Mali: la CEDEAO tenta di isolare la giunta militare


L’Africa occidentale e il Sahel sono attraversati da un’ulteriore crisi a causa delle sanzioni imposte dalla CEDEAO nei confronti della giunta militare che ha preso il potere in Mali nel maggio 2021.


La Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale conta al suo interno 15 membri: Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea Bissau, Guinea (Conakry), Liberia, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Togo e il Mali. Quest’ultimo è stato tagliato fuori dalle relazioni con i suoi vicini. La giunta della Guinea Conakry ha condannato le forti sanzioni imposte e mantiene aperte le sue relazioni con il Paese.

Perché queste sanzioni?

Elezioni generali erano previste per l’aprile di quest’anno ma la giunta nelle scorse settimane ha annunciato un prolungamento del periodo di transizione da 18 mesi a 5 anni, suscitando reazioni avverse da parte della comunità regionale che ha prontamente reagito. La CEDEAO, dichiarando che i militari stanno tenendo in ostaggio la popolazione, ha fatto scattare il 9 gennaio un embargo economico e finanziario tagliando fuori dal forum il Paese, nel tentativo di isolarlo dagli altri Stati e convincerlo a proseguire verso la rotta delle elezioni libere. Chiusura delle frontiere, sospensione degli scambi non necessari, blocco degli aiuti finanziari e congelamento dei beni dello stato presso la Banque centrale des États de l’Afrique de l’Ouest, richiamo degli ambasciatori degli stati membri dell’organizzazione. Qualche ora dopo il portavoce della giunta Abdoulaye Maiga annuncia misure simili come rappresaglia e Assimi Goïta interviene sostenendo che la situazione attuale in Mali non rende possibile l’organizzazione e lo svolgimento delle elezioni. Il 14 gennaio, incitato dalla presidenza, il popolo è sceso in piazza contro le sanzioni; molti erano anche i cartelli contro la Francia, sostenitrice delle misure prese dalla CEDEAO.

Bamako e Parigi

Mappa Mali

Negli ultimi mesi le relazioni tra i due Paesi sono peggiorate. La Francia l’anno scorso aveva condannato pubblicamente gli avvenimenti e annunciato la riduzione e la riorganizzazione dell’operazione Barkhane, sostenendo di non voler dare appoggio alla giunta per la lotta al terrorismo. Più che una rappresaglia nei confronti della giunta, Macron ha voluto dare una risposta all’opinione pubblica francese frustrata per la continua perdita di cittadini in un’operazione che questa non ritiene vitale per lo stato. In seguito agli avvenimenti di questo gennaio, il comandante dell’operazione francese ha incontrato il Ministro della difesa maliano, al quale ha assicurato la prosecuzione delle operazioni e la collaborazione nella lotta al terrorismo nei prossimi anni. Parigi era stata categorica anche nei confronti della presenza dei soldati russi della Wagner, con lo slogan o la Francia o i russi.
Il 12 gennaio Air France ha sospeso tutti i voli da e verso Bamako, nel frattempo un’infrazione allo spazio aereo maliano (chiuso unilateralmente dalla giunta) da parte di un aeromobile militare francese è stata rilevata.
L’Agence pour la sécurité de la navigation aérienne en Afrique et à Madagascar (Asecna) ha subito riferito l’avvenimento al governo maliano, il quale ha denunciato il fatto alle autorità francesi. Una fonte militare francese intervistata da AFP ha affermato che tutte le procedure sono state rispettate e ha ribadito l’accordo di difesa tra i due stati.

Senza l’intervento militare della Francia il Mali non avrebbe un governo. Questa affermazione del presidente Emmanuel Macron ha incrinato ancora di più le relazioni con il governo maliano che ha risposto convocando l’ambasciatore francese. Altro punto di tensione l’atteggiamento da tenere nei confronti dei gruppi armati. Se da qualche mese si vociferano aperture di dialoghi nei loro confronti, Macron ha fermamente rigettato la strategia. Se la politica e la retorica vanno da una parte, quello che succede nella regione, soprattutto a livello militare rivela il contrario, sia da parte francese che maliana.

L’impatto delle sanzioni si fa già sentire

Il Paese, senza sbocco sul mare, è un grande importatore strategico per Senegal e Costa d’Avorio i quali attraverso i loro porti e strade fanno arrivare la merce nello stato maliano. Sebbene i beni di prima necessità, i medicinali e il carburante non sono stati toccati dalle misure, altri faranno sentire la loro assenza perché non considerati primari. I due paesi rivieraschi del Golfo di Guinea invece risentiranno del blocco alle esportazioni maliani per quanto riguarda il cotone, l’oro e i capi di bestiame. Camion carichi di derrate alimentari sono fermi nei porti di Dakar e Abidjan. Nei principali mercati di Bamako i prezzi dei generi alimentari sono aumentati, nonostante le rassicurazioni del governo. Sia i commercianti che i clienti lamentano già il fenomeno in un clima di preoccupazione generale. Anche il blocco delle materie prime per l’edilizia ha portato ad un aumento del prezzo del cemento al +30%, il governo sta cercando di calmierare attraverso la fissazione di tariffe.

L’Algeria riprende il ruolo di mediatore

Chiuse le frontiere con l’Africa occidentale rimangono aperte quelle con la Mauritania e l’Algeria. Quest’ultima si è resa disponibile ad accompagnare il Mali e la CEDEAO in un dialogo di mutua comprensione per salvaguardare il popolo maliano ed evitare la crescita delle tensioni nella regione. L’obiettivo è quello di far rientrare il Paese nel suo ordine costituzionale, in una tabella di marcia che non superi i 16 mesi si legge in un comunicato dell’Agenzia di stampa algerina. Tebboune ha esortato inoltre la giunta a percorrere questa via nel rispetto delle raccomandazioni degli accordi di pace del 2015, risultato del Processo di Algeri, accordi ribaditi anche dal rappresentante speciale del Segretario generale delle Nazioni Unite in Mali,  El-Ghassim Wane. Il governo ha autorizzato l’invio, attraverso voli militari, di aiuti umanitari che comprendono vaccini anti COVID-19 e tonnellate di derrate alimentari, dono della Mezzaluna rossa algerina a quella maliana, in segno di solidarietà, fratellanza e cooperazione tra i due Paesi. Non deve sorprendere l’attività algerina nei confronti del Mali. Lo stato nordafricano infatti aveva già svolto un ruolo chiave nella guerra civile del suo vicino scoppiata nel 2012, quando il Movimento di Liberazione dell’Azawad aveva lanciato un’offensiva per ottenere l’indipendenza della regione. L’Algeria anche in quell’occasione aveva svolto il ruolo di mediatore, garantendo la firma degli accordi di pace citati tra lo stato e i ribelli. Nel corso degli anni i rapporti tra le due nazioni si sono stretti sempre di più. Il riavvicinamento rientra nella logica di una politica estera algerina che mira a rendere lo stato nordafricano più presente nelle relazioni regionali, con una posizione centrale nel Sahel, cercando anche di contrastare la politica estera marocchina. L’indignazione della comunità internazionale non si è fatta attendere. Già da dicembre l’Unione europea stava lavorando a delle misure da intraprendere e ha dichiarato il suo sostegno alle sanzioni della CEDEAO. Emanuela del Re, Rappresentante speciale dell’Unione europea per il Sahel ha riferito che l’Unione condivide le motivazioni e l’approccio adottato nei confronti della giunta, ma ha anche detto che il Mali non deve essere isolato. Una porta per il dialogo deve essere lasciata aperta perché lo stato deve essere in grado di superare questa crisi.


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Foto copertina: La delegazione ECOWAS in Mali