La piaga della Violenza sulle Donne: un approccio giuridico per la tutela dei diritti fondamentali ed internazionali


Questo articolo esplorerà il ruolo del diritto nel sensibilizzare contro la violenza sulle donne e promuovere un ambiente in cui tutte le persone possano vivere libere da paura e violenza.


A cura di Marco Sorvillo

L’integrità fisica e psicologica delle donne è un diritto umano fondamentale che dovrebbe essere garantito, esso è intoccabile ed inalienabile. Ad oggi la situazione è aberrante, è impensabile che si continui a parlare della violenza di genere, tutti dovremmo vivere in un equilibrio tra pari.
Tuttavia, nonostante gli sforzi, i convegni, le rappresentazioni, le testimonianze che si sono manifestate nel corso degli anni per promuovere l’uguaglianza di genere e la dignità delle donne, la piaga della “violenza di genere” persiste come una triste realtà che mina l’intelletto delle persone, fino a trasformarla in un cancro per la struttura della nostra società.
In questo contesto, si vuole esplicitare che un approccio giuridico effettuato con rigore, diventa essenziale per affrontare la complessità della violenza sulle donne, che possa aiutare a comprendere che non vi sono differenze e quali sono gli strumenti che fungono da deterrente e manifestate in molteplici sfaccettature nel mondo del diritto.
Questo articolo porta in evidenza quali sono le attuali disposizioni precettistiche, quali sono stati i progressi giuridici e le normative esistenti attualmente in vigore all’interno del panorama giuridico italiano ed internazionale e quali le sfide ancora aperte. L’obiettivo è quello di migliorare le piaghe che affliggono la nostra società in merito alla violenza sulle donne.
Verrà avanzata una analisi approfondita, su quali sono gli strumenti a tutela dei diritti delle donne, e come cercheremo di delineare le opportunità per rafforzare la tutela dei diritti fondamentali delle donne sottolineando la vicinanza del diritto positivo oltre che cercare di sensibilizzare, contrastare e punire ogni forma di violenza e di disparità che a loro volta hanno rallentano il progresso e lo sviluppo nella lotta contro la violenza di genere.
Non si può non partire dai numeri catastrofici che ogni anno abbattono il sistema sociale dell’integrazione e della parità. Ad oggi, da fonte del ilsole24ore, quest’anno “le vittime superano quota 100 le donne uccise dall’inizio dell’anno: su 282 omicidi commessi, 101 vittime sono donne, di cui 82 uccise in ambito familiare o affettivo. Di queste, più della metà (53) hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner” (fonte https://alleyoop.ilsole24ore.com/2023/11/09/violenze-sessuali-costante-aumento/)
Questi sono numeri deleteri per la società che si crede moderna, inconcepibili invece per ciò che rappresenta la nostra carta costituzionale, soprattutto per il fine che cerca di seguire e dell’impronta che le viene data ancora oggi.
Ciò che emerge nella società in cui viviamo, che si dimostra non al passo con i tempi, (e non così evoluta come si vuole far credere) che in molti ambiti della nostra società la donna parte tuttora un passo indietro a causa di una cultura patriarcale ancora troppo radicata.
Gli sforzi per il miglioramento di tale situazione, per un cambio di rotta intellettuale, non ha prodotto i risultati sperati, e soprattutto non è ancora abbastanza, sarebbe invece opportuno che si prevedessero dei meccanismi premiali ben più incisivi, sia per il genere femminile stesso che per l’intero ambiente lavorativo, oppure che venissero rafforzati in modo netto le tutele attualmente esistenti, o che siano comunque sempre più parificatori nel mercato del lavoro nei confronti della donna.
Ebbene, se la normativa sul mondo del lavoro è ancora fragile e frammentata e ancora poco incisiva, di contro, numerosi sono stati gli interventi giuridici e normativi a tutela delle donne da un punto di vista penalistico, ma purtroppo essi non sempre e realmente efficaci da un punto di vista di conoscenza nel pensiero comune tali da far desistere la commissioni di atrocità. È opportuno sottolineare il rilievo che ha avuto inizio con la dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993 alla Convenzione di Istanbul, fino al Codice rosso del 2019 (ovvero le modifiche apportate al Codice penale ove ha visto l’introduzione di 4 nuove fattispecie di reato). Bisogna avere cognizione dei dati riportati dall’OMS che ISTAT certificano che la violenza di genere è la prima causa di morte per le donne dai 15 ai 45 anni e che la casa è il posto più pericoloso per una donna. Inaccettabile!

La connessione tra il codice rosso e la convenzione di Istanbul

La Convenzione di Istanbul e il Codice Rosso in Italia sono entrambi strumenti legali volti a prevenire e contrastare la violenza di genere, ma operano in contesti differenti e con approcci distinti.

Convenzione di Istanbul

La Convenzione di Istanbul è un trattato internazionale adottato dal Consiglio d’Europa nel 2011, ratificato in Italia nel 2013 con una legge parlamentare, che si concentra sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. La Convenzione è il primo strumento legalmente vincolante a livello europeo tra gli stati che hanno ratificano la Convenzione, infatti, essi si impegnano a implementarne le disposizioni nel loro ventaglio normativo fatto da norme recettive e precettive di prevenzione, di tutela e di applicazione di sanzioni contro la violenza domestica.
La Convenzione di Istanbul offre una serie di linee guida e standard per gli Stati membri, promuovendo attraverso le misure preventive una serie di complementi attuativi, comprendendo una regolamentazione sulla protezione delle vittime, introducendo un perseguimento da un punto di vista del diritto penale nei confronti dei responsabili e un degno supporto alle vittime di atrocità.
Con la recente ratifica da parte dell’Unione Europea (2023) che ha aderito alla “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” conosciuta con il nome di Convenzione di Istanbul, ha dato un chiaro segnale ai cittadini europei, ovvero agli Stati non firmatari della convenzione originale del 2013 ma che fatto, essendo aderenti dell’istituzione dell’Unione Europea, vale il principio per cui tale convenzione, è direttamente applicabile a quegli stati che non l’avevano ratificata, ma che adesso, qualora un cittadino ritenesse di non sentirsi abbastanza tutelato o che abbia subito una compressione del proprio diritto, può agire in nome del Diritto Europeo chiedendo una ulteriore tutela, denunciando anche una non corretta osservanza delle norme ivi presenti del proprio stato di appartenenza.
Inoltre, questa adesione, porta un ulteriore vincolo di rispetto ed osservanza di tale convenzione degli Stati non ratificatori, ovvero, una maggiore abnegazione ed obbedienza all’applicazione della normativa rientrante dall’adesione dell’Unione Europea al fine di evitare una serie di violazioni e sanzioni che possono essere applicate allo Stato trasgressore.

Nello specifico, viene:

  1. Definizione ampia di violenza: La Convenzione offre una definizione ampia di violenza di genere, che va oltre la violenza fisica e sessuale e include la violenza psicologica, il controllo coercitivo e altri comportamenti dannosi.
  2. Prevenzione e protezione: La Convenzione sottolinea l’importanza della prevenzione della violenza e della protezione delle vittime. Gli Stati membri sono incoraggiati a adottare misure legislative, educative e di sensibilizzazione per prevenire la violenza e proteggere le vittime.
  3. Misure penali e giudiziarie: La Convenzione richiede agli Stati di adottare misure penali e giudiziarie per perseguire i responsabili di atti di violenza di genere. Questo include la modifica delle leggi nazionali per garantire che la violenza di genere sia perseguita e punita in modo efficace.
  4. Supporto alle vittime: La Convenzione sottolinea l’importanza di fornire supporto alle vittime di violenza di genere, compresi servizi di assistenza legale, alloggio sicuro e servizi di consulenza.
  5. Educazione e sensibilizzazione: Gli Stati sono incoraggiati a promuovere l’educazione e la sensibilizzazione sui temi della violenza di genere, al fine di cambiare le mentalità e prevenire futuri atti di violenza.
  6. Ruolo delle organizzazioni non governative: La Convenzione riconosce il ruolo cruciale delle organizzazioni non governative (ONG) nella prevenzione e nel contrasto della violenza di genere. Gli Stati sono incoraggiati a collaborare con le ONG per implementare efficacemente le disposizioni della Convenzione.

Codice Rosso

Il Codice Rosso è una misura italiana che si distingue dalla convenzione di Istanbul. Essa, si prefigge l’obiettivo di focalizzarsi e di concentrarsi sulla lotta contro il femminicidio, ovvero l’omicidio di donne a causa del loro genere. Questo è stato introdotto in Italia per contrastare in modo più specifico e urgente i casi di violenza di genere che culminano nella più aberrante atrocità, ovvero violenza ovvero omicidio delle donne.
È stato ribattezzato con il termine “Codice Rosso” per istituire un nuovo impatto nel pensiero delle persone e per indicare un chiaro segnale delle istituzioni facendo notare ai consociati, che lo Stato è dovuto intervenire in modo rapido attraverso un intervento normativo di tutela con il fine dell’immediatezza e della tutela poiché era sempre maggiore ed esistente, un rischio elevato di femminicidio.
Esso, infatti, oltre alle nuove fattispecie di reato, prevede diverse misure ti tutela, tra cui la protezione delle vittime che subiscono violenze di genere come l’arresto preventivo dei presunti autori, per evitare ulteriori danni.
Mentre l’intento della Convenzione di Istanbul è quello di delineare normativamente un quadro più ampio e generale per affrontare la violenza di genere, con l’introduzione del Codice Rosso in Italia, esso si concentra su casi particolarmente gravi, come quelli che possono portare all’omicidio di una donna a causa del suo genere ma soprattutto alla sua prevenzione o reiterazione delle violenze.
Entrambi gli strumenti, seppur ben diversi tra loro, riflettono un elemento comune che è il loro fine di nascita, ovvero, l’impegno a livello nazionale e internazionale per affrontare la violenza di genere quale vera piaga del sistema sociale, poiché è inconcepibile che vengano commessi reati solo perché si pensi ad una appartenenza del genere femminile come un oggetto, una appartenenza possessiva quale vincolo come il corpus possessionis o l’animus possidendi.

Tra le varie modifiche si segnala:

Articolo 612-ter del Codice Penale: diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (revenge porn): che punisce “chiunque, dopo averle realizzate o sottratte, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate” con la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro. Anche chi riceve o acquisisce immagini e video e le diffonde senza consenso rischia la stessa pena. Quest’ultima aumenta se il reato è commesso da un coniuge o un ex coniuge o da una persona che ha avuto una relazione affettiva con la vittima, se è commesso attraverso mezzi informatici o se “i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza”;
Articolo 583 quinquies del Codice Penale:  deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso: che sanziona con la reclusione da 8 a 14 anni “chiunque cagiona ad alcuno lesione personale dalla quale derivano la deformazione o lo sfregio permanente del viso”. Quando, per effetto del delitto in questione, si provoca la morte della vittima, la pena è l’ergastolo;
Articolo 558 bis del Codice Penale: costrizione o induzione al matrimonio “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile” è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. La fattispecie è aggravata quando il reato è commesso a danno di minori di 18 o di 14 anni e le disposizioni previste dall’articolo si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia “ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia”;
Articolo 387 bis del Codice Penale: violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa –  “Chiunque, essendovi legalmente sottoposto, violi gli obblighi o i divieti derivanti dal provvedimento che applica le misure cautelari di cui agli articoli 282 bis e 282 ter del codice di procedura penale o dall’ordine di cui all’articolo 384 bis del medesimo codice è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.”

Costituzione Italiana

Non bisogna però dimenticare la Costituzione Italiana, ovvero quegli strumenti che furono pensati dai padri costituenti e che seppur non esplicitamente, ovvero attraverso dei  dettagli specifici sulla violenza contro le donne, essa include principi generali e disposizioni che possono essere interpretate e utilizzate per combattere la violenza di genere, oltre ad imprimere chiaramente che sono strumenti posti alla base che possono essere applicati per contrastare la violenza sulle donne includono: l‘Articolo 2 riconosce il diritto alla vita e alla sicurezza personale. Questo principio è fondamentale nel contrastare la violenza fisica e psicologica, poiché sottolinea l’importanza di garantire che ogni individuo possa vivere senza essere minacciato o danneggiato.
L’Articolo 3 sancisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini, senza distinzione di sesso. Questo principio può essere invocato per sostenere l’uguaglianza di genere e per promuovere misure atte a prevenire e contrastare la violenza contro le donne. L’Articolo 24 assicura il diritto di difesa in giudizio. Questo può essere applicato per garantire che le vittime di violenza abbiano accesso a giustizia e che coloro che commettono atti di violenza siano portati di fronte alla legge.
L’Articolo 29 protegge la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. In caso di violenza domestica, questo articolo può essere evocato per sostenere azioni legali volte a proteggere i membri della famiglia, comprese le donne vittime di violenza.
L’Articolo 32 garantisce il diritto alla salute come fondamentale. Questo articolo può essere utilizzato per sostenere misure atte a prevenire e trattare le conseguenze della violenza contro le donne, inclusi i servizi di assistenza medica e psicologica.

Una nuova accelerata all’orizzonte

È di questi giorni la notizia che le istituzioni politiche italiane, hanno dato una accelerata per l’approvazione di una “legge contro la violenza” a seguito delle atrocità che sono oggetto di cronaca proprio in questi giorni, con l’intento di rinforzare il “codice rosso” attraverso l’inasprimento delle pene e delle misure cautelari al fine di evitare la realizzazione di delitti.
Tra le varie misure attuative che potrebbero vedere la nascita vi sono ad esempio il rafforzamento degli strumenti di prevenzione come l’ammonimento, il braccialetto elettronico, il rafforzamento della distanza minima di avvicinamento, la c.d. vigilanza dinamica ecc.) che vedrebbero l’applicazione qualora vi fosse la commissione dei c.d. reati spia, ovvero quei reati che attribuiscono un chiaro preludio che da lì a poco vi possa essere l’azione che comporti chiaramente un aggravamento quale compromissione del bene vita individuale. Strumenti quini che avrebbero l’obiettivo di evitare che un intervento tardivo o non ancora maturo per le normative attualmente in vigore possa poi portare a conseguenze peggiori. Oltre a questa azione preventiva, vi è la previsione dello strumento “dell’arresto in flagranza differita”, ovvero l’arresto applicato quando viene commessa un’azione o si scopre la commissione di un reato per mezzo di riprese video o fotografie e si può procede, quindi, con l’applicazione di una misura restrittiva del colpevole senza che vengano superate le 36 ore dal momento in cui si è verificato il delitto.

Sensibilizzazione e abbandono di stereotipi populisti e misogini

In conclusione, si ritiene perciò opportuno che c’è ancora bisogno di lavorare, di sensibilizzare le persone e di evidenziare che il diritto svolge un ruolo cruciale nel fornire una base solida per affrontare la violenza sulle donne. Anche le Costituzioni di molte altre nazioni sottolineano il diritto fondamentale alla vita, alla libertà e alla sicurezza personale.
La violenza contro le donne minaccia una molteplicità di diritti oltre che a creare ferite all’interno della società, lacerazioni che devono essere arginate all’origine, possono essere curate solo se si cerca di educare le persone attraverso la cultura, stigmatizzando a sua volta il concetto retrogrado della donna come oggetto deputato all’appartenenza fisica e personale. I diritti che sono trasversalmente incidenti sono soprattutto quelli dalla violenza fisica e sessuale oltre che la coercizione psicologica. Le leggi devono essere progettate per proteggere tutte le persone, indipendentemente dal genere, e garantire che coloro che violano questi diritti siano tenuti responsabili delle loro azioni.
La sensibilizzazione è un primo passo cruciale per affrontare la violenza sulle donne. Bisogna insistere con le campagne educative (a partire dalla scuola) che possono aiutare a rompere il silenzio che spesso circonda questi abusi, sfatando i miti e le percezioni sbagliate che perpetuano la violenza. Il diritto può contribuire a questo sforzo promuovendo leggi che incoraggiano la segnalazione di abusi, offrendo protezioni legali alle vittime e garantendo che i colpevoli siano adeguatamente puniti.
Occorre un cambiamento sociale, abbandonando gli stereotipi presenti nella nostra società che creano un evidente disequilibrio.
La violenza è violenza, non può esistere un «cattivo marito ma buon padre». È doveroso arginare le disuguaglianze di genere unitamente a quelle educative, sociali ed economiche. Solo così possiamo pensare di arginare il fenomeno della violenza di genere.

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Foto copertina: La piaga della Violenza sulle Donne