Da qualche tempo, in Ungheria stiamo assistendo a modifiche costituzionali e legislative che minano l’equilibrio di potere, riducono le libertà individuali e limitano il pluralismo.
Negli anni recenti stiamo assistendo ad una crisi della rule of law all’interno dell’Unione Europea. Nella fattispecie, nei Paesi del Gruppo di Visegrád sono state adottate diverse riforme politiche e giudiziarie che minacciano il pluralismo dei media e della società civile. Nel caso dell’Ungheria, il governo interferisce in diversi modi nel settore mediatico e delle Ong.
Il 20 giugno 2020, in Commissione/Ungheria (Trasparenza associativa), la Corte di Giustizia ha sottolineato l’interferenza del governo ungherese nella società civile attraverso una Legge[1] che richiede standard eccessivi in materia di trasparenza per gli attori non governativi. Nel dicembre 2017, la Commissione europea ha introdotto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 del TFUE. Il suddetto ricorso rientra in una serie di procedure di infrazione per violazione dei valori fondanti dell’UE che riguardano l’Ungheria. È la terza volta in meno di un anno che le leggi ungheresi sono state giudicate contrarie al diritto europeo. L’anno scorso, la Corte di giustizia ha condannato la politica migratoria dell’Ungheria seguita dalla legge anti-ONG, e in ottobre è stata condannata la legge sull’università, scritta con l’obiettivo – raggiunto – di espellere da Budapest l’Università Centrale Europea, fondata dal milionario americano di origine ungherese George Soros, che fu costretto a spostare le sue attività da Budapest a Vienna.
Legal framework
La misura contestata, la legge LXXVI del 2017 sulla trasparenza delle organizzazioni finanziate dall’estero adottata nel giugno 2017, è stata presumibilmente promulgata per garantire una maggiore trasparenza delle ONG che ricevono fondi stranieri o donazioni da organizzazioni o persone al di fuori dell’Ungheria. Secondo tale legge, le ONG sono tenute a registrarsi presso i tribunali nazionali come “organizzazioni che ricevono sostegno dall’estero” se raggiungono una certa soglia di donazioni annuali da persone fisiche o giuridiche residenti in altri Stati membri o in paesi terzi. Durante la registrazione, devono anche indicare il nome dei donatori il cui sostegno ha raggiunto o superato la somma di 500 000 HUF (circa € 1.450), con l’importo esatto del loro sostegno. Queste informazioni sono successivamente divulgate su una piattaforma elettronica pubblica liberamente accessibile. Inoltre, le organizzazioni civili interessate sono obbligate a dichiarare, sulla loro homepage e in tutte le loro pubblicazioni, di essere “un’organizzazione che riceve sostegno dall’estero”. Infine, il mancato rispetto di tali requisiti comporterebbe possibili sanzioni, tra cui multe ma anche lo scioglimento di queste organizzazioni.
La sentenza
Per quanto riguarda il merito, non essendoci una definizione nel TFUE, la Corte ha innanzitutto ricordato il concetto di movimento di capitali, considerando che anche le eredità e le donazioni rientrano in questa nozione[2]. Questo è significativo perché le ONG ricevono normalmente una grande quantità di finanziamenti attraverso eredità e donazioni. La legge sulla trasparenza prende così di mira i principali canali di finanziamento delle ONG. La Corte ha constatato che la legislazione contestata ha trattato i movimenti di capitale in modo indirettamente discriminatorio, distinguendo tra i capitali provenienti dall’Ungheria, da un lato e i movimenti provenienti da altri Stati membri e da paesi terzi, dall’altro[3]. Inoltre, le autorità ungheresi avevano agito in modo esclusivo e mirato, tale da stigmatizzare tali associazioni e fondazioni, creando un clima di sfiducia nei loro confronti, atto a dissuadere persone fisiche o giuridiche di altri Stati membri o di paesi terzi dal fornire loro sostegno finanziario[4].
Facendo riferimento al preambolo della legge sulla trasparenza, la Corte ha constatato che l’Ungheria ritiene che il sostegno finanziario di altri Stati membri possa mettere in pericolo gli interessi politici ed economici dello Stato membro e la capacità delle sue istituzioni di funzionare senza interferenze. Anche se l’obiettivo da perseguire fosse legittimo, non è possibile stabilire la proporzionalità della misura, poiché la legge sembra basarsi non sull’esistenza di una minaccia reale, ma su una presunzione di principio e indiscriminata che il sostegno finanziario inviato da altri Stati membri o da paesi terzi e le ONG che ricevono tale sostegno finanziario siano suscettibili di provocare una tale minaccia.
Pertanto, la legge non potrebbe essere giustificata né da motivi di ordine pubblico e di sicurezza pubblica (Articolo 65, paragrafo 1 (b) del TFUE) né da un motivo imperativo di interesse generale legato all’aumento della trasparenza del finanziamento delle associazioni.
La Corte ha continuato a esaminare la legge rispetto a diversi diritti garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali. Questo è interessante perché la Corte ha affermato l’applicabilità della Carta al caso in questione. Come è ampiamente noto, la Carta è applicabile solo quando gli Stati membri attuano il diritto dell’UE, come stabilito dall’articolo 51 della Carta. Tuttavia, l’Ungheria non ha attuato alcuna misura dell’UE attraverso la sua legge nel presente caso. In base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la Carta è applicabile nei casi in cui gli Stati membri giustificano una misura nazionale che limita le libertà fondamentali del mercato interno invocando obiettivi del diritto dell’Unione. Secondo la Corte, questa giustificazione deve essere considerata come un’attuazione del diritto dell’Unione ai sensi dell’articolo 51(1) della Carta[5]. Pertanto, la legge sulla trasparenza rientrava nel campo di applicazione della Carta.
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Basandosi sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la CGUE ha ritenuto che la legge sulla trasparenza, con i suoi obblighi sistematici, crea un effetto deterrente per i donatori residenti in altri Stati membri e, quindi, ostacola il corretto funzionamento della vita pubblica. Di conseguenza, la legge viola la libertà di associazione di cui all’articolo 12(1) della Carta.
Inoltre, la Corte ha esaminato la legge in relazione al diritto al rispetto della vita privata (articolo 7 della Carta) e il diritto alla protezione dei dati personali (articolo 8(1) Carta).
Per quanto riguarda il primo, la Corte di giustizia ha dichiarato che donare alle ONG al di sopra delle soglie previste dalla legge sulla trasparenza non significa che i donatori siano personaggi pubblici che non possono rivendicare la stessa protezione della loro vita privata delle persone private. Inoltre, anche se alcune di queste organizzazioni e persone possono essere considerate come partecipanti alla vita pubblica in Ungheria, resta il fatto che la concessione di tale sostegno finanziario non comporta l’esercizio di un ruolo politico[6].
Per quanto riguarda il secondo, l’Ungheria non ha potuto dimostrare che il trattamento dei dati dei donatori soddisfa le norme del corretto trattamento conformemente all’Articolo 8(2) della Carta. Pertanto, la legge ha anche violato il diritto alla protezione dei dati personali garantito dalla Carta. La Corte ha concluso che la legge sulla trasparenza non poteva essere giustificata da nessuno degli obiettivi d’interesse generale riconosciuti dall’Unione che l’Ungheria ha fatto valere[7].
Analisi critica
Dal punto di vista dei valori europei, questo caso è un ulteriore passo importante nella difesa dello stato di diritto e della democrazia negli Stati membri. Ciò significa una vittoria della Commissione per dare finalmente forma ai valori sanciti dall’Articolo 2 del TUE. Il pluralismo della società civile è una componente importante di una società democratica. Pertanto, le leggi, come in Ungheria, che limitano sproporzionatamente le ONG violano i valori dell’UE che gli Stati Membri hanno sottoscritto[8].
La Corte svolge un ruolo vitale nella salvaguardia dei principi dello stato di diritto negli Stati membri. Le associazioni della società civile sono importanti organizzazioni bottom-up nei sistemi costituzionali, in quanto svolgono un lavoro essenziale per la democrazia, lo stato di diritto e la protezione delle minoranze. Un paese le cui istituzioni possono operare senza alcuna “interferenza” da parte di gruppi di cittadini non sarebbe una democrazia. La continua crisi della rule of law nell’UE può essere risolta solo aumentando il sostegno allo Stato di diritto negli Stati Membri. Le associazioni della società civile giocano un ruolo cruciale in questo.
La constatazione della Corte è cruciale per preoccupazioni più ampie relative alla condizione dello spazio civico in Ungheria: le misure contestate non sono esempi singoli di cattiva legge, ma piuttosto rappresentative di un più ampio modello che ha visto il governo usare deliberatamente una regolamentazione giuridica mirata a ridurre o eliminare qualsiasi grado di dissenso nello spazio pubblico e politico.
L’Unione europea ha avuto più successo nel promuovere il rispetto dei valori comuni al di fuori dell’Unione, non ultimo attraverso la clausola di condizionalità nei suoi accordi internazionali. Infatti, Manners ha definito l’UE come una ‘potenza normativa’[9]. Tuttavia, come dimostrano i casi di Polonia e Ungheria, essa a volte non riesce a difendere i valori all’interno dei suoi confini. Questo può minare la credibilità delle istituzioni e dell’Unione nel suo complesso. A questo proposito, nel contesto della pandemia del Coronavirus, il Parlamento ha approvato la condizionalità dello Stato di diritto per l’accesso ai fondi UE del Next Generation EU[10].
Note
[1] A külföldről támogatott szervezetek átláthatóságáról szóló 2017. évi LXXVI. törvény (Law No. LXXVI of 2017 on the Transparency of Organisations which receive Support from Abroad).
[2] Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 18 giugno 2020, Commissione europea contro Ungheria, parr. 47-51.
[3] Bárd P., Grogan J., Pech L., Defending the Open Society against its Enemies, Verfassungsblog, June 2020.
[4] European Commission v Hungary, par. 58.
[5] Ivi, par. 101.
[6] Ivi, par. 131.
[7] Ivi, par. 140.
[8] Kirst N., Protecting Civil Society Organisations in the Member States – The Court’s Decision in C-78/18 on the Hungarian NGO Transparency Law, European Law Blog, October 2020.
[9] Manners, I. (2002), Normative Power Europe: A Contradiction in terms, Journal of Common Market Studies, 40/2, pp. 235-258.
[10] European Parliament, Press Releases, December 2020.
Foto copertina:Prime Minister of Hungary Viktor Orban leaves and talks to the media, a doorstep press briefing at the atrium of Justus Lipsius building following a meeting during the second day of a special European Council EUCO, EURO summit, EU leaders in Brussels, Belgium about the future panning of the next long term budget of the European Union EU. February 21, 2020 (Photo by Nicolas Economou/NurPhoto)