In un discorso alla Tv israeliana, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che Israele è impegnata su sette fronti: Hamas a Gaza, Houthi nello Yemen, Cisgiordania, Hezbollah in Libano, le milizie sciite in Iraq e Siria e l’Iran.
Netanyahu vuole andare fino in fondo nella lotta contro i “nemici di Israele”. La congiuntura internazionale è favorevole nonostante le tante critiche nei confronti delle operazioni israeliane. In attesa che venga eletto il prossimo presidente degli Stati Uniti, Israele cerca di risolvere la questione una volta per tutte. L’obiettivo dichiarato è rovesciare gli Ayatollah in Iran e spezzare l’Asse della Resistenza. Per farlo Tel Aviv ha aperto 7 fronti.
Gaza: l’offensiva di Hamas
Il fronte di Gaza rimane il più vicino e il più immediato per Israele. Le milizie di Hamas e della Jihad Islamica rappresentano una minaccia costante con lanci di razzi, tunnel sotterranei e incursioni lungo il confine. Negli ultimi anni, l’escalation è stata rapida, con episodi di violenza su larga scala che hanno coinvolto non solo i militanti palestinesi, ma anche la popolazione civile di entrambe le parti. La risposta di Israele è stata severa, con operazioni militari e bombardamenti, ma il ciclo di violenza sembra senza fine.
Libano: Hezbollah, la minaccia nordica
Sul fronte settentrionale, Hezbollah rappresenta uno dei maggiori pericoli per la sicurezza israeliana. Questa milizia sciita libanese, sostenuta e armata dall’Iran, ha sviluppato una capacità militare impressionante negli ultimi decenni, con migliaia di razzi e missili puntati verso Israele. Nel 2006, Israele e Hezbollah si sono scontrati in una breve ma devastante guerra, e da allora la tensione è rimasta alta. Un conflitto aperto con Hezbollah potrebbe facilmente degenerare in una guerra regionale, coinvolgendo anche la Siria e altri attori locali.
Houthi nello Yemen: il rischio di un conflitto indiretto
Pur geograficamente distante, il conflitto yemenita rappresenta un’ulteriore minaccia indiretta per Israele. I ribelli Houthi, sostenuti dall’Iran, hanno dimostrato di essere in grado di lanciare missili a lungo raggio contro obiettivi strategici nella regione, inclusi gli interessi israeliani. Sebbene gli Houthi non abbiano ancora attaccato direttamente Israele, la loro capacità militare in crescita e la loro affiliazione con Teheran li rendono un attore da tenere sotto controllo. Un’eventuale azione da parte di Israele contro obiettivi iraniani potrebbe scatenare una reazione anche da questo fronte.
Siria: la base avanzata dell’Iran
Dopo anni di guerra civile, la Siria rimane uno dei principali teatri di operazioni militari per Israele. Le forze iraniane e quelle di Hezbollah sono presenti nel Paese a sostegno del regime di Bashar al-Assad, e Israele ha ripetutamente condotto raid aerei contro convogli di armi destinati a Hezbollah o contro basi militari iraniane. La situazione siriana è estremamente volatile, con il rischio che un conflitto diretto tra Israele e le forze iraniane in Siria possa innescare un’escalation regionale.
Le milizie sciite in Iraq e Siria: proxy dell’Iran
Anche in Iraq, le milizie sciite filo-iraniane rappresentano un potenziale fronte di conflitto per Israele. Queste forze, molte delle quali sono legate alle Unità di Mobilitazione Popolare (PMU), hanno acquisito una grande influenza politica e militare nel Paese dopo la guerra contro l’ISIS. Israele teme che queste milizie possano essere utilizzate da Teheran per colpire obiettivi israeliani o per trasportare armi e missili attraverso la Siria e l’Iraq fino al Libano. La possibilità di attacchi missilistici contro Israele da parte di queste milizie è una preoccupazione crescente per Netanyahu e per i vertici della difesa israeliana.
Il Golfo Persico e la minaccia degli attacchi iraniani
Un ulteriore fronte di potenziale conflitto è rappresentato dalle acque del Golfo Persico, dove Israele ha intensificato la sua cooperazione con i Paesi arabi sunniti, come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, nell’ottica di contrastare la crescente influenza iraniana. Sebbene non si tratti di un teatro di guerra attivo per Israele, le tensioni nel Golfo, tra sabotaggi a petroliere e attacchi a installazioni petrolifere, rappresentano un rischio di escalation. Israele, nel suo nuovo asse con gli stati arabi, è fortemente coinvolto nella strategia di contenimento dell’Iran, creando così una potenziale fonte di attrito e scontri futuri.
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Iran: il nemico strategico
L’Iran è il principale avversario geopolitico di Israele nella regione. Da anni, Teheran porta avanti il suo programma nucleare, che Israele considera una minaccia esistenziale. Netanyahu ha fatto della lotta contro l’Iran una priorità assoluta, con attacchi mirati alle infrastrutture militari iraniane, operazioni di sabotaggio e cyber-attacchi. Il timore di un conflitto aperto tra Israele e Iran è costante, con possibili ripercussioni che coinvolgerebbero anche le potenze globali, come Stati Uniti, Russia e Cina. La tensione tra i due Paesi è alimentata non solo dalla questione nucleare, ma anche dalla presenza iraniana in Siria e dal sostegno alle milizie sciite in tutto il Medio Oriente.
Conclusione
Benjamin Netanyahu deve affrontare una realtà strategica estremamente complessa, con Israele potenzialmente coinvolto su ben sette fronti di guerra, ciascuno con le proprie dinamiche e attori. La politica di contenimento e prevenzione portata avanti dal governo israeliano si basa su una combinazione di deterrenza militare, alleanze strategiche e operazioni segrete. Tuttavia, il rischio che una di queste crisi degeneri in un conflitto su larga scala è elevato. La sfida per Netanyahu sarà quella di evitare che questi fronti, attualmente contenuti, si trasformino in un’unica grande guerra regionale, con conseguenze imprevedibili per la sicurezza di Israele e l’intera stabilità del Medio Oriente.
Foto copertina: mappa del Medio Oriente con i sette fronti di guerra aperti da Israele