[dropcap]Ne parliamo[/dropcap] con la giornalista Frida Dahmani corrispondente dalla Tunisia per Jeune Afrique ci racconta le iniziative messe in campo dal governo tunisino per fronteggiare l’emergenza, e in generale, ci offre uno sguardo panoramico sulla politica e sulla società tunisina.
In un momento storico come quello attuale cerchiamo di capire come la Tunisia, uno dei principali partner economici e culturali italiani, sta affrontando l’emergenza Covid-19.
In una intervista esclusiva per Opinio Juris, la giornalista Frida Dahmani corrispondente dalla Tunisia per Jeune Afrique[1] ci racconta le iniziative messe in campo dal governo tunisino per fronteggiare l’emergenza, e in generale uno sguardo panoramico sulla politica e sulla società tunisina.
Quali sono le misure politiche ed economiche che la Tunisia sta mettendo il campo per affrontare l’emergenza Covid-19?
Appena arrivato al potere[2] il governo ha dovuto affrontare l’emergenza coronavirus.
Le prime due misure sono state adottate a marzo appena si sono verificati i primi casi: la chiusura dei confini esterni e il confinamento, misure che hanno forse protetto il paese.
Ad oggi rimane qualche preoccupazione per il rispetto delle norme sul confinamento con le popolazione del Sud del paese, in particolare con l’inizio del mese sacro del Ramadan che al solito è un momento di riunione e di scambi.
Fin ora, il confinamento è stato rispettato ma si nota che molto dipende dal livello e dalle condizioni di vita; negli quartieri più precari, dove è difficile restare in casa, la gente sta fuori. I più poveri, quelli che sono pagati alla giornata non hanno nessun reddito e cercano a cavarsela in qualche modo.
Il governo, che ha ottenuto dal parlamento, ad aprile, poteri più larghi per due mesi, ha distribuito vari aiuti, compresi circa 60 euro per le famiglie in difficoltà.
Ma la grande preoccupazione è l’economia; stava già in ginocchio prima della pandemia; che sarà dopo?
Le prime misure per aiutare le imprese (rinvio del pagamento delle tasse, fondo di assistenza alle piccole imprese) non bastano. Un disequilibrio diventa clamoroso; il tessuto imprenditoriale, basato sulla subfornitura e la trasformazione, è totalmente dipendente dalle ordinazioni dell’ estero.
E chiaro ormai, che questa crisi può essere un’opportunità per la Tunisia di avviare le riforme che mancano ed impiantare un nuovo modello economico.
La sanità tunisina come sta rispondendo all’emergenza?
Il primo scopo della task force, composta da diversi specialisti delle epidemie ma anche della gestione di crisi, è stato di evitare un aumento dei casi che avrebbe reso impossibile il suo controllo. Per mantenere bassa la famosa “curva” del evoluzione del epidemia, il gruppo è stato operativo su due assi: volgarizzare ed informare le popolazioni, non tutta consapevole dei rischi, e organizzare al massimo le strutture ospedaliere e le procedure per l’accoglienza dei malati, sapendo che da anni però il settore pubblico della sanità è in difficoltà. Però l’ottima formazione e la mobilitazione dei “camici bianchi” sono state fondamentali per far fronte all’ emergenza.
L’aiuto della società civile è stato utile per ovviare alla mancanza di mascherine e cibo per il personale dei centri dedicati al Covid-19. Ora si sta esaminando diversi schemi per una uscita graduale del confinamento con la fornitura a tutti di maschere ordinate in Cina.
Si deve sottolineare che le cifre basse della Tunisia stupiscono gli scienziati; vari ipotesi sono prese in esame: il vaccino obbligatorio contro la tubercolosi e le specificità dei ceppi virali. A meno che non siamo di fronte ad un vero e proprio miracolo tunisino!
La Tunisia è da anni una meta di vacanza per gli italiani e non solo, le prospettive per il 2020 erano di 10 milioni di turisti, ora però rischia di saltare tutto. Sono stati già varati piani di aiuto al settore?
Per qualche settimana il settore è rimasto sorpreso dalle conseguenze rapide della pandemia, non aveva anticipato sul lockdown mondiale. C’è stato pure un momento di speranza; l’arrivo della “bella stagione” e del caldo potevano concorrere a riavviare il settore. Ormai è chiaro che il turismo, settore economico chiave per il paese, sarà vittima della pandemia. Misure forti non sono state ancora prese; il settore dipende della ripresa dei voli.
Nel frattempo, alcuni alberghi accolgono coloro i quali devono restare in quarantena ed altri puntano per l’estate su una nuova clientela locale alla quale sarà probabilmente vietato recarsi all’estero. In questo momento, la “visibilità” è cosi scarsa che non si può neanche valutare un piano di salvataggio, si devono prima valutare i danni.
La Tunisia rappresenta forse l’unica “Primavera Araba” davvero sbocciata. Oggi a 9 anni dalla “Rivoluzione dei Gelsomini”, ci può descrivere la situazione politica nel suo paese?
La rottura con il vecchio sistema non c’è stata. Abbiamo quasi la stessa mentalità e lo stesso panorama politico che ha solo cambiato etichetta.
Più di 220 partiti, impediscono di avere una maggioranza chiara che permette di governare. Dal 2012 con le prime elezioni democratiche, si zoppica; i partiti per non perdere i seggi al Parlamento usano la strategia del consenso e si finisce con politiche pubbliche senza contenuto reale e una paralisi. Il percorso verso la democrazia è ancora lungo. Certo non si potrà tornare indietro per tutto quello che riguarda le libertà o i fondamenti iscritti nella costituzione ma si devono ancora mettere in atto. La democrazia è una cultura tutta da acquisire.
Gli attentanti al Museo del Bardo e di Marsā al-Qanṭāwī hanno segnato il punto più alto del terrorismo in Tunisia. Oggi è un problema superato?
Per certi versi è acqua passata ma finché il conflitto in Libia non sarà risolto, la Tunisia vivrà con la minaccia terrorista; la Libia è un serbatoio ed un campo di addestramento a cielo aperto fuori controllo. Ma negli ultimi tempi, la Tunisia, tranne qualche piccola mossa terrorista senza conseguenze umane, è riuscita, mettendo in comune l’intelligence delle forze di sicurezza, a gestire questo fenomeno.
Crede che l’instabilità della Libia possa avere ripercussioni anche in Tunisia?
L’effetto dell’instabilità al livello regionale è ovvio e coinvolge pure gli altri paesi che hanno un confine comune con la Libia. Tutti temono di essere contagiati. Per la Tunisia, la Libia è anche un partner economico importante per l’export, il secondo dopo l’Europa, ed è anche un datore di lavoro a la popolazione del sud del paese. Legami storici e di famiglia, continuità geografica, sviluppo del contrabbando subentrano nelle ripercussioni sulla stabilità della Tunisia.
Nel 2017, dopo un iter parlamentare accidentato ed ostacolato da ripetuti rinvii che avevano fatto temere un fallimento, il Parlamento tunisino ha approvato all’unanimità la legge contro la violenza e i maltrattamenti sulle donne, eliminando anche il matrimonio riparatore per le minorenni. Come può descrivere il ruolo della donna nella società tunisina?
La libertà si conquista, non si dà. Già nel ‘56, le Tunisine hanno ricevuto da un potere maschile, e finora anche maschilista, larghi diritti e doveri. Un’ eccezione nel mondo arabo. La costituzione del 2014 considera che Tunisine e Tunisini sono cittadini con gli stessi diritti. A queste basi si aggiungono pure gli accordi internazionali sui diritti umani, firmati dal paese. Perciò, il parlamento non poteva respingere le leggi contro la violenza sulle alle donne o l’obbligo di matrimonio con l’aggressore dopo uno stupro. Ma nella realtà, pur avendo un ruolo importante nella società, le Tunisine mollano davanti alla pressione sociale e si adeguano al conservatorismo che si propaga in tutte le fasce della società.
Sembra quasi una regressione. L’atteggiamento femminile è cosi ambiguo che la violenza coniugale, in questo momento di confinamento, non è mai stata così forte. Andrà sicuramente meglio con le nuove generazioni, più aperte sul mondo, senza complessi e più decise a lottare per i loro diritti. Tocca a loro a prendere il sopravvento per diffondere i principi di uguaglianza e di rispetto delle donne.
Lo scorso 11 aprile, a seguito di una telefonata intercorsa con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il presidente tunisino Kais Saied ha dato il via ad una missione medica tunisina in Italia per sostenere gli sforzi dei sanitari italiani impegnati a far fronte all’emergenza coronavirus. E’ solo l’ennesimo gesto di vicinanza tra i due paesi, come reputa questo rapporto diplomatico tra Tunisi e Roma?
La Tunisia, e più precisamente il suo esercito, hanno sempre partecipato a missioni internazionali umanitarie che sia di salvataggio o di emergenza. Certo le relazioni con l’Italia sono privilegiate ma l’iniziativa del presidente Kaïs Saied è soprattutto la conferma di questa tradizione di solidarietà.
Sarà pure un segno per chi ha trattato, senza la minima vergogna, i Tunisini di spacciatori (NDR. Il riferimento è all’episodio che ha visto l’ex Ministro degli Interni Matteo Salvini citofonare e accusare un cittadino tunisino di essere uno spacciatore, l’azione aveva portato la reazione dell’ambasciatore della Tunisia a Roma, Moez Sinaoui, all’indirizzo del presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, esprimendo la sua «costernazione per l’imbarazzante condotta» di Salvini[3]).
Vorrei che sia cosi ma la diplomazia è più globale e scorda i sentimenti di fronte agli interessi propri.
Il business non è tutto; tra l’Italia e la Tunisia si tratta anche di un lungo rapporto comune storico. La Tunisia fu il granaio di Roma e ha ospitato tanti italiani in fuga dalla fame o da pressioni politiche. Alla base dell’ intesa tra i due paesi, il fatto che gli Italiani, in Tunisia, non si sono comportati come una forza colonialista ma si son mescolati alla popolazione.
Rimane una grande e vera simpatia per l’Italia che aiuta l’attuale sviluppo degli investimenti. Oggi, il problema è la migrazione irregolare. E sicuramente insostenibile per l’Italia.
Ma si dovrebbe anche andare più avanti e farla finita con fatti che sanno di mafia, rintracciando le complicità ed a chi approfitta di questa forma di tratta umana criminale. Da sottolineare che nell’attuale pandemia, dove l’Unione Europea non si è mossa per appoggiare l’Italia, la Tunisia con pochissimi mezzi ha dato una mano. Dopo questa crisi, tutti i rapporti dovranno essere rivalutati.
Vista da Tunisi, cosa ne pensa dei temi della politica italiana? C’è un politico o un partito che le piace maggiormente?
L’Italia, il bel paese che conoscevamo, quello che ci aveva reso familiare la RAI, che potevamo vedere dalla Tunisia, è molto cambiata. Sembra ormai un paese sotto stress che non trova i suoi equilibri. Per certi versi quello che vive, dal 2011 la Tunisia, ricorda l’instabilità della politica italiana. Per una democrazia in corso di costruzione c’è molto da imparare dal sistema italiano e dalle conseguenze dell’ onda del populismo. Sarebbe più facile fare il nome di una squadra di football che di un partito.
La politica italiana, vista della sponda sud, sembra in una bufera che non molla. Difficile vederci chiaro e di capire quali sono gli scopi. I politici, di questi tempi, come nel Gattopardo, “che tutto cambia affinché nulla cambi”, non rimarranno nella memoria, sono troppo superficiali, troppo concentrati su se stessi e portano spesso soluzioni sbagliate. In questo tempo che finisce, dove si dovrebbe preparare il futuro con voci nuove, la mia ammirazione va ai rappresentanti di una altra Italia, che spero, non scomparsa.
Quella del giudice Giovanni Falcone, del filosofo Giordano Bruno, del cantautore Fabrizio De Andrè e della medico e pedagoga Maria Montessori. Non hanno legami diretti con la politica ma il loro coinvolgimento per cause e principi, è un esempio universale che ha reso grande l’Italia.
Note
[1] Il settimanale, fondato nel 1960 da Béchir Ben Yahmedc, in lingua francese che presenta notizie e commenti interpretativi ed editoriali sul continente Africano, in particolare l’Africa francofona. È pubblicato a Parigi ed è la principale rivista di stampa che copre gli affari africani in francese e forse in qualsiasi lingua.
[2] Le elezioni legislative in Tunisia si sono svolte il 6 ottobre 2019, ma la fiducia a Elyes Fakhfakh, divenuto l’ottavo primo ministro della Tunisia post 2011, è arrivata solo a fine febbraio.
[3] https://www.iltempo.it/politica/2020/01/23/news/matteo-salvini-citofono-uno-spacciatore-elezioni-regionali-emilia-romagna-tunisia-1270047/
Foto Copertina: IlManifesto
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