Nonostante le crescenti tensioni con l’Azerbaijan e i recenti attacchi al territorio sovrano dell’Armenia, il Paese persegue una varia strategia di dialogo, cooperazione con i partners internazionali e normalizzazione delle relazioni con i vicini – Ankara e Baku in primis. Ne abbiamo discusso con Hripsime Grigoryan e Artur Hovhannisyan, membri del Parlamento armeno ed esponenti del partito in carica Contratto Civile.
A cura di Domenico Nocerino e Valentina Chabert
Per comprendere la posizione della maggioranza di Governo abbiamo intervistato Hripsime Grigoryan e Artur Hovhannisyan, membri del Parlamento armeno ed esponenti di Contratto Civile, il partito fondato nel 2013 e alla fine di aprile 2018, sotto la guida del fondatore Nikol Pashinyan, il partito è diventato principale partito di governo. Alle elezioni del 9 dicembre 2018 si è presentato nella Alleanza il mio passo insieme al Partito della Missione ed è diventato partito di maggioranza assoluta conquistando 88 seggi su 132 componenti il parlamento armeno.
Qual è la situazione del Paese dopo la pandemia e alla luce delle problematiche sollevate dall’aggressione armata dello scorso settembre?
“Dopo il conflitto del 2020, il governo ha deciso di ridare il potere al popolo armeno, che nuovamente ha deciso che il partito che rappresentiamo – Contratto Civile – sarebbe divenuto la forza di maggioranza in Parlamento. È un segno che l’Armenia è un Paese democratico. Tuttavia, per quanto concerne la situazione interna, ciò che abbiamo attualmente è un forte sbilanciamento: abbiamo difficoltà con l’opposizione, ma stiamo concentrando tutte le nostre forze nella protezione dei nostri confini. Il 13 settembre scorso, l’Azerbaijan ha nuovamente avviato un’invasione del territorio sovrano dell’Armenia. Parti del territorio sovrano sono state occupate, abbiamo dispersi e più di 200 morti. Durante le elezioni del 2021, la nostra strategia principale era il perseguimento della pace con l’Azerbaijan, e ancora adesso stiamo cercando di ottenere risultati in questo senso. Parallelamente, è fondamentale mantenere la sicurezza degli armeni che vivono in Artsakh, e per noi la sola soluzione è il riconoscimento dei nostri rispettivi territori. Dobbiamo poi far notare che l’Azerbaijan sta rendendo molto ardua la possibilità di percorrere questa strada e ottenere la pace, ma l’Armenia continuerà gli sforzi in questo senso. Riteniamo però molto positiva la missione OSCE che attualmente si trova in Armenia, e siamo convinti che potrà ridurre la possibilità di una nuova aggressione azera.”.
Qual è stata la reazione internazionale agli attacchi di settembre?
“È passato più di un mese da quando il nostro territorio sovrano è stato occupato, e rispetto ad episodi precedenti la novità è una presa di posizione molto chiara da parte della comunità internazionale, che ha indicato con fermezza quale fosse lo Stato aggressore e successivamente condannato l’occupazione del territorio sovrano Armeno chiedendo un immediato ritiro delle forze azere da tali aree. Inoltre, una svolta positiva è l’apparente funzionamento degli sforzi diplomatici: la comunità internazionale ha espresso la propria posizione, e nello specifico lo ha fatto l’Occidente (Stati Uniti, Unione Europea e singoli Stati membri, così come organizzazioni internazionali e il Consiglio di Sicurezza nella sessione organizzata su richiesta dell’Armenia). Sfortunatamente, il blocco di sicurezza di cui l’Armenia è parte (il CSTO) non è stato in grado di rispondere effettivamente alla richiesta del nostro Paese di assistenza militare in seguito all’aggressione da parte di un altro Stato. Ciononostante, stiamo concentrando le nostre forze anche sulla comprensione della posizione del CSTO e della Russia sulla questione. Per quanto riguarda i colloqui per la pace, dopo le elezioni abbiamo ricevuto il mandato di inaugurare un’era di pace non solo per l’Armenia, bensì anche per la regione: ci è chiaro che in questi tempi turbolenti e in questa regione al centro delle tensioni geopolitiche la pace e la stabilità sono di altissima importanza. Al contempo, è però molto complicato raggiungere questi obiettivi. È per questo motivo che il governo è molto attivo nella promozione dei colloqui di pace e del dialogo non solo con l’Azerbaijan, ma anche con la Turchia.”.
Come procede il processo di normalizzazione dei rapporti con la Turchia?
“Come ho detto poco fa, abbiamo intrapreso un percorso di normalizzazione dei rapporti con la Turchia. Entrambi abbiamo nominato Rappresentanti Speciali che hanno già svolto quattro incontri, ed è importante per noi sottolineare come questo processo debba essere svolto senza precondizioni. Dopo gli incontri, i comunicati stampa in circolazione rimarcano il perseguimento della normalizzazione senza precondizioni, ma nonostante gli annunci ufficiali abbiamo notato che la Turchia sta coordinando i propri sforzi con l’Azerbaijan. Riteniamo che sia necessario considerare le relazioni Armenia- Turchia in maniera separata, perché la normalizzazione possa procedere in maniera più efficiente. Di fatto, la normalizzazione dei rapporti Armenia-Turchia apporterà benefici anche alle relazioni tra Armenia e Azerbaijan, e viceversa.”:
Ciò significa che la Turchia riconoscerà il genocidio degli Armeni?
“Questi aspetti diverranno argomento di discussione durante la normalizzazione. Al momento, tuttavia, non stiamo trattando la questione, che è tra le più complicate. Ci stiamo limitando ai primi step per aprire i confini e stabilire relazioni diplomatiche con la Turchia. L’Armenia non ha posto precondizioni, e lo stesso ci si aspetta (ed è fatto) dalla Turchia. Di nuovo, la normalizzazione con la Turchia beneficerà in secondo luogo le relazioni con l’Azerbaijan. Da quello che possiamo vedere da parte azera, la normalizzazione delle relazioni tra Armenia e Turchia è concepita come una precondizione, ma dalla nostra parte non accettiamo precondizioni. Un altro aspetto fondamentale in merito è la questione dell’apertura del corridoio tra le due parti dell’Azerbaijan attraverso l’Armenia. Rigettiamo pubblicamente questo corridoio sotto sovranità azera, ma non abbiamo mai negoziato a proposito di una sua concreta attivazione Il nostro governo è pronto ad aprire le sue strade a tutti i Paesi, ma l’aggressione di settembre è stata un esempio di arrivare a tale soluzione attraverso l’impiego della forza.”.
Quindi la questione del corridoio non ha trovato spazio nelle negoziazioni.
“Il tema è lo sbloccaggio delle comunicazioni regionali, e la base per discuterne è l’annuncio trilaterale del 9 novembre 2020. I nove punti di questo documento firmato da Armenia, Azerbaijan e Russia afferma chiaramente che ci dovrà essere una strada che colleghi la parte orientale dell’Azerbaijan alla regione autonoma del Naxçivan, che attraverserà l’Armenia. La ragione di questa discussione risale alla guerra degli anni Novanta – la prima guerra del Karabakh – durante la quale l’Azerbaijan ha unilateralmente bloccato l’Armenia da oriente, e la Turchia ha fatto lo stesso dal lato occidentale. Negli ultimi decenni, le infrastrutture hanno subito un forte deterioramento, alcune sono distrutte in aree adiacenti alla ferrovia, così come sono deteriorate le strade che connettevano Armenia e Azerbaijan, così come quelle che si dirigevano verso il Naxçivan. Si tratta della costruzione di nuove strade a seguito di un accordo, ma non ci può essere dialogo e non c’è una base giuridica per parlare di un corridoio extra-territoriale. Ciò ci è stato confermato anche dai nostri partners internazionali: leader e alti ufficiali coinvolti nella mediazione di tale aspetto – in particolare gli USA, l’UE e la Russia – hanno parlato di inaccettabilità di un corridoio extra-territoriale, sperando in uno sbloccaggio e nella sovranità del Paese in cui passano le strade. L’annuncio del 9 novembre e i nove punti del documento affermano anche che le Forze Federali di Sicurezza russe dovranno provvedere alla sicurezza e alla sorveglianza del passaggio. Di certo i conflitto non finiscono con un annuncio o un trattato di pace, ma richiedono tempo.”
Con riferimento all’accordo che avete firmato nel novembre 2020, lo scenario geopolitico globale è profondamente mutato. C’è il rischio che il supporto internazionale possa essere solo “a parole”? Non temete una nuova aggressione militare azera?
“Comprendiamo il timore che il diritto internazionale non possa funzionare e che l’ordine internazionale sia stato distrutto quest’anno. Stiamo parlando, nel nostro caso, di un vicino che ha più volte mostrato un mancato rispetto per i principi del diritto internazionale e per ciò che abbiamo firmato, incluso il divieto dell’uso della forza. Lo stanno facendo anche ora, infatti si è verificato un attacco al territorio sovrano armeno e specifico ancora una volta che non si tratta del Nagorno Karabakh. Un altro attacco su larga scala è possibile, e non c’è un singolo giorno dopo la guerra in cui questo rischio non sia tangibile. Questo è il motivo per cui l’Armenia sta continuando i dialoghi per la pace, cercando di mostrare all’Azerbaijan e al mondo intero che non c’è alternativa alla pace. Lo sbloccaggio creerebbe le condizioni per una mutua interdipendenza, e aggiungerebbe motivi di sicurezza a favore del mantenimento della stabilità della situazione. Pertanto, stiamo cercando di fare tutto ciò che è in nostro potere per non diventare la parte “non-costruttiva” della relazione, così come per consolidare il supporto internazionale. Abbiamo avuto successo finora, perché l’integrità territoriale di uno Stato sovrano riconosciuto a livello internazionale è una linea rossa per la comunità internazionale, ancor più ora dopo gli eventi di quest’anno. Abbiamo il supporto internazionale in questo, ma parlare di Nagorno Karabakh è molto differente. Non è mai stata una questione territoriale, bensì di sicurezza e diritti delle persone, incluso il diritto all’autodeterminazione.”
E inoltre, l’Armenia è una democrazia forte nella regione del Caucaso meridionale. “Dopo che la democrazia ha preso piede in Armenia, la nostra economia ha subito una forte crescita. In tutti gli indici economici e di democrazia il nostro Paese ha avuto una crescita in positivo. Nella regione, parlare di democrazia e crescita economica può essere percepita come minaccia, e non solo dall’Azerbaijan ma anche – inaspettatamente – da Stati terzi. Abbiamo anche qui il supporto di USA e UE, anche perché per l’Armenia la democrazia è un valore fondamentale. L’Armenia inoltre cerca di aprirsi al mondo: uno degli esempi che citiamo sempre è il corridoio armeno, ovvero una strada che costruiremo dal nord al sud e che non è destinata solo all’Iran, ma che potrebbe essere aperta anche all’est e all’ovest, incluso l’Azerbaijan ed il Naxçivan.”:
Sono trapelate notizie di proteste da parte della popolazione contro la decisione del Primo Ministro Pashinyan di abbandonare il Nagorno Karabakh. Che cosa è accaduto? E lascereste il Nagorno Karabakh in cambio di stabilità, qualora fossero gli Stati Uniti o l’Europa a chiedervelo?
“Non è mai accaduto che qualche personalità in veste ufficiale – nemmeno il Primo Ministro – abbia affermato la volontà di lasciare il Nagorno Karabakh. Non ci sono forze militari armene in Nagorno Karabakh, e sono i peacekeepers russi a garantire la sicurezza dei cittadini armeni che vivono in Artsakh. La questione è ancora irrisolta, e la verità è che ci sono persone che ci vivono, la cui sicurezza e i cui diritti sono costantemente violati. Quando parliamo di Armenia che lascia il Nagorno Karabakh, dobbiamo razionalizzare la questione: in nessun modo possiamo permetterci rischi di violazione dei diritti e di mancata sicurezza dei nostri compatrioti del Nagorno Karabakh. Allo stesso tempo, ciò non significa che non procederemo con la normalizzazione dei rapporti con l’Azerbaijan, al contrario. La sicurezza e la pace nella nostra regione può esistere solo se vengono ristabilite relazioni diplomatiche. Non ci può essere stabilità con un conflitto irrisolto, e non siamo neppure in una fase di congelamento delle tensioni. Non poniamo precondizioni e siamo pronti a procedere su più fronti, cercando anche di dar vita a meccanismi per discutere come assicurare la stabilità, i diritti e la sicurezza delle persone.”.
Recentemente l’Iran ha partecipato attivamente alle questioni regionali. In che modo potrebbe garantire la stabilità dell’area?
“Cerchiamo di lavorare con tutti i nostri partners per raggiungere la stabilità della regione, e l’Iran è uno dei nostri vicini con cui collaboriamo. Nonostante le relazioni travagliate tra Iran e Occidente, l’Armenia considera l’Iran uno dei più calorosi sostenitori. Abbiamo una buona relazione con Teheran, e il Paese svolge un ruolo fondamentale nella stabilizzazione del Caucaso. L’Armenia ha i suoi interessi, in particolare il mantenimento della sua integrità territoriale e la preservazione dei diritti degli armeni che vivono in Nagorno Karabakh. Abbiamo notato che anche l’Iran afferma ufficialmente l’importanza di mantenere i confini storici senza cambiamenti lungo il confine Armenia- Iran, e qui i nostri interessi coincidono. Stiamo comunicando anche con UE, USA, Russia e India per non chiuderci ad un solo partner straniero e perseguire i nostri interessi. Considerando la posizione geografica dell’Armenia e le sfide nella regione dopo la guerra, crediamo che la nostra posizione e le nostre azioni siano molto chiare ai nostri partner internazionali.”.
Qual è la strategia governativa per combattere la corruzione e migliorare le condizioni economiche della popolazione?
“Le elezioni sono il nostro inizio: avere elezioni libere, giuste e trasparenti ed un governo legittimo consente di fare delle riforme con grande supporto, anche se queste sono piuttosto complicate. La maggior parte dei nostri sforzi interni sono diretti alle riforme in tutti gli ambiti fondamentali per l’Armenia: la riforma giudiziaria ed elettorale, così come riforme dell’economia, della tassazione e dei media. Riforme sociali e dell’educazione, così come di sicurezza e militari hanno pari importanza,e il nostro obiettivo è quello di costruire (o ri-costruire) le istituzioni per beneficiarne in futuro. La nostra priorità è mantenere la democrazia ed elezioni giuste e trasparenti, siano esse parlamentari o di altra natura. Al momento, il sistema giudiziario è completamente indipendente e non ha subito pressioni né dal governo, né dall’esecutivo in generale.”
Foto copertina: Parlamento armeno