Israele- Palestina: cosa sappiamo finora


Nelle prime ore di questa mattina, Hamas ha lanciato un attacco militare su larga scala contro Israele, cogliendolo di sorpresa Secondo le fonti israeliane, da diverse località di Gaza sono stati lanciati più di 2.500 missili che hanno causato circa 40 morti e più di 700 feriti tra la popolazione israeliana. Circa 30 persone sono state prese in ostaggio dai combattenti palestinesi.


Si tratta del più grande attacco degli ultimi anni e di una portata senza precedenti.
Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che Israele “è in guerra e la vincerà”, ordinando “un’ampia mobilitazione delle riserve e una risposta al fuoco di una portata sconosciuta al nemico.”

Le Forze di Sicurezza Israeliane (IDF) hanno annunciato sul social “X” l’avvio dell’operazione “Spade di Ferro” che ha finora causato 198 morti e più di 1.000 feriti sul territorio della Striscia di Gaza.
Si tratta di numeri provvisori, destinati a salire nelle prossime ore, dal momento che il bilancio delle vittime da entrambe le parti rimane incerto.  
L’attacco a sorpresa di Hamas contro Israele e le infiltrazioni sul territorio rivelano, inoltre, un grosso fallimento del sistema di sicurezza israeliano, che provocano non pochi imbarazzi alla leadership di Tel Aviv.

Come si è giunti a questo punto

Mustafa Barghouti, fondatore e segretario generale del partito Iniziativa Nazionale Palestinese, al-Mubadara, intervistato dal canale qatariano Al-Jazeera, ha dichiarato che non ci si può dire sorpresi dall’attacco di Hamas perché è la conseguenza naturale di ciò che Israele sta facendo.
Stando a quanto riportato da loro, le Brigate Izz al-Din al-Qassam, ala militare di Hamas, hanno annunciato l’operazione “Alluvione al-Aqsa” in risposta “alle continue provocazioni ad al-Aqsa e alle misure adottate nei confronti dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane.”

Solo negli ultimi giorni, infatti, si è assistito ad un aumento delle aggressioni da parte dei coloni israeliani contro la popolazione palestinese. Qualche giorno fa, in occasione della festività ebraica del Sukkot[1], decine di coloni israeliani hanno invaso il complesso della Moschea di al-Aqsa, luogo che, secondo la legge ebraica, è interdetto agli ebrei, data la natura sacra del sito.

Non si tratta di un caso isolato. La Moschea di al-Aqsa, per il suo alto valore simbolico, è spesso al centro di scontri e violenze che spesso si acuiscono in concomitanza con gli eventi religiosi.
A ciò si aggiungono, le violenze e le uccisioni che occorrono in Cisgiordania con una cadenza quasi giornaliera senza alcuna imputabilità e l’aumento esponenziale di insediamenti illegali di israeliani nel territorio palestinese.
Il 2023 è stato l’anno con più uccisioni tra i palestinesi della Cisgiordania dalla fine della Seconda Intifada del 2005

Alla situazione domestica, si aggiunge poi il contesto regionale.
I processi di normalizzazione intrapresi da Israele con gli altri paesi arabi hanno accresciuto la frustrazione e la marginalizzazione della popolazione palestinese. Basti pensare che persino l’Arabia Saudita sarebbe in procinto di stipulare uno storico accordo di pace con Israele, nonostante abbia cercato di convincere che la causa palestinese rimarrà al centro di qualunque accordo di normalizzazione.


Note

[1] Sukkot o Festa delle Capanne è una delle più importanti feste religiose ebraica. Viene celebrata 5 giorni dopo lo Yom Kippur e dura un’intera settimana (quest’anno dal 29 settembre al 6 ottobre).