Sono circa venti i Paesi al mondo che intervengono sul clima per ingentilire i fenomeni atmosferici, causando, in alcuni casi, conflitti politici mossi da accuse di furti di pioggia.
La sofisticazione non annulla l’incertezza sul futuro dell’ambiente.
Il cambiamento climatico, si sa, è in atto. L’antropizzazione del rapporto fra sviluppo umano e natura, mediato da un degenerato sistema produttivo che ne riduce il valore, non è che un’evoluzione spontanea, una manifestazione spaventosamente e ineluttabilmente pragmatica dello stato di cose che l’uomo ha sostenuto per decenni. Ma oggi si potrebbe parlare di cambiamento climatico anche con riferimento ad una pratica tecnologica, Cloud seeding, che mira al controllo meteorologico. Una correlazione che evidenzierebbe il sintomo di una razionalità scientifica di cui esperti ma anche istituzioni si fanno carico, seppure il clima si trovi in una fase storica di estrema volatilità e la cui degenerazione subisce accelerazioni a tassi crescenti.
L’utilizzo di nuove tecnologie per produrre risultati meteorologici ottimali è evidente per lo più laddove il clima non è mai stato, per ragioni geologiche e geografiche, della mitezza di cui godiamo nelle zone più favorevoli ad uno stile di vita scandito stagionalmente da una specie di eterogeneità. Eppure, i sistemi di controllo del clima sono ben radicati ed estesi nell’ambito delle istituzioni nazionali di monitoraggio delle condizioni ambientali e meteorologiche che tanto spesso ci sembrano essere spontaneamente naturali piuttosto che scientificamente artificiali.
Dai primi entusiasmi ai primi sospetti
Quella del Cloud seeding è una pratica conosciuta in via sperimentale ed istituzionale, dunque sia nel mondo scientifico che in quello politico.
Secondo Il Messaggero, la pioggia “a comando” fu usata una prima volta a New York nel 1946 per far fronte a un eccezionale episodio di siccità[1]. In tutto, oggi, sono circa venti i Paesi al mondo che intervengono sul clima per ingentilire i fenomeni atmosferici, causando, in alcuni casi, conflitti politici mossi da accuse di furti di pioggia. Gli ecologisti sottolineano, però, che questo tipo di interventi subitanei può essere un rimedio, in caso di episodi estremi, per le popolazioni o per l’agricoltura, ma non deve sostituirsi ad una lotta strutturale del cambiamento climatico e della degradazione ambientale che avviene ad opera dell’uomo e del suo imperterrito ignorare la natura come risorsa pubblica globale ma limitata.
La pratica di stimolazione di piogge, cloud seeding, è stata sperimentata da Israele attorno agli anni 60 ed in Italia è stata applicata più volte dalla regione Puglia, in via sperimentale assieme, al meno, a Basilicata e Sardegna, dopo più di 20 anni. Le opinioni attorno alle modalità e al carattere dell’impiego della nuova formula di controllo meteorologico e alle conseguenze di tale “immissione aerea” sposano ambiguità e contraddittorietà in virtù di un grande deficit di trasparenza circa i prodotti utilizzati e i risultati ottenuti.
Ma in cosa consiste il cloud seeding?
Ma in cosa consiste il cloud seeding di cui anche dal Senato sono state richieste delucidazioni dopo ripetute sperimentazioni nelle calde regioni italiane? Essa consiste nell’osservare masse nuvolose incombenti per valutare la possibilità di stimolazione artificiale di pioggia allorché un bimotore strumentato appositamente per la stimolazione delle piogge è messo in volo e guidato da un centro radar; nel frattempo un bruciatore di una soluzione di ioduro d’argento in acetone. Una nuvola di particelle minutissime di ioduro, particelle che simulano la struttura cristallina del ghiaccio, altro prodotto utilizzato assieme al sale nonché l’agente principalmente responsabile della pioggia), è immessa nella base delle nuvole, in cui ci si aspetta che accada, artificialmente, ciò che in natura avviene come condensazione. Aumentando sempre più le temperature globali, la diminuzione delle piogge si renderà sempre più pressante, causando una varietà di problemi ambientali, produttivi, sociali che questa tecnica spera di arginare in partenza. Le nubi che vediamo passare e dalle quali non cade pioggia, per cui dopo un poco si dissolvono, sono nuvole all’interno delle quali non esistono sufficienti o adeguati nuclei di condensazione, tali cioè da poter innescare la precipitazione. Se l’inseminazione ha effetto, invece, dopo pochi minuti e percorso qualche chilometro, avvengono delle precipitazioni.
Tra rischi ambientali e speranze per il futuro
In un report[2], il Comitato scientifico indipendente australiano (In Australia la pratica del cloud seeding è consentita dall’ordinamento giuridico), oltre a ribadire l’assenza di prove scientifiche di effetti sperati di tale semina artificiale, evidenzia, bensì, elevati rischi di impatto ambientale dello ioduro d’argento, come aumenti delle concentrazioni atmosferiche e terrestri di argento, che è uno dei metalli pesanti più tossici per i microrganismi d’acqua dolce, sia piante che animali, che lo assorbono in quanto presenti sotto forma di particelle sospese. Tanti altri enti accreditati affermano, invece, che gli studi non sono sufficienti a dimostrare tali ipotesi. Dopo le continue sperimentazioni da metà degli anni 80, condotte congiuntamente dalla Tecnagro e dalla israeliana EMS, una sussidiaria di Mekorot Water Company, la giunta pugliese guidata da Raffaele Fitto varò il programma a ioduro di argento che, avviato nel 2004, contò su 3.615.198,29 euro di spesa pubblica. Sfortunatamente, il cronoprogramma del Commissario Fitto mostra che gli aerei hanno sorvolato la Puglia nei mesi di novembre, dicembre, gennaio, febbraio e marzo, il periodo invernale precedente, quando la siccità non risultava essere stata registrata da nessun osservatorio. Nonostante in sede sperimentale e pluriregionali oltre allo ioduro di argento siano state utilizzati altri prodotti, non ci sono dati né è ancora pervenuto un report circa l’impatto di questi anni di inquisizione delle nuvole circa il loro comportamento che, secondo qualche ipotesi, potrebbe precisamente aver contribuito a condizionare l’attuale situazione di disagio ambientale di siccità e alte temperature che proprio le regioni del meridione vivono.
Vi sono vari articoli accademici e report che evidenziano critiche e ambiguità relative sia all’impatto sociale sia alla mancanza di prove di efficacia al cospetto delle aspettative in varie zone dove questa attività è da anni messa in pratica a disconoscimento della popolazione, come è accaduto in vari stati dell’India[3] a fronte di un’ampia fase di sperimentazione. Tuttavia, la pratica è stata modificata e migliorata a livello di impiego di strumenti tecnologici: è il drone il capofila di una rivoluzione tecnologica che lo vede riferimento pratico nella scienza meteorologica – e non più, esclusivamente, nell’arte della guerra.
Casi al limite: un sollievo tanto atteso?
I ricercatori del Max Planck Institute prevedono che entro il 2050 le temperature estive di alcune zone mediorientali e nordafricane rimarranno superiori ai 30ºC durante la notte e saliranno a 46ºC nelle stagioni più calde. Quest’anno, queste condizioni estreme sono già state superate in Nord America, dove, precisamente nella Death Valley, lo scorso 9 luglio si sono registrati oltre 54°C di giorno e 42° durante la notte, ma anche in Italia con i 49° di Agrigento. Nel mentre, alluvioni e inondazioni interessano il continente europeo e sempre più pericolosi incendi l’emisfero australe. Anche paesi che da sempre sperimentano condizioni climatiche non facilmente sopportabili, si trovano, al tempo dell’Olocene, in situazioni di difficoltà dovute alla gestione di una crescente siccità e delle sue conseguenze. La Siria è il caso emblematico di una migrazione dovuta alla siccità che imperversa sempre più, assieme a disastri e incendi. Peraltro, non mancano correlazioni fra fattori bellici e crisi climatica dovuta alla siccità e a problemi di coltivazione persistenti. Così anche l’Australia, che spera di ridurre il fenomeno della siccità che coinvolge molte aree agricole continuando ad investire in ricerche che al momento hanno prodotto risultabili tendenzialmente positivi ma ambigui. Un altro caso estremo è quello degli EAU: la piovosità media negli Emirati Arabi Uniti è inferiore a 10 centimetri annui ed è destinata a ridursi ancora di più nel tempo.
Al fine di ricostituire le falde acquifere e abbassare le temperature torride, i 7 Emirati hanno investito circa 15 miliardi di dollari in nove progetti di “sfruttamento” delle piogge tramite i droni sin dal 2017. Con i droni è possibile individuare meglio le aree più sensibili alla sollecitazione delle sostanze utilizzate per condensare la pioggia, ed esse sono anche quelle sufficientemente cariche di molecole d’acqua sospese senza superare dei limiti che se oltrepassati contribuirebbero a far realizzare precipitazioni troppo abbondanti e pericolose. Inoltre, i droni sono più efficacemente impiegati rispetto a degli aerei. Così, dall’inizio del 2021, il National Center of Meteorology di Abu Dhabi ha condotto 126 test di cloud seeding, dal costo di 40 milioni di dollari, ottenendo buoni risultati in termini di precipitazione. Sufian Farrah, meteorologo del centro, è sicuro che la tecnica non comporterà rischi né per il clima dell’area, né per la popolazione, e si dice orgoglioso della possibilità di limitare la siccità senza creare quantità pericolose di acqua piovana. Tra i primi effetti dell’uso di droni c’è il risultato che nelle città interessate, in questi ultimi giorni, si sono sviluppati temporali con raffiche di vento considerati di grado “elevato”, tanto che è stato anche emanato un avviso di criticità idrogeologica. Il Centro Nazionale di Meteorologia ha rivelato che la maggior parte dei temporali sono dovuti proprio alle operazioni in questione, per un aumento delle piogge di entità variabile tra 15 e 35% in un periodo tradizionalmente a bassissima caduta di precipitazioni.
Tuttavia, Janos Pasztor, membro anziano del Carnegie Council e direttore esecutivo della Carnegie Climate Geoengineering Governance Initiative, avverte che “tale modifica del clima non ‘produce’ pioggia in quanto tale. Piuttosto, fa piovere in un certo luogo, invece che da qualche altra parte. Tradotto: gli ecosistemi e le persone che vivono altrove, dove avrebbe piovuto naturalmente, saranno privati a loro volta di pioggia. Un gioco a somma 0 che aggrava, insomma, il caos meteorologico e ambientale che opera uno sconvolgimento sempre più evidente in tutte le aree del globo più vulnerabili. Intanto, un ampio giro di investimenti caratterizza questa innovazione dal carattere anche geopolitico, come prova il progetto marocchino “Al-Ghait” che ha convinto nel corso degli anni sia Burkina Faso che Senegal.
In Cina, invece, hanno deciso di utilizzare un ex drone militare per salvare il clima partendo dai ghiacciai, dopo aver raggiunto il primato per il ricorso all’inseminazione delle nuvole nelle zone più aride, come per la capitale. La nuova acclamata risorsa cinese è il Ganlin-1 (dal cinese “Dolce pioggia”), e la sua missione quella di catalizzare le piogge artificiali nella regione nord-occidentale del paese, dove la catena montuosa dei monti Qilian subisce gli effetti dei cambiamenti climatici, tra cui aridità e siccità. Questo permette all’ormai celebre unmanned aerial vehicle di sorvolare buona parte della regione i cui ghiacciai destano preoccupazioni per la sicurezza ambientale e nazionale. E’ un debutto nel campo per l’Impero Celeste ma la sua tecnologia sta già guidando il mondo in questo campo», ha detto il direttore dell’ufficio provinciale di modifica del clima artificiale del Gansu[4]. L’iniziativa sui monti Qilian non è isolata, bensì il frutto di numerose e dispendiose sperimentazioni condotte sin dalla salita alla guida del grande paese asiatico di Xi Jinping.
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La più sofisticata tecnologia dimostra di poter approcciare, con sostegno scientifico, alcune manifestazioni tanto perverse quanto ineluttabili che la natura ha sul sistema di vita e di sviluppo umano in un periodo in cui l’antropizzazione della stessa ne esacerba l’intensità di reazione. Non solo, il disastro Chernobyl offre spunto per intravedere ottime opportunità di utilizzo della tecnica per accelerare la bonificazione di un territorio devastato dalle conseguenze di errori umani. Resta da approfondire, in maniera importante e aprioristicamente, l’ambito degli effetti che questi tentativi di gestione artificiale dei climi hanno sull’ambiente, la demografia e le capacità produttive e rigenerative dell’ecosfera, sulle prospettive di benessere civile, sulla demografia dei paesi interessati, chiarendoli. E’ da considerarsi fondamentale capire come questa nuova avanguardia di antropizzazione possa impattare il sistema di sostenibilità climatica che, a piccoli, indecifrabili e spesso incoerenti passi, stiamo costruendo forti della consapevolezza di dover trasformare radicalmente il nostro rapporto con la natura. Non possiamo non interrogarci su qualsivoglia risvolto scientifico, climatico, biologico, produttivo, sociale, sanitario, che ogni mossa, sia a livello individuale che a livello istituzionale, può avere sull’intero ordine globale. La crisi spesso si autoalimenta facilmente, ma questa parte di realtà nasconde ai nostri occhi un ventaglio infinito di possibilità di rigenerazione. E’ questo il tempo per ancorarsi ad esse con spirito critico e lucidità, pretendendo trasparenza ed etica ambientale da parte di ogni attore. Solo operando assieme, scienza ed etica possono assieme ricostruire fonti di speranza e, al contempo, mobilitare nuova e più solida fiducia verso l’innovazione e le sperimentazioni che hanno da sempre costituito le fondamenta del progresso umano.
Note
[1]https://www.ilmessaggero.it/mondo/dubai_droni_pioggia_afa_temporale_ultime_notizie_news-6104202.html
[2] https://www.colongwilderness.org.au/campaigns/save-kosciuszko-national-park/briefing-on-the-proposed-cloud-seeding-kosciuszko-national-park
[3] Per approfondire il tema nel continente indiano si veda: Dash, Biswanath. “Rain Enhancement Technology: Making Sense of the ‘Cloud Seeding’ Program in India.” Bulletin of Science, Technology & Society 39, no. 3–4 (October 2019): 33–42. https://doi.org/10.1177/0270467620963708.
[4] https://www.repubblica.it/green-and-blue/2021/01/07/news/in_cina_decolla_l_aereo_per_le_piogge_artificiali-281508740?ref=fbpr&fbclid=IwAR3SUMASvOyD5UWL-v2RjxRsVU-Jo069rdslePzOpFkMjY3QILRCumVS7HI
Foto copertina:Un aereo che semina le nuvole vola sopra il Dakota del Nord. Lo ioduro d’argento viene fatto cadere in nuvole super raffreddate e piene di liquido per brillamento. (Foto fornita da Weather Modification International)