Nel pieno del 2025, mentre l’Ucraina resiste all’invasione russa, nuove tensioni si accendono nella regione della Transcarpazia. Budapest, formalmente alleata nell’UE, agisce sempre più da attore ambiguo, tra richieste di autonomia e accuse di spionaggio.
a cura di Lorenzo Paolo Riviezzo, direttore di Άτλας_Geopol, e Francesco Iovine
Il teatro di questo confronto: la Transcarpazia, Zakarpats’ka oblast’ o in ungherese Kárpátalja.
Già, perché la Transcarpazia – quel lembo d’Ucraina occidentale abitato da una nutrita minoranza ungherese – sembra essere diventata il nuovo palcoscenico di una tragicommedia in salsa centroeuropea, dove si mescolano vecchie nostalgie imperiali – come le rivendicazioni storiche sulla Transcarpazia da parte di alcuni ambienti nazionalisti ungheresi – e doppi giochi da Guerra Fredda, evidenti nei rapporti ambigui tra Budapest e Mosca, mentre sul piano diplomatico si assiste a un’interazione fatta di patti formali e colpi bassi, come dimostrano le recenti accuse di spionaggio reciproco tra Ucraina e Ungheria. L’intelligence ucraina ha appena smascherato una rete di spie al servizio del governo di Viktor Orbán[1] – da sempre critico nei confronti delle politiche europee e vicino alle posizioni del Cremlino su vari temi strategici. Altro che solidarietà europea. Budapest, mentre si presenta a martire dell’Occidente illiberale. A Kiev parlano chiaro: è spionaggio. A Budapest, invece, si fingono offesi e strillano alla discriminazione dei “connazionali”.
La Transcarpazia alla vigilia dell’invasione russa dell’Ucraina
La guerra russo-ucraina ha riacceso tensioni latenti: quelle tra Kiev e la minoranza ungherese che da secoli abita la regione della Transcarpazia. Mentre il primo ministro ungherese Viktor Orbán blocca aiuti europei a Kiev e lascia l’aula al voto sull’adesione ucraina all’UE, gli ungheresi di Ucraina si trovano nel mirino di sospetti, restrizioni e campagne di propaganda[2].
A Mukachevo, in Transcarpazia, già nel 2024 si percepivano queste tensioni[3]. Il clima è teso, e lo diventa ancor di più quando il sindaco della città rimuove le bandiere ungheresi e sostituisce il simbolo nazionale del Turul con il tridente ucraino. Gestualità cariche di significato in una regione storicamente contesa[4].
Negli ultimi dieci anni, il governo di Viktor Orbán ha intensificato la sua presenza nei territori abitati da minoranze ungheresi oltreconfine, compresa la Transcarpazia. Questa regione dell’Ucraina occidentale, dove risiedono circa 150.000 ungheresi, riveste un forte valore simbolico per il nazionalismo magiaro, che la considera parte del patrimonio storico smarrito dopo il Trattato del Trianon. Il richiamo identitario è profondo: la città di Užhorod – Ungvár in ungherese – porta nel nome stesso il fiume Ung, da cui deriverebbe l’etimologia del termine “Ungheria”.
Orbán ha spesso fatto leva su questi riferimenti storici nei suoi discorsi, evocando una “grande Ungheria” in chiave simbolica, senza mai spingersi verso rivendicazioni territoriali esplicite. La sua politica nei confronti della diaspora ungherese (határon túli magyarok) mira però a rafforzare i legami etnici e culturali con queste comunità attraverso una rete di incentivi: distribuzione di passaporti, finanziamenti scolastici, sostegno economico e culturale. Un’azione che, pur mascherata da solidarietà, ha evidenti implicazioni geopolitiche. Oggi, Kiev sospetta che questa solidarietà etnica mascheri un’agenda geopolitica più oscura. Le accuse a Orbán di essere il “cavallo di Troia” di Putin in Europa si intrecciano con le paure di un possibile revanscismo territoriale. Ma la realtà sul campo è più sfumata. Come ogni cosa in questo mondo.
“Questa guerra è anche la nostra”, dice il pastore Karol Laszlo, un ungherese ucraino amico del sindaco di Bucha[5].
Eppure, il sospetto cresce. Numerosi media ucraini vicini alle posizioni oltranziste degli Azov diffondono commenti carichi di odio “cani ungheresi” li chiamano[6], mentre la nuova legislazione linguistica impone limiti all’uso dell’ungherese nelle scuole. L’insegnante Pál Popovics lo definisce un boomerang: “Così si dà ragione alla propaganda russa che accusa l’Ucraina di nazismo”[7].
La Hungarian Human Rights Foundation (HHRF), la cui imparzialità è stata oggetto di dibattito tra esperti e osservatori indipendenti, documenta una situazione inquietante in Transcarpazia: scuole chiuse, leggi retroattive, “riforme linguistiche” che farebbero impallidire perfino un burocrate sovietico[8].
Intanto Budapest ha presentato a Bruxelles un bel pacchettino con 11 richieste per proteggere i suoi connazionali in Ucraina. Sicuramente preoccupati da degenerazioni più violente.
Nel frattempo, l’estrema destra ungherese punta la Transcarpazia, dichiarazioni pubbliche e programmi politici di partiti minori, come Mi Hazánk Mozgalom, che auspicano il recupero simbolico o l’autonomia dell’area: “Se l’Ucraina crolla, la prendiamo noi”[9].
Laszlo Toroczkai, leader del partito di estrema destra ungherese “Mi Hazánk Mozgalom”, fece il botto, nel gennaio 2024[10] in una conferenza con gli amici di AfD tedesca e Forum per la Democrazia olandese: se l’Ucraina dovesse perdere la sua statualità a causa dell’invasione russa, loro – che sono gli unici a dirlo senza giri di parole – rivendicano la Transcarpazia.
Toroczkai, tutto orgoglio, ha dichiarato: “La nostra ricetta per la guerra è semplice: cessate il fuoco immediato, pace e trattative.” Sembra un buon inizio, peccato che a seguire abbia messo sul piatto la richiesta di autonomia per gli ungheresi in Ucraina e la minaccia più chiara di tutte: se Kyiv cade, Transcarpazia è un regalo per loro.
La minoranza ungherese in Ucraina si è così trovata impigliata in un intricato groviglio di nazionalismi e ambizioni – un triangolo infuocato che coinvolge Budapest, Mosca e Kiev – da cui sarà difficile liberarsi.
Questa regione multietnica, che ha cambiato bandiera almeno cinque volte nel secolo scorso – da Budapest a Praga, da Bucarest a Mosca, fino a Kiev – senza muoversi di un passo. Una terra intrisa di storie epiche e memorie nazionali, trasformata in uno strumento per le fantasie imperiali di gruppi come Jobbik, che invocano l’autonomia ungherese in Transcarpazia come primo passo verso chissà quali mire[11].
Eppure la maggioranza della minoranza ungherese non ha mai sostenuto ufficialmente richieste separatiste, ma solo maggiori diritti culturali e linguistici.. Il loro principale rappresentante, László Brenzovics, capo dell’Associazione Culturale Ungherese, ha più volte condannato l’aggressione russa e sostenuto l’integrità territoriale di Kiev – anche se non ha mai fatto mancare elogi all’aiuto umanitario di Budapest, il cui premier Orbán dopo le ultime elezioni ha salutato la vittoria ringraziando… sé stesso e rassicurando gli ungheresi di Transcarpazia sul suo “impegno”[12].
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Quali intenzioni?
Chiarire quanto sta avvenendo in Europa centro-orientale è un lavoro duro, soprattutto richiedente uno sforzo in termini analitici. Le notizie che giungono dall’Ucraina e dall’Ungheria riguardo la reciproca espulsione di funzionari diplomatici lasciano porre numerose domande riguardo gli equilibri infra-europei. Da un lato, l’Ucraina ha accusato l’Ungheria di aver elaborato una complessa operazione di spionaggio nel proprio territorio sud-occidentale[13]. Dall’altro, il governo ungherese ha proceduto con la conseguente espulsione di due funzionari dell’ambasciata ucraina a Budapest, accusati di essere agenti sotto copertura[14]. I fatti qui citati dimostrano una netta flessione delle relazioni tra i due Stati, i quali hanno attraversato, sino ad ora, un percorso tutto fuorché lineare.
Difatti, nonostante la partecipazione alle principali organizzazioni regionali del continente, ossia la NATO e l’Unione Europea, l’Ungheria del Primo Ministro Viktor Orban ha adoperato un atteggiamento in politica estera definibile come “avventuroso”, in quanto spesso discostatosi rispetto alle posizioni generali del resto degli Stati europei. Tali discrepanze si sono presentate in maniera veemente da tre anni a questa parte, in merito al supporto a Kyiv durante la guerra attraverso l’invio di armi, di finanziamenti e di sostegno politico.
Nel consesso dei 27, l’Ungheria ha mostrato numerose reticenze, spesso bloccando l’adozione di atti la cui approvazione richiedere il consensus[15]. L’agenda politica di Orban, inoltre, presenta numerosi tratti in contrasto con l’integrazione europea. Il concetto di Europa promosso da Orban risulta essere compatibile con un indefinito progetto di “Europa delle Patrie” rivendicato anche da esponenti del governo italiano.
Una tale considerazione dell’Europa aiuta a comprendere come l’operazione scoperta dallo SBU ucraino, che ha portato all’espulsione di due agenti ungheresi, costituisca un buon esempio di tentativo di delegittimazione di un “fronte”, provocando dissenso, dissapori e frizioni all’interno del blocco europeo stesso. L’intenso impegno dei Paesi dell’Unione Europea – alcuni più di altri a dire il vero – nei confronti dell’Ucraina ha costituito e sta costituendo un motore importante nel plasmare l’Unione stessa. La presenza di un attore come l’Ungheria, con le caratteristiche che abbiamo visto, contribuirebbe alla destabilizzazione delle posizioni assunte sino a questo momento, anche attraverso “azioni di disturbo”. Nel contesto del conflitto in Ucraina, un’operazione simile risponderebbe ad un disegno duplice, le cui componenti risultano complementari. In primo luogo, la volontà ungherese di presentarsi come un attore che voglia perseguire una politica di destabilizzazione dell’integrazione europea così com’è intesa a Bruxelles. In secondo luogo, l’importanza della componente sovranista e nazionalista per il governo di Budapest. Come si è notato, la presenza di una consistente minoranza ungherese nel territorio della Transcarpazia – che fino al 1918 costituiva parte del Regno d’Ungheria, nell’Impero Austro-Ungarico – si presenta come una possibile leva politica nei confronti dell’Ucraina, seppur rischiosa. Un simile atteggiamento ricorda quello che la Russia ha svolto e svolge in numerosi teatri, dalla Transnistria al Donbass, passando per la Georgia e le tensioni con l’Estonia, nell’ottica del concetto di Russkiĭ Mir adoperato dal Cremlino. Il “mondo russo” – la cui definizione è tutt’ora dibattuta, anche internamente alla Russia[16] – costituisce una direttrice della politica estera del Cremlino in maniera multilineare, comprendendo fattori di promozione culturale e, soprattutto, di “difesa” delle popolazioni russe. Resta la domanda riguardo cosa s’intenda per “popolazione russa”.
Proprio la vicinanza con la Russia costituisce un’ennesima criticità rappresentata dall’Ungheria, la quale, assieme al governo slovacco di Robert Fico, costituisce un bastione di appoggio alla Russia in Europa, nel contesto delle relazioni pessime che persistono dal 2022. La dipendenza dalle fonti energetiche russe[17] costituisce un importante liason con Mosca, così come la vicinanza ideologica su determinate questioni politiche, come il concetto di famiglia tradizionale o l’indipendenza dei media. La posizione ungherese risulta, al momento, problematica e fonte d’imbarazzo per l’Unione Europea e l’Ucraina per un motivo banale, ossia il caso specifico della guerra, in cui, rispetto ad altri teatri, si denota precisamente un aggressore e un aggredito. In considerazione di un momento d’incertezza derivante da tali episodi, possiamo desumere alcune questioni. Il conflitto dal 2022 ha contribuito ad inasprire le posizioni dell’Ungheria di Orban, comportando una posizione maggiormente filorussa, in contrasto alla posizione maggioritaria in seno all’Unione. Inoltre, il già accennato distanziamento dell’Ungheria rispetto alle posizioni generali dell’UE, all’interno del peggioramento più ampio delle relazioni con la Russia, potrebbe aver comportato un maggiore “avventurismo” di Budapest stessa, la quale potrebbe beneficiare di una situazione incerta quale quella che si sta delineando in Ucraina.
Note
[1]https://www.reuters.com/world/europe/ukraine-says-it-uncovered-hungarian-spy-network-2025-05-09/. [2]https://www.lemonde.fr/en/international/article/2024/02/09/ukraine-s-hungarian-minority-caught-between-defending-its-identity-and-fear-of-orban-s-policies_6509915_4.html
[3]https://www.mo.be/en/report/hungarian-ukraine-seen-as-enemy
[4] Ibidem.
[5] ibidem.
[6] ibidem.
[7]https://www.lemonde.fr/en/international/article/2024/02/09/ukraine-s-hungarian-minority-caught-between-defending-its-identity-and-fear-of-orban-s-policies_6509915_4.html
[8]https://hhrf.org/on-our-radar/hungarians-in-ukraine/ [9]https://www.reuters.com/world/europe/hungary-far-right-would-lay-claim-neighbouring-region-if-ukraine-loses-war-2024-01-28/
[10] ibidem
[11]https://www.ecmi.de/infochannel/detail/ecmi-minorities-blog-disinformation-digita-nationalism-and-the-hungarian-minority-in-ukraine
[12] ibidem.
[13] https://www.reuters.com/world/europe/ukraine-says-it-uncovered-hungarian-spy-network-2025-05-09/
[14] https://formiche.net/2025/05/ucraina-ungheria-spie/#btmcnt
[15] https://www.politico.eu/article/viktor-orban-volodymyr-zelenskyy-victory-plan-frightening-war-russia/
[16] Bettanin, F. (2018). Putin e il mondo che verrà. Storia e politica della Russia nel nuovo contesto internazionale. Viella
[17]https://csd.eu/fileadmin/user_upload/publications_library/files/2025_05/The_Last_Mile_EN_WEB.pdf
Foto copertina: Transcarpazia: tra identità ungherese, sospetti di spionaggio e guerra in Ucraina