald Tusk in Piattaforma Civica. Da sottolineare che alcuni sondaggi condotti in Polonia mostrano un aumento dei sostenitori di una eventuale “Polexit”, sebbene tutti mostrino che una larga maggioranza sia a favore della permanenza in UE.[24]
La favola estone
La favola estone è una favola digitale, che vede il piccolo paese del Baltico in cima alla classifica del World Economic Forum per l’imprenditoria; in cime alla classifica per la libertà di Internet secondo Freedom House[25] e prima per il numero di startup, con 550 startup, 42 ogni 100 abitanti, secondo una classifica dell’Index Venture.[26] Grazie alla particolare attenzione per l’innovazione tecnologica e digitale, tanto nella pubblica amministrazione quanto nel privato, l’Estonia è diventata uno dei leader del digitale nel mondo. I cittadini estoni possono accedere ad una serie di servizi pubblici attraverso una carta elettronica già a partire dal 2002, mentre dal 2014 è attiva la e-residency, grazie alla quale è possibile aprire una società ed ottenere una residenza digitale. L’Estonia ha imparato a sfruttare le potenzialità della transizione digitale e delle startup, garantendo università gratuita e attirando talenti da ogni parte del mondo.
Inoltre, il popolo estone ha la possibilità di esercitare il proprio diritto di voto attraverso l’innovazione dell’e-vote, il voto digitale, uno strumento nato da un primo esperimento condotto già nel 2004. In una intervista al Corriere della Sera, la nuova premier estone Kaja Kallas ha affermato “Grazie alla digitalizzazione e al sostegno dell’Europa, stiamo meglio ora rispetto a dieci anni fa. Quello che abbiamo imparato come settore pubblico, dobbiamo ora trasferirlo al settore privato. Abbiamo molte microimprese da accompagnare”. [27]
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Considerazioni
Abbiamo visto, dunque, come la strategia di allargamento dell’UE, soprattutto in considerazione dello sviluppo dei paesi di recente ammissione, proceda tra luci ed ombre, con uno squilibrio tra integrazione economica ed integrazione “democratica”, con evidente insuccesso della seconda.
Secondo un sondaggio condotto dall’ European Council of Foreign Relations, la sfiducia dei cittadini europei verso l’UE è aumentata nel corso dello scorso anno, mentre “la maggioranza in Francia (62%), Germania (55%), Italia (57%), Spagna (52%), e Austria (51%) ritiene che il progetto europeo si stia sgretolando”.[28] Tuttavia, rileva il sondaggio, nonostante questa crisi della fiducia, in 11 paesi su 12, resta diffusa la convinzione che serva una maggior cooperazione nell’UE.
Un sondaggio promosso dalla Commissione Europea e dal Parlamento Europeo, Future of Europe, condotto nel 2020, ha rilevato che per i cittadini europei i principali assets dell’UE sono: Il rispetto per Democrazia, Diritti Umani e Stato di Diritto (32%) e la Forza economica, industriale e commerciale dell’UE (30%). I cittadini intervistati in Estonia (41%), Lettonia (28%), Lituania (42%), Polonia (26%) e Ungheria (29%) hanno risposto positivamente al primo quesito. Mentre risulta importante, per una grande percentuale di cittadini di questi paesi, la garanzia di eguali standard di vita nel futuro dell’Unione.[29]
Dunque, considerando le divergenze tra stati membri, soprattutto per quanto riguarda il rispetto dei valori fondamentali (come dimostrato dagli esempi di Polonia e Ungheria), ed in vista del futuro allargamento Ue con i nuovi membri nell’area balcanica sarebbe lecito porsi delle domande.
Riuscirà l’Unione Europea a riformarsi e garantirsi strumenti per coniugare l’integrazione economica dei nuovi membri con il rispetto dei valori democratici e dello stato di diritto? Riuscirà l’Unione ad introdurre meccanismi e procedure che impediscano l’utilizzo del veto e dell’unanimità al fine di bloccare sanzioni, provvedimenti e condizionalità volte a garantire il rispetto di tali principi? Ovvero essa correrà il rischio di crollare come un castello di carte, qualora dovesse formarsi un nuovo fronte euroscettico nei confronti dell’allargamento dell’UE?
Come riportato dal già menzionato sondaggio Future of Europe, oltre il 50% degli intervistati sostiene che i cittadini europei dovrebbero essere attivamente coinvolti nella Conferenza sul Futuro dell’Europa, mentre il 55% sostiene che il voto alle elezioni europee risulta essere il miglior per esprimere la volontà dei cittadini europei. È opinione di chi scrive che il futuro dell’Unione Europea sia fortemente legato alla capacità di quest’ultima di riformarsi, garantendo una maggiore democraticità, a scapito del criterio dell’unanimità, promuovendo una maggiore partecipazione dei cittadini e dotandosi di effettivi strumenti per assicurare il rispetto dello stato di diritto.
Note
[1]https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=URISERV:l14536&from=EN
[2] https://www.consilium.europa.eu/it/policies/enlargement/
[3] https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=URISERV:l14536&from=EN
[4] https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/policy/steps-towards-joining_en
[5] https://ec.europa.eu/neighbourhood-enlargement/policy/steps-towards-joining_en
[6] Tale designazione non pregiudica le posizioni riguardo allo status ed è in linea con la risoluzione 1244 (1999) dell’UNSC e con il parere della CIG sulla dichiarazione di indipendenza del Kosovo.
[7] https://www.consilium.europa.eu/media/34790/sofia-declaration_it.pdf
[8] Cfr. http://www.labeuropa.eu/2018/06/28/cosa-prevede-dichiarazione-sofia-leader-balcani/
[9] A.Malghin, 2011, Russia e Polonia nella “Ostpolitik” dell’Unione europea. Rivista Di Studi Politici Internazionali, 78(4 (312)), 529-540. http://www.jstor.org/stable/42741077
[10] https://www.polskieradio.pl/395/7786/Artykul/2701221,Fitch-affirms-Polands-A-rating-stable-outlook
[11] Fonte: https://www.oecdbetterlifeindex.org/it/countries/poland-it/
[12] Dati Eurostat https://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/e_government/amministrazioni_pubbliche/igrue/PilloleInformative/economia_e_finanza/index.html?Prov=PILLOLE
[13] Dati Banca Mondiale https://data.worldbank.org/indicator/NY.GDP.MKTP.CD?locations=PL
[14] https://www.polskieradio.pl/395/7786/Artykul/2701221,Fitch-affirms-Polands-A-rating-stable-outlook
[15] Fonte: Treccani, Atlante Geopolitico 2020
[16] https://europa.eu/european-union/about-eu/countries/member-countries/poland_it
[17] https://europa.eu/european-union/about-eu/countries/member-countries/hungary_it
[18] Fonte: Treccani, Atlante Geopolitico 2020
[19] Fonte: https://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/e_government/amministrazioni_pubbliche/igrue/PilloleInformative/economia_e_finanza/index.html?Prov=PILLOLE
[20] https://www.theatlantic.com/ideas/archive/2019/10/poland-could-lose-its-democracy/599590/
[21] https://www.internazionale.it/opinione/pierre-haski/2020/11/17/ungheria-polonia-recovery-fund
[22] https://www.politico.eu/article/poland-rule-of-law-eu-legal-battle/
[23] https://www.pwc.pl/en/articles/the-polish-deal-polski-lad-tax-changes-important-from-the-employers-and-individuals-perspective.html
[24] https://notesfrompoland.com/2021/08/03/support-in-poland-for-leaving-eu-highest-in-over-a-decade-finds-poll/?fbclid=IwAR0S9beteVe2sg0tb1s08McBneim4RkyrwMcUTa-fgIoFamiKBL5FeivraU
[25] https://freedomhouse.org/countries/freedom-net/scores
[26] https://www.corriere.it/elezioni-europee/100giorni/estonia/
[27] Cfr. https://www.corriere.it/elezioni-europee/100giorni/estonia/
[28] https://ecfr.eu/rome/publication/crisi-della-fiducia-come-gli-europei-vedono-il-proprio-posto-nel-mondo/
[29] https://www.europarl.europa.eu/at-your-service/files/be-heard/eurobarometer/2021/future-of-europe-2021/en-key-findings.pdf
Foto copertina: Allargamento Ue