Il movimento indipendentista ceceno tra separatismo etnonazionalista e legami con i jihadisti di ISIS e Al Qaeda. Quale disegno per il futuro nella regione caucasica?
Nel 2011 con l’aprirsi della guerra in Siria, numerosi militanti arriveranno al fronte dal nord del Caucaso affiancando i gruppi jihadisti. Il richiamo da parte di Al Qaeda e ISIS sarà cruciale. Nel contesto siriano si assisterà a due ondate di successive di foreign fighters: la prima, dopo lo scoppio del conflitto, sarà caratterizzata da persone provenienti dalla diaspora europea cecena, la seconda, invece, vedrà come protagonisti i combattenti del Nord del Caucaso, già più in linea con l’ideologia di ISIS. La partecipazione di questi sarà facilitata sia da una frontiera molto porosa tra la Russia e la Turchia, ottima zona di transito in virtù di un sistema dei visti molto flessibile, sia per la presenza di una grande diaspora stanziata sul territorio turco.
In occasione dei giochi olimpici di Sochi del 2014, le politiche del Cremlino faciliteranno nuovamente l’uscita dei combattenti verso la Siria per evitare l’eventualità di attacchi durante la manifestazione sportiva.
La Georgia come santuario e luogo di protezione del radicalismo e dei separatisti
Il periodico mensile del Ministero della Difesa nel 2017[1] evidenziava tre aree a rischio radicalizzazione in Georgia: la gola del Pankisi, la repubblica autonoma di Agiaria e la regione di Kvemo Kartli. È stato messo in luce come dai primi anni 2000 il Pankisi sia diventato un luogo sicuro per i separatisti ceceni di Ruslan Gelayev, nel quale sono confluiti anche i talebani afghani ed esponenti di Al Qaeda. La gola ha inoltre dato i natali a Abu Omar al-Shishani, ex comandante militare di Daesh in Siria. L’uomo ebbe sin da giovane contatti con i separatisti ceceni e nel 2013, dopo essersi radicalizzato nelle carceri georgiane, si unisce al Califfato nero, dirigendo le operazioni a nord della Siria ed entrando nel Consiglio della Shura di Raqqa. Sarà a capo di Katibat al-Aqsa, la famosa brigata cecena interna all’ISIS.
Altri nomi di spicco provenienti dal Pankisi e che si sono uniti alle fila dell’ISIS sono Ruslan Machalikashvili con il nome di Saifullah al-Shishani e Ayup Borchashvili, considerato come figura centrale del gruppo terroristico della regione.
In Agiaria si monitoravano i villaggi nella valle di Khulo a causa della presenza di luoghi di culto e di studio integralisti. La città costiera di Batumi è la patria di Ahmed (Tamaz) Chaghalidze che nel 2014 si trovava in Sira a fianco del Califfato. Anche la regione di Kvemo Kartli è osservata speciale a causa delle frizioni tra il clero ortodosso e quello islamico che ha portato a casi di radicalizzazione.
Un breve appunto sulla pozione di Al Qaeda e ISIS sulla questione ucraina
Al Qaeda non si è espresso in modo ufficiale sulla questione né si è a conoscenza certa della sua presenza in Ucraina, ma gli analisti sono propensi a pensare che l’organizzazione sia favorevole alla vittoria ucraina come vendetta contro la repressione russa in Cecenia e il supporto a Bashar al Assad in Siria. Qualche gruppo ha incitato i propri adepti a partecipare al conflitto, per colpire la Russia o per tornare in patria con nuove esperienze utili alla causa; in generale considerano l’Ucraina nella sfera dell’Occidente infedele e infatti sono pochi i loro foreign fighters che si sono recati al fronte. [2]
Per quanto riguarda l’ISIS, la rivista settimanale Al Naba ha pubblicato un articolo che indica ai fedeli di rimanere lontani dal conflitto, denigrando le truppe inviate da Ramzan Kadyrov considerato infedele, condannando come Al-Qaeda il supporto russo ad Al Assad. Ma altre frange del gruppo hanno invece spinto i seguaci ad armarsi per combattere la Russia al fine di distoglierla dal conflitto siriano.[3] Intervista a Giuliano Bifolchi, analista geopolitico di SpecialEurasia, esperto di Spazio Post-Sovietico e autore di “Geopolitica del Caucaso russo. Gli interessi del Cremlino e degli attori stranieri nelle dinamiche locali nordcaucasiche[4]” e “Storia del Caucaso del Nord tra presenza russa, islam e terrorismo”.
Dopo il conflitto siriano e attualmente la guerra in Ucraina, come risultano i rapporti dei separatisti con Al Qaeda e ISIS? Potrebbe esistere una collaborazione nel contesto ucraino?
“Attualmente in Ucraina sono presenti dei battaglioni di combattenti ceceni che supportano il Governo di Kiev. Questi combattenti, tra cui i più famosi sono quelli legati al Battaglione Dzhokhar Dudayev e al Battaglione Shaykh Mansur (dalle ultime fonti sembrerebbe che nel territorio ucraino stiano combattendo in totale cinque diversi battaglioni ceceni), hanno collegamenti diretti o indiretti con i membri della Repubblica cecena di Ichkeria che oggigiorno vivono in esilio in Europa, come ad esempio Anzor Maskhadov.
Parlare dei loro rapporti con al-Qaeda o lo Stato Islamico è molto difficile e complesso, perché ad oggi la loro comunicazione strategica si è concentrata sulla volontà e necessità di combattere le forze russe in Ucraina e, successivamente, Ramzan Kadyrov, attuale leader della Repubblica di Cecenia, con il fine ultime di ristabilire l’indipendenza cecena dal Cremlino come era avvenuto a seguito del Primo Conflitto Ceceno (1994-1996).
Questi battaglioni hanno il supporto della Diaspora cecena in Europa, quindi, è difficile pensare che possano promuovere una ideologia di estremismo religiosa affine a quella dello Stato Islamico o di al-Qaeda, perché questo comporterebbe la perdita della loro popolarità e del sostegno europeo.
È anche vero, però, che nella propaganda jihadista in lingua russa inerente allo spazio post-sovietico, in special modo al Caucaso del Nord, la presenza dei battaglioni ceceni in territorio ucraino è stata usata per strumentalizzare l’idea di combattere il jihad contro le forze russe nutrendo, quindi, una comunicazione strategica tipica di gruppi terroristici. A tal proposito è doveroso citare, ad esempio, i diversi video pubblicati online da Abu Hamza, emiro dei Mujahideen-Muhajirs del Vilayat Nokhchichoy di Imarat Kavkaz (VNIK), oppure gli articoli apparsi su Kavkazcenter.com, portale ritenuto molto vicino alla militanza armata nord caucasica e in passato all’Emirato del Caucaso, o ChechenInfo, portale definito come ‘agenzia stampa ufficiale di VNIK.”
Memori delle esperienze della Repubblica di Ichkeria e dell’Imarat Kavkaz, il separatismo ceceno sta mantenendo la matrice religiosa intenzionata a creare un emirato nella regione del Caucaso o la religione risulta solo strumentale?
“Occorre fare una distinzione tra quelle che viene definito come ‘separatismo ceceno’ e collegato agli anni ’90 e il terrorismo di matrice religiosa che si è andato ad affermare a fine anni ’90 per poi vedere la creazione dell’Emirato del Caucaso del 2007 ad opera di Doku Umarov.
Con la caduta dell’Unione Sovietica nel Caucaso del Nord, e in special modo in Cecenia, si erano andati a diffondere dei movimenti etnonazionalistici che promuovevano l’indipendenza da Mosca. Il movimento ceceno si è andato quindi a scontrare contro l’autorità centrale russa in quello che tutti noi conosciamo come Primo Conflitto Ceceno che ha portato alla nascita della Repubblica cecena di Ichkeria.
Sempre negli anni ’90, oltre al fenomeno dell’etnonazionalismo, si stava diffondendo quello che la letteratura accademica chiama processo di ‘re-islamizzazione’ o ‘revival islamico’ nel Caucaso del Nord, ossia la necessità delle giovani generazioni di musulmani di guardare a un Islam che consideravano puro e differente da quello professato dalle autorità religiose locali accusate di essere state corrotte dal Cremlino ed essere divenute ‘marionette’ nelle mani di Mosca. Nel tempo, quindi, il movimento etnonazionalistico ceceno iniziò ad essere permeato della componente estremista religiosa, grazie ad alcune figure chiave come Shamil Basayev e alla presenza in loco di predicatori e combattenti del mondo arabo-musulmano tra cui spicca il nome di Ibn al-Khattab, fino a quando nel 1999, in una situazione di forte difficoltà interna, il terzo presidente della Repubblica cecena di Ichkeria, Aslan Maskhadov, ha proclamato la shari’a (legge musulmana) come legge di Stato sancendo l’istituzionalizzazione dell’Islam radicale in Cecenia. Sempre nel 1999 un gruppo di militanti ceceni ha dato il via ad operazioni militari in Dagestan le quali, congiunte ad una serie di attentati avvenuti in tutta la Russia ritenuti dalla FSB essere di matrice cecena, hanno portato il Cremlino a intervenire militarmente in quello che è conosciuto al mondo come Secondo Conflitto Ceceno (1999-2009) e promosso da Mosca come ‘operazione anti-terrorismo’ ricollegabile pochi anni dopo alla Guerra totale al terrorismo lanciata da Bush dopo l’11 settembre 2001.
Questo breve excursus per sommi capi e in linea molto generica è doveroso per capire che esiste una differenza sotto diverse sfumature tra il separatismo ceceno mosso dal sentimento di etnonazionalismo e l’Emirato del Caucaso, progetto che intendeva abbracciare l’intero Caucaso del Nord e che vedeva non più nella causa cecena, ma in quella della umma (comunità) musulmana nord caucasica la sua linfa vitale. Quindi, mentre Imarat Kavkaz, in linea generale, ha ancora l’obiettivo di creare uno Stato islamico nel Caucaso del Nord, il separatismo ceceno mira all’indipendenza della Cecenia dalla Russia.”
La partecipazione al conflitto in Ucraina potrebbe dare nuovo slancio al separatismo e produrre nuovi attacchi in Cecenia e in generale nel Nord Caucaso? Si potrebbero attivare cellule nella regione dato l’impegno russo sul fronte occidentale?
“La partecipazione dei battaglioni ceceni in Ucraina sta fornendo nuova linfa al separatismo ceceno almeno a livello mediatico e dei social. È quindi possibile che, se il conflitto dovesse prolungarsi e le sanzioni occidentali dovessero realmente colpire l’economia russa, il controllo di Ramzan Kadyrov sulla Cecenia potrebbe essere scalfito a causa di una serie di componenti politiche, socioeconomiche e culturali. In tal caso, alcuni potrebbero guardare alla passata esperienza della Repubblica cecena di Ichkeria come alternativa al potere esistente mentre, allo stesso tempo, la propaganda jihadista potrebbe reclutare nuove leve tra le giovani generazioni e quindi rimpolpare le fila dell’Emirato del Caucaso oppure favorire maggiormente l’affermazione della propaganda jihadista dello Stato Islamico in loco. Queste sono eventualità che potrebbero accadere e che vedrebbero, però, attori geopolitici non statali perseguire obiettivi diversi.
L’ipotesi di una attivazione delle cellule terroristiche nella regione nord caucasica potrebbe riguardare principalmente l’Emirato del Caucaso o lo Stato Islamico, eventualità che deve essere tenuta in considerazione. Nel caso del separatismo ceceno, l’organizzazione di attentati terroristici rischierebbe di far perdere l’etichetta di freedom fighters che l’Occidente ha in passato dato ai separatisti ceceni e quindi, come successo precedentemente, diminuire il possibile supporto occidentale nei confronti della causa cecena.”
Note
[1]https://www.difesa.it/InformazioniDellaDifesa/periodico/Periodico_2017/Documents/Numero1/minaccia_jihadista.pdf
[2] G. Cadalanu, Ucraina, lo scontro fra gli “infedeli” galvanizza i jihadisti, Analisi Difesa, 7 ottobre 2022, www.analisidifesa.it/2022/10/ucraina-lo-scontro-fra-infedeli-galvanizza-isis-e-al-qaeda/
[3] Ibidem
[4] https://www.opiniojuris.it/geopolitica-del-caucaso-russo/