Quali conseguenze e quali scenari comporta il riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e Luhans’k dal punto di vista del diritto internazionale? Ne abbiamo discusso insieme al Dottor Patricio Barbirotto, docente di diritto internazionale e diritto dell’Unione Europea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Con un discorso alla nazione nella giornata del 21 febbraio 2022, il Presidente russo Vladimir Putin ha annunciato il riconoscimento delle repubbliche separatiste filorusse di Donetsk e Lugansk. Nella notte, il Ministero della Difesa russo – autorizzato direttamente dal Presidente – ha ordinato ai blindati e alle forze del Cremlino ammassate ai confini ucraini da settimane di varcare i confini delle repubbliche del Donbass “per funzioni di mantenimento della pace” ed “in difesa delle popolazioni filorusse nell’area”. Mentre a Mosca riecheggiano i toni storici con cui Putin rimarca che l’Ucraina non è un paese confinante, bensì parte integrante della Russia, la celere risposta dell’Occidente si appresta all’utilizzo di nuove sanzioni economiche. Quali conseguenze e quali scenari comporta il riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e Luhans’k dal punto di vista del diritto internazionale? Ne abbiamo discusso insieme al Dottor Patricio Barbirotto, docente di diritto internazionale e diritto dell’Unione Europea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Che cos’è e in che modo avviene il processo di riconoscimento nel diritto internazionale?
“Il riconoscimento de iure di uno Stato (e in generale il riconoscimento) rientra in diritto internazionale tra quelli sono che gli atti unilaterali degli Stati. Viene effettuato da uno Stato quando questo accerta e considera legittima l’esistenza di uno Stato e lo considera, semplificando, un membro della Comunità degli Stati. In quanto atto unilaterale, il riconoscimento è effettuato dallo Stato che intende riconoscerne un altro in maniera autonoma, senza “interazione” con gli altri Stati, secondo quelle che sono le proprie procedure interne. Anche quando il riconoscimento viene fatto da più Stati contemporaneamente in realtà quello che si ha è un insieme di atti unilaterali, uno per ogni Stato che riconosce la nuova realtà. Esiste però ai sensi dell’articolo 41 par. 2 degli “Articoli sulla responsabilità degli Stati” un obbligo di non riconoscere le situazioni sorte da una violazione grave del diritto internazionale.”
Si può ritenere il riconoscimento un elemento fondamentale in presenza del quale è possibile parlare di soggettività internazionale? In caso contrario, il riconoscimento assume una mera valenza politica?
“No, e questo è un punto importante da chiarire a chi legge. La teoria oggi affermata è quella cosiddetta “dichiarativa”: ciò significa che il riconoscere uno Stato ha valore dichiarativo e non costitutivo dello Stato riconosciuto, questo esiste indipendentemente che gli altri lo riconoscano o meno. Ci si chiederà quindi come fa uno Stato ad “esistere” se il riconoscimento da parte degli altri non serve. A tal proposito bisogna fare riferimento alla Convenzione di Montevideo del 1931 in cui si definisce che lo Stato è tale se ha una popolazione, residente stabilmente in un territorio, sul quale l’entità Statale esercita un governo effettivo. Al fianco di questi elementi (che potremmo definire come “dimensione interna” della sovranità statale) c’è un elemento esterno, vale a dire la capacità dell’entità di relazionarsi autonomamente con gli altri Stati. Essere riconosciuti non rientra quindi tra le caratteristiche che uno Stato deve avere per essere tale. Attenzione, però. Il riconoscimento, che per lo Stato riconosciuto ha valore soprattutto politico, che dà forza nell’affermare la propria posizione nei confronti degli altri Stati, porta con sé importanti vincoli giuridici per lo Stato che riconosce. Infatti questo non potrà in un momento successivo contestare l’esistenza dello Stato riconosciuto o non riconoscerne la personalità giuridica internazionale, con tutto quanto né consegue sul piano giuridico (si pensi ad esempio alle immunità).”
Nel caso specifico del riconoscimento da parte del Cremlino delle repubbliche separatiste filorusse di Donetsk e Lugansk, siamo in presenza di entità che soddisfano pienamente i criteri che – ai sensi del diritto internazionale – caratterizzano l’esistenza di uno Stato e la sua conseguente soggettività internazionale?
“La questione relativa alle repubbliche di Doneck (DNR) e Lugansk (LNR) è dibattuta. Appare evidente che queste entità abbiano un territorio, dove vive una popolazione e che esercitino un governo effettivo. Ed è anche innegabile che le due entità intrattengano relazioni internazionali, pure con la stessa Ucraina, seppur limitatamente al processo di pace, visto che sono parte del Processo di Minsk. Tuttavia è sicuramente quantomeno non chiaro quanto la DNR e la LNR agiscano in autonomia e quanto siano invece enti controllati direttamente da Mosca (per non parlare di un eventuale coinvolgimento della Russia nella creazione stessa delle due entità nel 2014, che rappresenterebbe una violazione del diritto internazionale). Mi verrebbe da dire che quello che è certo è che le due entità godano certamente di una seppur molto limitata soggettività internazionale, visto che con il Processo di Minsk la questione non è più certo ascrivile ad un affare interno dello Stato ucraino. Certo, sarebbe diversa la questione se venisse accertato che si tratta meramente di Stati fantoccio in realtà sotto pieno controllo straniero, caso in cui non vi sarebbe il presupposto dell’autonomia necessario per parlare di soggettività internazionale. La situazione è confrontabile con quella di altre entità separatiste sorte nello spazio post-sovietico quale la Transnistria, il Nagorno-Karabakh/Artsakh, l’Abkhazia o l’Ossezia del sud.”
Il riconoscimento di Donetsk e Lugansk ripropone uno schema già visto nel 2008 in Georgia, con le repubbliche di Abcasia e Ossezia del Sud. Quali sono le analogie dal punto di vista del diritto internazionale fra l’attuale riconoscimento del Donbass e la precedente situazione georgiana?
“Le due situazioni presentano sicuramente alcuni punti di contatto, anche se nel caso dell’Abcasia e dell’Ossezia del Sud le truppe russe erano già in loco con funzione di peacekeeping mentre per quanto riguarda la DNR e la LNR almeno formalmente non vi era presenza di soldati russi. Senza entrare in tutte le similitudini e le differenze del caso (molte di natura politica), quello che è rilevante è che il riconoscimento russo della DNR e della LNR dà al Governo russo è un tassello nella costruzione di un impianto argomentativo che lo vedrebbe non in violazione del diritto internazionale. Quello che verrà infatti sostenuto dalla Russia nelle sedi rilevanti sarà che la presenza di militari russi a Doneck o a Lugansk non sia una violazione del diritto internazionale in quanto intervento sul suolo ucraino ma un intervento su richiesta di un governo alleato, la DNR e la LNR. E sulla base di questo la Russia sostiene la legittimità del proprio intervento in Ucraina della notte del 24 febbraio, quasi a basare il proprio intervento sulla molto discussa teoria della difesa preventiva. C’è da aggiungere per fugare ogni dubbio che al momento nessun attore della comunità internazionale (con l’eccezione della Bielorussia) ha ritenuto validi gli argomenti russi, che sono stati condannati non solo dagli Stati “occidentali” ma anche dalle parole del Segretario Generale dell’ONU.”
Il presidente ucraino Volodimir Zelensky ha definito il passo del Cremlino “una violazione della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina” e ha invocato l’art. 51 della Carta ONU. È possibile richiamare tale articolo, e quali conseguenze comporterebbe?
“Certamente. L’articolo 51 dà all’Ucraina la possibilità di utilizzare legittimamente la forza in difesa ad un’aggressione da parte di un altro Stato, eventualmente chiamando Stati alleati ad intervenire al proprio fianco. A maggior ragione che appare irrealistico che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU (CdS ONU) riesca ad intervenire sulla situazione, essendo coinvolta la Russia e che quindi difficilmente si avrà quell’intervento del CdS ONU che fa da limite al diritto all’autodifesa. Curiosamente, in virtù dell’impianto argomentativo che la Russia ha costruito e che ho brevemente e in maniera semplificata esposto alla risposta precedente, anche Putin ha invocato l’articolo 51 come base giuridica per l’intervento russo in Ucraina ben oltre i confini della DNR e della LNR. Come già detto però, le motivazioni addotte dalla Russia, ad oggi, non trovano accoglimento da parte di praticamente tutti gli attori della Comunità degli Stati.”
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Foto copertina: Soldato con sfondo di bandiere delle repubbliche separatiste. Scanpix