Primo anniversario della caduta di Kabul: la prova dell’UE come potenza normativa


È trascorso un anno dal ritorno al potere dei Talebani, dopo vent’anni: sono stati giorni caratterizzati da misure restrittive per i diritti delle donne, crisi economica, violenza e tensioni sia all’interno dell’Afghanistan che a livello regionale e internazionale, sotto il segno dell’isolamento.


La democrazia, i diritti umani, lo stato di diritto e il buon governo sono le norme fondamentali che l’UE promuove nelle sue relazioni con gli Stati membri e con il resto del mondo[1]. Il grado di successo dell’UE nella promozione di questi valori è la misura fondamentale della portata del suo potere normativo.
Il potere normativo dell’UE è variato nel tempo e nello spazio. La capacità dell’UE di promuovere norme liberaldemocratiche nella sua periferia orientale e sulla costa meridionale del Mediterraneo è stata limitata. Nelle sue relazioni con gli Stati nordafricani e mediorientali, l’UE ha spesso privilegiato la stabilità rispetto alla democrazia. Nondimeno, l’Unione europea è riuscita a promuovere il rispetto dei valori comuni al di fuori dei confini dell’Unione, anche attraverso la clausola di condizionalità prevista dai suoi accordi internazionali.
Il caso dell’Afghanistan, ad un anno dalla presa di potere dei Talebani, rappresenta un banco di prova importante per valutare l’efficacia dell’azione dell’Unione quanto a promozione dei diritti umani negli Stati terzi.

Un anno al potere dei talebani

La presa del potere a Kabul il 14 agosto 2021 è stata il risultato di un’offensiva militare lampo di circa tre mesi che ha messo in fuga all’estero l’ex presidente Ashraf Ghani e costretto alla resa le forze armate, nel contesto del ritiro dei militari Usa e dei loro alleati occidentali.
Nonostante l’impegno a garantire la sicurezza di tutti i cittadini, a formare un “governo inclusivo” e a voler dialogare con l’Occidente, le decisioni prese dai talebani vanno in una direzione diametralmente opposta.
Dal ritorno dei talebani al potere, secondo fonti di stampa concordanti, circa 257 media afghani hanno chiuso e il 70% dei professionisti del settore media ha perso il lavoro, oltre ad almeno 6 giornalisti che sono stati uccisi[2].
La ‘questione’ afghana è stata inoltre al centro di importanti vertici regionali e internazionali svolti in Afghanistan, Iran, Pakistan, India, Russia e Cina oltre al G20 di Roma e al Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Infine, a pochi giorni dal primo anniversario della caduta della capitale afghana in mano ai talebani, un drone americano ha ucciso a Sharpur – un quartiere nel centro della città – l’egiziano Ayman al Zawahiri, 71 anni, leader dell’organizzazione terroristica Al Qaeda[3]. I leader mondiali si chiedono: quale livello di protezione avevano assicurato i talebani afghani al capo di Al Qaeda per consentirgli di nascondersi proprio a Kabul?

La strategia europea

Gli Stati europei e gli Stati Uniti si sono rifiutati di riconoscere il regime talebano che ha preso il potere a seguito del ritiro delle truppe statunitensi.
Diversi Stati membri, tra cui la Francia, hanno espresso comunque la volontà di aprire una missione diplomatica congiunta in Afghanistan. “Stiamo pensando ad un’organizzazione tra diversi Stati europei… una sede comune per diversi europei, che permetterebbe ai nostri ambasciatori di essere presenti,” ha dichiarato il Presidente francese Emmanuel Macron lo scorso dicembre durante una visita in Qatar[4]. “Per me l’obiettivo è la pace, la stabilità e la lotta contro il terrorismo” nella regione, ha aggiunto. Nello stesso periodo, tra varie preoccupazioni in merito alla situazione umanitaria in Afghanistan, l’UE ha condotto colloqui con membri del governo Talebano in cui si vaneggiava l’idea di aprire una missione. In una dichiarazione[5], l’Unione dichiarò che stava considerando “di stabilire una presenza minima sul campo a Kabul, che non comporterebbe alcun riconoscimento.” Il portavoce per gli affari esteri dell’UE, Peter Stano, ha poi affermato in un comunicato che l’UE ha iniziato a ristabilire una presenza minima per facilitare la consegna degli aiuti umanitari e monitorare la situazione umanitaria[6].
Durante il primo viaggio ufficiale in Europa dei Talebani lo scorso gennaio, i fondamentalisti hanno intrattenuto colloqui a porte chiuse con diversi diplomatici europei. I Talebani miravano al riconoscimento formale del proprio governo e all’erogazione di aiuti finanziari da parte dell’Occidente.
La situazione umanitaria in Afghanistan è deteriorata rapidamente dal ritorno dei Talebani al potere nell’agosto del 2021, quando gli aiuti internazionali si sono bruscamente interrotti, aggravando la condizione di milioni di persone già afflitte dalla fame dopo varie ondate di siccità.
I Rappresentanti Speciali in Afghanistan dell’UE si sono incontrati a Bruxelles il 5 aprile 2022. In quell’occasione hanno condannato la decisione dei Talebani del 23 marzo 2022 di continuare a negare alle donne afghane la possibilità di accedere all’istruzione secondaria, che contraddice le promesse dei Talebani al popolo afghano e alla comunità internazionale[7]. In un comunicato si sottolinea che sono stati raccolti 2,23 miliardi di euro alla conferenza internazionale per le donazioni umanitarie del 31 marzo 2022. I Rappresentanti Speciali hanno espresso inoltre preoccupazione per le restrizioni alla libertà di opinione e alla libertà di espressione, in particolare attraverso la repressione dei mezzi di comunicazione, le crescenti restrizioni nei confronti di emittenti, giornalisti e operatori dei media, e il divieto per alcuni organi di informazione internazionali di entrare in Afghanistan. Viene riaffermato che i progressi verso la normalizzazione delle relazioni tra i Talebani e la comunità internazionale dipenderanno soprattutto dalle azioni dei Talebani e dal rispetto degli impegni e degli obblighi nei confronti del popolo afghano e della comunità internazionale.
Sul tema dei diritti delle donne afghane si è espresso anche l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza nel corso di un dibattito parlamentare[8]. Josep Borrell è stato chiaro sul fatto che l’UE non riconosce il governo talebano e fornisce il proprio sostegno al di fuori dei canali governativi. Egli ha dichiarato che l’UE continuerà a facilitare la partecipazione attiva e significativa delle donne al dialogo sul futuro dell’Afghanistan e che non accetterà che le donne non abbiano accesso a un’istruzione di qualità. Nel suo discorso, viene ricordato che l’unico modo per sostenere il popolo afghano è il dialogo costante con il governo de facto dei Talebani, che detengono il potere e la capacità amministrativa in Afghanistan. “Solo essendo presenti, anche a Kabul, impegnandoci sulla base dei parametri dell’Unione europea, possiamo difendere al meglio gli interessi dell’Europa e i valori che condividiamo con il popolo afghano, e in particolare con le donne afghane,” ha concluso.
Non solo l’Unione Europea, ma anche le Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione circa la situazione dei diritti delle donne in Afghanistan. Su richiesta dell’UE, infatti, il 1° luglio 2022 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHCR) ha tenuto un dibattito urgente con la speranza di richiamare ulteriore attenzione sulla tragedia della metà della popolazione afghana a cui viene negato il diritto di partecipare pienamente, in modo equo e significativo nella società[9].
Allo stato attuale, il punto debole dai talebani è dato dal loro deficit finanziario. Con l’economia afghana in caduta libera e con vaste fasce della popolazione che si trovano ad affrontare una grave crisi alimentare, l’accesso ai fondi è una priorità politica e di sicurezza per i Talebani. Mentre l’UE ha dichiarato che si asterrà dal fornire un sostegno finanziario diretto al regime talebano, il collegamento con i partner per offrire un sostegno condizionato ai talebani permetterebbe all’Unione di contribuire a prevenire il collasso dello Stato afghano e l’ulteriore deterioramento della crisi umanitaria attualmente in corso. Gli sforzi dell’Unione intesi a promuovere le condizioni che porteranno l’Afghanistan su un percorso verso la stabilità interna devono essere intesi come una priorità umanitaria e geopolitica, ma il cui successo dipenderà in ultima analisi dalla volontà dei Talebani.


Note

[1] Manners, I. (2002), Normative Power Europe: A Contradiction in terms, Journal of Common Market Studies, 40/2, 235-258.
[2] Virgiglio, V. (2021), Cosa è successo nei primi 100 giorni al potere dei talebani, Agi Agenzia Italia.
[3] Raineri, D. (2022), Afghanistan, la trama che ha portato il capo di Al Qaeda nel cuore della capitale talebana, La Repubblica.
[4] Guillot, L. (2021), European considering joint diplomatic mission in Afghanistan, Macron says, Politico.
[5] EEAS (2021), Afghanistan: EU held talks in Doha with representatives of the Taliban declared Afghan interim government.

[6] EURACTIV (2022), EU re-establishing ‘minimal presence’ in Kabul.
[7] EEAS (2022), Communiqué of the Special Representatives and Envoys for Afghanistan.
[8] EEAS (2022), Afghanistan: Speech by High Representative/Vice-President Josep Borrell at the EP debate on the situation of women’s rights.
[9] Delegation of the European Union to the UN in Geneva (2022), Urgent Debate at the Human Rights Council on the situation of women and girls in Afghanistan.


Foto copertina: Donna che cammina per le strade di Kabul sotto lo sguardo dei Talebani