Terroristi o gruppi in lotta per la liberazione nazionale?


Terroristi o gruppi in lotta per la liberazione nazionale? Un’analisi dei due fenomeni dal punto di vista del diritto internazionale umanitario.


La collocazione dei terroristi e dei gruppi in lotta per la liberazione nazionale nel diritto umanitario

Né il diritto internazionale né il diritto internazionale umanitario forniscono una definizione univoca ed esaustiva del fenomeno del terrorismo. La dottrina, infatti, ha difficoltà a riconoscere il terrorismo come crimine internazionale in quanto le convenzioni attualmente in vigore disciplinano singole condotte criminose costituenti terrorismo imponendo alle Parti l’obbligo di sanzionarle nella loro legislazione interna. Manca tuttavia, sia nel diritto convenzionale sia in quello consuetudinario, una definizione generale ed univoca di terrorismo[1].

Dall’impossibilità di definire il fenomeno, derivano complessità nell’individuare i terroristi tra le categorie di combattenti fornite dal diritto internazionale umanitario, nonché nel ritenere applicabile quest’ultima branca del diritto ai conflitti tra Stati e gruppi terroristici non statali.
A partire dall’11 settembre 2001, infatti, la comunità internazionale ha sentito l’esigenza di occuparsi con più incisività del fenomeno del terrorismo globale che, di fatto, minacciando la pace e la sicurezza internazionale, ha modificato il concetto stesso di guerra introducendo l’ipotesi della “guerra al terrorismo” e complicando la tipologia di conflitto non internazionale, quello cioè tra uno Stato ed un gruppo armato non statale.
Ancora oggi, in effetti, si può ritenere il diritto internazionale umanitario lacunoso per ciò che riguarda la collocazione del fenomeno e dei terroristi stessi entro le cornici legali esistenti. Momentaneamente, infatti, le uniche soluzioni ad un ipotetico inquadramento del terrorismo risiedono nelle convenzioni di Ginevra.
Tali strumenti internazionali regolano la condotta dei belligeranti durante un conflitto armato individuando le categorie dei legittimi combattenti che, se caduti in potere del nemico, hanno diritto al riconoscimento dello status di prigioniero di guerra. Nella categorizzazione si annoverano i combattenti regolari – ossia le Forze Armate regolari di un Paese –, quelli irregolari ed i movimenti di resistenza – purché soddisfino determinati requisiti[2] –, coloro che partecipano alla levata in massa, ed infine quelle formazioni che rispondono ad un governo che non è riconosciuto dall’altra parte belligerante. Tra coloro intitolati al riconoscimento dello status di legittimi combattenti, si annoverano i gruppi in lotta per la liberazione nazionale da una dominazione coloniale, da un’occupazione straniera o da regimi razzisti. Ai sensi dell’art. 1 par. 4 del I protocollo aggiuntivo del 1977 alle quattro convenzioni di Ginevra, inoltre, i conflitti che riguardano i popoli in lotta per la liberazione nazionale sono classificabili come conflitti armati internazionali[3].
Come già accennato in precedenza, la figura del terrorista non è disciplinata dal diritto internazionale né da quello dei conflitti armati. Proprio nell’impossibilità di disciplinare la categoria dei terroristi con gli strumenti legali momentaneamente disponibili risiede la sostanziale differenza tra i terroristi ed i gruppi in lotta per la liberazione nazionale.

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L’applicabilità del diritto internazionale umanitario ai terroristi ed alle operazioni di anti-terrorismo

Tuttavia, dal fatto che non esista nel diritto internazionale umanitario una categoria specifica di combattenti entro cui collocare i terroristi, non consegue l’inapplicabilità delle regole di diritto umanitario ai gruppi di terroristi ed alle loro famiglie. Nonostante, infatti, il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) abbia riconosciuto la totale illegittimità degli atti di terrorismo per la loro contrarietà al principio di umanità e a tutti gli altri principi cardine del diritto internazionale umanitario, lo stesso rimane preoccupato per le conseguenze umanitarie delle operazioni di antiterrorismo. Nonostante alcuni Stati sostengono l’inapplicabilità del diritto umanitario alle operazioni di anti terrorismo, infatti, il CICR è chiaro nel sostenere che se un gruppo armato non statale designato come terrorista è sufficientemente organizzato e le operazioni militari in cui è impegnato contro lo Stato sono sufficientemente prolungate e con un’adeguata intensità, si potrà ritenere il conflitto esistente un conflitto armato non internazionale in cui troveranno applicazione le regole di diritto internazionale umanitario. Al contrario, qualora le ostilità che coinvolgono individui o gruppi considerati “terroristici” rimangano sporadiche e non assimilabili ad un conflitto armato in termini di intensità e di prolungamento nel tempo, il diritto internazionale umanitario non potrà essere considerato applicabile[4]. In quest’ultima ipotesi è necessario sottolineare che l’inapplicabilità del diritto internazionale umanitario non conferisce agli Stati la facoltà di non rispettare gli standard minimi derivanti dalla branca dei diritti umani, che al contrario, dovranno essere applicati in quanto lex generalis che comunque rimane in vigore in quanto non derogata dalla lex specialis (il diritto umanitario).

Lo scenario pertanto risulta estremamente complesso in quanto l’applicabilità degli standard di diritto umanitario ai conflitti contro un gruppo terroristico dipende dalla composizione del gruppo stesso e dal livello di intensità raggiunto durante gli scontri armati. Infine, il fatto che in un conflitto non internazionale riguardante uno Stato ed un gruppo terroristico si applichi il diritto internazionale umanitario, non significa automaticamente che i terroristi verranno riconosciuti come legittimi combattenti e, di conseguenza, che si vedranno riconosciute la garanzie derivanti dallo status di prigionieri di guerra in caso di cattura. Tale eventualità, infatti, rimane in ogni caso subordinata all’osservanza da parte del gruppo dei criteri ex art. 1 par. 4 del I PA che tuttavia, vista la natura degli attacchi terroristici, puntualmente vengono disattesi.


Note

[1] Cfr. Ronzitti N., Introduzione al diritto internazionale, Giappichelli Editore, 2013, pp. 348-349.
[2] Tali combattenti devono riunirsi in un gruppo guidato da una persona che se ne assuma la responsabilità interna ed internazionale, dotato di un’organizzazione stabile e di un segno distintivo e i cui componenti imbraccino evidentemente le armi rispettando le norme di diritto umanitario.
[3] Il diritto internazionale umanitario prevede la classificazione in due tipologie di conflitto: il conflitto armato internazionale riguardante due o più entità statali in conflitto tra loro o contro un gruppo di liberazione nazionale, ed il conflitto armato non internazionale dove le ostilità riguardano un’entità statale ed un gruppo armato non statale.
[4] Cfr. Terrorism, Counterterrorism measures, and IHL, in International Humanitarian Law and the challenges of contemporary armed conflicts. Recommitting to protection in armed conflict on the 70th Anniversary of the Geneva Conventions, ICRC.


Foto copertina: Terroristi o gruppi in lotta per la liberazione nazionale?