Maduro convoca per il 3 dicembre un referendum utile a deciderne l’annessione al Venezuela della Guayana Esequiba, regione ricchissima di petrolio e risorse minerarie.
A cura di Valentina Franzese
La Guayana Esequiba: storia di una contesa territoriale
La Guayana Esequiba, o Esequibo, è una regione sudamericana oggetto di una secolare disputa di confine: è internazionalmente riconosciuta come parte della Guyana, ma il Venezuela ne rivendica la sovranità perché il territorio ne faceva parte ai tempi in cui, gran parte della regione, era una colonia spagnola.
Sulla Guayana Esequiba – un’area ampia 160.000 km2 con accesso sull’Oceano Atlantico, situata tra le foci dei fiumi Orinoco ed Essequibo – il Venezuela ha rivendicazioni territoriali sin da quando ottenne l’indipendenza; la disputa territoriale, tuttavia, non è ancora stata risolta ed è ancora pendente innanzi alla Corte internazionale di Giustizia.
Nel 1811, infatti, il Venezuela dichiarò la propria indipendenza dalla Spagna nel territorio che nel 1777 corrispondeva alla Capitanía General de Venezuela; questa dichiarazione comprendeva anche l’area antistante la riva sinistra del fiume Esequibo.
A partire da allora, l’area divenne oggetto di una contesa internazionale che coinvolse le potenze coloniali che occupavano allora la Guayana.
Dapprima i Paesi Bassi e in seguito il Regno Unito, motivo per cui la regione è uno dei pochi territori del Sudamerica in cui l’inglese è lingua ufficiale, mentre in Venezuela si parla lo spagnolo.
Quella che oggi è l’attuale Guyana consisteva, infatti, in tre insediamenti olandesi fondati all’inizio del XVII secolo: Berbice, Demerara ed Esequibo. Nel 1814, l’Olanda cedette – a seguito della Guerra d’Indipendenza – questi territori al Regno Unito che, nel 1831, consolidò la colonia: nacque così la Guyana Britannica (prima di allora, lì e nell’attuale Suriname, si trovava la Compagnia olandese delle Indie orientali). Tuttavia, poiché il confine occidentale della Guyana britannica non era definito, la Gran Bretagna incaricò Robert Shomburgk – un esploratore tedesco che anni prima aveva condotto indagini botaniche nella zona – di tracciare i confini tra la Guyana britannica e i suoi vicini, tra cui il Venezuela. Il risultato è noto tutt’oggi come la “Linea di Shomburgk”, che pone il confine del Venezuela alla foce del fiume Orinoco. Nel 1841 il Venezuela reagì sostenendo di essere stato espropriato dei suoi territori a ovest dell’Essequibo, portando la regione ad essere definita ufficialmente come “Territorio in disputa”.
Alla contesa fu messa fine, ma solo momentaneamente, nell’ottobre 1899 grazie ad una sentenza di arbitrato internazionale[1] in cui la sovranità territoriale dell’intera area fu concessa alla Gran Bretagna mentre al Venezuela – rappresentato dagli Stati Uniti[2] – fu lasciata una porzione di terra a sud e le foci del fiume Orinoco.
Infine, una commissione anglo-venezuelana identificò e stabilì definitivamente la frontiera, permettendo il disegno di una mappa ufficiale che entrambi i Paesi accettarono con un accordo firmato nel 1903.
Nel 1962 il Venezuela, a fronte di alcuni vizi procedurali, dichiarò innanzi alle Nazioni Unite che avrebbe considerato il precedente lodo arbitrale nullo. A motivare tale decisione, la presenza di una lettera postuma di uno degli arbitri statunitensi da cui emergerebbe un presunto accordo stipulato tra il presidente russo del tribunale (teoricamente membro neutrale della corte) e i rappresentanti britannici, in modo da ottenere una decisione unanime contro Caracas. Tre mesi prima di concedere l’indipendenza alla Guayana, nel 1966, il Regno Unito concordò con il Venezuela la stipula dell’Accordo di Ginevra che riconosceva le rivendicazioni venezuelane e cercava di trovare soluzioni soddisfacenti per risolvere la controversia.
Poco dopo la disputa si riaprì definitivamente quando la Guayana ottenne l’indipendenza dal Commonwealth e le rivendicazioni venezuelane ricominciarono. Nel 1983 il Venezuela propose la negoziazione diretta della disputa territoriale alla Guyana, ma questa rifiutò controproponendo tre alternative; o attraverso l’Assemblea Generale dell’ONU, o attraverso il Consiglio di Sicurezza dell’ONU o, ancora, con l’intervento della Corte Internazionale di Giustizia.
Tutte e tre le alternative vennero rifiutate dal Venezuela. Per iniziativa di quest’ultimo, dal 1983 la disputa di confine cominciò a svolgersi sotto gli auspici del Segretario generale delle Nazioni Unite. Soltanto nel 1987 le parti in causa decisero di accettare il metodo dei “buoni uffici” per risolvere la controversia. Attivato dal 1989, esso implicò la nomina di un mediatore esterno.
Da allora si sono succeduti tre officianti; l’ultimo di questi, Norman Girvan, è morto nel 2014 senza aver mai raggiunto una soluzione alla disputa territoriale[3].
La situazione si tranquillizzò durante gli anni del governo Chávez (1999-2013) grazie alle buone relazioni stipulate tra il presidente venezuelano e Georgetown. Tuttavia, dal 2015 il conflitto si è riacceso coinvolgendo anche gli interessi economici statunitensi. In quell’anno, infatti, la compagnia petrolifera statunitense Exxon Mobil fu autorizzata da Georgetown a fare indagini geologiche nelle aree marittime che interessavano la Zona economica esclusiva venezuelana.
Ciò portò alla scoperta di un giacimento di petrolio nell’Oceano Atlantico, proprio nella zona che rientrava nell’antica disputa. La Guayana diede, dunque, l’autorizzazione a esplorare i giacimenti ed estrarre il petrolio, provocando le proteste di Nicolás Maduro, succeduto a Chavéz nel 2013.
Un patrimonio naturalistico dall’immenso valore economico
Pur disponendo di un territorio squisitamente boschivo e quasi impetrabile, la Guayana Esequiba è un’area ricchissima di risorse naturali che hanno fatto “schizzare alle stelle” il valore economico dell’intera area. Giacimenti di petrolio, uranio e gas naturale, riserve di diamanti, oro, manganese e bauxite e una flora e una fauna molto variegate, fanno della Guayana Esequiba un interessante patrimonio conteso, che esula dalla centenaria diatriba territoriale.
In questo senso, un’eventuale annessione territoriale da parte del Venezuela rappresenterebbe una considerevole minaccia per il Paese caraibico che, nel frattempo, è diventato uno dei maggiori esportatori di petrolio al mondo e che così verrebbe decurtato di due terzi di territorio. Secondo le stime preliminari fatte nel 2015, il giacimento conterrebbe un patrimonio di petrolio e gas dodici volte più prezioso dell’intera produzione economica del Paese. All’epoca, la Exxon Mobile annunciò che il pozzo Liza-1 sarebbe stato in grado di contenere l’equivalente di oltre 700 milioni di barili di petrolio. A conferma di ciò, a partire dal 2015, la Guayana si allontanò dall’ombrello economico PetroCaribe, un’iniziativa creata da Hugo Chávez nel 2005, che offriva alle piccole nazioni della regione petrolio venezuelano in offerta e a condizioni di pagamento vantaggiose. Finora in Guyana sono stati scoperti circa 11 miliardi di barili petrolio, tanto che le sue enormi riserve sono da considerarsi superiori a quelle di molti grandi produttori sudamericani come Colombia, Ecuador e Argentina. La Guyana è, infatti, il settimo produttore di petrolio dell’America Latina e dei Caraibi e si prevede che diventerà uno dei primi 20 produttori di petrolio a livello globale, con una produzione stimata di 1,2 milioni di barili di greggio al giorno entro il 2027.
Nel maggio 2023, il colosso statunitense Exxon Mobil ha dichiarato di aver ottenuto guadagni per 5,8 miliardi di dollari nel 2022 grazie alla produzione di petrolio al largo delle coste della Guyana. In precedenza, in un rapporto del luglio 2022, la società di consulenza Rystad Energy ha certificato l’eccellente crescita economica del Paese caraibico, frutto della produzione di petrolio e gas, e ha confermato che le ricchezze derivanti dalla produzione nazionale avrebbero potuto raggiungere i 7,5 miliardi di dollari all’anno entro il 2030. Considerevole anche la crescita del PIL pro capite che negli ultimi 20 anni, è passato da 955 dollari nel 2002, a 18.989 dollari nel 2022, secondo i dati della Banca Mondiale[4].
Maduro riapre la centenaria contesa: «Il Venezuela rivendica i suoi diritti storici e legali sulla Guayana Esequiba che i liberatori del nostro paese ci hanno lasciato»[5]
Lo scorso 8 novembre il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha annunciato, tramite X, la convocazione di un referendum consultivo per il 3 dicembre 2023. «Tutto il Venezuela è in un dibattito dialettico per indicare la strada del recupero dei nostri diritti storici e chiama, mobilita e attiva il popolo venezuelano a decidere questo 3 dicembre, attraverso una partecipazione da protagonista, il futuro, una nuova tappa. Sarà una data storica per la Patria!»[6] ha scritto Maduro.
Il referendum indetto dal governo, che promette di coinvolgere 20 milioni di venezuelani, è composto da 5 quesiti aventi per oggetto il Lodo Arbitrale del 1899; il rifiuto di un coinvolgimento della Corte Internazionale di Giustizia per redimere la controversia tra i due stati contendenti; la possibilità di annettere il territorio della Guyana Esequiba al Venezuela e concedere la cittadinanza venezuelana alla popolazione di Essequibo (pari a 125.000 di abitanti, degli oltre 791.000 totali della Guyana).
Nello specifico i 5 quesiti promossi sono:
1) «Siete d’accordo a respingere con tutti i mezzi, nel rispetto della legge, la linea imposta fraudolentemente dal lodo arbitrale di Parigi del 1899, che mira a privarci della nostra Guayana Esequiba?»;
2) «Sostieni l’Accordo di Ginevra del 1966 come unico strumento giuridico valido per raggiungere una soluzione pratica e soddisfacente per il Venezuela e la Guyana riguardo alla controversia sul territorio della Guayana Esequiba?»;
3) «Sei d’accordo con la posizione storica del Venezuela di non riconoscere la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia per risolvere la controversia territoriale sulla Guayana Esequiba?»;
4) «Siete d’accordo ad opporvi con tutti i mezzi legali alla pretesa della Guayana di disporre unilateralmente di un mare in attesa di delimitazione, illegalmente e in violazione del diritto internazionale?»;
5) «Sei d’accordo con la creazione dello stato di Guayana Esequiba e lo sviluppo di un piano accelerato di assistenza globale per la popolazione attuale e futura di quel territorio, che comprende, tra gli altri, la concessione della cittadinanza e della carta d’identità?, in conformità con l’Accordo di Ginevra e il diritto internazionale, incorporando di conseguenza detto Stato nella mappa del territorio venezuelano?»[7].
Posti in maniera chiaramente retorica, i quesiti in qualche modo sottintendono già una risposta, e incoraggiano i venezuelani a votare a favore dell’incorporazione della Guayana Esequiba nel territorio della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Per promuovere la consultazione il governo sta ricorrendo ad una massiccia campagna mediatica che, supportata dallo slogan «Venezuela Toda», sta coinvolgendo oltre allo stesso Maduro – impegnato in prima persona sia nella pubblicizzazione dei quesiti referendari che nella diffusione della storia della Guayana Esequiba come territorio di cui il Venezuela è stato privato – anche il presidente del Consiglio elettorale nazionale, Elvis Amoroso; il Ministro della Difesa, Vladimir Padrino – deputato a pianificare gli aspetti logistici della consultazione -. A ciò si stanno accompagnando diverse manifestazioni volte a saldare l’unità nazionale perduta tra la popolazione venezuelana.
La più nota si è svolta al Teatro Teresa Carreño, dove erano presenti tutti i governatori dello Stato, compresi i quattro governatori dell’opposizione. «Siamo chiamati a difendere un territorio che ci è stato dato grazie alla lotta dei nostri liberatori», ha detto Maduro quella sera. Jorge Rodríguez, presidente del Parlamento, ha dichiarato che «è tempo di mettere da parte ogni partigianeria, sia essa politica, religiosa o personale»[8]. Il battage sta includendo: mostre fotografiche, video, incontri e dibattiti pubblici con storici e legali invitati a parlare, ma anche cartelloni e libri in cui l’Essequibo è rappresentato come parte del Venezuela e non della Guayana. In tutti questi casi la campagna elettorale sta insistendo su narrazioni patriottiche, sull’idea di riparare l’ingiustizia subita nell’800 con il Lodo di Parigi che condusse alla definitiva separazione di due territori un tempo uniti, sulla necessità di proteggere il «destino del Venezuela». In realtà, alle spalle della votazione e della volontà venezuelana di annettersi i territori dell’Essequibo, ci sono molteplici interessi. Innanzitutto un chiaro intento economico, frutto della ricchezza mineraria dell’area, tale da renderla un autentica “miniera d’oro”. A questo si accompagna certamente un interesse storico – patriottico manifestato da Maduro che fa, però, il paio con una volontà di stampo di strategico e propagandistico.
Il consenso nei confronti del presidente venezuelano è, infatti, da tempo in forte calo, complice la lunga crisi economica e le ripetute denunce di violazione dei diritti umani. Tutto ciò, sommato alle imminenti elezioni presidenziali del 2024 – che si svolgeranno alla presenza di osservatori esterni e indipendenti, tra cui le Nazioni Unite e l’Unione Europea – sembrerebbe rendere le rivendicazioni sulla Guayana Esequiba uno strumento utile a raccogliere consensi alimentando sentimenti nazionalistici.
Un referendum dall’incerto valore legale: la Guayana si appella alla Corte Internazionale di Giustizia promettendo di impugnarne l’esito
Se da un lato gli scenari successivi al referendum di domenica sembrano abbastanza incerti, sappiamo con sicurezza che la Guayana è pronta a dar battaglia allo Stato Bolivariano coinvolgendo anche la Corte Internazionale di Giustizia, la cui giurisdizione non è tuttavia riconosciuta dal Venezuela.
E se il Venezuela parla di “esproprio” dell’Essequibo commesso ai danni della popolazione, la Guayana si dice certa che il suo vicino annetterebbe il territorio che le appartiene di diritto anche con l’uso della forza, in chiara violazione del diritto internazionale. Non sorprende, dunque, la decisione della Guayana di considerare la possibilità di creare basi militari nella regione come annunciato lo scorso 23 novembre dal vicepresidente Bharrat Jagdeo, prima di una visita nel paese di due delegazioni del dipartimento della difesa statunitense.
«In una situazione normale non avremmo motivo di creare basi militari, ma dobbiamo proteggere i nostri interessi»[9], ha dichiarato Jagdeo durante una conferenza stampa. Quel che è certo è la decisione della Corte Internazionale di Giustizia che, lo scorso 1 dicembre, ha respinto la richiesta di annullamento totale e modifica dei quesiti referendari 1, 3 e 5 presentata dalla Guayana. In particolare, la Corte ha invitato la Repubblica Bolivariana del Venezuela, nell’attesa che venga presa una decisione definitiva sul caso «ad astenersi da qualsiasi azione che possa modificare la situazione attualmente esistente nel territorio in controversia, in cui la Repubblica Cooperativa della Guyana amministra ed esercita il controllo». Al contempo, la Corte ha invitato entrambe le parti «ad astenersi da qualsiasi azione che possa aggravare estendere la controversia davanti alla Corte o renderne più difficile la risoluzione»[10].
La sentenza è stata accolta con gioia dalla governo venezuelano che, tramite un comunicato stampa, si dice fedelmente legato «alla sua posizione storica, non riconosce la giurisdizione della Corte Internazionale di Giustizia per risolvere la controversia territoriale attorno a Guayana Esequiba, soprattutto considerando l’esistenza dell’Accordo di Ginevra del 1966. […] Niente nel diritto internazionale permetteva alla Corte di interferire negli affari interni del Venezuela, né di cercare di vietare o modificare un atto sovrano organizzato nel quadro del suo sistema politico partecipativo e basato sulla sua Costituzione»[11].
Al contempo, secondo il governo Maduro, la pronuncia della Corte dimostra che «la Guayana non è una vittima, non ha alcun titolo sul territorio in questione, è un occupante de facto e ha ripetutamente violato l’Accordo di Ginevra e il diritto internazionale rilasciando unilateralmente concessioni nel territorio terrestre e nelle acque ancora da delimitare, oltre a facilitare il suo territorio per il dispiegamento militare nella nostra regione della principale potenza bellicosa del pianeta»[12].
La Repubblica Bolivariana del Venezuela si dice, pertanto, decisa a proseguire nella realizzazione del referendum consultivo – in conformità alla propria Costituzione – utile a far esprimere il popolo venezuelano circa la propria integrità territoriale.
Note
[1] “Reports of International Arbitral Awards Recuil des Sentences Arbitrales”, VOLUME XXVIII pp. 331-340, 3 October 1899, https://legal.un.org/riaa/cases/vol_XXVIII/331-340.pdf.
[2]A rappresentare il Venezuela c’erano gli statunitensi Melville Weston Fuller e Davis Josianh Brewer; la parte neutrale dalla Russia fu rappresentata da Frederic de Martens e in ultimo Charles Baron Rusell e Sir Richard Henn Collins in rappresentanza del Regno Unito.
[3] H. Hernández, “Historia y disputas entre el Reino Unido, Guyana y Venezuela por el Esequibo”, CNN, 23/11/23, https://cnnespanol.cnn.com/2023/11/30/historia-disputas-esequibo-reino-unido-guyana-venezuela-orix/.
[4] “¿Qué es y dónde queda Guayana Esequiba? Lo que debes saber sobre la región rica en petróleo que Venezuela disputa con Guyana”, CNN, 30/11/23, https://cnnespanol.cnn.com/2023/11/30/que-es-donde-queda-guayana-esequiba-datos-venezuela-disputa-orix/.
[5]“Presidente Maduro destaca que el 3 de diciembre marcará un precedente en la historia de Venezuela”, TeleSur, 22/11/23, https://www.telesurtv.net/news/presidente-maduro-destaca-diciembre-marcara-precedente-historia-venezuela-20231122-0039.html.
[6]https://x.com/NicolasMaduro/status/1722075393677541790?s=20.
[7] H. Hernández, “Historia y disputas entre el Reino Unido, Guyana y Venezuela por el Esequibo”, Op. Cit.
[8] A. Moleiro, “Maduro desempolva el reclamo sobre la soberanía venezolana en la Guayana Esequiba”, El País, 13/11/23, https://elpais.com/internacional/2023-11-13/maduro-desempolva-el-reclamo-sobre-la-soberania-venezolana-en-la-guayana-esequiba.html.
[9] “Si aggravano le tensioni tra Guyana e Venezuela sulla regione dell’Esequibo”, Internazionale, 24/11/23, https://www.internazionale.it/ultime-notizie/2023/11/24/guyana-venezuela-esequibo-basi.
[10] Arbitral Award, Guyana v. Venezuela, 1/12/2023, https://www.icj-cij.org/sites/default/files/case-related/171/171-20231201-ord-01-00-en.pdf.
[11] Comunicado, República Bolivariana de Venezuela, “Venezuela afirma que pronunciamiento de la CIJ demuestra ocupación de facto de Guyana sobre el Esequibo”, 1/12/23, https://mppre.gob.ve/comunicado/venezuela-afirma-pronunciamiento-cij-demuestra-ocupacion-facto-guyana-esequibo/.
[12] Ibidem.
Foto copertina: Mappa del Venezuela, Guayana Esequiba e Guayana