Dopo il passo indietro di Mauricio Macri e quello di Alberto Fernández, anche Cristina Kirchner annuncia che non si candiderà alle prossime presidenziali in Argentina.
In una lunga lettera pubblicata sui suoi canali[1], Cristina Fernández de Kirchner ha reso nota la sua intenzione di non presentarsi come candidata alle prossime elezioni presidenziali in Argentina.
Le sue dichiarazioni sono seguite a quelle rilasciate, nei mesi passati, dall’ avversario politico per eccellenza, l’imprenditore Mauricio Macri, e dal leader del suo stesso Partido Justicialista, nonché attuale presidente, Alberto Fernández.
Stando così le cose, nessuno fra i protagonisti assoluti dell’ultimo ventennio di politica nazionale sarebbe direttamente coinvolto nella corsa alla Casa Rosada.
Un rinnovamento da leggersi, alla luce delle disastrose condizioni economiche del paese, come tutt’altro che naturale, tanto per il Frente de Todos (nome della coalizione peronista), quanto per l’opposizione di destra riunitasi sotto il fronte Juntos por el Cambio.
Quarant’anni di democrazia inquieta
Il 2023, oltre che l’anno delle presidenziali in Argentina, segna anche il quarantesimo anniversario del ritorno della democrazia.
Era il 1983 quando Raúl Alfonsín, il radicale che per primo entrò alla Casa Rosada dopo la dittatura dei militari, raccolse l’eredità di un doloroso processo di riconciliazione nazionale reso necessario dagli atroci crimini commessi dalla Giunta, ma anche di un’economia lasciata dai militari sull’orlo del collasso e sulla cui gestione pesava l’ombra del Fondo Monetario Internazionale.
Se le politiche della memoria – portate avanti da Alfonsín e, dopo un decennio di oscurantismo menemista, dai governi Kirchner – hanno contribuito all’elaborazione della prima questione, lo stesso non può dirsi per i complessi rapporti col FMI e con l’intromissione dello stesso nella politica economica del paese.
Uno spazio di contesa da cui faticosamente l’istituzione di Bretton Woods era stata emarginata dopo la crisi del 2001, ma più recentemente riaperto dal governo di Mauricio Macri, l’unico non peronista degli ultimi vent’anni, che dal Fondo ha ottenuto, nel 2018, un maxi- prestito da 50 miliardi di dollari[2].
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La decisione di Alberto Fernández
È stato durante l’emergenza Covid che l’attuale presidente, Alberto Fernández, ha dovuto farsi carico delle trattative col Fondo per ripagare il debito a condizioni accettabili per gli argentini. L’esperienza di governo di Fernández, segnata dalla crisi pandemica e paralizzata alla radice dalla ricerca di interlocutori per la risoluzione del problema del debito, oltre che dalla recente siccità, volge al termine senza l’intenzione di ripetersi[3].
L’annuncio, anche in questo caso diffuso sulle reti sociali del leader del PJ, è stato ufficializzato, a fine aprile, tramite un video intitolato Mi decisión[4], in cui il leader peronista ha ribadito di non avere nemici all’interno del Partido Justicialista, la cui democratizzazione assicurerà, nell’ambito delle primarie, che il popolo scelga il prossimo candidato per battere la destra. La necessità di compattare il fronte, ma anche la lavata di capo al personalismo degli ultimi anni è rivolta, con ogni probabilità, alla compagna di partito e vicepresidente Cristina Kirchner, con la quale i rapporti si sono stretti e allentati periodicamente negli ultimi vent’anni.
La proscrizione del peronismo secondo Cristina
Le dichiarazioni distensive rispetto ad una sua eventuale candidatura da parte dell’alleato Fernández non hanno tuttavia sortito effetto su CFK.
La lettera pubblicata sui suoi profili ufficiali, commentata poco dopo negli studi del seguitissimo programma televisivo “Duro de domar”[5], lascia poco spazio all’immaginazione.
Secondo Cristina, gli eventi che hanno investito la sua vita recente, dall’attentato subito in estate, all’accusa di corruzione che l’ha vista imputata dinnanzi alla Fiscalía, passando per la continua guerra mediatica ingaggiata col potente gruppo editoriale El Clarín, si tradurrebbero per lei in una vera e propria proscrizione. Nonostante le possibilità di appello che pure le consentirebbero di superare l’interdizione dai pubblici uffici ed i sondaggi che ancora le vedrebbero accordato un ottimo 26,1 % delle preferenze[6], è chiara, nelle sue dichiarazioni, la percezione di un assedio che non le consentirebbe di governare e che riguarderebbe non solo lei, ma il kirchnerismo e quello che ha rappresentato, un’alternativa all’egemonia neoliberista del Fmi difesa dai potenti gruppi di interesse nazionali, a partire dal mandato del suo defunto marito Néstor Kirchner (2003-2007).
Chi resta al Partido Justicialista?
Il passo indietro dei due principali rappresentanti del PJ proietta un’inedita imprevedibilità sul risultato delle primarie. Per ora, il candidato che meglio concilierebbe le varie anime del peronismo rappresentate all’interno del Frente de Todos sarebbe Sergio Massa, l’attuale ministro a capo del super-dicastero creato ad hoc da Alberto Fernández che riunisce il ministero dell’Economia, della Produzione e dell’Agricoltura. È difficile immaginare però che tale consenso duri e che la scelta di Massa si riveli una mossa vincente, data la disastrosa situazione in cui versa l’economia nazionale, di cui sarebbe simbolicamente responsabile.
L’Argentina è ormai, insieme a Libano, Venezuela, Zimbabwe e Sud Sudan, fra i paesi che presentano un’inflazione a tre cifre (nella seconda settimana di maggio ha superato il 108%). È stato proprio Massa a richiedere un aumento del tasso di interesse che arriverà al 97%, diventando il secondo più alto del mondo.
Lo scopo sarebbe quello di evitare una svalutazione del peso prima delle elezioni[7]. Nel frattempo, data l’instabilità della moneta nazionale, un numero sempre maggiore di transazioni, viene condotto in dollari.
L’outstider “anarcocapitalista”
La principale proposta di quella che sembra l’unica novità politica fra i candidati alle presidenziali è legata proprio alla dollarizzazione dell’economia e la avanza Javier Milei. L’outsider di questa tornata elettorale si definisce un economista “anarcocapitalista”, in particolare seguace della scuola economica di Friedrich von Hayek, denuncia l’onnipresenza dello Stato nell’economia e propone la soppressione del Banco Central, ente in teoria autonomo ma che, secondo lui, è stato fino ad ora utilizzato per stampare un quantitativo eccessivo di peso, valuta che Milei ambirebbe ad eliminare direttamente. Postosi a capo di un proprio partito, La Libertad Avanza, creato nel 2021 ed eletto, nello stesso anno, deputato per la provincia di Buenos Aires, l’economista quarantaduenne è stato reso celebre dai suoi poco misurati interventi nelle vesti di commentatore televisivo. Oltre a sostenere la liberalizzazione delle droghe, si dichiara a favore della creazione di un mercato per la vendita degli organi e contrario all’aborto[8].
Chi resta alla destra?
Se i peronisti rigettano l’ipotesi della dollarizzazione e il confronto con Milei, anche dal più affine Juntos por el Cambio, la coalizione di destra, non si registra particolare entusiasmo per le proposte del leader de La Libertad Avanza. Lo schieramento che sotto il nome di Cambiemos giunse al governo con Mauricio Macri, dopo il rifiuto alla ricandidatura annunciato da quest’ultimo, vedrà alle primarie scontrarsi, fra gli altri, l’attuale governatore di Buenos Aires, Horacio Rodríguez Larreta, Patricia Bullrich, ministra della Sicurezza de governo Macri, e l’ex governatrice della provincia di Buenos Aires, María Eugenia Vidal[9]. Come nel caso del PJ, il consenso non sembra ancora essersi compattato intorno ad una figura carismatica e riconoscibile quanto quella dell’ex, pur contestatissimo, presidente.
Quarant’anni di democrazia ininterrotta
Il passo indietro delle personalità che hanno guidato l’Argentina negli ultimi vent’anni non appare, in sostanza, dovuto all’esaurimento del loro capitale politico. Al contrario, può affermarsi che la polarizzazione intorno al kirchnerismo come esperienza ultra-decennale, considerata la rovina o la salvezza della nazione dagli schieramenti opposti, rappresenti un segnale di vivacità per lo scontro dialettico col macrismo, rispetto ai temi fondamentali dell’agenda nazionale: la sovranità economica, i rapporti col Fmi e la posizione argentina all’interno dei fori internazionali.
Quel che sembra mancare è lo spazio politico necessario per la materializzazione di questo scontro. Le strette maglie delle condizionalità imposte dal prestito del 2018 dal Fmi e il discorso sull’emergenza economica costante, insieme alla prospettiva degli anni di sacrifici da adempimento degli obblighi imposti dal debito, rendono quanto mai angusti i corridoi della Casa Rosada.
Dopo quarant’anni, questo è lo stato di una democrazia ininterrumpida, come l’ha definita il presidente Fernández nel suo ultimo video. Ininterrotta, ma indiscutibilmente limitata dallo scontro col Fondo Monetario Internazionale, implacabile nemesi che spegne altrettante candeline.
Note
[1] https://www.cfkargentina.com/a-los-companeros-y-companeras/.
[2] https://www.ilsole24ore.com/art/argentina-accordo-fmi-maxi-prestito-50-miliardi-dollari-AEpTSe2E.
[3]https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/americalatina/2023/04/21/argentina-fernandez-non-si-presentera-alle-presidenziali_9525d140-623a-4f53-9f80-d104c120212c.html.
[4] https://www.youtube.com/watch?v=gDjpL4KIp7Y.
[5] https://www.youtube.com/watch?v=uqoUCGz1GyM.
[6] https://elpais.com/argentina/2023-05-17/cristina-kirchner-renuncia-definitivamente-a-ser-candidata-en-argentina-no-voy-a-ser-mascota-del-poder.html
[7] https://www.agi.it/economia/news/2023-05-15/argentina-vola-inflazione-governo-cerca-correre-ripari-21387226/. presidenziali Argentina
[8] https://www.rfi.fr/es/am%C3%A9ricas/20230511-javier-milei-enemigo-declarado-de-la-casta-pr%C3%B3ximo-presidente-argentino.
[9]https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/americalatina/2023/03/27/argentina-ex-presidente-macri-non-si-candidera-nel-2023_ca3f79b3-bb47-4088-91f8-7eeb6ec495be.html.
Foto copertina: Presidenziali Argentina Cristina Kirchner, Alberto Fernández e Mauricio Macri