Quando l’accordo sul nucleare sembrava vicino, la guerra in Ucraina ha stravolto gli scenari globali. Ora, nei negoziati di Vienna, bisogna fare i conti con le nuove richieste russe.
L’invasione dell’Ucraina da parte russa ha velocemente alterato gli equilibri geopolitici esistenti, creandone dei nuovi.
Le ripercussioni della guerra sono globali e i colloqui sul Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA) non costituiscono un’eccezione. Faticosamente ripresi, hanno attraversato periodi di stallo, alcuni progressi e tante regressioni. A inizio marzo, sembrava che il raggiungimento dell’accordo fosse vicino, prima che il processo negoziale fosse sospeso.
Come annunciato da Joseph Borrell, i negoziati a Vienna sull’accordo sul nucleare iraniano (JCPOA) sono in pausa, “a causa dei fattori esterni”[1]
Ma, come Borrell stesso scrive, un testo finale è già sul tavolo e pronto ad essere firmato.
Informazione non di poco conto, anzi, il contrario. Ciò è estremamente importante perché, secondo quanto dichiarato dall’Alto Rappresentante, l’accordo ci sarà, opzione non scontata fino a pochi mesi fa, in cui prevaleva una fase di stallo nei negoziati da cui era incerto si potesse uscire.
Naturalmente è necessario prendere questa “notizia” con cauto ottimismo e con un po’ di sano scetticismo.
La Russia è parte dell’accordo che, come ha già dimostrato, strumentalizzerà per compromettere le negoziazioni sul nucleare iraniano ed esercitare pressioni sulle controparti statunitense ed europea.
Anche in questo caso, Mosca chiede garanzie scritte: le sanzioni imposte alla Russia non devono “in nessun modo danneggiare il nostro diritto ad una libera e piena cooperazione commerciale, economica, tecnica e militare con la Repubblica Islamica” ha detto il Ministro degli esteri, Sergey Lavrov. [2]
Questo è stato già assicurato dal portavoce del Dipartimento di Stato statunitense, il quale ha riferito che “la sanzioni imposte alla Russia non interferiscono sul JCPOA e non dovrebbero avere nessun impatto sulla sua potenziale implementazione”. [3]
E fin qui sembra non ci siano problemi. L’interrogativo è se la Russia si “accontenterà” di questo o si spingerà oltre, cercando garanzie più ampie che possano, in qualche modo, creare dei “vuoti” nelle sanzioni imposte dall’Occidente.
Il Daily Telegraph ha scritto che l’Iran ha già offerto aiuto al suo alleato russo, tramite un piano segreto, per evadere le sanzioni occidentali, in cambio del sostegno russo all’accordo. [4]
Capire se la Russia cerca un modo per proteggersi dalle sanzioni in modo da poter esercitare il suo ruolo chiave nell’implementazione dell’accordo oppure se cerca una revoca più ampia delle sanzioni è cruciale per i negoziatori occidentali. In quest’ultimo caso, “saremmo di fronte un problema politico, non tecnico, e questo sarebbe letale per l’accordo”, riferiscono. [5]
Inoltre, gli Stati Uniti e l’Iran sembrano intenzionati a voler l’accordo, nonostante entrambe le parti abbiano cercato di arrivare al tavolo negoziale in una posizione di forza.
Il raggiungimento dell’accordo gioverebbe all’economia iraniana, dato che permetterebbe di introdurre nel mercato energetico globale una significativa quantità di greggio, che contribuirebbe a compensare le carenze e a ridimensionare i prezzi, schizzati dopo l’imposizione delle sanzioni contro Mosca, a seguito dell’invasione in Ucraina.
Come ha dichiarato il ministro del Petrolio iraniano, Javad Owji[6], l’Iran potrebbe raggiungere la massima capacità di produzione di petrolio entro due mesi, se l’accordo viene raggiunto.
L’Iran ha prodotto 2,4 milioni di barili al giorno nel 2021 e, con la revoca delle sanzioni, la produzione dovrebbe raggiungere i 3,8 milioni di barili.
La strategia iraniana di “guardare ad est”
In molti casi, la retorica adottata dalla Repubblica Islamica ha ripreso la propaganda di guerra russa: l’invasione serve per garantire la sicurezza nazionale russa, messa in pericolo dall’espansionismo ad est della NATO. Nonostante la retorica, che riflette il forte sentimento anti-occidentale proprio dei conservatori attualmente al governo, Teheran non si è schierata nettamente a favore di Mosca e si è detta pronta ad esercitare un ruolo diplomatico per raggiungere una soluzione pacifica del conflitto.[7]
La vicinanza con la Russia fa parte della strategia di politica estera di “guardare ad est”, adottata dalla Repubblica Islamica negli anni Duemila, durante la presidenza di Ahmadinejad. Il cambio di politica estera fu “un segno di protesta per i comportamenti arroganti di alcune potenze occidentali, soprattutto in relazione al dossier sul nucleare”.[8]
Ma le relazioni tra Russia e Iran dipendono dal tipo di relazione che intercorre, in quel dato momento, tra Russia e Stati Uniti. Per esempio, il periodo tra il 2006 e il 2009 ha visto un avvicinamento tra Mosca e Teheran sotto forma di cooperazione energetica, nel momento in cui i legami tra Russia e Stati Uniti erano in crisi. Allo stesso modo, non appena ci fu una ripresa delle relazioni con Washington, con l’amministrazione Obama, Mosca terminò la sua “luna di miele” con la Repubblica Islamica.[9]
Dopotutto, il perdurare delle sanzioni contro l’Iran ha permesso alla Russia di conservare il suo monopolio di fornitore energetico sul mercato europeo. Nonostante permettesse l’ingresso di un nuovo competitor nel campo energetico, Mosca ha fortemente sostenuto il JCPOA perché si garantiva alla Russia un ruolo chiave nell’implementazione dell’accordo stesso.
La Russia è parte della Joint Commision, ossia della commissione che è incaricata di monitorare l’implementazione dell’accordo, al cui interno le eventuali modifiche (tra cui le nuove richieste russe) dovrebbero essere approvate con il consenso. Per assicurare il successo dell’accordo senza soddisfare le richieste, bisognerebbe bypassare la Russia, che non ha potere di veto nell’opporsi ad un accordo, se il resto delle parti è intenzionato a raggiungerlo. Ma il problema risiede nell’implementazione pratica dell’accordo, dove, invece, il ruolo della Russia può fare la differenza. Mosca, infatti, dovrebbe importare dall’Iran l’uranio arricchito in eccesso, riducendo, in questo modo, gli impianti di arricchimento dell’uranio. La Russia, inoltre, dovrebbe garantire il supporto per la conversione della centrale nucleare Fordow, impianto per l’arricchimento di uranio, il secondo impianto nucleare più importante dell’Iran dopo quello di Natanz, nonché ex base del Corpo della Guardia della Rivoluzione Islamica, anche conosciuto come pasdaran.
In questo caso, la sostituzione della Russia sarebbe più complicata.
Se è vero che le relazioni dell’Iran con la Russia sono subordinate allo stato di relazioni tra Stati Uniti e Russia, è pur vero che non è automatico che l’Iran permetta il fallimento dell’accordo sul nucleare e, di conseguenza, il sollevamento delle sanzioni, per accontentare le richieste russe.
La posizione iraniana non è ancora delineata chiaramente perché, se da un lato, l’eliminazione delle sanzioni avrebbe delle importanti ripercussioni sull’economia del paese, dall’altro lato non può alienare il suo alleato russo, il cui supporto è fondamentale in Siria.
Il fattore tempo è estremamente importante. Era chiaro qualche mese fa, quando si notava, con preoccupazione, che più passava il tempo più l’accordo diveniva improbabile, ed è ancora più chiaro ora, dati i cambiamenti repentini che avvengono sullo scenario globale.
È ancora incerto se la sospensione dei negoziati di Vienna rappresenta il potenziale fallimento dell’accordo oppure la fine dell’era del multilateralismo.
Note
[1] https://twitter.com/JosepBorrellF/status/1502230567047335941
[2] https://www.axios.com/russia-sanctions-iran-nuclear-deal-restored-b724089c-14e8-455e-bfb0-ca91aa8bbd18.html
[3] https://www.reuters.com/article/iran-nuclear-russia-usa-idAFL2N2V80HY
[4] https://www.telegraph.co.uk/world-news/2022/03/23/irans-russian-backed-new-nuclear-deal-could-give-moscow-chance/
[5] https://www.politico.eu/article/russia-obstructs-iran-nuclear-deal-as-the-kremlin-frets-over-oil-income/
[6] https://www.reuters.com/business/energy/iran-can-reach-top-oil-output-2-months-after-nuclear-deal-oil-minister-2022-03-03/
[7] https://irangov.ir/detail/381182
[8] Ali Fathollah-Nejad, Iran’s International Relations in the Face of Imperial Interpolarity: The “Look to the East” Policy and Multifaceted Impact of Sanctions, in Iran in an Emerging New World Order, From Ahmadinejad to Rouhani, Palgrave Macmillan, 2021
[9] Ibid.
Foto copertina: Una foto scattata il 10 novembre 2019 mostra una bandiera iraniana nella centrale nucleare iraniana di Bushehr (AFP)