Chi sono i Mapuche? Storia e battaglie del popolo della terra


I Mapuche sono il gruppo etnico più popoloso nel cono Sudamericano, nonché quello che più di tutti ha resistito all’assimilazione europea. Senza sorpresa, la conseguenza è che i Mapuche sono una delle etnie indigene che subisce in prima linea la violenza di stato, a turno cileno o argentino, e si vede riconosciuti solo parzialmente i propri diritti.


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“Afirmada o negada, la identidad mapuche marca su existencia”

Andrea Aravena R., El rol de la memoria colectiva

 

Il 24 maggio 1859 sul giornale cileno El Mercurio compare un editoriale che affronta il problema dell’espansione dell’appena nato stato del Cile nei territori a sud, abitati dal popolo araucano o mapuche.
L’editoriale giustifica la necessità di un’espansione sulla base del fatto che al Cile servono le risorse naturali conservate al sud, e che gli indios non sono certamente il popolo più adatto per conservarle. “Il mapuche di oggi è talmente limitato, astuto, feroce e codardo allo stesso tempo, ingrato e vendicativo […] vive, mangia e beve liquore in eccesso come in passato; finora [i mapuche] non hanno imitato né inventato nulla, eccetto per l’assimilazione dell’uso del cavallo, che in particolar modo ha favorito e sviluppato i loro costumi selvaggi […] Pretendere di ottenere attraverso la persuasione e la propaganda l’addolcimento dei costumi barbari dei mapuche, è pretendere una chimera.”[1]

Mapuche, Reche, Aucas e Araucani, sono i nomi che indicano il popolo che da prima della colonizzazione spagnola abitava la regione settentrionale ora occupata dagli stati del Cile e dell’Argentina. Le origini della popolazione Mapuche sono state scarsamente ricercate: alcuni archeologi ritengono che le cultura mapuche si sia sviluppata tra gruppi di cacciatori-raccoglitori indigeni del periodo pre-ispanico[2], mentre altri accademici e alcuni gruppi mapuche delle coste ipotizzano una discendenza da popolazioni del Pacifico[3]. Quello che è sicuro è che sono il gruppo etnico più popoloso nel cono Sudamericano, nonché quello che più di tutti ha resistito all’assimilazione europea. Senza sorpresa, la conseguenza è che i Mapuche sono una delle etnie indigene che subisce in prima linea la violenza di stato, a turno cileno o argentino, e si vede riconosciuti solo parzialmente i propri diritti.
Il wallmapu, termine che significa ‘tutto il territorio Mapuche’, era e continua ad essere estremamente ricco di risorse. Con la firma del Trattato di Quillin del 1641 con gli spagnoli, i Mapuche cileni stabilirono i confini del loro territorio che si estendeva fino al fiume Toltén e poneva il fiume Bío Bío a separarli dal territorio sotto giurisdizione spagnola.
Nel 1861 lo stato cileno iniziò quello che venne eufemisticamente chiamato processo di ‘pacificación’, cioè campagne militari di incursione e occupazione del wallmapu con conseguente spargimento di sangue e confinamento della popolazione rimasta in reducciones, riserve.
I Mapuche sopravvissuti a queste campagne militari “si trovarono  ad essere il soggetto di un progetto di nazionalizzazione volto all’assimilazione”[4].
L’idea dietro i progetti di nazionalizzazione di Cile e Argentina era promuovere un’omogeneizzazione della popolazione a uno standard europeo, possibilmente bianco, sinonimo di civiltà e modernità[5]. L’introduzione forzata di bambini Mapuche nel sistema scolastico statale, dove l’apprendimento della propria lingua o delle proprie tradizioni era proibito, è solo una delle violenze citate sopra.

Bandiera Mapuche

Nonostante sia il Cile che l’Argentina abbiano una storia poco pacifica con le rispettive popolazioni indigene, ciascuno stato ha un modo diverso, complicato, di gestire la relazione con esse. A un primo sguardo, l’Argentina sembra essere relativamente più progressista del Cile. Nel 1994 ha riconosciuto costituzionalmente i propri cittadini indigeni e nel 2000 ha ratificato la convenzione di ILO 169 che ne riconosce i diritti. Al contrario, il Cile non riconosce costituzionalmente popolazioni indigene e ha ratificato la convenzione di ILO 169 solo nel 2008[6]. Tuttavia, a livello di policy i ruoli sembrano essere invertiti. Nel 1985, l’Argentina ha creato l’Instituto Nacional de Asuntos Indígenas (INAI).
Nonostante il suo ruolo sia quello di promuovere e supportare la presenza delle popolazioni indigene all’interno dello stato, “storicamente ha avuto molta poca visibilità in materia di politica indigena”[7].
A paragone, la Corporación Nacional de Desarrollo Indígena (CONADI) creata dal presidente cileno Aylwin nel 1992, è molto più attiva e riconosciuta a livello politico. Le sue aree di intervento vanno dall’aiuto economico a piccoli imprenditori indigeni, a istituzioni di borse di studio, alla creazione di fondi di sussidio per l’acquisto di terreni. A questa apparente buona predisposizione statale viene mossa una forte critica: “lo stato [cileno] è coinvolto in ciò che alcuni hanno definito ‘multiculturalismo neoliberale’: supportando manifestamente attività indigene che si adattano alle visioni di stato mentre ne criminalizzano altre applicando leggi anti-terrorismo all’attivismo indigeno.”[8]
Il popolo mapuche si trova quindi a dover fronteggiare diversi ostacoli: in primis il riconoscimento dei propri diritti a livello statale, in secundis l’organizzazione a livello transnazionale di un progetto politico e culturale mapuche. Questi due macro-ostacoli sono collegati consequenzialmente dalle rispettive organizzazioni statali che, nelle loro differenze, rendono complessa l’organizzazione di un progetto mapuche transnazionale. L’Argentina è uno stato federale, con un’organizzazione simile a quella degli Stati Uniti, dove al posto di stati troviamo province. “I governi provinciali creano e implementano leggi proprie sull’utilizzo della terra, l’educazione, assegnazione di risorse e sviluppo, in più le province mantengono una loro costituzione”[9], ci racconta Warren. Questo ha portato gruppi di attivismo mapuche argentino a interfacciarsi prima con i governi provinciali che con quello federale, isolando le comunità e rendendo ancora più difficile la comunicazione e l’organizzazione con altri gruppi mapuche all’interno dello stesso paese. La divisione che si presenta in Cile più che di ordine federale, segue la divisione per partito politico. L’attivismo mapuche dalla sua nascita è stato incorporato all’interno di diversi partiti politici cileni che hanno supportato richieste delle comunità in linea con il loro programma politico, ostracizzandone altre. Warren riporta il punto di vista di un attivista che dice “lo stato [cileno] sta cooptando leader mapuche nel tentativo di indebolire il movimento assegnando a questi leader cariche governative”[10]. Alla condizione, ça va sans dire, della rinuncia a determinate richieste delle comunità, quali il possesso e la gestione della propria terra.

Il tema del possesso della terra è centrale per le comunità mapuche. Il wallmapu non appartiene a nessuno, ma è un territorio di cui prendersi cura – non a caso Mapuche significa “popolo della terra”. Per questo motivo molto spesso i mapuche sono stati accusati da apparati statali di essere fannulloni o incompetenti: perché non sfruttano la terra al suo massimo potenziale.
Queste testimonianze del rapporto mapuche con la terra sono state raccolte e documentate dai Corpi Civili di Pace dell’Associazione Papa Giovanni XXIII in collaborazione con Operazione Colomba. I volontari dei Corpi Civili hanno iniziato un podcast, Storia del popolo mapuche, tra passato e presente, reperibile su Mixcloud, dove le storie e le voci delle comunità di Valdivia, Bio Bio, Araucania, Los Lagos e Los Rios trovano uno spazio dove condividere le proprie testimonianze. Uno dei metodi adottati dall’attivismo mapuche è quello del recupero forzoso delle terre. Questa strategia fu sviluppata nel 1968 nel contesto del Congresso di Ercilla, “dove fu ritenuto che non esisteva una cornice giuridica adeguata per indirizzare il conflitto su vie pacifiche e legali[11].
Il contesto giuridico non è migliorato dieci anni più tardi con la dittatura Pinochet che ha diviso le proprietà comunitarie con lo scopo di creare un mercato neoliberale di terreni. Ad oggi, i territori mapuche espropriati sono stati venduti a famiglie come la Benetton che in Argentina occupa 900mila ettari di terreno. Questi ettari non servono solo per la produzione di lana per le loro collezioni: “si tratta di terre ricche di materie prime che […] consentono il controllo delle

Popolazioni indigene in Cile ne 2011. Geocurrents

risorse idriche della zona”[12] scrive Francesca Cappelli.
Il 25 dicembre 2019, un gruppo di attivisti mapuche della comunità Lof Kurache ha occupato un pezzo di terreno controllato dai Benetton. Nella stessa zona, l’1 agosto 2017, è scomparso Santiago Maldonado durante uno scontro con la polizia, sempre per problemi legati al controllo della terra mapuche. Maldonado, che era un simpatizzante della causa, è stato trovato morto tre mesi più tardi. Il 15 giugno di quest’anno, mentre in Italia uscivamo dalla tensione dei mesi di quarantena, Alejandro Trequil, portavoce del gruppo mapuche cileno “We Newen Community”, è stato assassinato da assalitori non ancora identificati. Questi esecutori senza volto sono però ben conosciuti dalla comunità che non si tira indietro dall’accusarli: sono i Carabineros e i gruppi paramilitari che controllano la zona e che negli ultimi mesi minacciavano costantemente la famiglia di Trequil e le altre 60 che con lui avevano partecipato al recupero dell’istituto San Antonio[13].
Per quanto sulla carta sia Cile che Argentina abbiano avviato dei processi di integrazione, il popolo mapuche continua a essere sistematicamente vittima di aggressioni, micro e macro, da parte degli stati che li dovrebbero proteggere.
Il loro rispetto per la terra e la loro battaglia per continuare ad abitarla non sono solo questioni identitarie; le loro rivendicazioni servono anche a portare particolare attenzione sullo sfruttamento ambientale in quei territori.


Note

[1] El Mercurio de Valparaíso, Ocupación de la Araucanía, 24 maggio 1859, p.2
Testo originale: “El araucano de hoy día es tan limitado, astuto, feroz y cobarde al mismo tiempo, ingrato y vengativo […] vive, come y bebe licor con exceso como antes; no han imitado, ni inventado nada desde entonces, a excepción de la asimilación del caballo, que singularmente ha favorecido y desarrollado sus costumbres salvajes. […] Pretender obtener por la persuasión y la propaganda, la dulcificación de las costumbres bárbaras del araucano, es pretender una chimera”

[2] WILLEY, G.R., An Introduction to American Archeology, Vol.2, South America. Prentice Hall, Englewood Cliffs, New Jersey, 1971. MOSTNY, G. Prehistoria de Chile. Editorial Universitaria, Santiago de Chile, 1971.} 

[3] LAWLER, A., Beyond Kon-Tiki: Did Polynesians Sail to South America?, Science, vol.11, 2010, pp.1344-1347

[4] WARREN, S., A Nation Divided: Building the Cross-Border Mapuche Nation in Chile and Argentina, Journal of Latin American Studies, vol. 45, 2013, p.8

[5] HELG, A., Race in Argentina and Cuba, 1880-1930: Theory, Policies and Popular Reaction, nell’ed. di Richard Graham, The Idea of Race in Latin America, 1870-1940, University of Texas Press, 1990, pp.37-79

[6] VAN COTT, D. L., Constitutional Reform in the Andes: Redefining Indigenous-State Relations, nell’ed. di SIEDER R. Multiculturalism in Latin America: Indigenous Rights, Diversity and Democracy, Palgrave Macmillan, 2002, pp.45-73

[7] WARREN, S., A Nation Divided: Building the Cross-Border Mapuche Nation in Chile and Argentina, Journal of Latin American Studies, vol. 45, 2013, p.10

[8] Ibid., p.10

[9] Ibid., p.10

[10] Ibid., p.11

[11]BIBLIOTECA NACIONAL DE CHILE, El Movimiento Mapuche y el Estado en el siglo XX, 2018, http://www.memoriachilena.gob.cl/602/w3-article-602.html

[12] CAPPELLI, F., “Mapuche occupano terre dei Benetton in Patagonia: ‘Riprendiamo ciò che è nostro’”, MicroMega, 8 gennaio 2020, http://temi.repubblica.it/micromega-online/mapuche-occupano-terre-benetton-in-patagonia-riprendiamo-cio-che-e-nostro/

[13] BAEZA ANTILEO, E., “The Death of Alejandro Trequil and the Disregard for Mapuche Lives in Chile”, Council on Hemispheric Affairs, 15 giugno 2020, https://www.coha.org/the-death-of-alejandro-treuquil-and-the-disregard-for-mapuche-lives-in-chile/


Copertina: Una donna indigena mapuche picchia su un tamburo durante una protesta antigovernativa a Santiago del Cile, giovedì 24 ottobre 2019. Il Cile sta affrontando giorni di disordini, innescati da un aumento relativamente minore delle tariffe della metropolitana. Le proteste hanno scosso una nazione nota per la stabilità economica negli ultimi decenni, che ha assistito a un costante calo della povertà nonostante i persistenti alti tassi di disuguaglianza. (Foto AP / Rodrigo Abd). AP


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