La democrazia immortale di Pinochet


Il 17 dicembre si è tenuto in Cile il plebiscito costituzionale del 2023 per approvare o respingere il progetto di nuova Costituzione.


A cura di Alvaro Delgado Martinez. Traduzione di Valentina Franzese

Sono passati esattamente 4 anni da quando scrissi, per questa stessa rivista, un articolo intitolato “Proteste in Cile. L’epitaffio della Costituzione di Pinochet, senza nemmeno immaginare che si trattava del titolo più errato che abbia mai dato a un articolo. Provando a fare il medico del diritto, diagnosticai la “morte clinica” della Costituzione del 1980, dettata da Augusto Pinochet e approvata in modo fraudolento attraverso un plebiscito. Feci questa “diagnosi” mentre la protesta sociale infuriava nelle strade principali del Cile e la classe politica si affrettava a concordare un processo costituente che non solo riuscì a sedare i disordini e le rivolte che si stavano verificando nelle principali città del Paese in quel momento, ma aprì anche la porta a un plebiscito che, a causa della pandemia da COVID-19, si sarebbe dovuto tenere un anno dopo e nel quale gli elettori avrebbero deciso la sostituzione della Costituzione di Pinochet e l’organo che avrebbe dovuto portare avanti quel processo.

Tuttavia, per quanto possa valere, il plebiscito tenutosi nell’ottobre del 2020 ha confermato la mia “diagnosi clinica”, poiché il 78,28% dei votanti, ovvero la metà delle liste elettorali in vigore in quel momento, si è espresso a favore della creazione di un nuovo testo costituzionale che, per la prima volta nella storia del Cile, sarebbe emerso attraverso un processo democratico e rappresentativo e che, soprattutto, avrebbe cancellato il peccato originale della nostra attuale costituzione concessa in regime di dittatura.

Ma, dopo quattro anni, ciò che era stato deciso da quasi l’80% della popolazione cilena non si è concretizzato. Oggi, probabilmente più che mai, dopo il ripristino della democrazia nel 1990, la Costituzione del 1980 è legittimata, anche se non necessariamente accettata. Nel bene e nel male, la carta fondamentale dettata da un gruppo di consiglieri di ultradestra incaricati da Pinochet e che, nella sua versione originale, metteva fuori legge il Partito Comunista, permetteva a Pinochet di continuare a essere Comandante in capo dell’esercito dopo il ripristino della democrazia, conferiva alle forze armate il potere di nominare i senatori, impediva alle autorità democraticamente elette a partire dal 1990 in poi, di sottomettersi al potere militare. Questa fu approvata dagli uomini e dalle donne cileni attraverso due plebisciti svoltisi in meno di un anno, scegliendo l’opzione che la manteneva come legge suprema dello Stato cileno.

A questo punto, il lettore si chiederà: Cosa è successo? Come è successo che, in un primo momento, noi cileni abbiamo deciso a stragrande maggioranza di sostituire la Costituzione di Pinochet e poi abbiamo votato, altrettanto a stragrande maggioranza, che essa rimanesse la nostra legge fondamentale?

Dal “Movimiento AC” al plebiscito del 2020

La prima cosa che occorre tenere presente è che i cittadini hanno progressivamente richiesto che il nostro Paese si dotasse, per la prima volta nella nostra storia, di una Carta fondamentale, concessa attraverso un processo democratico e rappresentativo. Ciò è evidente non solo a fronte dal risultato del plebiscito dell’ottobre 2020, ma anche a partire dall’analisi dell’evoluzione del dibattito costituzionale in Cile, dopo il ripristino della democrazia. Se è vero che uno dei desideri del centro-sinistra, dopo aver ricevuto il potere dalle mani di Pinochet nel 1990, era quello di sostituire il testo fondamentale, la verità è che le enclavi autoritarie e gli alti quorum da queste stabilite, resero impossibile pensare a una sostituzione negli anni Novanta. Tuttavia, nel 2005, l’amministrazione del socialista Ricardo Lagos realizzò un’importante riforma che eliminò quasi tutte le enclavi autoritarie, pur mantenendo alti i quorum di riforma. Ciononostante, la riforma del 2005 non condusse ad una conformità totale, il che portò al debutto, durante le elezioni presidenziali del 2013, del “Movimiento AC”, un’iniziativa che intendeva contrassegnare il voto presidenziale con l’opzione AC (Assemblea Costituente), al fine di sapere aritmeticamente quanti erano a favore dell’avvio di un processo costituente. Così, la proposta del “Movimiento AC” iniziò a prendere centralità nel dibattito politico nazionale, il che portò, nel 2015, la presidente Michelle Bachelet ad annunciare e poi a presentare, il progetto di una nuova Costituzione, che non ha visto la luce a causa del ritorno alla presidenza della destra di Sebastián Piñera nel 2018.

Tuttavia, il “Movimiento AC” arrivò solo a incanalare e/o raggruppare le richieste sociali che avevano iniziato a manifestarsi in Cile, almeno a partire dal 2006, e che non miravano necessariamente allo smantellamento totale del sistema economico ereditato dalla dittatura, ma piuttosto a porre dei limiti alla licenziosità economica e agli abusi dei grandi gruppi imprenditoriali che il Cile post-Pinochet stava vivendo, e continua a vivere. Permettere allo Stato di svolgere un ruolo più importante nell’economia, soprattutto come regolatore di settori come l’ambiente, la salute, l’istruzione e le pensioni, sono solo alcuni dei desideri e delle aspirazioni dei cittadini, espressi da almeno 15 anni attraverso varie manifestazioni cittadine1. Questi cambiamenti dovranno essere apportati necessariamente a livello costituzionale, poiché le norme che consentivano i soprusi commessi in questi settori erano sancite dalla Costituzione2.

Ciò fece sì che, pochi giorni prima del 18 ottobre 2019, data in cui in Cile ebbe inizio una protesta sociale senza precedenti negli ultimi 50 anni, si iniziò ad ascoltare la richieste di chi chiedeva che il nostro Paese si dotasse di una nuova costituzione. E per tale ragione, non c’è da stupirsi che l’accordo raggiunto dalle principali forze politiche, nel novembre 2019, per chiedere un plebiscito costituzionale da realizzarsi nel 2020, che avrebbe affrontato il quesito della necessità di sostituire la Costituzione, sia riuscito a dissipare la protesta.

A fronte di quanto detto sopra, nell’ottobre 2020, noi cileni decidemmo a grande maggioranza di concederci una nuova Costituzione, che contenesse un testo elaborato da un’Assemblea Costituente un organo, eletto e paritario, composto da 155 membri, tra i quali 17 rappresentanti eletti dai popoli indigeni.

La proposta dell’Assemblea

Dopo il plebiscito del 2020, bisognava eleggere i rappresentanti che avrebbero eseguito l’incarico. Quando ciò accadde, sembrò essere tutto pronto affinché la Costituzione del 1980 cessasse di essere in vigore.
In quelle elezioni, infatti, i partiti e i gruppi di sinistra, che non erano riusciti a raggiungere la presidenza della Repubblica negli anni della democrazia successivi alla dittatura e che nemmeno avevano avuto una rappresentanza significativa nel Congresso, nello stesso periodo, riuscirono a imporsi molto comodamente sulla destra e sul centro-sinistra, che avevano condiviso il potere politico dopo il 1990. Tuttavia, la sconfitta non fu soltanto elettorale, ma anche pratica. La sinistra, emarginata, almeno fino a quel momento, ottenne il controllo totale dell’Assemblea Costituente, lasciando la destra senza nemmeno il potere di porre il veto sulle sue proposte. Ciò perché, Vamos por Chile, la coalizione allora al potere con Sebastián Piñera, ottenne un marginale 20,56% dei voti, ben lontano dal 44% elettorale che la destra politica aveva praticamente sempre ottenuto dal ripristino della democrazia nel 1990. D’altro canto, il centro-sinistra, che aveva governato per 22 degli ultimi 30 anni, è andato ancora peggio: ha ottenuto il 14,46% dei voti.

Eppure un altro colpo doveva ancora essere inferto alla “vecchia politica”. Questo accadde quando, nel dicembre dello stesso anno, la tradizionale distribuzione del potere in Cile si ruppe ancora una volta e Gabriel Boric fu eletto presidente del Cile, sostenuto dalla coalizione Apruebo Dignidad, un’alleanza tra il Frente Amplio e il Partido Comunista. Così, per la prima volta dopo 30 anni, nessuna delle coalizioni che tradizionalmente si erano spartite il potere in Cile: la Concertación di centro-sinistra, poi chiamata Nueva Mayoría, e Vamos por Chile, di destra e pinochetista, raggiunsero La Moneda. Ciò fece sì che, la sinistra, emarginata per anni da questa alternanza, raggiunse il suo apice: avrebbe potuto governare secondo regole che si sarebbe data da sola. Inoltre, avrebbe realizzato il vecchio sogno che il centro-sinistra non aveva mai potuto o voluto realizzare: porre definitivamente fine all’eredità di Pinochet. Tutto inimmaginabile fino a prima dell’ottobre 2019 e anche dopo.

Come detto, ciò ha fatto sì che l’Assemblea Costituente fosse totalmente dominata da settori di sinistra. A questi si sono aggiunti nuovi gruppi di cittadini indipendenti, principalmente di sinistra, che non obbedivano alla tradizionale frammentazione della politica cilena post-dittatura. Così, guidati dal Frente Amplio, si sviluppò una coalizione formata quasi principalmente da giovani sotto i 30 anni, la maggior parte dei quali figli dei leader del centro-sinistra che hanno governato il Cile dopo Pinochet, ma assolutamente critici nei confronti dei loro genitori, che avevano tutte le carte in regola per cambiare tutto. E qui sta la radice del problema: desideravano cambiare tutto si trattava però di tutto quello che, secondo loro, doveva essere cambiato.

La proposta dell’Assemblea

Già il giorno dell’insediamento dell’Assemblea Costituente fu possibile osservare che le preoccupazioni della maggior parte dei suoi membri erano altre.
Mentre si contestava l’inno nazionale, l’appena eletta presidente dell’organismo, Elisa Loncón, rappresentante della comunità Mapuche all’interno dell’Assemblea, anticipava che la «l’Assemblea trasformerà il Cile in un Cile plurinazionale…»3. In questo modo, da quel momento fino alla fine dei lavori, i costituenti non si fecero scrupoli a voler cambiare tutto. Però, chiaramente, non tutto ciò che i cileni e le cilene volevano, bensì tutto ciò che essi ritenevano dovesse essere cambiato. In questo modo, non esitarono a parlare di cambiare la nostra bandiera e l’inno nazionale, di introdurre la prospettiva di genere in ogni dove, di proporre il riconoscimento dei vari popoli che si supponeva esistessero in Cile, di stabilire sistemi di giustizia differenziati per i popoli nativi e di eliminare il Senato, un’istituzione che nacque con la creazione della Repubblica in Cile.

In tal modo, l’errore colossale dell’Assemblea si rivelò quello di voler cambiare tutto, ma non seguendo le richieste reali e profonde del popolo cileno. Per loro era il momento dei popoli nativi, del mondo LGBT, del femminismo e di tutti coloro che, sebbene rappresentassero un settore importante della nostra popolazione, sono ancora una minoranza. E da minoranza quale sono, le loro idee sono state sostenute da poco più di un terzo (38,11%) dei 13 milioni di abitanti che hanno votato. Solo in 6 comuni, su un totale di 346 presenti in Cile, gli elettori hanno deciso di approvare il testo proposto.

Per andare ancora oltre, il testo proposto non è stato approvato nemmeno da queste minoranze. Ne è un chiaro esempio l’elevato numero di voti (94,7%) a favore dell’opzione di rifiuto nel piccolo comune di Colchane, una città di confine con la Bolivia nell’estremo nord del Paese, nonostante ci sia il 78,1% di popolazione indigena, in particolare Aymara, i cui diritti sarebbero stati garantiti dalla nuova carta costituzionale. Un altro esempio è stato il comune di Petorca, nel Cile centrale, un’area afflitta da carenza idrica, che ha respinto la proposta di garantire l’accesso universale all’acqua con il 56,73% dei voti.

La sconfitta degli ultimi due candidati alle presidenziali

Le ragioni della bocciatura del testo dell’Assemblea e non risiedono solo in quanto detto sopra, ma anche nel fatto che i cittadini hanno approfittato dell’occasione per giudicare il governo di Gabriel Boric, che, proprio come l’Assemblea, almeno nei suoi primi mesi a La Moneda, si è dedicato a governare per le minoranze. Seguendo questa linea, una delle prime misure adottate dalla nuova amministrazione è stata la grazia per una serie di persone condannate per reati comuni verificatisi nell’ambito delle proteste sociali del 2019. Gli indulti presidenziali non solo fecero crollare Boric nei sondaggi4, ma coinvolsero anche la sua ministra della Giustizia5.

Tuttavia, la sinistra, il centro-sinistra e il governo, in modo miope, o addirittura sciocco, non potevano sopportare l’idea di non poter sostituire la Carta Costituzionale nata durante la dittatura e si accordarono con gli eredi di Pinochet per avviare un nuovo processo costituente, nonostante il fatto che, prima del plebiscito dell’ottobre 2020, fosse stato stabilito che, se la proposta fosse stata respinta, la Carta del 1980 sarebbe rimasta in vigore. In questo modo fu convocata in gran fretta una nuova elezione di rappresentanti per proporre una nuova Costituzione. Questa seconda volta è stata cambiata la composizione dell’organo, ora chiamato “Consiglio costituzionale”, formato da 50 membri eletti nel maggio 2023. Per evitare quanto accaduto nel processo precedente, è stato istituito un organo consultivo, la cosiddetta “Commissione di esperti”, composta da accademici o personalità scelte dai diversi partiti politici con rappresentanza parlamentare, con il compito di preparare una bozza preliminare da discutere in Consiglio. Inoltre, sono stati stabiliti i cosiddetti “limiti”, cioè gli aspetti che non potevano essere affrontati dalla nuova proposta, come la natura bicamerale del Congresso nazionale.

Eppure, in queste nuove elezioni, il pendolo ha oscillato completamente a destra, verso il Partido Republicano di ultradestra. Leader del partito è José Antonio Kast, un ferreo difensore di Pinochet e della sua costituzione, cattolico aderente al Movimiento de Schoenstatt, ha affrontato Gabriel Boric nelle ultime elezioni presidenziali, ottenendo il 35,41% dei voti e diventando il partito politico più votato dal ripristino della democrazia nel 1990, superando gli storici risultati del Partido Demócrata Cristiano, che aveva ottenuto il 30,88% nelle prime elezioni municipali dopo la dittatura nel 1992. Alle elevatissime cifre ottenute dai repubblicani, bisogna aggiungere il 21,07% dei voti ottenuti dalla coalizione della destra tradizionale. In questo modo la destra cilena, divisa in due, ha ottenuto il 56,48% di preferenze, la cifra più alta mai ottenuta in un’elezione in Cile, anche al di là di entrambe le elezioni presidenziali che hanno visto trionfare al governo Sebastián Piñera nel 2009 e nel 2017, e garantendosi 33 rappresentanti costituzionali su un totale di 50 lasciando, dunque, il governo di Boric e i suoi seguaci senza nemmeno il potere di veto all’interno della Costituente. La seconda elezione dei rappresentanti dell’organo costituente si è rivelata un’immagine speculare della prima.

Nondimeno, con la vittoria schiacciante nelle sue mani, la destra ha deciso di ripetere la sceneggiatura dell’Assemblea Costituente. Lungi dal proporre una Costituzione che rappresentasse la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne cileni, ottenendo consenso e accordo, hanno deciso di puntare su questioni minoritarie che non dovrebbero nemmeno essere trattate in una legge fondamentale. Come fanno da almeno 15 anni, hanno utilizzato come bandiera di riferimento il divieto assoluto di aborto, a partire dall’eventuale abrogazione della legge che depenalizza l’interruzione volontaria di gravidanza, approvata nel 2017 e che ha rappresentato una delle maggiori conquiste progressiste del governo di Michelle Bachelet. Inoltre, hanno deciso di istituire un’esenzione dall’imposta fondiaria per la prima proprietà immobiliare. Tutto questo nonostante si tratti di una questione giuridica e che, secondo i dati ufficiali offerti dal Servicio de Impuestos Internos (SII) solo il 22,7% delle proprietà registrate dal servizio, che ammontano a un totale di 5,6 milioni in tutto il Cile, paghi questa imposta, in virtù delle valutazioni di queste e dei vari motivi di esenzione che la legge cilena prevede per le persone con mezzi limitati. Ciò ha fatto sì che l’esenzione proposta dalla destra andasse a beneficio solo dei settori più ricchi della popolazione6.

A fronte di quanto sopra, non sorprende che la seconda proposta costituzionale sia stata respinta dal 55,76% dei 13 milioni di cittadini che hanno partecipato al plebiscito del 17 dicembre 2023. Nel folto gruppo di coloro che hanno scelto di votare contro la proposta, paradossalmente, c’erano anche tutti i partiti della sinistra e del centro-sinistra. In altre parole, coloro che per anni hanno sostenuto l’eliminazione della Costituzione ereditata dalla dittatura, ora votavano per il suo mantenimento in vigore, in opposizione alla proposta conservatrice e fondamentalista avanzata dalla destra. È quindi meno strano che, secondo un rapporto del sito decidechile.cl7, il 70,1% delle donne sotto i 34 anni, cioè quasi la maggioranza delle donne in età fertile, abbia votato in maniera contraria, temendo che i loro diritti sarebbero stati limitati. Non è strano nemmeno che, nella Grande Santiago, la proposta sia stata votata solo nei 3 distretti a più alto reddito della città e del Cile, dove si trovano quasi tutti gli immobili che pagano l’imposta fondiaria.

Di conseguenza, questa volta, il grande sconfitto non è stato Gabriel Boric, che ha potuto tirare un sospiro di sollievo per le magre cifre della sua performance a La Moneda (secondo la maggior parte dei sondaggi pubblicati nel dicembre 2023, la disapprovazione della sua amministrazione supera il 60%8), ma Juan Antonio Kast e i repubblicani, che hanno esattamente replicato le pessime cifre ottenute quando hanno affrontato Boric nelle elezioni presidenziali del 2021, con un identico 44% contro il 55% dei voti ottenuti dall’attuale presidente e con uno scenario elettorale in cui c’era un identico dibattito politico in relazione al pagamento delle tasse, alla depenalizzazione dell’aborto, ecc.

Lunga vita alla Costituzione di Pinochet

Dopo l’ultimo plebiscito, il Presidente Boric si è rivolto al Paese per ribadire che, almeno per il resto del suo mandato, non ci sarebbe stato un altro processo costituente: la Costituzione del 1980 sarebbe rimasta la Legge fondamentale del Cile fino a nuovo ordine. Anche i politici di tutti i settori si sono affrettati ad affermare che non ci sarà un nuovo processo costituzionale. In questo modo, possiamo dire che la Costituzione di Pinochet non solo è viva in questo momento, ma sembra che lo sarà ancora in futuro, e per molto tempo. Tuttavia, questo non significa che sia amata da tutti i cileni. Sebbene sia possibile che, da un punto di vista puramente tecnico, sia stata legittimata, poiché in due occasioni i cittadini l’hanno preferita ad altre proposte, la verità è che, secondo i sondaggi, esiste ancora un 45% della popolazione secondo cui che il testo, anche dopo i referendum, non trova la sua legittimazione9.

Per questo motivo, la notte del 17 dicembre 2023, come mai prima d’ora in un’elezione e/o un plebiscito nella storia del Cile, non ci sono stati vincitori. Ci sono stati molti sconfitti, tutti coloro che volevano cambiare tutto, sia a sinistra che a destra. Così, la centrale Plaza Italia, dove tutto è iniziato il 18 ottobre 2019 e dove si celebrano comunemente anche le vittorie elettorali e sportive, è rimasta totalmente silenziosa e vuota.


Note

1 È possibile sottolineare che, dalla Revolución Pingüina del 2006, in cui per la prima volta, almeno in maniera massiccia, gli studenti delle scuole secondarie insorsero chiedendo un miglioramento del sistema educativo cileno, si sono sviluppate molteplici manifestazioni che riflettevano il desiderio di cambiamento nelle aree sopra citate. Fu così che, tra il 2009 e il 2010, le proteste contro la costruzione di dighe nella parte meridionale del Cile raggiunsero un alto livello di sviluppo. Nel 2011, l’attenzione si sarebbe nuovamente concentrata sul sistema educativo, con la mobilitazione universitaria di quell’anno, guidata dalla generazione di politici che attualmente governa il Cile e che aveva tra i suoi leader l’attuale presidente Gabriel Boric. Infine, il 2017 può essere definito un anno di mobilitazioni, in particolare per la serie di marce del movimento No más AFP, che chiedeva una riforma dell’attuale sistema pensionistico.
2 Così, ad esempio, nell’attuale testo costituzionale, vi è un ostacolo affinché lo Stato possa sviluppare incarichi imprenditoriali, richiedendo per tale fine una legge specifica con un quorum qualificato (art. 19 n. 21 CPR).
3 Emol.com, «Emocionante e histórico» y «es posible refundar este Chile» sono le frasi pronunciate durante l’insediamento dell’Assemblea Costituente, pubblicato il 05/07/2021, disponibile qui: https://www.emol.com/noticias/Nacional/2021/07/05/1025735/frases-instalacion-historica-convencion-constitucional.html.
4 Ex Ante, “Cadem: 64% en desacuerdo con indultos asociados al 18-O y Boric alcanza 70% de desaropobación , la mayor de su gestión”, publicado el 8/01/2023. Disponibile su: https://www.ex-ante.cl/cadem-64-en-desacuerdo-con-indultos-asociados-al-18-o-y-boric-alcanza-70-de-desaprobacion-la-mayor-de-su-gestion-lea-aqui-la-encuesta-completa/.
5 El País, “La polémica por los indultos en Chile fuerza la dimisión de la ministra de Justicia y del jefe de gabinete de Boric.”, pubblicato il 7/01/2023, disponibile su: https://elpais.com/internacional/2023-01-07/dimite-la-ministra-de-justicia-de-chile-tras-la-polemica-de-los-indultos-a-los-condenados-por-el-estallido-social.html.
6 La Tercera, “SII: sólo el 12.8% de los inmuebles paga contribuciones como primera vivienda”, pubblicato il 09/09/2023, disponibile su: https://www.latercera.com/pulso/noticia/sii-solo-el-128-de-los-inmuebles-paga-contribuciones-como-primera-vivienda/ZALS6X3WC5HPBD4LGGS2J27YZA/.
7 Informazione disponibile sul sito Decidechile.cl., informazioni elaborate in base ai calcoli del Servicio Electoral de Chile (Servel Chile).
8 Cadem Chile, “Aprobación del Presidente Boric sube 3 puntos a 33% mientras la desaprobación alcanza el 62%, pubblicato il 03/12/2023, disponibile su: https://cadem.cl/estudios/aprobacion-del-presidente-boric-sube-3-puntos-a-33-mientras-la-desaprobacion-alcanza-el-62/.
9 Cadem Chile, “Encuesta Plaza Pública Cadem N°519”, disponibile su: https://cadem.cl/plaza-publica/ .


Foto copertina: il 17 dicembre si è tenuto in Cile il plebiscito costituzionale del 2023 per approvare o respingere il progetto di nuova Costituzione.