La storia di Alba Dorata tra marginalità, successo e dissoluzione


La storia della formazione greca neo-nazista Alba Dorata risale agli anni ’80. L’iniziale marginalità del partito si trasforma in un progetto di relativo successo contemporaneamente alla crisi economico-finanziaria del paese e arriva oggi, in seguito alla conclusione di un processo durato più di cinque anni, alla sua progressiva dissoluzione.


 

La bandiera di Alba Dorata
La bandiera di Alba Dorata

Il leader del partito, Nikos Michaloliakos, attivista di estrema destra sin dalla restaurazione della democrazia in Grecia, arrestato alla fine degli anni ’70, lancia negli anni ’80 il periodico ‘’Alba Dorata’’. Il periodico, potente strumento di propaganda nazional-socialista, si trasforma qualche anno dopo in una formazione partitica. Il simbolo, un meandro greco, ricorda la svastica nazista.
Alba Dorata (Chrysi Avgi in greco), dal punto di vista ideologico, abbraccia l’idea nazionalista, definita “la terza grande ideologia della storia’’. Si tratta di un ultra-nazionalismo dalle venature biologiche: la formazione di estrema destra, infatti, non soltanto identifica pienamente lo stato con la nazione, la cittadinanza con l’etnia e il demos con l’etnos, ma aspira ad una trasformazione radicale della società e del singolo[1]. Inizialmente ai margini della vita politica, nonostante tentativi di mobilitazione dal basso e militanza attiva, il successo del partito cresce negli anni ’90.
In quel periodo, infatti, si susseguono una serie di eventi che acutizzano l’animo nazionalista del partito: la caduta del regime comunista albanese, l’arrivo di migranti albanesi in Grecia e la disputa sul nome della Repubblica di Macedonia. In quel frangente, nell’Ottobre del ’92, trenta membri di Alba Dorata attaccano alcuni studenti durante una grande manifestazione e si diffondono le prime bande di strada sotto la guida di un ex ufficiale militare, Giannis Giannopoulos[2]. Nel 1994, Alba Dorata partecipa alle elezioni europee, ottenendo un risultato irrisorio – appena lo 0,1%. Nel ’96, invece, alle elezioni nazionali, ottiene un risultato ancora peggiore, con solo lo 0,07% dei voti. Gli scarsi risultati elettorali, però, non frenano l’attività dei militanti, organizzati sin dal principio in formazioni di stampo militare.
In questo periodo, il partito si concentra sostanzialmente su progetti d’espansione del territorio greco nel sud dell’Albania, nella Repubblica della Macedonia del Nord e nel sud della Bulgaria e sulla riconquista di Costantinopoli e dell’Anatolia occidentale.[3] Negli anni 2000, il progetto politico di Alba Dorata si concentra principalmente sull’immigrazione, in particolar modo non-europea e musulmana. Tristemente note, a tal proposito, le dichiarazioni in Parlamento di Eleni Zaroulia, consorte di Michaloliakos, a proposito dei migranti, definiti “subumani’’ e portatori di ogni genere di malattia[4]. In questo periodo, inoltre, si concretizzano una lunga serie di attacchi violenti che aumentano la popolarità del partito[5]. Nel 2012, quattro pescatori egiziani vengono attaccati nel distretto ateniese di Perama e una delle vittime riporta seri traumi cranici. Alcuni parlamentari appena eletti, inoltre, distruggono le bancarelle senza licenza di alcuni migranti ad Atene e a Messolonghi. Nel 2013, un migrante pakistano viene pugnalato a morte da due soggetti (riconducibili ad Alba Dorata). Alcuni attivisti comunisti, di cui otto in seguito ospedalizzati, vengono attaccati da un gruppo di membri di Alba Dorata con mazze chiodate. Sempre nel 2013, il rapper anti-fascista Pavlos Fyssas viene brutalmente assassinato in seguito ad un’imboscata. L’assassino, Yorgos Roupakias, membro di Alba Dorata, viene immediatamente arrestato. Nello stesso anno, la polizia arresta i leader di Alba Dorata, alcuni poi rilasciati con la condizionale. Nel 2014, altri due attivisti del partito vengono condannati per un attacco ad un centro sociale. Nel 2018, alcuni sospetti militanti di Alba Dorata attaccano un centro sociale ateniese, colpendo quattro persone, tra cui l’avvocato della famiglia Fyssas. Un report di Human Rights Watch del 2012 documenta la violenza contro i migranti, associandola ad Alba Dorata[6]. Alla retorica del partito contro i migranti, si aggiunge la forte componente anti-sistema, anti-semita e anti-comunista. La prima definisce il sistema politico greco una “pseudo-democrazia’’, colpevole di aver affossato il paese; la seconda si concretizza nelle accuse rivolte ad ebrei e sionisti di tentata trasformazione della Grande Grecia attraverso una feroce globalizzazione; l’anti-comunismo, infine, si esprime nell’accusa rivolta di eccessivo internazionalismo[7]. Nel corso degli anni 2000, progressivamente, il partito comincia a risalire la china della marginalità. Nel 2009 registra un primo fallimento alle elezioni europee e legislative, ottenendo lo 0,46% e lo 0,29%, ma l’anno successivo, alle elezioni amministrative del 2010, conquista un seggio al Consiglio Comunale di Atene, con il 5,3% dei voti. Nel sesto distretto di Atene raggiunge addirittura l’8,38%, riuscendo a mobilitare supporto intorno alla questione migratoria attraverso attività di vigilanza nei quartieri della città[8].

Il successo elettorale del 2012

Il successo di Alba Dorata, però, si consacra definitivamente alle elezioni nazionali del 2012. La crisi greca, infatti, fornisce al partito l’occasione per condurre una campagna basata sulla disoccupazione, l’austerità e l’immigrazione – ritorna, anche qui, la forte vocazione anti-sistema, la retorica della necessità di un cambiamento radicale e di un ribaltamento degli equilibri di potere. Alba Dorata ottiene così il 7% dei voti, entrando per la prima volta in Parlamento, con ben 21 seggi. L’ascesa prosegue alle elezioni europee del 2014, durante le quali Alba Dorata si conferma come terzo partito del paese, ottenendo il 9,4% dei voti. Lo stesso trend positivo si conferma anche alle successive elezioni nazionali del 2015. Il successo del partito comincia, però, a calare negli anni e alle elezioni europee del 2019 raggiunge soltanto il 4,9%. Alle nazionali del 2019, infine, perde tutti i seggi in Parlamento, non riuscendo a raggiungere la soglia di sbarramento del 3%.

Il declino

Il declino della formazione politica di estrema destra è stato graduale, accompagnato dalle numerose inchieste giudiziarie a carico della leadership del partito e dei suoi membri e/o supporter, seppur – secondo alcuni commentatori – tardive (cominciate, infatti, in seguito al plateale assassinio dell’artista Pavlos Fyssas, nonostante le centinaia di feroci aggressioni verificatesi negli anni precedenti a danno di sindacalisti, immigrati, coppie omosessuali, oppositori politici).
Perché è stato concesso ad un partito come Alba Dorata di operare per così tanti anni?
I primi giorni d’ottobre, però, in seguito ad un processo durato più di cinque anni, una corte ateniese ha per la prima volta stabilito la natura criminale della greca neo-nazi Alba Dorata. Al centro del processo 68 imputati, tra cui il leader e altri ex parlamentari, condannati per omicidio, aggressione, possesso illegale d’armi e guida di o partecipazione ad un’organizzazione criminale[9].
Nikos Michaloliakos, il leader sessantatreenne del partito, è stato condannato a 13 anni e mezzo di prigione, mente del progetto e responsabile del suo violento modus operandi. Come lui, altri alti funzionari di partito sono stati condannati a 13 anni di prigione. L’eurodeputato Ioannis Lagos è stato condannato a 13 anni e 8 mesi di prigione, la sua immunità politica revocata. E a nulla son servite le richieste di riduzione della pena da parte degli avvocati difensori[10]. Roupakias, responsabile dell’accoltellamento di Pavlos Fyssas, è stato l’unico ad essere condannato all’ergastolo. Mentre gli altri imputati hanno ricevuto condanne dai 5 ai 7 anni di prigione. Il destino di Alba Dorata ha dunque subito una pesante battuta d’arresto, ma il neofascismo in Grecia non si è mai fermato. Altri partiti simili sono nati e un recente rapporto di polizia ha segnalato l’esistenza di ben 16 gruppi di estrema destra in lizza per rimpiazzare Alba Dorata[11]. C’è qualcos’altro, però, che merita di esser raccontato, come sostiene anche Daniel Trilling sulle pagine del Guardian[12]: il lavoro degli attivisti anti-fascisti, di chi ha reagito, di chi ha testimoniato e di chi ha documentato. Un lavoro che non si è fermato e che continuerà. Il verdetto del tribunale ateniese sarà forse un nuovo punto di partenza?


Note

[1] Antonis A. Ellinas (2013) The Rise of Golden Dawn: The New Face of the Far Right in Greece, South European Society and Politics, 18:4, 543-565, www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/13608746.2013.782838.

[2] Alexandros Sakellariou (2015) Golden Dawn and Its Appeal to Greek Youth, Friedrich-Ebert-Stiftung, pp. 5-17, www.library.fes.de/pdf-files/bueros/athen/11501.pdf.

[3] Ibidem.

[4] Antonis A. Ellinas (2013) The Rise of Golden Dawn: The New Face of the Far Right in Greece, South European Society and Politics, 18:4, 543-565, www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/13608746.2013.782838.

[5] The rise and fall of Greece’s far-right Golden Dawn party, 7 ottobre 2020, France24, www.france24.com/en/20201007-the-rise-and-fall-of-greece-s-far-right-golden-dawn-party.

[6] Antonis A. Ellinas (2013) The Rise of Golden Dawn: The New Face of the Far Right in Greece, South European Society and Politics, 18:4, 543-565, www.tandfonline.com/doi/pdf/10.1080/13608746.2013.782838.

[7] Ibidem.

[8] Ibidem.

[9] Helena Smith, Neo-Nazi leaders of Greece’s Golden Dawn sentenced to 13 years, The Guardian, 14 ottobre 2020, www.theguardian.com/world/2020/oct/14/greece-golden-dawn-neo-nazi-prison-sentences.

[10] Ibidem.

[11] Ibidem.

[12] Daniel Trilling, Why did Golden Dawn’s neo-Nazi leaders get away with it for so long?, The Guardian, 8 ottobre 2020, www.theguardian.com/commentisfree/2020/oct/08/golden-dawn-neo-nazi-violence-greece-political-class.


Foto copertina: Immagine web The Vision


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