La via per Bruxelles: la Macedonia, i veti e l’UE


Il primo paese dei Balcani occidentali a presentare la domanda di adesione all’Unione Europea è stata la Repubblica Ex Jugoslava di Macedonia (FYRM), oggi Macedonia del Nord, nei primi anni 2000, ottenendo lo status di candidato nel 2004. Il 19 luglio scorso è stato finalmente dato il via libera all’apertura dei negoziati di adesione, unitamente a quelli dell’Albania, dopo l’appianamento delle dispute bilaterali con Grecia e Bulgaria che avevano di fatto congelato la posizione della Macedonia alle porte dell’UE.


La fine della Guerra Fredda ha permesso ai paesi dell’Europa orientale di potersi finalmente autodeterminare, liberi dall’influenza dell’URSS che scomparirà anch’essa nel 1991. Ben presto, l’integrazione europea diventa l’obiettivo politico di tutti gli stati dell’area. Tuttavia, se i paesi dell’Europa centro-orientale sono riusciti rapidamente ad accedere all’UE (in tre momenti successivi tra il 2004 e il 2013), per quelli balcanico – occidentali l’integrazione non ha seguito un percorso altrettanto lineare.
La sanguinosa guerra che ha accompagnato la fine della Jugoslavia, seguita da anni di instabilità politica e da stagnazione economica, per non parlare della recrudescenza di dispute bilaterali, hanno ostacolato il cammino europeo di questi paesi.
Il primo paese a ricercare un avvicinamento concreto con l’UE è stata la Macedonia, che nel 1991 riesce a staccarsi dalla Jugoslavia in maniera ben più pacifica rispetto alle altre ex repubbliche federate. Il nuovo paese risentirà alla fine del decennio della guerra nel vicino Kosovo e sarà oggetto lui stesso di un breve conflitto, che rappresenterà l’ultimo atto delle guerre interetniche che hanno archiviato la Jugoslavia. La contrapposizione violenta tra la minoranza albanese (messa ai margini nella vita politica e culturale del nuovo stato nei primi anni di indipendenza) e il governo macedone, sarà conclusa nel 2001 con la firma degli accordi di Ohrid, con i quali si avvia il processo di pace tramite il riconoscimento della natura multietnica della Macedonia.
Nel frattempo la Macedonia firma nel 2001, prima tra i paesi dell’area, l’accordo di stabilizzazione e associazione, volto a iniziare l’avvicinamento all’acquis comunitario.  L’avvicinamento all’UE dà l’impressione di procedere concretamente verso la membership e questa aiuta la Macedonia anche nella sua stabilizzazione e democratizzazione. Gli accordi con Bruxelles, inoltre, permettono all’economia macedone di ottenere quell’importante e fondamentale supporto non solo finanziario (pari nel periodo 2014 – 2020 a 608,8 Milioni di Euro[1]), ma anche tecnico necessario alla modernizzazione del sistema produttivo.
Nel 2005 l’UE decide di riconoscere lo status di candidato alla Macedonia a cui segue, nel 2010, la liberalizzazione dei visti verso i paesi Schengen. La Commissione per la prima volta nel 2009, prendendo atto dei passi in avanti svolti dalla Macedonia, aveva raccomandato al Consiglio di aprire i negoziati per l’accesso di Skopije all’interno dell’Unione Europea. L’invito ripetuto anche successivamente, non è mai stato accolto dal Consiglio, nelle more della risoluzione della disputa con la Grecia.

Il percorso Europeo: i veti Greco e Bulgaro

Sin dalla sua indipendenza la Macedonia si è trovata ad affrontare dispute bilaterali con i paesi confinanti, incentrate principalmente su questioni etniche e culturali.
La prima ad essere stata sollevata è stata quella che ha visto contrapposte Atene e Skopije incentrata principalmente, anche se non esclusivamente, sulla questione del nome.
La regione storica che prende il nome di Macedonia è ad oggi divisa tra Grecia, Bulgaria, Macedonia del Nord e in misura residuale Albania, Serbia e Kosovo. Al momento dell’indipendenza il nuovo governo aveva cercato di creare un collegamento ideale tra i macedoni contemporanei e la Macedonia dell’antichità. Narrativa rifiutata dal governo greco, vista come un’indebita appropriazione della propria storia. Serpeggiavano, inoltre, timori in Grecia circa la possibilità che vi fossero appetiti di tipo irredentista sulla macedonia meridionale, ancor oggi greca e sulla quale durante la Guerra Fredda Tito aveva puntato gli occhi. Altro aspetto controverso era l’utilizzo da parte di Skopije della Stella di Verghina[2] ritenuto anch’esso un’illegittima appropriazione della storia greca. Lo stallo è durato fino alla firma, sotto l’egida dell’ONU, dell’accordo di Prespa nel 2018[3]. Oltre alla sistemazione della questione del nome, la Macedonia del Nord si è impegnata a rinunciare all’utilizzo della stella di Verghina, nonché ad approvare una serie di modifiche costituzionali e al sistema di istruzione al fine di cancellare ogni tipo di riferimento a eventuali aspirazioni irredentiste, cancellando anche ogni collegamento tra la Macedonia contemporanea e quella dell’antichità. Dal canto suo il governo greco ha accettato di eliminare il veto all’ingresso di Skopije nell’UE e nella NATO[4].
La sistemazione dopo trent’anni della disputa con la Grecia non ha comportato però un’accelerazione del percorso europeo della Macedonia. Nel 2020, infatti, un altro paese confinante, la Bulgaria, ha opposto il veto all’accesso della Macedonia del Nord all’UE, anche in questo caso basando la propria contrarietà su questioni di natura identitaria e storica. L’oggetto del contendere aveva a che fare con l’esistenza o meno di una nazione macedone a sé stante. Sofia infatti da parte sua non ne riconosce l’esistenza sostenendo che si sia trattato di una costruzione artificiale operata dal governo jugoslavo dopo la Seconda guerra mondiale. Inoltre, anche per quanto riguarda la lingua, la Bulgaria ha sempre sostenuto che la quello macedone non sia un vero e proprio idioma, bensì un dialetto del bulgaro. Di conseguenza in Bulgaria non si riconosce l’esistenza di una minoranza macedone (che in realtà rappresentano lo 0.02% della popolazione totale[5]).
Nel 2022 durante il semestre di presidenza francese del Consiglio UE, Parigi ha proposto una soluzione alla disputa per permettere alla Macedonia e all’Albania di procedere sulla strada dell’integrazione.
Il compromesso francese è stato accettato dal governo macedone, che però non ha la forza parlamentare per modificare la costituzione nella direzione intesa dall’accordo, ma fortemente criticato dall’opposizione che ha organizzato anche proteste di piazza contro il pericolo della bulgarizzazione. L’accettazione nel luglio scorso del compromesso ha comportato la cancellazione del veto bulgaro e l’apertura dei negoziati di adesione il 19 luglio.

Conclusione

Il processo di avvicinamento della Macedonia del Nord all’UE è rimasto ostaggio per moltissimi anni di dispute bilaterali, concernenti questioni culturali o etniche che poco o nulla avevano a che fare con l’Unione Europea stessa. Il grande potere riconosciuto agli Stati membri nella procedura di allargamento, che si concretizza nel sistema dei veti, ha bloccato il processo di avvicinamento che avrebbe dovuto essere in moto già dal 2009. L’identità nazionale, utilizzata per delegittimare l’avversario e come arma di ricatto in chiave europea ha dimostrato una volta di più la necessità di rivedere il processo di adesione all’UE.
Il continuo rinvio ha inevitabilmente creato un sentimento di disillusione e frustrazione, danneggiando la credibilità stessa delle istituzioni comunitarie non solo in Macedonia ma in generale in tutti quei paesi che aspettano alle porte dell’Europa ormai da anni. Il danno di immagine è ancora più grave in una situazione come quella attuale, nella quale paesi ostili stanno cercando di aumentare la propria influenza in una zona, come quella balcanico – occidentale che ha un valore strategico altissimo per la sicurezza dell’UE. Rilanciare quel processo in maniera convinta e coerente deve essere l’obiettivo di lungo periodo per tutti gli Stati membri.


Note

[1]https://www.oecd-ilibrary.org/sites/0f122d37-en/index.html?itemId=/content/component/0f122d37-en
[2] Stella (o sole) di Verghina, simbolo a forma di stella (o sole) a sei punte associato alla dinastia di Filippo II di Macedonia. Ritrovato nel 1977 su uno scrigno dorato nella regione greca di Verghina, diventato simbolo non solo per la regione greca della Macedonia, ma in senso più lato della continuità ideale tra la cultura macedone antica con quella greca attuale.
[3] Firmato nei pressi del lago Prespa al confine tra i due paesi da Zoran Zaev e Alexīs Tsipras, il 17 giugno 2018. 
[4] L’ingresso della Macedonia del Nord nella NATO avviene il 27 marzo 2020
[5] Dati del censimento 2011


Foto copertina: Piazza Macedonia dal ponte di pietra a Skopje