Ieri, martedì 16 novembre, si è tenuto il Summit virtuale tra Cina e Stati Uniti. Taiwan resta la questione principale. Pechino: “cercare l’indipendenza di Taiwan vuol dire giocare con il fuoco”
Come ci ha ricordato ieri Giulia Pompili su “Il Foglio”: Biden e Xi si conoscono da tempo e bene. Non stupisce quindi il saluto del Presidente cinese al suo omonimo: “sono felice di vedere il mio vecchio amico”[1], un richiamo ai numerosi incontri tra i due quando entrambi erano vicepresidenti. È però la prima volta che si incontrano formalmente da quando Biden è diventato presidente. Il primo meeting tra Cina e USA con l’amministrazione Biden era stato a marzo in Alaska e non era andato molto bene… non è proprio andato potremmo dire. Infatti, il segretario di Stato americano e il responsabile della diplomazia cinese si sono presi a male parole.
Con il summit che si è tenuto ieri abbiamo un importante cambio di tono rispetto all’Alaska, non che ci volesse molto intendiamoci. Importante sottolineare però, che solo i toni si sono modificati perché i contenuti e le strategie dei due leader sono rimasti fermi.
Biden e Xi si sono presi del tempo per gettare nuovamente le basi di una relazione. Con Donald Trump le relazioni tra i due paesi sono state ai minimi storici, ma con l’amministrazione Biden le cose non sono molto cambiate, ormai gli USA vedono la Cina per quello che è: un competitor.
I due leader hanno parlato a lungo e francamente, sottolineando l’importanza della comunicazione; in particolare Biden ha voluto tracciare dei confini rimarcando la necessità di non far sfociare la loro concorrenza in un conflitto aperto.
Taiwan la questione aperta
Come abbiamo già detto le posizioni di Cina e USA sono rimaste invariate, non ci si aspettava ovviamente un cambio drastico da questo incontro. La questione più pungente era e rimane ancora oggi Taiwan; Biden ha ribadito che gli USA riconoscono la “One China Policy”[2], ma non tollereranno azioni unilaterali da parte della RPC per cambiarne lo status. Xi a sua volta ha risposto che Pechino cerca una riunificazione pacifica e che “cercare l’indipendenza di Taiwan vuol dire giocare con il fuoco”[3]. Insomma toni cordiali e vecchi amici sì, ma con estrema sincerità. Ormai a livello geopolitico ed economico l’isola ribelle è sempre più importante, tanto da divenire catalizzatore delle tensioni tra le due potenze.
Non dimentichiamoci infatti che la sfida tecnologica tra Cina e USA si gioca proprio a Taiwan, dove è localizzata la maggiore azienda produttrice di semiconduttori.
Un altro tema scottante che è stato affrontato sono i diritti umani, in particolare quelli degli abitanti dello Xinjiang, del Tibet e di Hong Kong. Anche qui bisogna andare con i piedi di piombo, Pechino non gradisce che gli venga detto come gestire i propri affari interni e le risposte spesso sono taglienti del tipo: non prendiamo ordini da chi si professa paladino dei diritti umani e poi non riesce a rispettare quelli della comunità afroamericana.
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Ma fino ad ora pare essere stato un Summit tutto volto a “cosa interessa a Biden e agli USA” direte voi, Xi cosa vuole? Vuole quello che è meglio per la Cina e per la sua stabilità: accordi commerciali favorevoli. La guerra sui dazi, infatti, non si è conclusa con Donald Trump, ma è continuata sotto l’amministrazione Biden. Xi Jinping vuole e ha bisogno di una maggiore cooperazione a livello commerciale, soprattutto in questo momento in cui la crescita stenta un po’ a riprendersi.[4] Senza livelli di crescita elevati rischia di venire meno il Patto Sociale che garantisce la sopravvivenza del PCC e della Repubblica Popolare Cinese.
Conclusione
In conclusione possiamo dire che il Summit è stato fondamentale perché i due leader hanno parlato virtualmente faccia a faccia con estrema franchezza.
Ormai sanno che la situazione tra i due paesi è instabile e se non controllata rischia di andare per il peggio.
Come ha scritto Danny Russel su Foreign Affairs: “Questo incontro offre a Biden e Xi l’importante opportunità di iniziare a stabilire i confini di sicurezza cruciali per prevenire una crisi”[5], una crisi che inesorabilmente riguarderebbe tutti.
Note
[1]Il Post, “La peculiare “amicizia” tra Joe Biden e Xi Jinping”, 16 novembre 2021.
[2] La One China Policy fu stipulata da Nixon con la RPC nel 1972. Con lo Shangai Communique gli USA riconoscono l’integrità della Cina e rifiutano l’esistenza di due Cine (Cina continentale e Taiwan). Nonostante ciò, gli Stati Uniti hanno continuato negli anni a supportare il governo taiwanese, in particolare con la vendita di armi.
[3]ISPI, “BIDEN-XI: PROVE DI DIALOGO”, 16 novembre 2021.
[4] Ibidem.
[5]Cfr. Il Foglio, Giulia Pompili, “Un summit glaciale”, 16 novembre 2021.
Foto copertina: Il presidente Joe Biden parla mentre incontra virtualmente il presidente cinese Xi Jinping dalla Roosevelt Room della Casa Bianca a Washington, lunedì 15 novembre 2021. (AP Photo/Susan Walsh)