L’Irlanda è spessa descritta, a torto, come uno dei paesi più cattolici del mondo, ma negli ultimi anni molte battaglie culturali, dall’omosessualità all’aborto, sono state vinte dai liberali, mentre aumenta l’irreligiosità e crollano le vocazioni.
22 maggio 2015, 18 gennaio 2016, 14 giugno 2017 e 25 maggio 2018, queste sono le date più importanti della storia recente irlandese, che hanno consacrato l’avviamento del paese verso una società post-cristiana, dopo secoli di egemonia culturale cattolica.
La prima data riguarda il referendum costituzionale sulla legalizzazione dei matrimoni omosessuali, passato con il 62,1% dei voti favorevoli [1], la seconda data riguarda la piena entrata in vigore della legge sulle adozioni per coppie omosessuali, la terza data riguarda l’insediamento a capo del governo di Leo Varadkar, esponente apertamente omosessuale di origini indiane del partito (ex) conservatore Fine Gael [2], mentre l’ultima data, quella più recente, riguarda il referendum costituzionale per l’abrogazione dell’ottavo emendamento, che dal 1983 permette l’aborto soltanto in caso di gravi rischi per la salute della madre, investendo il feto e la gestante di un uguale diritto alla vita, passato con il 66,4% dei suffragi favorevoli [3].
L’Irlanda, consacrata interamente al cattolicesimo nel quinto secolo dopo Cristo per opera di san Patrizio, patrono nazionale, è spesso definita una delle nazioni più cattoliche del mondo, ma l’insieme di questi eventi, avvenuti in un lasso di tempo relativamente breve, sembrano confutare questa descrizione.
Varadkar ha definito il cambiamento radicale nella mentalità e nelle attitudini degli irlandesi riguardo temi come la famiglia, l’aborto e l’omosessualità, come una rivoluzione sociale, avvenuta pacificamente nel corso dell’ultimo ventennio [4].
È, infatti, a partire dagli anni ’90 che l’egemonia culturale cattolica ha iniziato a frammentarsi, ad un ritmo sempre più sostenuto nei primi anni 2000, a causa dell’esplosione di gravissimi scandali sessuali che hanno coinvolto le arcidiocesi di Dublino e di Tuam, le diocesi di Limerick, Raphoe, Cloyne e Ferns, ed un centinaio di entità fra istituti religiosi, congregazioni e seminari [5].
In principio fu Brendan Smyth, un prete nordirlandese accusato e condannato nel 1994 per 17 abusi accertati, avvenuti tra Belfast, Dublino e Stati Uniti negli anni del sacerdozio, in seguito saliti a 74. I tentativi dell’allora primo ministro Albert Reynoalds di evitare e ritardare l’estradizione di Smyth a Belfast causarono la caduta del governo, dando inizio ad una stagione – ancora oggi ininterrotta, di attenzione mediatica, sociale e politica sul tema degli abusi da parte di uomini chiesa.
Nel 1999 il governo Ahern istituì una commissione d’inchiesta, mediaticamente ribattezzata la commissione Ryan, per quantificare il fenomeno degli abusi a partire dal 1936. Il lavoro della commissione risultò in un rapporto di 2500 pagine, basato su 1090 testimonianze, pubblicato nel 2009, denunciante oltre 1500 abusi, soprattutto fisici e sessuali, compiuti in larga parte in strutture scolastiche rette da religiosi. Oltre 800 persone coinvolte direttamente negli abusi in più di 200 istituti, dagli anni ’70 all’epoca dei lavori della commissione [6].
Sullo sfondo della commissione Ryan, lo scandalo della pedofilia e degli abusi nel mondo cattolico si allargò ulteriormente per via dei concomitanti documentari “Sex Crimes and the Vatican” e “Suing the Pope” trasmessi dalla BBC, dell’inchiesta governativa sulla diocesi di Ferns, del rapporto McCoy sulla congregazione dei Fratelli Cristiani, e del rapporto Murphy sull’arcidiocesi di Dublino, cambiando profondamente la percezione dell’istituzione-chiesa nell’immaginario collettivo irlandese, anche alla luce delle evidenze riguardanti i tentativi della gerarchia ecclesiastica di insabbiare i fatti e dell’atteggiamento poco collaborativo mantenuto dalla Santa Sede [7].
Il rapporto Murphy sull’arcidiocesi di Dublino ottenne un clamore mediatico e un’indignazione popolare ancora maggiori del rapporto Ryan, accertando il coinvolgimento di oltre 150 membri, fra preti diocesani e altri religiosi, dell’arcidiocesi negli abusi e nell’insabbiamento, denunciando l’esistenza di un clima di connivenza e collusione sin dai tempi di John McQuaid, storico arcivescovo della capitale dal 1940 al 1972.
Secondo Matthew Fox, saggista ed ex domenicano, autore di numerosi libri di teologia e sulla chiesa cattolica, tra cui “La guerra del papa”, lo scandalo della pedofilia e degli abusi è costato alla chiesa irlandese circa un miliardo di euro in risarcimenti a 13mila vittime [8].
Le ricadute monetarie sono soltanto una parte delle conseguenze degli scandali degli abusi, perché la chiesa irlandese, sino agli anni ’90 considerata l’istituzione sociale più prestigiosa da parte degli irlandesi, ha perso soprattutto in termini di credibilità e fiducia, alimentando un rapido e traumatico processo di secolarizzazione, di cui i matrimoni e le adozioni omosessuali, l’aborto e Leo Varadkar rappresentano la foce naturale.
Sebbene il numero delle donne irlandesi in viaggio verso la Gran Bretagna per abortire sia diminuito negli anni, dai circa 7mila casi censiti nel 2001 ai 3265 del 2016 [9] [10], la causa abortista ha assunto i caratteri di una battaglia culturale guidata dalla società civile in rivolta contro un ordine, quello cattolico, ritenuto anacronistico e non più meritevole d’ascolto su temi etico-morali, alla luce della gravità e della vastità degli scandali che hanno investito l’intera struttura ecclesiastica.
Il leitmotiv della campagna abortista diventa Savita Halappanavar, una dentista di origini indiane morta il 28 ottobre 2012 in seguito ad una setticemia non diagnosticata, generata dalle complicanze di una richiesta di aborto rifiutata dallo staff medico dell’ospedale universitario di Galway. Le reazioni del mondo politico e della società civile sono immediate e a senso unico, tendenti ad una radicale riforma della legislazione all’epoca vigente, mentre l’hashtag #Repealthe8th diventa virale sulle principali piattaforme sociali mondiali, come Facebook, Twitter e Instagram, utilizzando sia da persone comuni, che politici, attivisti e celebrità.
La campagna abortista ottiene un grande seguito popolare e viene avallata dai principali partiti politici (socialisti, verdi, laburisti, Sinn Féin), dal primo ministro Leo Varadkar, dal mondo editoriale e da numerose istituzioni, sindacati, associazioni e movimenti civili, tra cui Abortions Rights Campaign, Irish Council for Civil Liberties, Irish Family Planning Association, Union of Students in Ireland, SIPTU, Inclusion Ireland, University College Dublin Students’ Union, National Women’s Council for Ireland, che insieme danno vita all’organizzazione ombrello Together for Yes [11].
La campagna riceve anche l’appoggio delle principali entità nazionali nell’ambito medico, ossia l’istituto degli ostetrici e dei ginecologi e il collegio reale dei medici irlandesi, ma è soprattutto il pubblico supporto ricevuto dalle celebrità della musica e dello spettacolo occidentali che aiuta la causa a riscuotere visibilità internazionale; tra questi: gli U2, Emma Watson, Niall Horan, Russell Crowe, Liam Neeson, Sam Neill, Gary Lineker, Graham Linehan e Dermot O’Leavy [12] [13].
A simboleggiare la deriva post-cristiana dell’Irlanda è soprattutto la composizione del fronte provita, ridotto in termini numerici e scarsamente visibile a livello mediatico e di mobilitazione popolare. La lotta antiabortista è stata capeggiata dalla conferenza episcopale irlandese, con la collaborazione di altri corpi religiosi, come la chiesa presbiteriana, il corpo di Orange e il centro culturale islamico irlandese, di piccole forze politiche, come Renua Ireland e il Partito Nazionalista, dall’istituto per la vita e da alcune piccole associazioni, tra cui Youth Defence, Precious Life e Cherisch all the children equality [14] [15] [16] [17].
Sebbene le due principali forze politiche nazionali, il Fianna Fail e il Fine Gael, non abbiano preso delle posizioni ufficali di partito per via della libertà di scelta e coscienza dei propri membri, Varadkar è stato tra i capifila del Together for Yes.
La campagna mediatica è stata inoltre viziata dal timore delle ingerenze straniere nell’influenzare percezioni e decisioni dei votanti. La commissione Standards in Public Office ha accertato che Amnesty International Irlanda, Irish Family Planning Association e Abortion Rights Campaign hanno ricevuto, insieme, circa 300mila euro dall’Open Society Foundation di George Soros per finanziare le loro campagne pro-scelta, in violazione della legge nazionale che proibisce ad organizzazioni impegnate in attività elettorali e referendarie di ricevere denaro dall’estero [18] [19].
Sempre la precauzione nei confronti di possibili interferenze straniere ha spinto Google a vietare ogni tipo di pubblicità legata al referendum sulla propria piattaforma, mentre Facebook ha vietato gli annunci provenienti dall’estero. Entrambe le mosse sono state accusate dal fronte antiabortista di danneggiare la loro campagna referendaria, già penalizzata dallo scarso spazio mediatico ricevuto in patria [20].
La vittoria del fronte abortista ha dato immediatamente luogo all’avvio delle discussioni parlamentari in merito l’abrogazione dell’ottavo emendamento che, secondo Varadkar, dovrebbero risultare entro la fine dell’anno in una legge che consenta un aborto, in ogni circostanza, entro il primo trimestre e, in casi particolari di rischi per la salute della gestante, entro le 24 settimane.
Le percentuali dei suffragi relativi la legalizzazione dei matrimoni omosessuali e dell’aborto offrono una lettura molto interessante della concezione della religione in Irlanda: oltre il 60% dei votanti ha in entrambi casi votato favorevolmente, sebbene nel 2016 circa l’87% della popolazione si dichiarasse credente e di appartenere alle principali fedi del paese (cattolicesimo, protestantesimo, ortodossia e islam).
Fra il 2002 ed il 2016 i cattolici sono passati dall’88,4% al 78,3% della popolazione, una diminuzione di dieci punti percentuali, mentre la categoria degli irreligiosi, ossia atei, agnostici e appartenenti senza credere, è aumentata dal 3,6% al 10,1% [21].
Alla luce di questi numeri e dei risultati refendari, è verosimile credere che la maggioranza dei cattolici irlandesi appartenga a quella categoria che il sociologo delle religioni Peter Berger ha definito “appartenenza senza credenza”, ossia persone che ereditano la religione dei padri e della patria, ma senza acquisire la fede, quindi non incorporandone il relativo codice comportamentale, valoristico ed etico-morale – in un contesto simile si potrebbe quindi spiegare la contraddizione in termini del considerarsi cattolico, ma nei fatti essere laico [22].
Indicatore della secolarizzazione del paese è anche la festa di san Patrizio, trasformatasi da una celebrazione religiosa esaltante l’identità cattolica nazionale in Irlanda e nelle comunità diasporiche all’estero, soprattutto negli Stati Uniti, ad una festa laica esportata e commercializzata in diversi paesi occidentali come momento di svago, divertimento e abuso di alcolici, totalmente depurata del suo carattere originario [23].
Secondo un rapporto elaborato da Noelia Molina per Vocations Ireland nell’ottobre 2017 [24], l’aumento dell’irreligiosità, soprattutto fra i più giovani, la secolarizzazione della società e del pensiero ed il crollo delle vocazioni, in ogni ordine e congregazione, sono conseguenze dirette degli scandali che hanno destabilizzato la chiesa nazionale dall’interno nei primi anni 2000, creando una sorta di disordine post-traumatico da stress in una società storicamente identificasi con il cattolicesimo.
Il rapporto ha fornito anche dei suggerimenti alla chiesa nazionale su come uscire dalla crisi:
- La necessità di combattere la cultura del clericalismo, fonte di lotte di potere per la conservazione dei ruoli all’interno della gerarchia ecclesiastica e allo stesso tempo causa della miopia del clero, incapace di comprendere la profondità del processo di secolarizzazione in atto
- L’opportunità offerta dalle generazioni nate dopo gli scandali, raccoglibile attraverso una nuova evangelizzazione che riavvicini i giovani alla fede e alla chiesa
Se i suggerimenti forniti dal rapporto Molina dovessero funzionare, aiutando la chiesa cattolica a trasformare il relativismo culturale, la cultura liberale, il materialismo ed il culto dell’ego in delle opportunità di risveglio religioso, l’Irlanda post-secolarizzata potrebbe ritornare al cattolicesimo ma, fino ad oggi, la tendenza sembra inarrestabile.
Fonti:
[1] Degli Innocenti, N. La cattolica Irlanda dice sì ai matrimoni gay, Il Sole 24 Ore, 23/05/2015
[2] O’Regan, M.; O’Halloran, M., Leo Varadkar becomes youngest ever Taoiseach, The Irish Times, 14/06/2017
[3] Irlanda, referendum aborto: il sì vince con il 66,4%, Il Messaggero, 25/05/2018
[4] Pignatelli, M. Aborto, la «rivoluzione tranquilla» dell’Irlanda che sfata un altro tabù, Il Sole 24 Ore, 27/05/2018
[5] La ricostruzione degli abusi, dal caso di Brendan Smyth al rapporto Murphy, è stata ampiamente trattata da Andrzej Kobylinski in “Il dramma degli abusi sessuali sui minori nella chiesa cattolica d’Irlanda”, consultabile qui: https://www.academia.edu/34851257/Il_dramma_degli_abusi_sessuali_sui_minori_nella_Chiesa_cattolica_d_Irlanda
[6] The savage reality of our darkest days, The Irish Times, 21/05/2009
[7] I risultati della commissione Murphy: http://www.justice.ie/en/JELR/Pages/PB09000504
[8] Matthew Fox. La guerra del Papa. Perché la crociata segreta di Ratzinger ha compromesso la Chiesa (e come questa può essere salvata), Fazi, Roma 2012
[9] Life choices, The Economist, 24/01/2002
[10] Harris, S. Rapporto sulla Commissione sull’ottavo emendamento della costituzione, Ministero della Salute, 17/01/2018
[11] Membri dell’organizzazione ombrello Together for Yes: https://www.togetherforyes.ie/about-us/campaign-platform-members/
[12] Kelly, A. Russell Crowe, Sam Neil, Niall Horan, Dermot O’Leary among celebs calling for Yes vote in referendum, The Independent, 30/05/2018
[13] Vites, P. Se Bono e compagni si schierano per l’aborto libero nel referendum irlandese, Il Sussidiario, 06/05/2018
[14] Bardon, S. Renua Ireland to identify as anti-abortion party, The Irish Times, 30/03/2017
[15] ‘Sinn Féin is an absolute disgrace‘, The Journal, 24/04/2018
[16] McGarry, P. Islamic spokesman calls for No vote in abortion referendum, The Irish Times, 22/05/2018
[17] Stunning hypocrisy: Orange Order says “no” to abortion referendum in Ireland, Irish Central, 24/05/2018
[18] Bardon, S. Amnesty International ordered to return donation from billionaire George Soros, The Irish Times, 08/12/2017
[19] McQuinn, C. Explainer: Who is George Soros and why has he been dragged into abortion row?, The Independent, 13/12/2017
[20] Lozito, F. L’Irlanda divisa vota sull’aborto. Le donne e Dublino trascinano il “Sì”, La Stampa, 24/05/2018
[21] Percentuali fornite dai censimenti della popolazione del 2002 e del 2016, consultabili qui:
- https://www.cso.ie/en/media/csoie/census/documents/vol12_entire.pdf
- https://www.cso.ie/en/media/csoie/census/census2016/2016censusforms/65995_English_Household_2016_New_Version_Do_Not_Complete.pdf
[22] Rapporto Molina sulla religione in Irlanda, vedi sotto
[23] Hamilton, B. St. Patrick’s Day: The Irish day that’s not so Irish, CBC, 17/03/2016
[24] Rapporto consultabile qui: http://www.vocationsireland.com/wp-content/uploads/2017/11/vocationIrelandBrochure.pdf
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