Guerra in Ucraina: le posizioni degli stati asiatici


Il conflitto russo-ucraino ha scompigliato il sistema internazionale. In un mondo strettamente globalizzato tutti gli stati hanno dovuto prendere decisioni davanti a una guerra totale. Cina, Giappone, Coree e India come si sono collocati?


In questa sede analizzeremo le posizioni dei paesi asiatici. Non ci soffermeremo sulla Cina[1], la quale, ormai è assodato, si trova in una posizione alquanto scomoda. Come sottolineato da Simone Pieranni[2] la RPC non può rescindere la partnership con la Russia, instaurata poco prima della cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali a Pechino. Durante la guerra il governo cinese ha continuato a sostenere che quella della Russia non fosse “un’invasione”, giustificando Mosca e sostenendo legittime le sue preoccupazioni di sicurezza. Al contempo si trova in difficoltà con l’Ucraina, un paese con cui ha eccellenti relazioni economiche. Kyiv è infatti tra i principali partner commerciali della Cina e il maggiore esportatore di grano del Dragone. Tra le altre cose la posizione strategica dell’Ucraina, il cortile di casa dell’Europa, l’ha resa un tassello imprescindibile per la Nuova Via della Seta.[3] Insomma, la Cina si trova tra l’incudine e il martello, come si suole dire, anche se il Dragone di solito al martello preferisce associare la falce.
E invece i paesi asiatici che siamo abituati a considerare di contorno alla Cina come si sono posizionati? Tutta la regione asiatica subisce i contraccolpi della guerra.

Giappone

Il Giappone, così come vedremo tra poco la Corea del Sud, ha temporeggiato inizialmente nella rinnovata crisi tra Mosca e Kyiv. Tokyo si trova geograficamente nel mezzo a quelle che, attualmente, sono considerate le maggiori potenze revisioniste: Russia e Cina. La cautela quindi è d’obbligo. D’altronde il Paese del Sol Levante conosce bene i problemi legati alle dispute territoriali con Pechino e Mosca. La prima attua costantemente incursioni nel Mar Cinese Orientale, rivendicando la sovranità delle Senkaku Island (Diaoyu per i cinesi). Con la seconda invece è aperta dal diciannovesimo secolo una disputa per le isole Chishima rettō (le Curili); ricche di materie prime e con un accesso strategico all’Oceano Pacifico sono fin troppo importanti per essere cedute. L’influenza giapponese sulle isole Curili fu mantenuta fino al secondo conflitto mondiale quando, dopo la sconfitta dell’impero nipponico[4], furono occupate militarmente dai sovietici.[5] Ancora oggi questa è la situazione, però senza sovietici.
Da anni quindi il Giappone cerca una soluzione diplomatica a quelli che sono definiti anche come i “Territori del Nord” e da tempo si trova a doversi confrontare con Putin.[6] Questo suo atteggiamento aggressivo è solo un problema aggiuntivo a una questione complessa che va avanti da quasi due secoli. Lo scoppio della guerra comunque ha condotto il Primo Ministro Kishida a imporre sanzioni alla Russia per quello che ha definito come: “atto che scuote le fondamenta del sistema internazionale” e come “chiara violazione del diritto internazionale”.[7] Il Giappone ha infatti deciso di unirsi all’Occidente per escludere dal sistema Swift Mosca.[8] Secondo il Japan Times però l’amministrazione Kishida deve destreggiarsi con cautela.
Prima di tutto è importante non creare un pericoloso precedente per quelle dispute territoriali che lo stesso Giappone possiede con Russia e Cina. Ci sono delle regole che il sistema internazionale ha imposto dopo la Seconda Guerra Mondiale e vanno rispettate. Al contempo però Tokyo è fortemente dipendente a livello energetico da Mosca, così come la nostra cara Europa. Inoltre, che piaccia o meno, le isole Curili sono ancora occupate dalle forze russe e una soluzione a questa disputa dipenderà anche, forse, dalle risposte giapponesi alla crisi Ucraina.[9] In conclusione, è giusto sanzionare le violazioni e posizionarsi con gli storici alleati statunitensi, ma sempre con prudenza.

Corea del Sud

La Corea del Sud pare dica: “volete farci fare una campagna elettorale con tranquillità o chiediamo troppo?”. Prima i missili nordcoreani e ora una guerra che costringe tutti i paesi a posizionarsi. Forse la cosa più scomoda da fare a meno di 15 giorni dalle elezioni presidenziali.
Come già anticipato anche Seul ci è andata con i piedi di piombo durante le iniziali tensioni tra Kyiv e Mosca. Il presidente Moon ormai è un esperto nel mantenersi enigmatico, il suo stesso approccio verso Cina e USA è stato definito “ambiguità strategica”. Da notare che mentre i maggiori alleati statunitensi boicottavano le Olimpiadi Invernali di Pechino, Seul non si è unita. Così come per il Giappone però, l’invasione dell’Ucraina ha costretto Moon a condannare le azioni di Putin e ad unirsi alle sanzioni. Anche qui i motivi del temporeggiamento dipendono dalla dipendenza energetica di Seul verso Mosca e dal fatto che la Russia, insieme alla Cina, è tra i pochi paesi che ancora intrattiene rapporti con la Corea del Nord.[10] Le collocazioni dei due maggiori candidati per quanto concerne la politica estera ci fanno intuire l’importanza di queste elezioni per il futuro posizionamento della Corea del Sud nel sistema internazionale.[11] Yoon, candidato conservatore, predilige un rafforzamento dell’alleanza con gli USA e non nasconde la sua indole anticinese. Lee, candidato democratico invece, vorrebbe continuare a perseguire la strada di Moon, ovvero il suo approccio ambiguo[12] che guida, in parte, la Corea del Sud anche in questa crisi.

Corea del Nord

La Corea del Nord non è mai contenta se altre tensioni costringono il sistema internazionale a distogliere gli occhi dalla penisola. Ma forse il contrasto di questi giorni potrebbe farla sentire più legittimata a surriscaldare la situazione. L’ultimo test missilistico effettuato è del 27 febbraio, in piena guerra russo-ucraina.[13] Ormai Pyongyang ci ha abituato a questa peculiare strategia: alzare la tensione per tornare al tavolo dei negoziati e ottenere vantaggi.
La sua posizione sull’attuale guerra è stata definita sul sito web del Ministero degli Esteri nordcoreano.[14] Qui la versione in inglese. Dopo un excursus sulla prepotenza degli USA che inizia dalle Guerre Mondiali e continua con la Jugoslavia, l’Iraq, l’Afghanistan e le recenti rivoluzioni colorate, il comunicato si pronuncia sulla crisi ucraina, la cui causa prima risiederebbe: “nell’arroganza e nell’arbitrarietà degli Stati Uniti, che si sono aggrappati esclusivamente alle sanzioni e alle pressioni unilaterali perseguendo solo l’egemonia globale e la supremazia militare, disprezzando la legittima richiesta della Russia per la sua sicurezza”.[15] La loro posizione mi pare cristallina, quindi passerei all’ultimo paese in questione che invece sta creando un po’ di tensione nelle alleanze occidentali.

India

L’astensione dell’India alla risoluzione ONU per condannare l’invasione russa è stata un brutto colpo per l’Occidente e per il Quad[16]. Quella che veniva definita come un’alleanza o addirittura una “NATO asiatica”, mostra i suoi limiti.[17] Continuando a volersi definire come “neutrale”, l’India rende esplicito il dilemma in cui si trova davanti a questa guerra. Da una parte il blocco occidentale e il Quad, necessari per fronteggiare la sempre maggiore assertività cinese che si riversa in due punti del confine sino-indiano: Aksai Chin e Arunachal Pradesh. Dall’altra la Russia, paese storicamente amico e maggiore fornitore di armi di Nuova Delhi, parliamo di una cifra intorno al 60-70% e di munizioni fondamentali a causa delle tensioni che dal 2020 rianimano il confine con la Cina.[18] I pensieri però dovrebbero andare anche al lungo periodo perché, così come per il Giappone, anche per l’India creare un precedente di violazione della sovranità provocherebbe solo una preoccupazione in più lungo il confine.[19]
Quello che si può concludere, quindi, è che il mondo è ormai troppo interconnesso per prendere decisioni che dividano nuovamente il sistema internazionale in due blocchi definiti e contrapposti.


Note

[1] Per chi vuole approfondire sulla posizione cinese nella guerra tra Russia e Ucraina: https://www.opiniojuris.it/la-posizione-della-cina-nella-guerra-in-ucraina/?utm_campaign=later-linkinbio-opinio.juris&utm_content=later-24921483&utm_medium=social&utm_source=linkin.bio
[2] https://www.instagram.com/reel/Cab3ioPggQ-/?utm_source=ig_web_copy_link
[3] {Giancarlo Elia Valori, “La crisi ucraina, fra Stati Uniti, Russia e Cina. L’analisi di Valori”, Formiche}.
[4] Secondo la Conferenza di Yalta del 1945, se l’URSS fosse entrata in guerra contro il Giappone, UK e USA avrebbero acconsentito a Stalin le Isole Curili.
[5] {Fusco Mariangela, “In alto mare: la secolare disputa russo-nipponica sulle isole Curili”, Il Caffè Geopolitico}.
[6] {Giulia Pompili, “L’Ucraina e la versione asiatica”, Katane}.
[7]{Cfr.https://twitter.com/kishida230/status/1497172944052625411}.
[8] {Reuters, Japan joins U.S., others in excluding Russia from SWIFT system, 27 febbraio 2022}.
[9] {Michael Macarthur Bosack, “From the Ukraine crisis emerges a more resolute Japan”, Japan Times}.
[10] {Dasl Yoon, “South Korea to Join International Sanctions Against Russia”, The Wall Street Journal}.
[11] {Giulia Pompili, “L’Ucraina e la versione asiatica”, Katane}.
[12] {Centre for security, diplomacy and strategy, “South Korea’s Foreign Policy after the March 2022 Election: Between Washington, Beijing, Tokyo, and Pyongyang”, 15 dicembre 2021}.
[13] {VOA, “North Korea Fires up 8th Weapons Test of the Year”, 27 febbraio 2022}.
[14] http://www.mfa.gov.kp/view/article/14444
[15] {Cfr. Ibidem}.
[16] Il Quad è “un’alleanza” informale tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti con l’obiettivo di contenere l’espansionismo cinese.
[17] {Lorenzo Lamperti, “L’astensione all’Onu dell’India svela il bluff del «Quad»”, Il Manifesto}.
[18] {Sudha Ramachandran, “India’s ‘Neutrality’ on the Ukraine Conflict Could Hurt It in the Long Run”, The Diplomat}.
[19] {Ibidem}.


Foto copertina: Nell’immagine: Narendra Modi Primo ministro dell’India, Kim Jong-un
Leader supremo della Corea del Nord, Xi Jinping presidente della Cina, Moon Jae-in
Presidente della Corea del Sud, Fumio Kishida Primo ministro del Giappone