L’operazione israeliana a Beirut per eliminare Saleh al-Arouri è legittima dal punto di vista del diritto internazionale?
A nemmeno 48 ore dall’inizio del nuovo anno, lo scenario internazionale in Medioriente continua a peggiorare. Nella serata del 2 gennaio, infatti, Israele sferra un colpo strategico in Libano attaccando una sede di Hamas nella periferia di Beirut ed uccidendo il numero due dell’organizzazione, Saleh al-Arouri, insieme ad altri funzionari militari di Hamas.
L’attuale mancanza di notizie verificate rende certamente più complesso il tentativo di inquadrare l’operazione militare israeliana dal punto di vista giuridico. Ci si chiede, pertanto, se tale operazione possa essere considerata legittima per il diritto internazionale umanitario.
Il primo elemento che fa discutere è l’utilizzo dei droni. In dottrina si discute molto, in effetti, sulla legittimità di questo tipo di tecnologia nei conflitti armati, siano essi di natura internazionale o non internazionale. Non potendoci dilungare troppo sul punto, diremo che i droni, ormai largamente impiegati nello scenario internazionale attuale, non sono specificamente proibiti dal diritto internazionale umanitario. Tuttavia, la mancata previsione di una loro proibizione in fonti pattizie o consuetudinarie, non esime la Parte del conflitto armato che decide di servirsene, dall’utilizzarli nel pieno rispetto dei principi che regolano la condotta delle ostilità. In altri termini, l’utilizzo dei droni non è necessariamente illegittimo se rispetta i principi cardine del diritto internazionale umanitario, ossia la distinzione tra obiettivi militari e beni civili, la proporzionalità e la precauzione nell’attacco.
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Con le informazioni attualmente disponibili, da questo punto di vista l’attacco non parrebbe illegittimo in quanto non sembra aver causato la morte di civili o il danneggiamento di beni civili e risulta condotto con proporzionalità e precauzione.
Il fattore territoriale è, invero, l’elemento che complica maggiormente lo scenario. Saleh al-Arouri, infatti, era un alto funzionario di Hamas che si trovava a Beirut, in territorio libanese. Qualora non si fossero registrate ostilità precedenti al 2 gennaio in territorio libanese, sarebbe stato molto difficile considerare legittimo l’attacco israeliano in territorio di uno Stato terzo (il Libano), ferma restando la legittimità del target scelto (Saleh al-Arouri funzionario di Hamas), in quanto tale attacco avrebbe significato una violazione della sovranità territoriale di uno Stato estraneo al conflitto. Nell’ultima settimana, in realtà, si sono registrati bombardamenti di postazioni militari nel sud del Libano da parte di Israele preceduti da alcuni attacchi di Hezbollah: l’attacco del 2 gennaio non rappresenta pertanto la prima forma di ostilità in territorio libanese. La partecipazione del Libano alle ostilità, in qualsiasi forma essa possa declinarsi, tuttavia, non è comunque sufficiente ad escludere completamente l’illegittimità dell’attacco israeliano. In dottrina, infatti, la legittimità delle operazioni di targeting attraverso droni in territori di Stati non direttamente parte del conflitto rappresenta una questione estremamente controversa.
Ad ogni buon conto, come sostenuto dal primo ministro ad interim libanese, Najib Mikati, l’esplosione di ieri sera preoccupa particolarmente la comunità internazionale poiché rischia di trascinare il Libano in una nuova, e più decisiva, fase di scontri dopo gli attacchi già in corso nel sud del paese.
Foto copertina: Saleh al-Arouri