Questo genere non è particolarmente popolare tra il grande pubblico. Eppure, ricevono molta attenzione da critici, politici e appassionati del cinema d’autore.
Infatti, un buon film politico è in grado di far riflettere i propri spettatori sulle dinamiche e sui processi politici nella nostra società, sul passato e sul presente. Possono avvicinarsi a idee e scenari geopolitici, rappresentando spesso vicende tratte o ispirate da storie vere di tutto il mondo, attraverso il punto di vista peculiare; quello artistico-cinematografico e del regista. Ecco qui la prima parte dell’elenco di film italiani e internazionali; 5 film che rappresentano specifiche tematiche socio-politiche e riflettono differenti realtà geografiche.
La classe operaia va in paradiso (1971)
Diretto dal regista Elio Petri, il film vuole dare una visione critica dell’Italia degli anni ‘70, cercando di mettere in luce le ipocrisie del sistema consumista del post-boom economico. Insieme a “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” (1970) e “La proprietà non è più un furto” (1973) fa parte della cosiddetta “trilogia della nevrosi”: infatti ciascun film vorrebbe rappresentare tre tipologie particolari di nevrosi, quest’ultimo concepito come uno stato di malessere psicologico dell’individuo provocato dal cambiamento socio-economico. Se negli altri due film viene messa in scena rispettivamente la nevrosi del denaro e del potere, né “La classe operaia va in paradiso” lo scopo è la rappresentazione della condizione alienante del lavoro in fabbrica. In questa pellicola vi è un magistrale Gian Maria Volontè, che qui interpretò l’operaio Ludovico Massa, mettendo in scena il rapporto distruttivo dei lavoratori con i macchinari. Instancabile lavoratore, Ludovico (detto Lulù) è disinteressato alla lotta della classe operaia e il suo unico obiettivo è solo quello di incassare guadagni extra. Tuttavia, a seguito di un incidente sul lavoro, la situazione cambia drasticamente e il protagonista riesce a prendere coscienza della sua alienazione. Incredibili anche qui le musiche di Ennio Morricone, che per di più appare in un cameo durante i titoli di coda!
Malcolm X (1992)
Sicuramente uno dei film più impegnati e memorabili di Spike Lee. Una pellicola che, nonostante le innumerevoli difficoltà iniziali (tra dissapori con la produzione e il budget) e le molteplici controversie, fu un successo presso la critica ed considerato uno dei migliori biopic della storia del cinema.
Si basa principalmente sull’autobiografia dell’attivista afroamericano, interpretato da Denzel Washington, la cui straordinaria interpretazione gli è valsa la candidatura agli Oscar come miglior attore protagonista.
Spike Lee racconta la storia di Malcolm (partecipando anche come uno dei principali attori, interpretando l’amico di gioventù, “Shorty”), mettendo in scena alcuni degli eventi chiave della sua vita; il periodo criminale, la sua incarcerazione, la conversione all’Islam e la nuova vita come membro della Nation of Islam, la rottura dei rapporti con la stessa e la fondazione di una nuova organizzazione, fino al suo assassinio nel 1965. Il ritratto che emerge è quello di un personaggio estremamente umano, con le sue complessità, i suoi pregi e difetti.
Malcolm X è ampiamente ricordato nelle comunità afroamericane e musulmane, e molti attivisti neri basarono i loro movimenti in gran parte sul suo pensiero (es. Black Power, il Black Arts Movement).
Nel corso del film compaiono diversi importanti attivisti che fecero brevi apparizioni come Bobby Seale, Al Sharpton e l’avvocato per i diritti civili William Kunstler. Infine appare anche Mandela, che conclude il film con una citazione dello stesso Malcolm X.
Curiosità : Questo è il primo non documentario e film americano, a cui è stato concesso il permesso di girare alla Mecca.
Gandhi (1982)
Film biografico del 1982 basato sulla vita del Mahatma Gandhi, il leader indiano e simbolo per eccellenza della resistenza all’oppressione e la disobbedienza civile di massa che ha portato l’India all’indipendenza nel 1947.
Fu un successo sia al botteghino che presso la critica. Ricevette undici nomination agli Oscar, vincendone ben otto (più di qualsiasi altro film nominato quell’anno), tra cui quello per il miglior film, miglior regista e miglior attore protagonista per Ben Kingsley. Quest’ultimo è stato ampiamente elogiato per la sua performance e la sua capacità di interpretare quello che sicuramente è uno delle figure storiche più importanti del XX secolo. Il film ripercorre vari momenti della vita di Mohandas Karamchand Gandhi e della lotta per l’indipendenza indiana. Assistiamo così alla lotta per i diritti civili in Sud Africa all’inizio del secolo, alla creazione dell’ashram Sabarmati , al massacro di Amritsar e al movimento di disobbedienza civile che ne è seguito, alla marcia del sale, fino all’indipendenza, alla spartizione dell’India e infine al suo assassinio nel gennaio del 1948. In India, Gandhi è riconosciuto come “Padre della nazione” e il giorno della sua nascita (2 ottobre) è ricordato e celebrato. Questa data è stata anche dichiarata “Giornata internazionale della nonviolenza” dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Blood Diamond (2006)
Il titolo si riferisce ai cosiddetti “diamanti insanguinati” (chiamati anche diamanti di conflitto o diamanti rossi), ovvero i diamanti estratti in zone di guerra e venduti per finanziare i conflitti, spesso fonte di profitti dei signori della guerra e delle multinazionali. Il termine viene utilizzato per evidenziare le conseguenze negative del commercio di diamanti o per etichettare i diamanti provenienti da determinate aree, spesso dilaniati dalle guerre civili. I “diamanti insanguinati” estratti del XX e XXI secolo provengono per lo più dall’Angola, Costa d’Avorio, Liberia e Guinea e Sierra Leone.
E’ proprio in quest’ultimo paese che è ambientato il film, una Sierra Leone degli anni ‘90, in piena guerra civile, dove le forze governative si scontrano con quelle ribelli. La pellicola descrive anche molte delle atrocità di quella guerra, inclusa l’amputazione delle mani dei civili da parte dei ribelli per scoraggiarli dal votare alle prossime elezioni. Ha ricevuto recensioni principalmente positive, con elogi diretti alle interpretazioni di DiCaprio e Hounsou, incassando al botteghino 171 milioni di dollari in tutto il mondo.
Il film ha inoltre contribuito a pubblicizzare la questione dei “diamanti di conflitto” e portare all’attenzione internazionale il traffico illecito di diamanti in Africa Occidentale. La scena finale del film, dove vediamo la conferenza sui diamanti insanguinati, fa riferimento a un incontro storico realmente avvenuto a Kimberley, in Sudafrica nel 2000. La conferenza avrebbe portato allo sviluppo del Kimberley Process Certification Scheme, un sistema che certificherebbe l’origine dei grezzi diamanti per frenare il commercio di “diamanti di conflitto”.
Tutti gli uomini del Presidente (1976)
All the President’s Men è un film diretto da Alan J. Pakula. Tratto dal libro omonimo di Bob Woodward e Carl Bernstein, racconta la storia dell’inchiesta giornalistica che scoprì il famoso scandalo “Watergate”.
L’episodio fu uno dei più importanti nella storia degli Stati Uniti e portò nell’agosto del 1974, dopo circa due anni di indagini e rivelazioni, alle dimissioni dell’allora presidente repubblicano Richard Nixon. Due giornalisti del “Washington Post”, Bob Woodward e Carl Bernstein, ebbero un ruolo determinante nello scoprire il sistema corruttivo e di spionaggio su cui si basava l’amministrazione Nixon. Fu uno dei primi esempi di “investigative journalism” capace di influenzare la stampa e l’opinione pubblica.
Il film mostra come i due giovani giornalisti ambiziosi (interpretati da Dustin Hoffman e Robert Redford) abbiano colto alcuni dettagli insoliti in un piccolo furto con scasso e abbiano raccolto informazioni sufficienti per svelare quella che infine si rivelata una gigantesca cospirazione governativa.
Le investigazioni dei protagonisti si evolvono nel corso della pellicola, e vengono mostrati agli spettatori i dubbi, le minacce, la confusione e gli errori, le intuizioni, le scoperte sorprendenti e lunghe ore di duro lavoro. ll risultato che si ottiene è uno dei resoconti più brillanti e provocatori dei film americani moderni sui fallimenti politici di una nazione e una rappresentazione del giornalismo nella sua forma più “pura” e ispirata.