DEF 2023: una “prima” difficile per il Governo Meloni


La Camera il 27 aprile ha iniziato l’esame del Documento di Economia e Finanza (DEF) uno degli appuntamenti più importanti per la programmazione finanziaria del paese, già approvato dal Senato. Durante la seduta pomeridiana dell’aula, però, la maggioranza non è riuscita a far approvare la risoluzione con la quale l’esecutivo veniva autorizzato ad uno scostamento di 3,4 miliardi da indirizzare al taglio del cuneo fiscale.


L’elaborazione e l’approvazione del DEF è uno degli appuntamenti annuali più importanti per ogni esecutivo e rappresenta lo strumento di programmazione economico-finanziaria fondamentale che ha come prospettiva il medio periodo. Introdotto nel 1988, con altra denominazione, ha assunto la sua composizione attuale a seguito della riforma avvenuta con la legge 39/2011, che ha adeguato tempistiche e contenuti al nuovo modello di governance economica europea. Predisposto su impulso del Presidente del Consiglio, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, si compone di tre sezioni: il programma di stabilità, il documento cioè che deve essere sottoposto alle autorità europee e che descrive il quadro macroeconomico dello stato, gli obiettivi di finanza pubblica e le strategie per raggiungerli; le analisi e le tendenze di finanza pubblica, in cui trovano spazio i risultati e le previsioni dei principali settori di spesa; il programma nazionale di riforma che recepisce un altro documento di derivazione europea e nel quale trovano spazio le riforme economiche necessarie al raggiungimento degli obiettivi.
Il testo dovrebbe essere inviato alle Camere entro il 10 aprile e da queste approvato entro il 30. Successivamente trasmesso alla Commissione Europea, che ha il compito di proporre raccomandazioni specifiche che andranno poi recepite dal Governo nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF) entro il 27 settembre.
Si tratta quindi del primo grande appuntamento del così detto “ciclo di bilancio”, il cui culmine è l’approvazione della legge, per l’appunto di Bilancio.

La giornata parlamentare

Giovedì 27 aprile nel quadro dell’esame del DEF per il 2023 erano in votazione le risoluzioni presentate dalla Maggioranza a firma Foti, Molinari, Barelli e Lupi con le quali il Governo veniva autorizzato ad uno scostamento di bilancio pari a 3,4 miliardi di Euro per il 2023 e di 4,5 miliardi per il 2024. Trattandosi di indebitamento, la Costituzione prevede, a seguito della riforma del 2012, che le Camere si esprimano con la maggioranza assoluta dei loro componenti (Art. 81). Si è sempre trattato di un passaggio relativamente tranquillo per tutti gli esecutivi, tuttavia, nel pomeriggio di giovedì, in una prima assoluta, il Governo non è riuscito a raggiungere il Quorum. Dei 201 voti necessari, la mozione di maggioranza ha ottenuto 195 voti favorevoli, 19 contrari e 105 astenuti. Il risultato è stato una sonora (temporanea) bocciatura non solo delle mozioni ma anche della possibilità per il Governo di ricorrere ad ulteriore debito. Quarantacinque i deputati di maggioranza che non erano presenti in Aula al momento della votazione: venti in missione e altri venticinque semplicemente non c’erano.
Si è trattato di un problema non da poco per l’esecutivo. All’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri del Primo maggio è inserito un decreto che, oltre ad intervenire sulle regole del mondo del lavoro, dovrebbe procedere a tagliare il cuneo fiscale per i redditi medio-bassi, le cui risorse dovrebbero provenire esattamente dallo scostamento di bilancio. Si è reso quindi necessario procedere alla presentazione di una nuova relazione allegata al DEF: il parlamento, infatti, non può pronunciarsi su un identico testo già precedentemente bocciato da uno dei due rami.
Nella serata di giovedì, quindi, in un Consiglio dei Ministri lampo (durato circa cinque minuti), è stata approvata una nuova relazione che, pur mantenendo fermi i saldi di finanza pubblica, è stata modificata in maniera sufficiente per permettere la sua ripresentazione al Parlamento.
Il nuovo testo, approdato alla Camera nella stessa serata ed esaminato dalla commissione bilancio, è arrivato in aula a Montecitorio nella mattinata di venerdì, dove è stato approvato con 221 voti a favore e 116 contrari.
Lo “scivolone” della maggioranza è costato al Governo un ulteriore passaggio parlamentare, al Senato, dove il testo del DEF era già stato approvato con 110 voti favorevoli. Dopo un rapido passaggio in Commissione, l’aula di Palazzo Madama ha dato il via libera nel pomeriggio di venerdì al nuovo testo licenziato da Palazzo Chigi con 112 voti favorevoli e 57 contrari.

Reazioni

Varie sono state le reazioni al primo serio incidente parlamentare incontrato dal Governo Meloni. Dure, ovviamente, le opposizioni che, in diversi modi, hanno sottolineato l’“autogol” e l’impreparazione della Maggioranza a gestire un appuntamento normalmente privo di grossi scossoni.
Anche dagli ambienti di Governo, però, sono arrivate reazioni seccate: lo stesso Ministro dell’Economia Giorgetti, presente in aula fino alla lettura dei risultati e, successivamente, in commissione bilancio in serata, ha sottolineato: “i deputati non sanno o non si rendono conto” e “servirebbe un’alfabetizzazione parlamentare”.
Irritazione è trasparsa anche da parte della premier Meloni che si trovava a Londra. Conseguenze di tipo politico che possano portare all’apertura di una crisi di governo o creare dubbi sulla tenuta della maggioranza non se ne vedono all’orizzonte. È sicuro però che si tratti di una “sbavatura”, che rischia di avere strascichi importanti nei rapporti tra i partiti di maggioranza. In particolare se si considerano, numeri alla mano, le percentuali di assenze che si sono registrate durante il voto di giovedì: non hanno partecipato al voto infatti il 4,2% dei deputati di FdI (14 su 117), il 20,5% di Forza Italia (14 su 44), 16,7% della Lega (15 su 65). Si tratta di possibili frizioni che si inseriscono in una coalizione nella quale i soci minoritari sopportano già adesso con difficoltà il ruolo preminente di Giorgia Meloni e del suo partito. È indubbio che si sia trattato di un errore frutto di una certa leggerezza con cui la maggioranza, forte di un robusto sostegno parlamentare, si è diretta autonomamente verso lo schianto in aula.
È sicuro che la premier eviterà in tutti i modi “scivoloni” come quello di giovedì pomeriggio, probabilmente tentando di avere maggiore controllo dei gruppi parlamentari che la sostengono, attraverso una più importante interlocuzione con i capigruppo della sua coalizione. Le parole pronunciate da Giorgia Meloni, che ha archiviato la giornata con “brutto scivolone” dovuto ad un “eccesso di sicurezza”, non nascondono di sicuro la forte irritazione per una sbavatura che sarebbe stato meglio evitare.
Non risulta, infine, dirimente allo scopo di individuare le responsabilità, il taglio del numero dei parlamentari come affermato, da ultimo, dal deputato e capogruppo della Lega Molinari: quarantacinque sono stati i voti che sono mancati alla maggioranza alla Camera, ben superiori al numero di deputati che a partire dall’insediamento del Governo Meloni servono come Ministri o sottosegretari (15 attualmente).


Foto copertina: Giovedì 27 aprile la votazione sul DEF