Un futuro per l’OMC: dall’elezione del nuovo Direttore Generale alla possibile fine della paralisi


Dopo una lunga paralisi causata dai ripetuti veti statunitensi vi sono fondate probabilità di ritenere che l’OMC potrà tornare ad esercitare le sue funzioni nel sistema commerciale internazionale.


 

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, lo scopo ultimo degli Stati è stata la creazione di un sistema commerciale multilaterale e globale. L’Organizzazione Mondiale del Commercio nasce proprio con lo scopo di incrementare il libero scambio attraverso l’abbattimento delle barriere al commercio quali dazi, sussidi e tariffe preferenziali, aumentando il benessere delle popolazioni degli Stati membri[1].
Si crea in questo modo un coordinamento multilaterale delle politiche economiche statali sotto l’egida di un’organizzazione internazionale a vocazione universale, dotata di ampie competenze e di strutture istituzionali stabili e coerenti tali da agevolare la liberalizzazione degli scambi internazionali. Nata in seguito alla conclusione dell’Uruguay Round nel 1995 come naturale espansione del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade), l’OMC ha introdotto delle nuove regole concernenti soprattutto il commercio dei servizi e la proprietà intellettuale che si sono andate ad affiancare a quelle relative allo scambio dei beni. L’Organizzazione è stata fortemente sostenuta dagli Stati Uniti che da sempre godono di una posizione dominante in questo sistema. Ma negli ultimi anni la situazione si è modificata a causa dell’unilateralismo, ossia il protezionismo in termini commerciali adottato da Trump. Con la nuova presidenza Biden sembra che le cose si ribalteranno nuovamente, questa volta però a favore dell’Organizzazione. La forte paralisi che ha colpito l’OMC, al punto da considerarne incerto il futuro, è stata determinata dai continui veti statunitensi circa la nomina del nuovo Direttore Generale, nonché dei giudici dell’Appellate Body. In un mondo multipolare gli Stati Uniti potrebbero non essere abbastanza forti da influenzare in modo decisivo il mondo a seguirli in nuove direzioni, come è stato per l’ultima volta nell’istituzione dell’OMC, ma possono ancora bloccare efficacemente il sistema.

Il Direttore Generale, la cui disciplina è prevista dall’art. VI dell’accordo di Marrakech, si impegna a fornire sostegno tecnico-logistico ai vari Consigli, Comitati e Conferenze Ministeriali, assistenza tecnica ai Paesi in via di sviluppo per favorire la loro integrazione nel sistema commerciale internazionale, ecc[2]. Dalla sua creazione, l’istituzione è stata diretta da sei uomini: tre europei, un neozelandese, un tailandese e un brasiliano. Con le dimissioni ad agosto 2020 di Roberto Azevêdo per motivi personali, la carica è rimasta per molti mesi vacante a causa del veto di Trump sul nome dell’economista nigeriana Ngozi Okonjo-Iweala. Ma nella sua prima dichiarazione pubblica sotto l’amministrazione Biden, l’Ufficio del Rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti ha affermato che Washington è «lieta di esprimere forte sostegno alla candidatura di Ngozi Okonjo-Iweala come prossimo Direttore Generale»[3]. Prima donna africana a ricoprire questo ruolo, ha alle spalle un’esperienza politica importante e un passato segnato da ostacoli, coraggio e determinazione. Ha lavorato 25 anni presso la Banca mondiale ed è stata per due volte Ministro delle Finanze della Nigeria dal 2003 al 2006 e dal 2011 al 2015. È membro dei Consigli di amministrazione di Standard Chartered Bank, Twitter, Global Alliance for Vaccines and Immunization (GAVI) e African Risk Capacity (ARC)[4]. Si è opposta fortemente alla corruzione dilagante in Nigeria, mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi familiari. Sua madre fu infatti rapita nel 2012 da sequestratori che non condividevano le sue riforme, in particolare nel settore petrolifero, e che chiedevano le dimissioni della Ministra e l’allontanamento dal Paese. Nel libro Fighting corruption is dangerous: the story behind the headlines, Okonjo-Iweala scrive: “Raccontare la mia storia è rischioso. Ma non parlarne è anche pericoloso”[5]. In piena pandemia, la sfida maggiore sarà quella di risolvere la spinosa questione dei diritti di proprietà intellettuale che regolano la produzione di vaccini e prodotti sanitari[6]. La sua elezione rappresenta un risvolto positivo fortemente sperato dai sostenitori dell’OMC.
Ma gli Stati Uniti si sono anche scagliati contro il sistema di risoluzione delle controversie dell’Organizzazione, la cui disciplina è prevista nell’Understanding on Rules and Procedures Governing the Settlement of Disputes (DSU) che costituisce l’allegato 2 dell’Accordo istitutivo dell’Organizzazione. È l’esistenza di un tale meccanismo altamente formalizzato che rende l’OMC un caso quasi unico nel panorama delle organizzazioni internazionali. Il sistema si caratterizza per il fatto che l’aspetto conciliativo o negoziale è affiancato dall’approccio giudiziale che interviene qualora il primo fallisca. L’organo preposto ad amministrare l’intero procedimento di risoluzione delle controversie è il Consiglio generale dell’OMC, nella sua funzione di Organo di conciliazione o Dispute Settlement Body (DSB), formato dai rappresentanti dei governi di tutti gli Stati membri.
Quindi, al fallimento dei metodi diplomatici di risoluzione delle controversie, dalle consultazioni (previste all’art. 4) ai buoni uffici, alla conciliazione ed alla mediazione (di cui all’art. 5), fa seguito un primo grado di giudizio che è rappresentato dalla costituzione di un gruppo speciale chiamato Panel, composto da membri qualificati e competente a redigere un rapporto da sottoporre al DSB (artt. 6-16). Nel caso in cui una delle parti decida di fare appello scatta un secondo grado di giudizio, alle cui conseguenze non ci si può sottrarre[7].
È l’Organo di appello permanente o Appellate Body che è chiamato a redigere un rapporto in merito. Costituito da sette giudici (art.17), la decisione di dar corso alla selezione di un posto vacante nell’organo è subordinata al consenso dei membri dell’Organizzazione. Pertanto, a partire dal rifiuto del Presidente Obama di nominare per un secondo mandato il giudice sudcoreano Seung Wha Chang nel 2016, il numero dei funzionari operativi si è inizialmente ridotto a tre, il minimo permesso dai regolamenti per mantenere l’organismo in funzione.
A dicembre 2019 con la fine del mandato di altri due giudici, Trump si è rifiutato di nominarne dei nuovi, bloccando così l’Organizzazione.
Probabilmente la ragione di un tale comportamento risiede nell’insoddisfazione verso un sistema globale di regole che, secondo l’ex Presidente, impedirebbe agli Stati Uniti di gestire gli scontri con i loro antagonisti, in particolare la Cina. L’Organizzazione è stata infatti accusata dall’amministrazione americana di non sanzionare le aggressive misure mercantiliste cinesi, in particolare l’obbligo per gli investitori americani di trasferire le loro tecnologie innovative alle imprese partner cinesi ed i sussidi statali concessi sistematicamente, per esempio via prestiti bancari a condizioni favorevoli, alle loro imprese[8].
La prassi riporta invece una serie di vittorie recenti non solo contro la Cina, ma anche contro il Messico, l’India e soprattutto contro l’Unione europea. Hanno vinto il 90% delle cause che hanno promosso, numero che non consente loro di accusare l’Organo di appello di non essere imparziale nei loro confronti.
Sicuramente lo sblocco della paralisi in questo caso sarà più lungo e complesso, ma il discorso pronunciato da Ngozi lascia ben sperare: “Possiamo ripristinare e ridefinire l’OMC come pilastro chiave della governance economica globale, come forza per un sistema commerciale multilaterale forte, trasparente ed equo e come strumento per una crescita economica inclusiva e uno sviluppo sostenibile”.


Note

[1] “Il futuro incerto del multilateralismo commerciale e il ruolo dell’Organizzazione mondiale del commercio”, Osservatorio di Politica Internazionale, un progetto di cooperazione tra Camera dei Deputati, Senato della Repubblica e Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dicembre 2018

[2] OMC, Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

[3] “Wto, svolta sul Direttore Generale: ok di Biden sulla nigeriana Okonjo-Iweala”, Il Sole 24 ore, Gianluca Di Donfrancesco, 5 febbraio 2021

[4] Ngozi Okonjo-Iweala, Wikipedia

[5] Fighting corruption is dangerous: the story behind the headlines, Ngozi Okonjo-Iweala, MIT Press, 20 aprile 2018

[6] “Ngozi Okonjo-Iweala, chi è la prima donna (africana) a capo del Wto che vuole ‘abbattere ostacoli della proprietà intellettuale su vaccini’”, Il Fatto Quotidiano, Giusy Baioni, 8 febbraio 2021

[7] Il diritto internazionale: diritto per gli Stati e diritti per gli individui (Parte generale), Umberto Leanza, Ida Caracciolo, G. Giappichelli Editore, Torino, aprile 2020

[8] “Guerra dei dazi USA-Cina: un ruolo-chiave per l’Organizzazione mondiale del commercio?”, Pietro Veglio, 23 gennaio 2019


Foto copertina:L’Okonjo-Iweala della Nigeria entra nella storia come capo dell’OMC

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