Le più importanti notizie dal mondo riprese dai maggiori quotidiani, per essere sempre aggiornati. Notizie dal 25 maggio al 2 giugno 2018.
Africa
Libia: La road map sulla Libia discussa a Parigi non è stata firmata dai vari partecipanti al vertice ma solo approvata informalmente: lo ha confermato Emmanuel Macron, rispondendo alla domanda di un cronista al termine dei lavori. Prima il presidente francese aveva elogiato l’Italia per il suo “impegno esemplare” sulla Libia. Congratulandosi per il “lavoro” svolto insieme al governo di Roma, il leader francese ha anche ricordato “l’importante crisi migratoria” che sconta il nostro Paese.
Egitto: Abdel Fattah el Sisi ha prestato giuramento per il suo secondo mandato presidenziale impegnandosi a lottare contro “coloro che scelgono la violenza, il terrorismo e l’estremismo”, riferisce la Bbc online. Nel suo discorso, Sisi ha detto che vuole creare uno “spazio comune” per gli egiziani dal quale saranno esclusi solo coloro che “hanno scelto la violenza, il terrorismo e il pensiero estremista come modo per imporre la loro volontà”.
Il presidente ha dovuto affrontare una serie di attacchi jihadisti che hanno ucciso centinaia di militari e civili, molti dei quali nella penisola del Sinai settentrionale. Nella sede del Parlamento dove ha prestato giuramento, il presidente ha anche parlato delle “sfide economiche, sociali e politiche” che il Paese dovrà affrontare.
Burundi: La Corte costituzionale ha convalidato i risultati del controverso referendum del 17 maggio, respingendo un’appello di nullità presentata dalla coalizione di opposizione Amizero y’Abarundi. Il potere di Pierre Nkurunziza, che ora avrà l’opportunità di correre per due mandati dal 2020, rafforza la presa sull’esecutivo dopo questo controverso voto. I membri di Amizero y’Abarundi, formazione principale di L’opposizione presenta all’Assemblea, solo i sostenitori del “no” autorizzato alla campagna avevano alla fine del voto denunciate irregolarità, casi di inceppamenti e intimidazioni, affermando che non avrebbero riconosciuto i risultati.
Americhe
Bolivia: Il sito web Adelante La Fe, di ispirazione cattolica, avrebbe riportato una notizia che vede il neo-cardinale boliviano di Corocoro, Toribio Ticona Porco, coinvolto in uno scandalo, secondo il quale avrebbe avuto in passato moglie e figli, una relazione con una signora. Intimo amico di Evo Morales, sarebbe proprio questa sua amicizia ad aver aumentato ancora di più le voci a suo sfavore.
Brasile: Il Presidente della Petrobras, l’azienda petrolifera statale brasiliana, Pedro Parente, rassegna ufficialmente le sue dimissioni al presidente Temer. Il tutto a seguito anche della terribile settimana che il Brasile ha trascorso a causa dello sciopero dei camionisti che ha letteralmente paralizzato il paese, dovuto comunque alle richeste di riduzione del prezzo del carburante. “La mia presenza in questo quadro ha smesso di avere un qualche valore positivo”, ha dichiarato Parente.
Colombia: Si deciderà tutto il 17 giugno. Ad Ivan Duque, esponente della destra del Centro Democratico, va il primo turno delle Presidenziali in Colombia, ma dovrà sfidare al ballottaggio Gustavo Petro, ex sindaco di Bogotà ed esponente della sinistra. Questi i risultati delle prime elezioni in Colombia svoltesi senza alcuno spargimento di sangue dopo gli accordi di pace con le Farc. A conferma di ciò, la grande affluenza alle urne, soprattutto dei giovani.
Stati Uniti: Il Presidente Donald Trump ha ufficializzato i dazi sull’acciaio e l’alluminio a partire dal primo giugno contro l’Unione Europea, la quale ha annunciato contromisure, contro queste mosse “pericolose ed ingiustificate”.
Stati Uniti: Change of programme. Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha confermato l’incontro il suo omologo Kim Jong Un 12 giugno a Singapore. Negli scorsi giorni c’era stato un dietrofront da parte dell’Amministrazione Trump, a seguito di dichiarazioni del presidente Kim Jong Un “apertamente ostili”. “Inizieremo un percorso, e credo che sarà un successo”. Queste le prime dichiarazioni di Trump sull’incontro, dopo aver incontrato alla Casa Bianca Kim Yong Chol, vicepresidente del Partito dei Lavoratori della Corea del Nord. Trump ha peraltro confermato le sanzioni economiche a carico di Pyongyang, ma ha anche ribadito che eviterà pressioni ulteriori nei confronti del paese. Niente più “maximum pressure”, ma adesso solo dialogo. Dialogo che è finalizzato, secondo Trump, ad un accordo di pace fra i due paesi, ma non si è assolutamente parlato di temi come le basi nucleari, il disarmo e la demilitarizzazione della penisola
Nicaragua: Continuano le proteste contro il regime di Ortega. Ed Ortega continua a reprimerle con violenza, a Managua, dove le truppe sandiniste hanno aperto il fuoco contro le centinaia di persone scese a protestare, provocando tre morti e decine di feriti, ma La Prensa, il principale quotidiano di opposizione, scrive di otto morti.
Asia
CoreaNord/Sud: Le due Coree hanno concordato di tenere il 14 giugno un vertice militare a livello di generali a Panmunjom, parte degli sforzi per allentare ulteriormente le tensioni bilaterali.
Tra i risultati del dialogo “ministeriale” tenuto oggi sempre al villaggio di confine, le parti hanno poi concordato di tenere il 22 giugno un incontro a livello di Croce Rossa al resort del monte Kumgang per trattare il dossier delle riunioni tra le famiglie separate dalla Guerra di Corea del 1950-53.
Cina: La Cina vuole la “militarizzazione” del mar Cinese meridionale esponendosi a “conseguenze di più vasta scala”: il segretario alla Difesa americano Jim Mattis ha affermato che un unico Paese non deve controllare la regione Indo-Pacifica, in un apparente riferimento proprio a Pechino.
Il capo del Pentagono si è detto pronto a promuovere “la strategia su libera e aperta area Indo-Pacifica”, sostenuta dal presidente Donald Trump e basata sul concetto di assicurare la stabilità dall’Asia orientale all’Africa grazie alla cooperazione tra i Paesi che condividono valori come la libertà di navigazione e lo stato di diritto. Uno schema, in altri termini, finalizzato a contenere la Cina. Le politiche di Pechino nel mar Cinese meridionale, ha aggiunto Mattis, “sono in estremo contrasto con l’apertura della nostra strategia”, mentre la militarizzazione nelle acque contese “è legata direttamente all’uso della forza militare per i propositi di intimidazione e coercizione”.
Afghanistan: L’attacco di un commando armato al nuovo edificio del ministero dell’Interno a Kabul è terminato dopo quasi due ore di scontri con un bilancio di undici morti, di cui dieci assalitori e un agente di polizia. Lo ha reso noto il portavoce ministeriale, Najib Danish. Al riguardo Danish ha assicurato che la situazione è sotto controllo e che è in corso un rastrellamento per verificare che non vi siano più militanti armati. Lo stesso portavoce ha confermato che il commando vestiva uniformi militari.
Malesia: Stop ufficiale alle ricerche dell’aereo della Malaysia Airlines scomparso l’8 marzo 2014 con 239 persone a bordo: la società privata statunitense Ocean Infinity, ingaggiata dal governo della Malaysia all’inizio dell’anno, ha interrotto formalmente la perlustrazione dell’Oceano Indiano dopo due proroghe alla sua missione originaria di 90 giorni. La Ocean Infinity, riporta la Bbc online, non ha trovato nulla e il governo di Kuala Lumpur non ha alcun piano di finanziare una nuova ricerca. Nel complesso, è stata esplorata una superficie di 120.000 chilometri quadrati del fondo dell’Oceano Indiano, considerato che prima del tentativo della Ocean Infinity erano impegnate nelle ricerche l’Australia, la Malaysia e la Cina fino al gennaio dell’anno scorso.
Europa
Danimarca: Il governo conservatore danese ha approvato una nuova misura nei confronti dei migranti. Nei quartieri ghetto del regno verranno introdotti dei corsi, obbligatori in ogni asilo e scuola per bambini, sui valori della democrazia, sulla Costituzione, e sull’importanza della festa del Natale, a prescindere dal credo della famiglia.
La decisione, presa dal governo conservatore Rasmussen, è stata presa in accordo con i social-democratici e con gli altri partiti d’opposizione. I corsi avranno la durata di 25 ore settimanali, e tale misura sarebbe finalizzata alla creazione di un unico tessuto sociale con valori comuni. Per i musulmani non è prevista la necessità della presenza obbligatoria ad ogni diversa ora di lezione; tuttavia, resta l’obbligo di partecipare alle lezioni della scuola elementare dedicate all’integrazione. I temi saranno sia l’apprendimento della lingua e delle tradizioni danesi; addirittura, in caso di rifiuto, c’è la possibilità della perdita dell’assegno familiare. Da diversi mesi il governo danese sta prendendo iniziative nei confronti dei quartieri ghetto, quelli così definiti a maggioranza non autoctona, ad esempio la confisca di ori preziosi, beni e valori ai migranti come pegno di garanzia in cambio dell’accoglienza.
Austria: Ennesima misura conservatrice contro i migranti del governo Kurz. Mindetsicherung, finalizzata a ridisegnare gli assegni dando più soldi agli austriaci e tagliando risorse ai profughi, soprattutto a quelli che non parlano tedesco, ed inoltre, per i richiedenti il sussidio provenienti da alti paesi Ue, tempi di attesa di cinque anni. Queste misure, secondo il primo ministro Kurz sono finalizzate ad arginare l’immigrazione sociale, stabilendo una priorità per chi parla la lingua tedesca. “Osterreich zuerst”, prima l’Austria insomma. 863 euro solo per chi possiede il primo livello di tedesco (B1), con ampio spazio di manovra per i governi dei Lander di ridurre le somme.
Montenegro: Il partito del presidente Milo Djukanovic, il Partito democratico dei socialisti, trionfa alle elezioni amministrative svoltesi in dieci comuni del paese, compresa Podgorica, con percentuali superiori al 50%. Non sono mancate le proteste da parte dei partiti dell’opposizione, che hanno accusato il Pds di elezioni viziate da brogli, pressioni, ricatti e compravendite di voti e invitato la popolazione a scendere in campo contro Djukanovic e il suo partito.
Portogallo: La penisola Lusitana dice di no alla dolce morte. 110 voti a favore e 115 contro le proposte di depenalizzazione della legge sull’eutanasia. Le proposte erano state avanzate dai partiti di centro sinistra che appoggiano il premier Antonio Costa.
Spagna: Mozione di sfiducia approvata. Rajoy, premier spagnolo, leader del Partito Popolare spagnolo, viene sfiduciato dal parlamento, dopo lo scandalo destato dalla sentenza Gunter e delle numerose condanne ai membri del partito. Sarà Pedro Sanchez, leader dei Socialisti, il settimo presidente della Spagna. La mozione di sfiducia è stata approvata con 180 voti a favore e 169 contrari, e a favore di Sanchez si sono espressi i deputati di Podemos, i nazionalisti moderati baschi del Pnv, i radicali, i catalani Erc e PdDeCat e i Compromis di Valencia.
Ungheria: Stop Soros. Questo il nome del disegno di legge presentato dal governo ungherese in Parlamento, che prevede sia una modifica della costituzione finalizzata a vietare l’aiuto ai migranti irregolari e accogliere migranti ricollocati. Questo progetto tra l’altro minaccia anche di interdire le organizzazioni civili che agiscono in tal senso.
Francia: Alla fine della Conferenza tenutasi all’Eliseo tra Macron, il premier libico Fayez al Sarraj, il maresciallo Khalifa Haftar, il presidente della camera dei rappresentanti Aguila Salah e del Consiglio di Stato Khaled al-Meshri, è stata decisa la data delle (presunte) elezioni in Libia: il 10 dicembre. L’obiettivo di questo incontro, come si legge dal testo dell’accordo, è l’impegno a “lavorare in modo costruttivo con l’Onu per organizzare elezioni credibili e pacifiche e a rispettare i risultati delle elezioni”.
Ucraina: Una messinscena architettata per proteggerlo e per sventarne l’assassino: così la giustificazione, dei servizi segreti ucraini, dell’annuncio della morte (finta) del giornalista Arkady Babchenko, prima appunto dichiarato morto e poi apparso in conferenza stampa. Babchenko, combattente nelle guerre cecene degli anni Novanta e Duemila, che ha raccontato nel suo “La guerra di un soldato in Cecenia”, è stato corrispondente anche di Novaja Gazeta, e particolarmente critico nei confronti delle politiche del Cremlino, in particolare dopo l’annessione della Crimea.
Turchia: Il governo turco ha annunciato la demolizione del Centro Culturale Ataturk, simbolo della laicità turca, e al suo posto verrà costruito un altro edificio. La data scelta per la demolizione, il 30 maggio, è la stessa di quella dell’inizio della rivolta per difendere gli alberi del Gezi Park a fianco della penisola. Ennesima mossa anti-proteste da parte del regime di Erdogan: il Centro Culturale era il luogo davanti al quale sono iniziate le proteste del Gezi Park.
Medio Oriente
Siria: Il presidente siriano Bashar al Assad smentisce che ci siano truppe iraniane in Siria. In un’intervista alla tv russa Russia Today ripresa dall’agenzia governativa siriana Sana, Assad ha detto: “Non abbiamo truppe iraniane. Non le abbiamo mai avute e non possiamo nasconderle. Non avremmo problemi ad ammettere la loro presenza”.Da almeno cinque anni sono ricorrenti notizie, anche confermate da media iraniani, dell’uccisione nei vari fronti della guerra siriana di ufficiali, anche di alto grado, della Repubblica islamica presenti in Siria. Assad ammette che ci sono ufficiali iraniani “che lavorano con l’esercito siriano e che offrono un aiuto”.
E a proposito dei recenti attacchi aerei attribuiti a Israele contro presunte basi iraniane in Siria, il raìs di Damasco afferma “E’ una bugia israeliana. Anche nel recente attacco, alcune settimane fa, hanno detto di aver attaccato basi e campi iraniani… ci sono state decine di martiri siriani e soldati feriti, ma nessun iraniano”. Per quel che riguarda le milizie curdo-siriane nell’est della Siria e sostenute dagli Stati Uniti, Assad ha nostrato di non escludere la possibilità di una guerra. Sul tavolo, ha detto, ci sono due opzioni per l’est siriano: una negoziale e una militare. Secondo Assad, per ora sono in corso negoziati con le forze curdo-siriane. In caso di fallimento delle trattative, “libereremo la zona con la forza”. E circa la presenza militare degli Stati Uniti, Assad ha aggiunto: “Faremo questo con o senza gli americani… che comunque devono andarsene. E se ne andranno”.
Gaza: Hamas da Gaza ha fatto sapere che in seguito a mediazioni le fazioni armate della Striscia sono disponibili ad un cessate il fuoco con Israele. Khalil al-Haya, un membro dell’ufficio politico di Hamas, ha detto che grazie a mediatori egiziani si può mettere fine all’attuale fase di confronto con lo Stato ebraico, in base alle intese di cessate il fuoco del 2014. Il ministro israeliano Naftali Bennett ha confermato che l’Egitto si adopera per calmare la situazione anche se finora non c’è un accordo formale.
Iraq: Tre agenti di polizia sono stati uccisi in Iraq in un attacco di miliziani dell’Isis nella provincia di Salahuddin, circa 180 chilometri a nord di Baghdad.
Una fonte della sicurezza ha detto che l’incursione è avvenuta la scorsa notte contro una caserma della polizia federale nella regione di Jallam, ad est di Tikrit, capoluogo della provincia. “L’attacco ha portato a scontri tra gli agenti e jihadisti, durante i quali la polizia federale ha perso tre dei suoi uomini. I miliziani di Daesh sono stati alla fine respinti dopo aver subito pesanti perdite, lasciando sul terreno armi e munizioni”.
Israele/Iran: La Nato non difenderà Israele nel caso venisse attaccato dall’Iran. Intervistato dal settimanale tedesco Der Spiegel, il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, ha detto che Israele è un partner, ma non un membro della Nato e che le “garanzie di sicurezza” dell’Alleanza non si applicano ad Israele. Stlontenberg ha quindi ricordato che la Nato non è coinvolta nel processo di pace in Medio Oriente.
Giordania: Migliaia di giordani hanno protestato durante la notte tra venerdì e sabato contro una legge proposta dal governo che prevede un inasprimento fiscale per far fronte alla crescita del debito pubblico. Tafferugli sono scoppiati con la polizia davanti all’ufficio del premier Hani al Mulki ad Amman.
I manifestanti hanno marciato a migliaia nel nord, centro e sud del Paese chiedendo le dimissioni del governo e lo scioglimento del Parlamento. Alcuni dimostranti, raccontano testimoni all’ANSA, hanno bruciato auto e alcuni uffici governativi ad Amman e Irbid. Nel frattempo, almeno 80 deputati hanno firmato una lettera in cui affermano che respingeranno la proposta di legge che il governo ha presentato in Parlamento la scorsa settimana. Ma il premier al Mulki ha già detto che non ritirerà il progetto anche se poi ha precisato che il governo continuerà i colloqui con i sindacati che rappresentano i lavoratori dello stato e del settore privato e lascerà ai deputati decidere cosa fare con la proposta.
Fonti: Ansa; New York Times; Huffpost; Washingtonpost; Repubblica; Semana; Le Monde; El Pais
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