
Con interessi a cavallo tra UE e Regno Unito, l’Italia del post-BREXIT è impegnata in un delicato “balancing” finalizzato a preservare la storica strategica cooperazione con la monarchia d’oltre Manica senza però rischiare la marginalizzazione nel suo “spazio vitale” europeo.
Il recesso del Regno Unito ha avuto tra le sue principali conseguenze l’alterazione da un lato, delle dinamiche politiche intestine alla UE; e dall’altro, della natura delle relazioni bilaterali tra il “vicino” d’oltre Manica e i 27 Stati membri.
Con riguardo al primo aspetto, la BREXIT ha indubbiamente rinvigorito il ruolo politico dello storico “motore europeo” costituito da Francia e Germania, oltre a rafforzare il peso dell’Eurozona attraverso l’uscita del principale ex-Stato membro non partecipante. Il “vuoto” lasciato dall’uscita del più importante contrappeso politico al motore franco-tedesco ha generato al contempo pressioni anti-egemoniche da parte delle medie e piccole potenze europee, le quali sembrerebbero star spingendo verso una crescente ulteriore “regionalizzazione” delle dinamiche politiche, con la creazione di blocchi fondati su comunanza di visioni strategiche o temporanea convergenza di interessi su specifiche questioni[1]. Se a questo si aggiunge una più recente problematica concertazione all’interno dello stesso “motore” – generata dall’intraprendenza della Presidenza francese di Emmanuel Macron -, la BREXIT pare abbia restituito un quadro delle dinamiche politiche europee che, nonostante il rinnovato ruolo del poco lubrificato “motore” franco-tedesco, tendono sempre più a regionalizzarsi attraverso alleanze “a geometria variabile” dei restanti Stati membri che includono uno o entrambi gli “ingranaggi” del motore a seconda delle convenienze strategiche del momento[2].
In riferimento ai rapporti bilaterali, il recesso britannico ha indubbiamente introdotto un nuovo elemento di complessità in virtù dello status di Stato terzo del Regno Unito, soprattutto nei confronti di quegli Stati UE che hanno costruito e rafforzato nel tempo rapporti cooperativi con la monarchia d’oltre Manica in settori strategici come quello della difesa.
In questo scenario tutt’ora in divenire, l’Italia si trova in una posizione peculiare e di non facile gestione. Con interessi a cavallo tra UE e Regno Unito, l’Italia del post-BREXIT sembrerebbe impegnata in un delicato “balancing” finalizzato a preservare la storica strategica cooperazione con la monarchia d’oltre Manica senza però rischiare la marginalizzazione nel suo “spazio vitale” europeo.
Malgrado le numerose differenze alle quali si aggiunge soltanto in ultimo la fine della membership britannica alla UE, i due Paesi hanno infatti coltivato e rafforzato nel tempo rapporti cooperativi in numerosi settori strategici e non, sia all’interno dell’architettura europea che al livello bilaterale.
La strategia italiana nelle dinamiche politiche UE post-BREXIT
A partire dal suo ingresso nella Comunità Economica Europea (CEE) nel 1973, il Regno Unito ha storicamente rappresentato un tanto fondamentale quanto problematico alleato per l’Italia, nel tentativo di bilanciamento dell’influenza franco-tedesca durante il processo di integrazione europea allora in pieno divenire.
La tentata alleanza anglo-italiana ai negoziati europei che condussero al Sistema Monetario Europeo (SME) in opposizione alle inefficienze della soluzione franco-tedesca; la condivisione di un deciso approccio “atlantista” e convintamente pro-NATO a fronte delle incertezze francesi[3]; l’alleanza liberal-liberista suggellata dagli ex-premier Tony Blair e Silvio Berlusconi a inizi anni 2000 e volta a bilanciare la formula social-democratica franco-tedesca[4]: tali ultime sono tutte esemplificazioni della volontà dei due Paesi a collaborare per orientare il processo di integrazione europeo in alternativa all’approccio del “motore”, facendo altresì leva sul “peso” demografico congiuntamente esercitato nelle Istituzioni UE.
La BREXIT ha inevitabilmente determinato per l’Italia il venir meno dell’alleato britannico nelle dinamiche politiche intestine all’UE, e la necessità di rafforzare gli sforzi di cooperazione sia con altre “medie potenze europee”, con le quali vi sia una convergenza tanto strutturale quanto di obiettivi strategici, che nei confronti del “motore” franco-tedesco. In tale ottica, devono intendersi tanto l’investimento nella partecipazione italiana al cosiddetto “Club Med” quanto il riavvicinamento strategico alla Francia formalizzato da Trattato del Quirinale del 2021.
La prima cornice cooperativa consentirebbe all’Italia di recuperare parte del “peso” perduto nelle Istituzioni UE attraverso la possibilità di definizione di strategie concertate con Stati membri con caratteristiche strutturali affini alle proprie[5].
La rinnovata alleanza con il vicino francese, presentata dal premier italiano Mario Draghi come “un momento storico nelle relazioni tra i due Paesi”[6], è invece funzionale ad un duplice interesse italiano: continuare ad influenzare le dinamiche politiche europee in direzione di una maggiore integrazione – visione quest’ultima in linea con il riformismo di Macron – approfittando delle divergenze nel “motore europeo”[7] per entrarvi a far parte come terzo polo; infine, intensificare la cooperazione in ambito difesa con il gigante francese anche e soprattutto in ottica di rafforzamento della capacità d’azione militare UE indipendentemente dalla NATO[8].
Al vuoto lasciato dal Regno Unito, l’Italia sta dunque rispondendo intessendo nuove alleanze e rafforzando quelle già esistenti entro i confini delle UE, arena politico-istituzionale nella quale la gran parte degli interessi strategici italiani possono e devono essere tutelati e nei confronti della quale è imprescindibile e vitale che l’Italia ricopra oggi più che mai un ruolo di protagonismo funzionale ad orientarne le dinamiche politiche al fianco, e non in subordinazione, allo storico “motore”[9].
L’evoluzione dei rapporti bilaterali anglo-italiani: la difesa come nodo chiave
Ridefinizione delle alleanze all’interno del proprio naturale “spazio vitale” europeo non significa, per contro, indebolimento dei rapporti bilaterali tra Italia e Regno Unito. A tal proposito, la BREXIT non sembrerebbe aver strutturalmente alterato i rapporti di partenariato ed amicizia coltivati dai due Paesi, come hanno confermato le parole dell’ex-Ambasciatrice britannica in Italia Jill Morris in occasione dell’ultima edizione del Convegno di Pontignano[10] del settembre 2021. Banco di prova della perdurante cooperazione e comunanza di obiettivi dei due Paesi sono state la presidenza italiana del G20 e quella britannica del G7 unitamente al partenariato nel quadro della COP26 di Glasgow: la convergenza tematica su una ripresa mondiale pulita, verde, equa e resiliente, dimostra come – indipendentemente dalla membership europea- non solo Italia e Regno Unito condividano visioni e priorità profondamente affini, ma si riconoscano come partner fondamentali nella loro veicolazione e implementazione[11].
A pesare sul bilancio complessivamente di segno positivo dei rapporti post-BREXIT anglo-italiani è l’evoluzione della cooperazione in ambito di sicurezza e difesa, rimasti esclusi – eccezion fatta per quella cibernetica- dall’accordo di recesso del 2020 tra il Regno Unito e l’Unione europea[12].
Quello della difesa è un settore di storica e strategica collaborazione tra Regno Unito e Italia, consolidatosi al livello politico, militare, operativo ed industriale, e sviluppatosi originariamente nel quadro di partnership governative bilaterali per poi essere inserito in un più ampio quadro di collaborazione a livello europeo. Detta collaborazione strategica ha non solo beneficiato l’UE consentendo lo sviluppo di tecnologie e armamenti in modo più autonomo rispetto all’alleato statunitense, ma ha da un lato, facilitato la produzione e l’export degli armamenti; dall’altro, ha favorito dapprima l’armonizzazione e poi l’integrazione tramite joint ventures delle industrie della difesa anglo-italiane – di cui Leonardo è un brillante esempio[13].
Se la cornice europea ha “incubato” un rafforzamento della cooperazione in materia di difesa tra i due Paesi, il recesso della monarchia d’oltre Manica rischia di indebolirla soprattutto dal lato dell’Italia, la quale dovrà gestire criticità derivanti dalla condizione di terzietà dello storico partner britannico.
In base alle vigenti previsioni regolamentari UE in materia di collaborazione di uno Stato terzo ai settori di difesa e sicurezza, il Regno Unito potrebbe partecipare tanto alla Permanent Structured Cooperation (Pesco) quanto al Fondo Europeo per la Difesa (Edf) a condizioni molto più stringenti rispetto al passato. In merito alla Pesco, il Regno Unito dovrà dimostrare non solo di condividere i valori UE ed essere intenzionata a mantenere un dialogo politico aperto al fine di fluidificare la cooperazione strategica, ma anche di poter contribuire in modo significativo alla realizzazione dei progetti apportando il proprio valore aggiunto in termini di expertise e pianificazione senza al contempo generare dipendenza negli Stati membri. Con riguardo al regolamento approvato nel 2020 per la gestione dello Edf, la partecipazione di imprese europee controllate da Stati terzi a progetti di difesa sarà concessa impedendo, però, alle aziende proprietarie di reclamare il controllo di proprietà intellettuali sviluppate nel quadro dei progetti e di esportare le stesse al di fuori dell’UE, a patto che non vi sia approvazione da parte del Paese in cui esse siano stata prodotte[14].
La nuova cornice regolamentare, voluta in primis dal Regno Unito al fine di recuperare flessibilità e autonomia in materia di difesa e sicurezza, potrebbe penalizzare l’Italia nel quadro della cooperazione con la monarchia d’oltre Manica con riguardo a due aspetti: la possibilità di partecipazione a progetti europei delle joint-ventures anglo-italiane; la disciplina italiana in materia di esportazioni di equipaggiamenti militari.
Nel primo caso, il recesso del Regno Unito paventerebbe problemi in termini di accesso a dette joint-ventures nei rispettivi mercati nazionali. In realtà, specificamente alla presente questione, gli effetti negativi sembrerebbero essere generalmente limitati, in quanto Italia e Regno Unito condividono la membership in numerosi fora internazionali – è questo il caso della Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti (Occar) – nei quali potrebbero continuare a cooperare liberamente. In ambito strettamente europeo, invece, maggiori frizioni potrebbero crearsi con riguardo l’Edf, nel quadro del quale le imprese italiane di proprietà di soggetti extra-UE (come quelli britannici) potrebbero subire discriminazioni, soprattutto nell’incapacità delle Autorità italiane di garantire il riconoscimento dell’identità nazionale delle stesse in seno alla Commissione europea tramite il ricorso al Golden Power[15].
Ben più problematica per l’Italia è invece la questione delle esportazioni di equipaggiamenti militari, in conseguenza sia del livello di integrazione delle industrie della difesa anglo-italiane che delle modalità di recepimento nell’ordinamento italiano delle direttive europee in tale ambito (rispettivamente la Direttiva 2009/81/CE e la Direttiva 2009/43/CE).
Con il Regno Unito fuori dall’UE, infatti, i trasferimenti non sarebbero più qualificabili come intra-comunitari e andrebbero incontro ad una serie di consistenti ostacoli figli del mero recepimento della normativa UE nell’ordinamento italiano che, tramite l’adozione della Legge 185/90 e modifiche al Codice degli Appalti Pubblici, ha riconosciuto ai soli Stati UE un regime agevolato in materia di export di equipaggiamenti militari, adottando un approccio poco lungimirante e poco attento alle potenziali dinamiche evolutive future che penalizza fortemente gli scambi con Stati extra-UE (come è ora il caso del Regno Unito).
Al fine di preservare la storica e proficua cooperazione anglo-italiana, sarebbe dunque auspicabile da un lato, intervenire nell’ottica di assicurare maggiore flessibilità alla normativa italiana sul tema del trasferimento di equipaggiamenti militari; dall’altro, ipotizzare la conclusione di un accordo quadro che punti a continuare a valorizzare le sinergie derivanti dall’integrazione del settore della difesa nei due Paesi[16].
Conclusioni
Per quanto diversi, Italia e Regno Unito hanno intessuto nel tempo importanti relazioni politico-economico-culturali sia nell’architettura politico-istituzionale dell’UE che in ottica bilaterale.
La BREXIT ha inevitabilmente alterato dette relazioni con ricadute indubbiamente più problematiche soprattutto per l’Italia. Se per il Regno Unito, infatti, il recesso ha almeno formalmente significato svincolarsi dall’eccesso di burocratizzazione della UE, per l’Italia la BREXIT ha implicato la perdita di un importante alleato in Europa e l’emergere di criticità in un settore di storica e strategica collaborazione anglo-italiana come quello della difesa.
L’Italia sembrerebbe però sta reagendo a dette alterazioni diversificando strumentalmente le proprie alleanze di modo da restare con piede fisso nel suo “spazio vitale” europeo e con un altro in Regno Unito, partner con il quale tutt’ora si condividono interessi strategici.
Note
[1] A. Wivel, B. Thorhallsson, “Brexit and small States in Europe: hedging, hiding or seeking shelter?”, Capitolo 22 in P. Diamond, P. Nedergaard, B. Rosamond, The Routledge Handbook of the Politics of BREXIT, Routledge, 2019.
[2] E. Brattberg, K. Brudzinka, B. Pires de Lima, “Contending European Views on a New Post-Brexit Balance” in Carnegie Endowment for International Peace, marzo 2020. Disponibile al sito: https://carnegieendowment.org/2020/03/25/contending-european-views-on-new-post-brexit-balance-pub-81354
[3] G. Bentivoglio, “The Tentative Alliance? Britain, Italy and Participation in the European Monetary System” in Journal of European Integration History, 22(1), pp. 85-106, 2016.
[4] Daniela Spinant, “Anglo-Italian pact against Franco-German axis”, Euobserver, 15 febbraio 2002. Disponibile al sito: https://euobserver.com/news/5192
[5] E. Brattberg, K. Brudzinka, B. Pires de Lima, “Contending European Views on a New Post-Brexit Balance” in Carnegie Endowment for International Peace, marzo 2020. Disponibile al sito: https://carnegieendowment.org/2020/03/25/contending-european-views-on-new-post-brexit-balance-pub-81354
[6] Sandrine Amiel, “Quirinale treaty: Will a new French-Italian pact shift the balance of power in Europe?”, Euronews, 26 novembre 2021. Disponibile online: https://www.euronews.com/2021/11/26/quirinale-treaty-can-a-new-french-italian-pact-shift-the-balance-of-power-in-europe
[7] KARL-PETER SCHWARZ, “Germany’s traffic light coalition and Europe”, GIS Reports, 28 gennaio 2022. Disponibile online: https://www.gisreportsonline.com/r/germany-coalition-europe/
[8] MELVYN B. KRAUSS, “The New Franco-Italian Alliance in Europe”, Project Syndicate, 24 novembre 2021. Disponibile al sito: https://www.project-syndicate.org/commentary/draghi-macron-alignment-new-eu-leadership-dynamic-by-melvyn-krauss-2021-11
[9] Jean-Pierre Darnis, “Francia: dal Trattato di Aquisgrana a quello del Quirinale”, IAI Archivio, 21 gennaio 2019. Disponibile online: https://www.affarinternazionali.it/archivio-affarinternazionali/2019/01/francia-trattato-aquisgrana-quirinale/
[10] Il Convegno di Pontignano, istituito nel 1993 dal British Council e St Antony’s College Oxford, rappresenta uno degli eventi annuali più importanti nel rapporto bilaterale tra Regno Unito e Italia, coinvolgendo i principali decision maker e influencer governativi in tema di università e accademia, tecnologia e innovazione, cultura e società, economia e finanza, politica e sicurezza, governo e media, cambiamento climatico e inclusione.
[11] Francesco de Leo, ““Londra e Roma stanno lavorando fianco a fianco dando prova di leadership” intervista alla ex Ambasciatrice britannica in Italia Jill Morris, IAI, 20 settembre 2021. Disponibile online: https://www.affarinternazionali.it/archivio-affarinternazionali/2021/09/londra-e-roma-stanno-lavorando-fianco-a-fianco-dando-prova-di-leadership/
[12] Alessandro Marrone, “Italia e Regno Unito: così diversi e così vicini”, IAI, 20 settembre 2021, Disponibile online: https://www.affarinternazionali.it/archivio-affarinternazionali/2021/09/italia-e-regno-unito-cosi-diversi-e-cosi-vicini/
[13] E. Sabatino, O. Credi, M. Nones, “La collaborazione italo-britannica nel settore della difesa e sicurezza dopo la Brexit”, IAI Papers, 2021.
[14] Idem.
[15] Per poteri speciali (Golden Power) si intendono i poteri esercitabili dal Governo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché di taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni, con lo scopo di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e di interesse nazionale. Istituito con il decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21, il golden power si ricollega agli istituti della “golden share” e “action spécifique” – previsti rispettivamente nell’ordinamento inglese e francese. Per ulteriori info consulta: https://temi.camera.it/leg17/post/la_disciplina_del_golden_power__quadro_normativo.html
[16] E. Sabatino, O. Credi, M. Nones, “La collaborazione italo-britannica nel settore della difesa e sicurezza dopo la Brexit”, IAI Papers, 2021
Foto copertina: Italia post-Brexit