Strategie nucleari e corsa agli armamenti, i rischi della tripolarità


Il 5 ottobre, durante il suo discorso al club Valdai a Sochi, Putin ha confermato di aver testato con successo il nuovo missile a propulsione nucleare Burevestnik[1]. La recente sospensione del trattato New Start e gli sviluppi nucleari di Russia e Cina pongono nuovi interrogativi su come evitare una corsa agli armamenti in una situazione di “tripolarità nucleare”.


Simone Orbitello

Uccello della tempesta

Secondo il rapporto della Nuclear Threat Initiative[2], una ong che si occupa di controllo degli armamenti, il test effettuato da Mosca è l’ultimo di una serie di 13 test, effettuati tra 2017 e 2019, tutti falliti. Durante uno di questi il missile era esploso, uccidendo 7 persone ed emettendo materiale radioattivo.
Il missile, il cui nome significa “uccello della tempesta”, anche chiamato SSC-X-9 Skyfall, è uno dei 6 nuovi tipi di armi strategiche annunciate da Putin nel 2018.
Il Pentagono ha confermato che Mosca sta diversificando il suo arsenale, con lo sviluppo di due nuovi missili balistici intercontinentali, un veicolo di planata ipersonico e un drone subacqueo a propulsione nucleare chiamato Status-6[3].

La particolarità del Burevestnik è che è un missile a propulsione nucleare.
Il lancio iniziale avviene con un normale motore a propellente solido, e il reattore nucleare in miniatura dovrebbe attivarsi solo nella fase attiva di volo, per garantire quella che teoricamente sarebbe una capacità di volo illimitato. Il missile sarebbe capace di trasportare testate convenzionali, ma in pratica verrebbe usato per portare un carico nucleare, sebbene più piccolo di quelli trasportati da altri missili. Sarebbe usato come “second-strike, strategic-range weapon”, ovvero dopo che la Russia viene colpita da armi nucleari. Burevestnik sarebbe capace di volare per 20.000 chilometri, a un’altezza di soli 50-100 metri da terra. La sua capacità di volare così basso per un tempo quasi illimitato lo renderebbe immune a qualsiasi sistema di difesa. Nonostante il successo del test, gli esperti dicono che ci vorranno anni prima di un impiego del missile.

Putin ha anche annunciato di aver completato i test per il nuovo missile balistico intercontinentale Sarmat, capace di trasportare 10 o più testate nucleari. I nuovi Sarmat Rs-28, o Satan II in gergo Nato, sono stati testati ad aprile 2022 e a febbraio 2023 durante la visita di Biden a Kiev. L’anno scorso, dopo il test, il deputato russo Alexei Zhuravlev aveva affermato che il missile impiegherebbe “106 secondi per colpire Berlino, 200 secondi per Parigi, 202 secondi per Londra”[4].

A Sochi Putin ha anche dichiarato che la Russia potrebbe riprendere i test nucleari, in risposta alla mancata ratifica americana del trattato sul bando ai test nucleari. L’ultimo test nucleare condotto dall’Orso risale al 1990.

New Start

A febbraio di quest’anno Mosca ha dichiarato la sospensione del trattato New Start, l’ultimo accordo che regola le armi nucleari di Stati Uniti e Russia. Mosca ha fermato il sistema di notifiche e di ispezioni, ma non è detto che aumenterà il numero delle proprie testate nucleari.

Il New Start sostituiva tutti gli accordi precedenti e prevedeva un massimo di 1.550 tra testate e bombe nucleari, 800 vettori nucleari (ovvero Icbm, sottomarini lanciamissili e bombardieri pesanti), di cui un massimo di 700 operativi contemporaneamente (il che equivale a permettere una riserva di 100 vettori)[5]. Il nuovo missile Burevestnik, se messo a sistema, sarebbe parte dell’arsenale nucleare russo, e dunque regolato dal trattato. La dottrina militare russa prevede l’uso di armi nucleari in caso di attacco al proprio territorio e di una minaccia all’esistenza dello Stato.

Strategie nucleari

La sospensione di New Start e le nuove armi russe, le minacce di utilizzo di armi nucleari tattiche in Ucraina, così come le analisi che dicono che la Cina stia ingrandendo il proprio arsenale nucleare, hanno contribuito ad accendere un dibattito sulla possibilità di una nuova corsa agli armamenti, e su come gli Stati Uniti dovrebbero comportarsi. Se da un lato vari analisti statunitensi hanno dichiarato la necessità di ingrandire l’arsenale nucleare, altri hanno detto che sarebbe un errore.

Alla base del dibattito vi è il problema che per la prima volta Washington deve affrontare due potenze nucleari. Sebbene Pechino rimanga lontana dai numeri di testate di Washington e Mosca (intorno a 300), essa sta espandendo il proprio arsenale velocemente, aggiungendo testate multiple ai suoi Icbm e schierando missili a lunga gittata sui sottomarini. La Cina sta raggiungendo quella che si chiama capacità di distruzione assicurata (assured destruction capability), cioè la capacità di infliggere ingenti danni al nemico anche dopo aver subito un attacco nucleare. Sebbene Pechino possieda armi atomiche dagli anni ’60, fino a oggi gli Stati Uniti hanno potuto trattare la rivalità nucleare con Russia e Cina separatamente. Con l’intensificarsi delle relazioni tra i due Paesi, però, si crea il problema di dover deterrere due potenze contemporaneamente, con il rischio di essere colpiti da entrambi. Così, sembra necessario aumentare l’arsenale nucleare americano, alcuni dicono fino a più di 3.000 testate, perché esso potrebbe dover essere usato contro due nemici simultaneamente.

Su Foreign Affairs, Andrew Krepinevich,[6] ha sottolineato i pericoli del fatto che ci troviamo in una tripolarità nucleare. Altri analisti, come Charles L. Glaser, James M. Acton, e Steve Fetter[7], hanno scritto che questi pericoli e la necessità di aumentare l’arsenale americano sono esagerati. Secondo loro, anche se Cina e Russia attaccassero contemporaneamente gli Stati Uniti, questi sarebbero comunque in grado, con le armi attuali, di colpire entrambi i nemici e infliggere danni devastanti, cosicché la deterrenza rimane efficace.
Alla base del dibattito vi sono divergenti idee su quale strategia nucleare gli Stati Uniti dovrebbero impiegare.
Da un lato vi è l’idea di attaccare le armi nucleari rivali e il sistema di comando, ovvero la “counterforce strategy”. Dall’altro, la “countervalue strategy” mira a radere al suolo le infrastrutture di trasporto, i sistemi economici e industriali, così come tutti i centri nevralgici dello Stato avversario, in modo da distruggerlo come società funzionante. Dalla fine della guerra fredda gli Usa hanno basato la propria strategia nucleare sul primo modello. Il Dipartimento di Stato ha dichiarato che Washington mira a possedere “significant counterforce capabilities”[8] e a concludere ogni possibile conflitto con il numero minimo di danni subiti.

La counterforce strategy si basa sul concetto del vincere la guerra e proteggere se stessi. Colpire le armi nucleari avversarie serve proprio a questo. Inoltre, questo tipo di strategia ha maggiore capacità di deterrenza durante conflitti convenzionali, perché uno Stato che sa di poter condurre una guerra nucleare difendendosi e minimizzando i danni fa minacce più credibili agli occhi degli avversari. Dato che Cina e Russia insieme possiedono più testate degli Usa, i sostenitori della counterforce strategy affermano che è necessario ingrandire l’arsenale, perché altrimenti non si riuscirebbe a distruggere quelli avversari.

Il problema della counterforce strategy è che è impraticabile. Anche riuscendo a colpire l’arsenale nucleare rivale, i danni subiti sarebbero comunque enormi. La Russia già possiede capacità di attaccare anche dopo essere stata colpita e la Cina la sta acquisendo. Limitare i danni può essere una buona strategia, ma quando si tratta di armi nucleari bastano poche testate a infliggere danni enormi. Inoltre, se anche Washington ingrandisse il proprio arsenale, Mosca e Pechino farebbero lo stesso, innescando una corsa agli armamenti che difficilmente raggiungerebbe un equilibrio.

Dunque, la strategia che sembra essere più valida è quella di minacciare di radere al suolo la società avversaria. Mentre la counterforce strategy necessita una parità o superiorità di arsenali per funzionare, la countervalue no. Una volta raggiunta la capacità distruttiva assicurata, non è necessario continuare ad ingrandire l’arsenale. Anche subendo ingenti danni, gli Usa potrebbero comunque distruggere i centri economici e infrastrutturali di Cina e Russia, dunque la deterrenza è già raggiunta allo stato attuale. La maggiore critica mossa alla countervalue strategy è che viola il diritto umanitario perché non mira a minimizzare le vittime civili. Questa critica, però, non tiene conto del fatto che anche una counterforce produrrebbe numerose vittime civili, in quanto sia i centri di comando sia le armi nucleari sono spesso poste vicino a centri urbani, come il centro di controllo nazionale di difesa russo, posto nel centro di Mosca. La realtà è che anche una counterforce strategy produrrebbe effetti devastanti sul territorio rivale e dunque è difficile immaginare che sia più legale o morale della countervalue.

I rischi della corsa agli armamenti a tre

La tripolarità nucleare pone sfide politiche e militari.
A livello militare, è necessario capire quale strategia sia più utile per prevenire una guerra nucleare e, nel caso, vincerla. La counterforce strategy permetterebbe una maggiore credibilità di minacciare l’avversario, e dovrebbe in teoria permettere una vittoria a costi minimi. La countervalue ha il vantaggio di essere più realistica e di non necessitare un incremento dell’arsenale nucleare. Se gli Stati Uniti scegliessero di ingrandire il proprio arsenale, probabilmente Russia e Cina farebbero lo stesso, così da scatenare una corsa agli armamenti, con tutte le tensioni e i rischi che ne seguono.
A livello politico, la difficoltà sta nel raggiungere un accordo tra le parti. Durante la guerra fredda Usa e Urss erano soddisfatti di una parità numerica dei rispettivi arsenali. La tripolarità mette in dubbio la possibilità di accordi di questo tipo, perché una parità tra Usa, Russia e Cina sarebbe uno svantaggio per Washington, che dovrebbe affrontare due rivali. Dall’altro lato, Mosca e Pechino non accetterebbero che gli Usa raggiungano un numero di testate pari a quello di Russia e Cina insieme, perché, presi singolarmente, li porrebbe in una situazione di inferiorità. Questo significa che una regolamentazione degli arsenali è molto difficile, e che una corsa agli armamenti sarebbe lunga e rischiosa.
In un’intervista a maggio per Foreign Affairs[9], il capo di stato maggiore americano Mark Milley ha sottolineato le difficoltà di vivere in un “mondo tripolare” e di gestire le relazioni tra le tre potenze. Milley ha detto che non si è ancora arrivati a una alleanza geopolitica ufficiale e cementata tra Cina e Russia, ma che potrebbe succedere in futuro ed è necessario evitarlo.
A giugno è arrivato un segnale positivo dal consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, che ha detto che i rischi nucleari stanno aumentando, a causa degli sviluppi di Russia e Cina, ma che gli Stati Uniti non hanno bisogno di aumentare le loro capacità nucleari per superare gli arsenali rivali ed effettuare una deterrenza efficace.
New Start rimane fondamentale, ed è necessario che Washington e Mosca lo rispettino, ma non può bastare perché la Cina non è inclusa. Serve uno sforzo militare e politico per rinnovare la regolamentazione degli arsenali ed evitare una corsa agli armamenti, che sposterebbe in avanti le lancette dell’orologio dell’apocalisse. Siamo a 90 secondi da mezzanotte.


Note

[1] “What is the Burevestnik missile that Putin says Russia has tested?”, Mark Trevelyan, reuters.com
[2] “Russia May Be Planning to Test a Nuclear-Powered Missile”, Riley Mellen, nytimes.com.
[3]Russia’s nuclear underwater drone is real and in the Nuclear Posture Review”, Valerie Insinna, defensenews.com
[4] “Putin schiera i potentissimi missili Sarmat: ma è un messaggio politico, più che strategico-militare,” huffingtonpost.it
[5]Sicurezza nazionale e armi nucleari, Oppenheimer inaugura il mondo nuovo”, Simone Orbitello, opiniojuris.it
[6] “The New Nuclear Age”, Andrew F. Krepinevich, Jr., foreignaffairs.com
[7] “The U.S. Nuclear Arsenal Can Deter Both China and Russia”, Charles L. Glaser, James M. Acton, and Steve Fetter, foreignaffairs.com.
[8] Ibidem
[9] “How to Avoid a Great-Power War, A Conversation with General Mark Milley”, foreignaffairs.com


Foto copertina: Il presidente russo Vladimir Putin (a sinistra) su una nave militare. [Kremlin pool/EPA/EFE]