Il libro, scritto da Matteo Bressan, e Domitilla Savignoni, analizza il fenomeno del terrorismo internazionale e costruisce una panoramica delle minacce ad esso collegate: guerre asimmetriche, conflitti cibernetici, nuove forme di pirateria, traffici illeciti e foreign fighters.
Libro consigliato:
Oltre a descrivere la genesi, le conseguenze e le minacce dell’ISIS, viene analizzato il terrorismo presente nell’area Asia – Pacifico, emerge quindi un fenomeno che non ha confini, non legato soltanto al Medio Oriente ma una minaccia che coinvolge l’intero globo.
«Come si può giustificare la rapida ascesa dell’ISIS ? Quanto ha influito il ritiro statunitense dall’ Iraq?»
Matteo Bressan: «Possiamo elencare una serie di fattori che hanno determinato la rapida ascesa dell’ISIS nell’estate del 2014: il Governo marcatamente settario del Premier Nuri al Maliki, che si era alienato il consenso della popolazione sunnita, la contemporanea guerra in Siria, la presenza di un network jihadista già esistente in Siria ed Iraq, la frammentazione degli attori regionali ed internazionali che ne avrebbero potuto contrastare l’avanzata (USA, Iran, Turchia, Arabia Saudita),la sottovalutazione, da parte dell’amministrazione Obama, di al – Qaeda in Iraq (AQI) e infine, il ritiro americano. Proprio il ritiro americano ha favorito l’affermazione del gruppo già presente dal 2004, pur con varie sigle».
«Nel libro Daesh è definito “fenomeno ibrido”. Perché?»
Matteo Bressan: «Non possiamo definire il sedicente “Stato Islamico” semplicemente come un movimento terroristico. L’ISIS è il primo movimento estremista in grado di combinare azioni violente, progetti ambiziosi e capacità di controllo del territorio. L’impressionante estensione del territorio controllata dall’ISIS nel 2015, pari a quasi 210.000 Km2 ci permette di comprendere il sistema di amministrazione messo in piedi dai seguaci di Al – Baghdadi.
Un sistema che in parte, si è basato sulla violenza e sulle estorsioni a danno della popolazione (tipiche della criminalità organizzata) ma che ha anche cercato di dare una parvenza di legittimità al suo operato attraverso la fornitura di servizi ai cittadini».
«Al-Qaeda si finanziava con donazioni e riciclaggio, al contrario l’ISIS è stato capace di sviluppare un’autosufficienza finanziaria»
Matteo Bressan: «L’ISIS è stato capace sin dal 2012 di sviluppare la sua autosufficienza finanziaria, diversificando la tipologia delle entrate, tramite:i proventi del contrabbando di petrolio, i soldi trafugati alla Banca Centrale di Mosul (450 milioni di dollari), la vendita dei reperti archeologici sul mercato nero, le estorsioni, i dazi sulle merci e sulle proprietà, il traffico di esseri umani e droga, le donazioni private provenienti dalle monarchie del Golfo.
In questo modo il gruppo è stato capace di svincolarsi in parte dalle donazioni dei simpatizzanti provenienti dall’estero ed eludere in questo modo il sistema di contromisure messo in atto dagli Stati Uniti contro al Qaeda dopo l’11 settembre».
«Fenomeno foreign fighters, una minaccia che tocca da vicino l’Occidente»
Matteo Bressan: «La sfida rappresentata dai foreign fighters, ovvero quei combattenti, provenienti da 104 paesi diversi, e che sono andati in Siria ed Iraq per unirsi all’ISIS o alle varie milizie, è una minaccia globale.
Questo significa che abbiamo foreign fighters provenienti da ogni parte del globo e per questo è impensabile non affrontare con una risposta ed una strategia globale il fenomeno.
Non dobbiamo infine dimenticare che almeno 4.000 di loro sono europei, hanno vissuto nelle nostre capitali e potrebbero tornare nei loro paesi d’origine mano a mano che l’ISIS continuerà a perdere terreno in Siria e Iraq. La sfida che attende la Comunità internazionale e i singoli Stati sarà quella di capire quali tra questi individui che torneranno nei loro paesi d’origine saranno mentalmente provati dalla loro esperienza, quali non vorranno più essere associati all’ISIS e quali saranno realmente pericolosi per la nostra sicurezza».
«Situazione attuale: Palmira è stata riconquistata dai miliziani dell’ISIS, cosa è accaduto e cosa può accadere».
Matteo Bressan: «La ripresa di Palmira da parte dell’ISIS non cambia molto l’attuale scenario. Certamente è un segnale che conferma le difficoltà per Assad di esser contemporaneamente impegnato su più fronti così come testimonia lo stallo delle operazioni da parte dei combattenti curdi, sostenuti dagli americani, per sottrarre Raqqa all’ISIS. Ritengo però che allo stato attuale il blitz dell’ISIS a Palmira sia più un’operazione simbolica piuttosto che la ripresa di un’offensiva su vasta scala».
«L’ISIS ha dato un’importanza impressionante alla comunicazione non solo attraverso i canali tradizionali ma anche attraverso i social network. Nel libro lei parla di jihad 2.0»
Domitilla Savignoni: «L’ISIS ha dato alla comunicazione un ruolo centrale nella sua strategia, attraverso i principali social network (Facebook e Twitter), ma anche attraverso forum e chat riesce a reclutare un numero crescente di seguaci.
Chi recluta ha l’intento di offrire risposte a giovani che si sentono smarriti, proponendo un messaggio semplicistico, ovvero: raggiungere lo Stato islamico dove tutto funziona, tutto è corretto.
I reclutatori fanno parte del tessuto sociale, si vestono e si comportano come occidentale, non si presentano alla preghiera del venerdì, non fanno proselitismo “pubblico”, loro diffondono le idee tramite i social. Il web è uno strumento usato molto bene e a fondo».
«I terroristi utilizzano molto bene il Darknet».
Domitilla Savignoni: «Il Darknet viene usato tantissimo e bene, attraverso quest’area del web protetta i terroristi possono interagire nel perfetto anonimato. Il Darknet non ha confini né una sua lingua, anche la moneta usata, il bit coin, è anonima.
Attraverso il Darknet si possono acquistare armi, droga documenti falsi e killer. Esistono siti dove l’Isis può raccogliere donazioni per poter finanziare le azioni terroristiche. Un vero e proprio mondo ideale dove non serve identità».
Immagine in copertina : Fonte – Dr. Sebastian Gorka: We Will Lose a ‘Winnable’ War Against Jihad If We Refuse to ‘Talk About the Enemy as They Are’