Sandro Pertini: il presidente degli italiani


Il 24 febbraio 1990 moriva a Roma Sandro Pertini già partigiano e antifascista convinto, fu il settimo Presidente della Repubblica italiana e probabilmente il più amato, o comunque quello che ha avuto un impatto maggiore sulla cultura di massa (chi non conosce la celebre foto della partita a carte in aereo Zoff-Pertini contro Causio.Bearzot?), tanto da essere ricordato come il “Presidente degli italiani”.


Una vita dedicata al socialismo e l’amore per la Patria

Umanità e rispetto, lealtà e correttezza, misti ad un’enorme dose di coraggio e forza, sono i tratti distintivi di colui che è stato definito come il presidente più amato dagli italiani. Sandro Pertini non è stato soltanto il simbolo dell’etica politica e dell’onestà, ma ha rappresentato la reincarnazione del socialismo romantico, dell’amore verso la propria Patria, di un idealismo puro e nudo che per nulla è stato scalfito, né dalla galera, né dall’esilio, subiti entrambi durante il regime fascista. Capo militare della resistenza partigiana, giornalista, presidente della Camera e successivamente presidente della Repubblica ha portato in alto la bandiera della lotta alla corruzione, alla criminalità, agli scandali. Al termine della guerra, Pertini partecipò ai lavori dell’Assemblea Costituente e nel 1968, venne eletto presidente della Camera dei Deputati. Dopo due legislature in veste di presidente della Camera, venne eletto alla presidenza della Repubblica l’8 luglio 1985, subentrando al dimissionario Giovanni Leone. Il suo stile comunicativo, scandendosi fin da subito per una prorompente schiettezza che lo rendeva quasi burbero ma che evidenziava la sua straordinaria capacità di essere sincero, ha contribuito a renderlo maggiormente vicino al popolo.

La ferma lotta al fascismo

Senza mai rinunciare al dialogo con le altre fazioni politiche e facendo della massima di Voltaire sulla libertà di espressione il suo mantra, Pertini ci ha fornito una lezione di democrazia, di rispetto verso l’altro e di tolleranza, inaugurando quello che viene definito il cosiddetto “potere di esternazione”[1]. Nell’ottica fondamentale di quella che si costituisce come la libera manifestazione del pensiero, su democrazia e fascismo, Pertini ha chiaramente affermato come quest’ultimo non possa essere considerato una fede politica proprio a causa degli elementi di oppressione imposti dall’ideologia in questione: “Io non sono credente, ma rispetto la fede dei credenti; io sono socialista, ma rispetto la fede politica degli altri e la discuto, polemizzo con loro, ma loro sono padroni di esprimere liberamente il pensiero. Il fascismo no, il fascismo lo combatto con altro animo: il fascismo non può essere considerato una fede politica; il fascismo è l’antitesi delle fedi politiche, il fascismo è in contrasto con le vere fedi politiche perché il fascismo opprimeva chi non la pensava come lui”[2]. La figura inarrivabile e lontana del presidente ha lasciato il posto all’immagine del padre, del nonno, del vicino di casa, di un uomo del popolo. “Sono così come sono, aperto con gli amici e con gli avversari. Ecco perché anche alla Camera, quando ero presidente, i fascisti mi hanno sempre rispettato, pur combattendomi anche sul giornale, per questa mia franchezza, per questo mio temperamento molto aperto, per questa lealtà che fa parte del mio carattere”[3].

Gli anni di prigionia e l’amicizia con Gramsci

Sandro Pertini fu attivo politicamente sin da giovanissimo. Giornalista e partigiano, tra 1924 e 1926, Sandro Pertini fu processato e in seguito condannato al carcere e al confino. Il regime fascista lo definì come “avversario irriducibile dell’attuale Regime” e “sovversivo pericoloso per la salute della nazione[4]. Dopo un periodo trascorso in Francia, nel 1929 tornò in patria ma venne riconosciuto dall’allora camicia nera Icardio Savoldi. Nota è la sentenza pronunciata da Pertini quando, a seguito del processo, venne condannato a 11 anni di carcere e 3 di confino: “abbasso il fascismo e viva il socialismo[5]. A nulla servì la richiesta di grazia che la madre spedì al Duce, Pertini non volle mai tradire la sua fede politica che riteneva “l’unica cosa di veramente grande e puro che io porti in me[6].
Nonostante gli anni di prigionia si fossero rivelati i più duri nella vita di Sandro Pertini, è nel corso degli stessi che il presidente ha suggellato una profonda amicizia con Antonio Gramsci. Quest’ultimo tentò spesse volte di convertire il compagno socialista al comunismo ma con scarsi risultati. La stima e l’ammirazione furono comunque reciproche e solide: “In quei tempi, all’estero socialisti e comunisti si sbranavano […] io ho sempre disapprovato questa rottura perché sono sempre stato per l’unità del movimento operaio; quindi l’amicizia concessami da Gramsci assunse per me un significato, oltre che sentimentale e umano, anche politico[7].

Frasi emblematiche

“L’Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame. Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della terra. Questa è la strada, la strada della pace che noi dobbiamo seguire” (Discorso di insediamento, 1978)
“Io sono orgoglioso di essere cittadino italiano, ma mi sento anche cittadino del mondo, sicché quando un uomo in un angolo della terra lotta per la sua libertà ed è perseguitato perché vuole restare un uomo libero, io sono al suo fianco con tutta la mia solidarietà di cittadino del mondo” (Messaggio di fine anno agli Italiani, 1978)


Note

[1] http://frame.technology/dev/vitedapresidenti/pertini/lo-stile-del-presidente/
[2] https://vaurosenesi.it/2017/10/30/pertini-il-fascismo-non-puo-essere-considerato-una-fede-politica/
[3] https://www.raiplay.it/video/2013/04/Pertini-Storia-di-un-presidente—La-Grande-Storia-65d43fdd-8326-4f49-92ad-1d076aee075a.html
[4] https://www.focus.it/cultura/storia/sandro-pertini-il-presidente-di-tutti-italiani
[5] Ibidem
[6] Ibidem
[7] Ibidem


Foto copertina: