Jakub Jankto e il coraggio di fare coming out nel mondo del calcio


Tramite un video pubblicato sui social network, Jakub Jankto, centrocampista dello Sparta Praga e della Repubblica Ceca, ha dichiarato pubblicamente di essere omosessuale.


 «Sono omosessuale e non voglio più nascondermi»: sono queste le parole con cui lo scorso 13 febbraio Jakub Jankto ha chiuso il video di 44 secondi, rilasciato sui suoi profili social[1], in cui ha fatto coming out. Una chiosa rafforzativa del concetto espresso subito prima: «Voglio vivere la mia vita liberamente. Senza paura. Senza pregiudizi. Senza violenza. MA con amore».
Il centrocampista dello Sparta Praga, in prestito dal Getafe e con un lungo trascorso in Italia[2], e della Nazionale ceca, con la quale ha disputato l’Europeo del 2021, si è dimostrato ben conscio della portata della sua decisione, volta a infrangere un tabù atavico nello sport e, in particolare, nel calcio. Non è un caso che, alla fine della dichiarazione di Jankto, sia comparsa una scritta eloquente, «This is not an entertainment. The purpose of this video is to encourage others» («Questo non è uno spettacolo. Lo scopo di questo video è di incoraggiare gli altri»), che fa capire quanto, ancora oggi, sia difficile poter essere semplicemente se stessi, dovendo fare i conti con un ambiente connotato dai termini chiave citati nel video, «paura», «pregiudizi» e «violenza», che impedisce di poter vivere liberamente e serenamente la propria vita e la propria professione.

Omosessualità e superficialità

Il coming out di Jankto è senza alcun dubbio un atto coraggioso, giacché compiuto in un contesto pervaso da un machismo esasperato, in cui, nella migliore delle ipotesi, il tema dell’omosessualità viene trattato con un’ingiustificabile superficialità. In tal senso, l’esempio più recente risale a ottobre 2022, quando Iker Casillas – ex portiere di Real Madrid, Porto e Spagna – scrisse su Twitter un inequivocabile messaggio: «Rispettatemi, sono gay». Tuttavia, dalla successiva risposta di Carles Puyol – suo ex compagno di Nazionale e bandiera del Barcellona –, «È arrivato il momento di raccontare la nostra storia», risultò evidente che si trattasse di una goliardata mal riuscita, “pensata” da Casillas per mettere a tacere i gossip riguardanti le sue relazioni dopo la fine del matrimonio con la giornalista Sara Carbonero.
Accortosi della sgradevole situazione che aveva generato, l’ex portiere, dopo aver eliminato il tweet “incriminato”, ha goffamente tentato di giustificarsi: «Account hackerato. Per fortuna tutto in ordine. Mi scuso con tutti i miei follower. E, naturalmente, le scuse maggiori vanno alla comunità LGBT». Anche Puyol, finito parimenti nell’occhio del ciclone, ha provato a discolparsi su Twitter: «Ho fatto un errore. Scusate per lo scherzo goffo, senza cattive intenzioni e totalmente fuori luogo. Capisco che potrebbe aver danneggiato le sensibilità. Tutto il mio rispetto e supporto per la comunità LGBTIQA+».

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L’omosessualità come insulto

Un’ulteriore testimonianza dell’importanza del gesto di Jankto è rintracciabile nelle numerose affermazioni sull’argomento di tanti personaggi di spicco nel panorama calcistico.
Nel mezzo dell’Europeo del 2012, Antonio Cassano – numero 10 dell’Italia che di lì a breve si sarebbe laureata vice-campione d’Europa –, “interrogato” in merito alla possibile presenza nella rosa della Nazionale di due omosessuali, un bisessuale e tre metrosessuali[3], aveva risposto come peggio non avrebbe potuto: «Sono froci? Problemi loro, speriamo che non ci siano veramente in Nazionale». La postilla «me la cavo così, se no sai gli attacchi da tutte le parti» rese ancora più increscioso il pensiero di Cassano, incapace di percepire la gravità delle sue parole.
Malgrado l’indignazione generale e la multa di 15.000 euro sancita dalla UEFA nei confronti del giocatore, in Italia seguirono dichiarazioni certamente meno grossolane nei toni, ma non troppo dissimili nei fatti, che contribuirono a rafforzare il muro di omertà esistente nel calcio: Damiano Tommasi[4], allora presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, mise in discussione l’utilità di un coming out, chiedendosi se non giovasse «solo a chi scrive e fa titoli per fare scalpore e cercare la polemica», trasformando, nel contempo, colui che era uscito allo scoperto in una «macchietta». In precedenza, lo stesso Tommasi aveva già detto che «il coming out è da sconsigliare» poiché «nel nostro mondo si potrebbe creare imbarazzo», ponendosi in antitesi con Cesare Prandelli – a quel tempo commissario tecnico della Nazionale italiana –, il quale aveva auspicato che nel calcio e nello sport «ognuno deve vivere liberamente se stesso, i propri desideri e i propri sentimenti».
Chi ha cercato di emulare Cassano è stato Maurizio Sarri – attuale allenatore della Lazio –, che nel 2016, quando era alla guida del Napoli, fu protagonista di un duro scontro verbale durante una partita di Coppa Italia con Roberto Mancini – oggi CT dell’Italia, all’epoca tecnico dell’Inter –, definito «frocio» e «finocchio» dal collega per aver chiesto spiegazioni al quarto uomo sui minuti di recupero assegnati dall’arbitro. L’utilizzo dell’omosessualità come insulto non era però un inedito per Sarri, colpevole già nel 2014 di un’esternazione a dir poco infelice nel post-gara di Serie B tra il Varese e il suo Empoli: «Il calcio è diventato uno sport per froci. Abbiamo subìto il doppio dei falli, ma abbiamo avuto più gialli noi. È uno sport di contatto e in Italia si fischia molto più che in Inghilterra con interpretazione da omosessuali»[5].
Non può stupire, quindi, che il calcio italiano abbia dimenticato per quasi un secolo il nome di Carlo Carcano. Allenatore della Juventus nel periodo del “Quinquennio d’oro”[6], nonché vice di Vittorio Pozzo, CT dell’Italia, nel vittorioso Mondiale casalingo del 1934, fu allontanato improvvisamente dal club nel dicembre 1934, con i bianconeri in piena corsa per aggiudicarsi il quinto campionato consecutivo, ufficialmente per motivi personali. In realtà, il provvedimento del presidente Edoardo Agnelli fu dovuto alle voci, sempre più pressanti, sulla presunta omosessualità di Carcano, un “reato” non ammissibile in epoca fascista[7].
Il tecnico avrebbe dovuto attendere la fine della Seconda guerra mondiale per sedere nuovamente su una panchina di Serie A – allenò l’Inter dal 1945 al 1948 –, mentre solo nel 2014 la FIGC gli avrebbe conferito il riconoscimento alla memoria inserendolo nella Hall of Fame del calcio italiano.
Allargando l’orizzonte all’estero, negli anni Novanta destò scalpore la storia del difensore inglese Graeme Le Saux[8]. Benché eterosessuale, fin dagli inizi della sua carriera si diffuse la voce che in lui «c’era qualcosa di sbagliato», dato che, come ha raccontato nella sua autobiografia, aveva «interessi diversi» e non si sentiva a suo agio «nella cameratesca e machista cultura dell’alcol che era dominante nel calcio inglese di fine anni Ottanta»[9]. Il “peccato” originario di Le Saux – preso di mira pure per essere un lettore del “The Guardian”, quotidiano britannico di centro-sinistra – era stato un viaggio in tenda fatto nell’estate del 1991 con il compagno di squadra Ken Monkou. Da quel momento cominciarono le battute su «Le Saux che va in campeggio con Monkou», prodromo al coro «Le Saux, takes it up the arse» («Le Saux lo prende nel culo»), che divenne una costante negli stadi inglesi.
Il culmine di questa assurda vicenda si raggiunse nel corso di un Chelsea-Liverpool del 1999: Robbie Fowler – attaccante dei Reds[10] noto per i suoi atteggiamenti spesso sopra le righe –, dopo aver commesso fallo su Le Saux, prima gli intimò di rimettersi in piedi urlandogli «alzati, ricchione» e poi si piegò in avanti verso di lui mostrandogli il fondoschiena. Stanco per il comportamento dell’avversario e l’indifferenza dell’arbitro, Le Saux decise di farsi giustizia da sé, colpendo Fowler con una gomitata al volto a palla lontana.
Tutto ciò ha spinto Le Saux, che nella sua autobiografia ha scritto di essersi sentito sollevato il giorno del ritiro, a divenire membro dell’Inclusion Advisory Board, una commissione patrocinata dalla Football Association che si prefigge di favorire l’inclusione delle diversità nel calcio.

L’omosessualità da nascondere

Prima di Jankto erano stati pochissimi gli atleti in attività che avevano fatto pubblicamente coming out, ma nessuno aveva la notorietà del ceco: nel 2019 Andy Brennan[11] – che giocava nell’equivalente della Serie B australiana; nel 2021 Josh Cavallo[12] – che militava nell’Adelaide United in Australia; nel 2022, non ancora maggiorenne, Jack Daniels[13] – in forza al Blackpool, squadra della Championship (la seconda divisione inglese).
Altri, invece, avevano aspettato il ritiro per dichiarare il proprio orientamento sessuale: il 15 febbraio 2013 Robbie Rogers – centrocampista statunitense che poteva vantare 18 presenze e 2 reti con gli USA – fece coming out e, contemporaneamente, annunciò la fine della sua carriera agonistica – era sotto contratto con il Leeds United – ad appena 25 anni, salvo ritornare sui propri passi alcuni mesi dopo e firmare con i Los Angeles Galaxy, con cui avrebbe giocato fino al 2017; l’8 gennaio 2014 a rivelare di essere gay fu Thomas Hitzlsperger[14] – centrocampista tedesco con un fugace passato alla Lazio nel 2010 –, che aveva dato l’addio al calcio nel settembre 2013.
Due scelte corroborate in seguito dalle opinioni, affidate alle rispettive autobiografie, di due leggende: Philipp Lahm – capitano della Germania campione del mondo nel 2014 – e Patrice Evra[15] – ex, tra le altre, di Manchester United e Juventus – hanno infatti sconsigliato il coming out per scongiurare il pericolo di «insulti e diffamazioni» e perché «se da calciatore dici che sei gay, sei morto».

L’omosessualità e la violenza

La storia più tragica connessa all’omosessualità nel calcio resta quella di Justin Fashanu, il primo giocatore di fama mondiale a fare coming out. Messosi in mostra giovanissimo con il Norwich City – con cui realizzò 40 gol in 103 partite –, nel 1981 fu acquistato per la considerevole cifra di un milione di sterline dal Nottingham Forest del celebre allenatore Brian Clough[16]. Ciononostante, ai Garibaldi Reds[17] Fashanu non mantenne le aspettative, complici i continui rumors che lo vedevano come un assiduo frequentatore di «club per froci», menzionando l’autobiografia di Clough, il quale non esitò a chiamarlo «bloody poof» («dannato frocio») e a espellerlo dalla squadra.
Il rendimento di Fashanu declinò irreversibilmente, al punto che, nell’arco di alcune stagioni, si ritrovò a giocare negli Stati Uniti, in Canada e nelle serie inferiori inglesi. Nel 1990, versando in gravi difficoltà economiche, vendette l’esclusiva del suo coming out al tabloid “The Sun” per 70.000 sterline, attirandosi le feroci critiche del mondo sportivo e del fratello John, il quale, timoroso che l’omosessualità di Justin potesse rovinare di riflesso la sua carriera, lo definì «outcast» («reietto»).
Il 25 marzo 1998 Fashanu – ritiratosi l’anno precedente – fu accusato di violenza sessuale da un ragazzo diciassettenne del Maryland. Fuggito in Inghilterra, il 3 maggio fu trovato impiccato in un garage a Shoreditch, un quartiere di Londra. Lasciò un biglietto d’addio in cui, oltre a professare la sua innocenza, constatò che «essere gay e una celebrità allo stesso tempo è così difficile»[18].


Note

[1] https://www.instagram.com/p/ComnhRVqKqz/
[2] Ha indossato le maglie dell’Ascoli (in Serie B), dell’Udinese e della Sampdoria, totalizzando con i friulani e i doriani 155 partite e 17 reti in Serie A
[3] Tale supposizione era stata avanzata in un’intervista da Alessandro Cecchi Paone, il quale aveva aggiunto di aver avuto relazioni amorose con due calciatori, finite «perché temevano le reazioni dei tifosi e non si volevano dichiarare» (https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/06/12/europei-2012-cassano-froci-in-nazionale-problemi-loro-speriamo-che-non-ci-siano/261376/)
[4] Presidente dell’Associazione Italiana Calciatori dal 2011 al 2020, dal 29 giugno 2022 è sindaco di Verona, sostenuto da una coalizione di centro-sinistra
[5] https://www.eurosport.it/calcio/coppa-italia/2015-2016/maurizio-sarri-e-quel-fastidioso-precedente-in-varese-empoli-il-calcio-e-uno-sport-per-f._sto5068316/story.shtml
[6] Tra il 1931 e il 1935 la Juventus conquistò cinque scudetti di fila, quattro con la conduzione tecnica di Carcano e uno, l’ultimo della serie, con quella di Carlo Bigatto. Grazie a questi successi, Carcano ha detenuto a lungo due record per un allenatore della Serie A: il maggior numero di campionati vinti complessivamente (superato nel 1984 da Giovanni Trapattoni) e consecutivamente (primato infranto nel 2019, dopo 85 anni, da Massimiliano Allegri)
[7] https://www.ultimouomo.com/la-storia-dimenticata-di-carlo-carcano/
[8] Ha disputato dodici stagioni nel Chelsea – dal 1987 al 1993 e dal 1997 al 2003 –, quattro nel Blackburn Rovers – dal 1993 al 1997, con la vittoria della Premier League nel 1995 – e due nel Southampton – dal 2003 al 2005, anno del ritiro. Con la Nazionale inglese ha giocato il Mondiale del 1998
[9] https://www.ilpost.it/giovannifontana/2016/01/22/omofobia-e-calcio-la-storia-di-graeme-le-saux/
[10] Soprannome del Liverpool
[11] https://www.instagram.com/p/Bxbvm2Xn5F8/?utm_source=ig_embed&ig_rid=ca0b2a90-6a1e-4a2c-8f47-c1b23c40aa97
[12]https://twitter.com/AdelaideUnited/status/1453173351396958208?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1453173351396958208%7Ctwgr%5E931d4b2e422cfb2b804c08ecf76d78a0e0b29fb4%7Ctwcon%5Es1_&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.ilpost.it%2F2021%2F10%2F27%2Fjosh-cavallo-calcio-coming-out-gay%2F
[13] https://www.blackpoolfc.co.uk/news/2022/may/16/a-message-from-jake-daniels/
[14] Hitzlsperger ha vissuto la parte più importante della sua carriera allo Stoccarda, con cui ha vinto il campionato tedesco nel 2007 e di cui è stato direttore sportivo dal 2019 al 2022. Tra il 2004 e il 2010, inoltre, ha collezionato 52 presenze e 6 gol con la Germania, prendendo parte alla Confederations Cup del 2005, al Mondiale del 2006 e all’Europeo del 2008
[15] Il 9 febbraio 2023 Evra è stato condannato dal Tribunale di Parigi al pagamento di una multa in quanto responsabile di «ingiuria pubblica verso un gruppo di persone a causa del loro orientamento sessuale»: nel marzo 2019, al termine del match di Champions League che aveva visto il Manchester United battere ed eliminare il Paris Saint-Germain, aveva diffuso sui social un video in cui urlava «Parigi, siete froci, siete froci. Qui, sono gli uomini che parlano» (https://www.corrieredellosport.it/news/calcio/2023/02/09-103353543/insulti_omofobi_contro_il_psg_multa_di_1_000_euro_a_patrice_evra)
[16] La gestione di Clough (1975-1993) portò il Nottingham Forest a vincere una First Division da neopromosso (1978), due Coppe dei Campioni consecutive (1979 e 1980), una Supercoppa europea (1979), quattro Coppe di Lega (1978, 1979, 1989 e 1990) e una Charity Shield (1978)
[17] Soprannome del Nottingham Forest
[18] La breve vita di Fashanu è stata raccontata nel film documentario del 2017 Forbidden Games: The Justin Fashanu Story


Foto copertina: Jakub Jankto