Continuità politica in Chad: i risultati definitivi delle presidenziali assegnano la vittoria a Mahamat Idriss Déby


Nel grande anno elettorale 2024, il 6 maggio più di 8 milioni di cittadini ciadiani sono stati chiamati alle urne per scegliere il futuro presidente della Repubblica. Due erano i favoriti: Mahamat Idriss Déby Itno, presidente della transizione, e Succès Masra, che da oppositore in esilio a gennaio è stato nominato primo ministro. I risultati definitivi aggiudicano la vittoria in mano a Déby con il 61% dei voti a favore.


È un processo elettorale travagliato quello che sta portando alla conclusione della transizione cominciata tre anni fa in seguito alla morte dello storico presidente Idriss Deby Itno.  La sua morte in battaglia[1], nell’aprile 2021, ha fatto salire precipitosamente al potere il figlio Mahamat Idriss Déby Itno, attraverso modalità esterne alla Costituzione, la quale prevedeva che in caso di impedimento permanente del Presidente della Repubblica, il presidente dell’Assemblea nazionale avrebbe dovuto esercitare i suoi poteri fino a nuove elezioni, da indire entro 90 giorni. Il timore da parte della classe dirigente dell’esercito che il vuoto di potere potesse gettare il Paese nel caos, ha dato in mano al figlio dell’ex presidente la guida del Conseil Militaire de Transition (CMT). O la decisione è stata presa per mantenere uno status quo consolidato da più di trent’anni?

La storia politica del Chad non si differenzia rispetto a quella dei suoi vicini saheliani. Costanti che si possono rintracciare sono colpi di stato, instaurazione di regimi repressivi (il più famoso è sicuramente quello di Hissène Habré) e di governi di transizione, frequenti modifiche costituzionali, innumerevoli tentativi di dialogo e riconciliazione nazionale con risultati più o meno soddisfacenti, supportati da Stati Uniti e Francia, storici partner di N’Djamena dalla sua indipendenza. Legami con questi due Paesi rafforzati soprattutto in seguito al lancio della War on Terror che ha visto il Chad come importante attore nella lotta al terrorismo, base strategica per i Paesi occidentali e soprattutto come contrappeso nei confronti della politica estera di Gheddafi.

Hissène Habré e Idriss Déby: annientamento dello scenario politico, tentativi di riconciliazione nazionale e modifica della carta costituzionale.

La distribuzione del potere in Ciad si è sempre centrata su un modello di autoritarismo neo patrimoniale, in cui ha figurato una personalizzazione arbitraria del potere sostenuto da una cerchia militare ristretta e chiusa, e distorsioni del pluralismo politico. Il Paese non ha mai conosciuto un trasferimento di potere pacifico attraverso le elezioni e queste ultime – quando erano confermate – sono state spesso posticipate o annullate, negando alle opposizioni l’opportunità di competere con la maggioranza dominante. Il predecessore degli uomini Déby, Hissène Habré annienterà per tutta la sua presidenza[2] (1982-1990) il contesto politico, attraverso la macchina repressiva incarnata dalla Direction de la documentation et de la sécurité (DDS), la polizia politica alle sue dirette dipendenze. Per mano del braccio armato della DDS, la Brigade spéciale d’intervention rapide massacrerà circa 40.000 persone[3] in nome di quella che Habré millanterà come riconciliazione nazionale.

I cittadini ciadiani speravano che la presa di potere nel 1990 da parte del capo di stato maggiore Idriss Déby ai danni di Habré, portasse un clima politico migliore. Il 1993 vedrà un ampio tentativo di riconciliazione nazionale, attraverso l’indizione di una conferenza per stabilire un governo di transizione. La conferenza aveva il duplice obiettivo di ristrutturare il sistema politico in senso più pluralista e rinnovare l’unità del Paese, già diviso tra un contrasto decennale tra nord e sud e destabilizzato dal conflitto con la vicina Libia. Da quell’appuntamento uscirà un pacchetto di riforme politiche, sociali ed economiche a simboleggiare una parziale apertura al multipartitismo, ma di fatto il potere rimarrà in mano a Déby che sarà designato presidente ad interim. La prima tornata elettorale sotto il regno di Idriss, tenutasi nel 1996, sarà giudicata dagli osservatori internazionali dell’epoca come non libera e non competitiva, e segnata da brogli elettorali, intimidazioni da parte del governo nei confronti delle forze d’opposizione. La poca trasparenza e il clima di intimidazione si ripresenteranno puntualmente durante le successive elezioni del 2011, 2016 e 2021, lasciando il comando a Idriss che non senza difficoltà guiderà il Paese sino alla morte. Il regime democratico non si realizzerà mai, anzi l’arena politica sarà caratterizzata da una sempre più forte concentrazione dei poteri nelle mani presidenziali e dall’indebolimento dell’opposizione (non solo quella squisitamente politica), attraverso la repressione e la cooptazione, impedendo la formazione di coalizioni che avessero le capacità di confrontarsi con il partito presidenziale Mouvement Patriotique du Salut (MPS). Nonostante le promesse di libertà ai suoi concittadini, il Chad sperimenterà elezioni irregolari che vedranno la costante vittoria del defunto presidente.

Tra il 1990 e il 2021 diversi cambiamenti della Carta costituzionale verranno sottoposti a referendum dai quali usciranno sempre risultanti favoreli alle modifiche proposte. Quello del 2005 vedrà l’eliminazione dei limiti del mandato presidenziale, lasciando aperta la strada a Déby per l’appuntamento elettorale dell’anno successivo. Nel maggio 2018 la promulgazione di una nuova costituzione non solo amplierà i poteri del presidente intestandogli l’esecutivo attraverso l’eliminazione della carica di primo ministro, estenderà anche il mandato presidenziale da cinque a sei anni con il limite di due mandati, non valido retroattivamente. Déby avrebbe quindi potuto rimanere al potere fino al 2033.

Mahamat Déby ripercorre la strada dei predecessori: dialogo nazionale, modifica costituzionale.

Le speranze di un’apertura democratica in seno alle istituzioni ciadiane erano riposte nella decisione di Mahamat Déby di aprire lo spazio politico mediante un dialogo nazionale, tenutosi a Doha tra il marzo e l’agosto 2022. Sebbene l’accordo negozierà il rientro dall’esilio di alcuni membri dell’opposizione, la mancata firma degli accordi da parte dei due principali gruppi armati non statali, il Front pour l’alternance et la concorde au Tchad (con base in Libia) e il Conseil du commandement militaire pour le salut de la République (stanziato nella regione di Tibesti, al confine libico), la mancanza di garanzie da parte di Déby di non correre per le presidenziali, l’assenza delle forze politiche favorevoli al cambio di regime, la decisione di prolungare la transizione di altri due anni, hanno spinto le opposizioni a chiamare grandi mobilitazioni di massa per esprimere il dissenso nei confronti del regime e del processo di riconciliazione, sfociate il 20 ottobre 2022 in brutali repressioni da parte delle forze di sicurezza con un bilancio di trecento morti, feriti e più di novecento arresti. Il successivo intervento della Comunità degli Stati africani centrali nella persona di Fèlix Tshisekedi, presidente della Repubblica Democratica del Congo, porterà alla firma di un accordo a Kinshasa nell’ottobre 2023 tra la giunta e le opposizioni, permettendo ai partecipanti alle manifestazioni di ottobre 2022, compreso Succès Masra, di rientrare nel Paese.

Poco dopo, nel dicembre dello stesso anno, una modifica costituzionale verrà approvata tramite referendum con l’86% dei voti favorevoli. Questa nuova Costituzione, oltre a stabilire una maggiore decentralizzazione, prevedrà l’abbassamento dell’età minima per potersi presentare alle elezioni presidenziali da 45 a 35 anni. Un lavoro preparatorio delle elezioni di questo maggio 2024 che ha aperto la strada della corsa elettorale a Déby, classe 1984 e a Masra, nato nel 1983. Prontamente le opposizioni avevano chiesto l’annullamento dei risultati referendari in seguito alla rilevazione di irregolarità nei procedimenti di votazione. Ammonito dall’Unione africana, che aveva esplicitamente chiesto ai leader della transizione di non correre alle consultazioni elettorali, Mahamat Déby in un discorso alla nazione tenutosi il 2 marzo ha annunciato la sua intenzione di competere per la presidenza.

La strategia dietro il rientro di Succès Masra

Il leader del partito d’opposizione Les Transformateurs, titolare di un mandato d’arresto internazionale emesso dalle autorità di N’Djamena il 5 ottobre 2023 e poi annullato, è rientrato nel Paese a novembre 2023. A gennaio 2024 è stato cooptato e nominato primo ministro da Déby, prendendo il posto di Saleh Kebzabo. La nuova nomina, vista di buon occhio da Parigi e Washington, appare come un tentativo della presidenza di cancellare le violenze di ottobre 2022 ma anche di indebolire il sostrato che milita a favore di Masra. L’ingresso al governo dell’esiliato ha avuto un effetto divisivo all’interno delle opposizioni politiche e della società civile soprattutto durante la campagna elettorale. Se in un’intervista rilasciata a Jeune Afrique il presidente si è dichiarato soddisfatto della candidatura del suo ministro e che questa sia simbolo di riconciliazione politica[4], voci condannano questa manovra come funzionale alla conservazione del potere da parte di entrambi. Altri invece considerano la nomina come una più equilibrata gestione del potere corroborata con l’ingresso nella compagine di governo di tre affiliati a Masra: Beni Sitack Yombatina, co-fondatore dei Transformateurs e segretario di Stato del ministro della Giustizia, Mahamat Assiouti Abakar a capo del ministero dell’Economia e Ndolembai Sadé Njesada al ministero dell’Educazione nazionale. A una valutazione più attenta emerge come i ministeri chiave, quelli della finanza e del petrolio, siano ancora in mano a fedelissimi di Déby.

Per quanto riguarda Kebzabo, nominato mediatore della Repubblica, ha inserito il suo partito, Union nationale pour le développement et le renouveau (UNDR), all’interno della coalizione del presidente in carica in quanto nonostante la sostituzione, non si è verificato uno strappo tra lui e il presidente, probabilmente perché la era piuttosto prevedibile la vittoria di Déby ed è quindi preferibile per l’UNDR rimanere in qualche modo al suo fianco.

Leggi anche:

L’annuncio della data delle elezioni innesca degli scontri nella capitale e lotte intestine.

Il 27 febbraio 2024, l’agenzia per le elezioni, l’Agence nationale de gestion des élections (ANGE) annuncia la data delle presidenziali, fissandole per il 6 maggio successivo. La sede dell’Agence Nationale de sécurité de l’État viene presa d’assalto da uomini che secondo il governo erano membri del partito d’opposizione Parti Socialiste San Frontières (PSF). Le accuse potrebbero essere confermate dal tentato omicidio, durante la settimana precedente, del Presidente della Corte Suprema Samir Adam Annour, che secondo alcuni era in procinto di respingere la candidatura alla presidenza di Yaya Dillo, capo del PSF[5] ed ex ministro delle miniere durante  La giornata vedrà esplodere scontri tra le forze lealiste al presidente e membri del PSF, durante i quali troverà la morte Dillo[6], cugino di Déby e maggiore oppositore della giunta attuale e del defunto presidente[7]. Verrà arrestato un altro componente della famiglia, lo zio di Déby Saleh Déby Itno, generale dell’esercito e consigliere della Repubblica. Quest’ultimo nel febbraio 2024 aveva abbandonato lo schieramento del presidente, unendosi al PSF di Dillo, dimostrando ancora una volta la sua avversione per l’attuale presidenza. L’abbandono da parte di queste due personalità della famiglia Déby e i fatti svoltisi a febbraio riportano alla luce il dissenso interno al clan Zaghawa, di cui la famiglia Déby è membro. Gruppo di minoranza all’interno del Paese (5% della popolazione), ma che ha in mano il potere all’interno del governo e delle istituzioni)[8] da trent’anni con il supporto di altre élite del nord che provengono dai Gorane e da gruppi di etnia araba,[9] è lontano da essere un leale alleato. Nonostante l’appartenenza dei Déby a questo clan, esso è stato incubo anche per il padre che non è mai riuscito a garantirsi il pieno appoggio della comunità di appartenenza.[10]
Il 6 maggio i ciadiani sono andati alle urne in un clima piuttosto tranquillo. Il 9 maggio l’ANGE ha pubblicato i risultati provvisori, divenuti definitivi il 16 maggio con la conferma del Consiglio costituzionale. La vittoria va a Déby con il 61% dei voti a favore, mentre Masra segue in seconda posizione con il 18,54% delle preferenze. Quest’ultimo nei giorni precedenti ha rivendicato la sua vittoria, denunciato intimidazioni nei suoi confronti e arresti arbitrati nei giorni precendenti e ha fatto ricorso formale per richiedere l’annullamento dello scrutinio.

La ricerca di legittimità democratica da parte di Déby si è svolta in continuità con quanto fatto dal padre, queste elezioni infatti sembrano una formalità per lasciargli in mano il potere. Non sarebbe quindi un procedimento elettorale credibile quello che si sta svolgendo, ma rilevante sarà seguire gli sviluppi successivi come la nomina della compagine governativa e il clima politico che si svilupperà. L’arena politica inficiata dalla mancanza di reale alternanza e monopolizzata da personalità militari risente inoltre delle fragilità economiche e sociali che permeano la società da decenni. Il malgoverno e la disuguaglianza sociale, la diffusione di pratiche neo patrimoniali   hanno lasciato i giovani soprattutto senza opportunità e pronti ad andare ad alimentare le fila dei gruppi armati e del terrorismo estremista. La decennale malagestione delle rendite degli idrocarburi, di cui il Paese è un grande esportatore, ha privato la nazione di investimenti in politiche pubbliche efficaci soprattutto per quanto riguarda la sicurezza alimentare, lo sviluppo di infrastrutture e l’accesso ai servizi di base da parte della popolazione. Grave problema anche le interruzioni di corrente, il governo ha implementato una riforma per rendere gratuita l’elettricità agli strati più bassi della società, ma non sembra abbia tutti i fondi necessari a sostenere questa linea. Una strategia anche questa ripresa dal governo del padre che da una parte reprimeva il contesto politico, dall’altra ha tentato di dare risposte ai cittadini attraverso politiche sociali che poi hanno trovato scarsa implementazione e successo nel dare risposte ai cittadini.

Il Ciad si confronta con un contesto regionale particolarmente complesso dovuto alla crisi libica a Nord, all’instabilità dei suoi vicini Mali e Burkina Faso, alla situazione nella Repubblica Centrafricana, alla presenza di Boko Haram nel bacino del Lago Ciad e al sopracitato conflitto in Sudan. L’arrivo di ulteriori rifugiati dal Sudan ha spinto il governo a dichiarare lo stato di emergenza alimentare, esacerbato anche dal cambiamento climatico che ha scatenato ricorrenti inondazioni danneggiando l’agricoltura informale, base dell’economia ciadiana. Una certa base di legittimità potrebbe proprio arrivare dal contesto regionale, fonte di potenziali fattori di destabilizzazione all’interno del Paese e dai gruppi armati non statali basati in Libia. Garantire la sicurezza dei confini associata ad un’adeguata implementazione di politiche pubbliche potrebbe in qualche modo rendere agli occhi della società civile valido il nuovo governo, che però dovrebbe accompagnarsi ad una maggiore attenzione della questione sociale e dei diritti dei propri concittadini.

La fluidità delle alleanze politiche e il contrasto con i membri della propria famiglia rimane un aspetto cruciale. La morte di Dillo e l’arresto di Saleh potrebbero aggravare i contrasti all’interno degli zaghawa e provocare un terremoto politico in grado di destabilizzare il governo che si andrà a formare se Déby non riuscirà ad attivare una negoziazione efficace.

Intanto ci si preoccupa della potenziale esplosione di violenze post elettorali. Nella capitale in occasione della pubblicazione dei risultati provvisori è stato dispiegato personale militare e secondo alcuni media nazionali ci sarebbero stati degli scontri che hanno causato morti e feriti.


Note

[1] L’ex presidente ha trovato la morte durante i combattimenti che hanno coinvolto le forze di sicurezza e il gruppo armato Front pour l’alternance et la concorde au Tchad che aveva attraversato i confini libici con l’obiettivo di entrare nella capitale N’Djamena per impedire un altro governo Déby, la cui vittoria era stata appena confermata dalle elezioni tenutesi l’11 aprile 2024.
[2]Habré è divenuto presidente con un colpo di stato che ha estromesso Goukouni Oueddei.
[3]Questo dato è emerso attraverso l’analisi della documentazione della DDS abbandonata durante il colpo di stato di Déby nel 1990.
[4] Soudan F., Mahamat Idriss Déby Itno, le pouvoir au fond des urnes, Jeune Afrique, n.3136, 2 maggio 2024, pp-44-49
[5]Jeune Afrique, Au Tchad pourquoi l’armée traque l’opposant Yaya Dillo, 28 febbraio 2024, https://www.jeuneafrique.com/1542262/politique/au-tchad-pourquoi-larmee-traque-lopposant-yaya-dillo/
[6]Il governo ha dichiarato che Dillo è stato ucciso durante il tentativo di arresto, mentre le opposizioni ribattono condannando l’atto come omicidio extragiudiziale. https://www.jeuneafrique.com/1542537/politique/au-tchad-lopposant-yaya-dillo-djerou-tue-par-les-forces-de-lordre/
[7]Nel 2020 la sua candidatura alle presidenziali aveva suscitato una risposta muscolare da parte di Dèby senior che aveva schierato l’esercito davanti alla sua residenza e negli scontri avevano perso la vita la madre di Dillo e due suoi figli.
[8]Massey S, May R., Commentary: The Crisis in Chad, African Affairs, n. 420, v. 105, luglio 2006, pp.443-449
[9] International Crisis Group, Chad: Averting the Risk of Post-transition Instability, 3 maggio 2024 https://www.crisisgroup.org/africa/central-africa/chad/tchad-prevenir-les-risques-dinstabilite-apres-la-transition
[10] Le elezioni del 2016 sono state particolarmente delicate in quanto la comunità di appartenenza dei Déby, gli Zaghawa era in aperto dissenso rispetto al governo di Idriss. Per un approfondimento si veda: Tubiana J., Le Tchad sous et après Déby: transition, succession ou regime d’exception?, Politique Africaine, n.164, v.4, 2021, pp.121-140


Foto copertina: Mahamat Idriss Déby Itno