La Corte Costituzionale: principi e funzioni


L’elezione del nuovo Presidente Giuliano Amato e le recenti decisioni in materia referendaria hanno messo in luce la Corte Costituzionale come organo sempre più centrale nella scena politico – istituzionale del Paese. Quali sono le sue principali caratteristiche?


Giudice delle leggi, giudice di legittimità costituzionale, Consulta. È con questi termini che viene spesso indicata la Corte Costituzionale, organo supremo deputato al controllo di costituzionalità delle leggi. L’elezione del suo nuovo Presidente Giuliano Amato, già Ministro e poi Presidente del Consiglio fino al 2001, nonché le dibattute decisioni su due cruciali referendum, hanno posto la Corte come organo sempre più influente nello scenario istituzionale.
Di certo le funzioni della Consulta non si limitano ad un mero giudizio di costituzionalità su di una legge o un referendum, ma si estendono in un ampio raggio d’azione regolamentato innanzitutto dalla stessa Costituzione. Il Titolo VI è infatti dedicato alle Garanzie Costituzionali e dall’art. 134 fino al 137 vengono disciplinate le caratteristiche e le peculiarità della Corte. In Italia storicamente l’idea di istituire un giudice di legittimità costituzionale non è stata così presente come in altri Paesi. Neanche l’antenato della nostra Costituzione, lo Statuto Albertino del 1848, prevedeva un vero e proprio giudice di costituzionalità. Tuttavia anche con l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana nel 1948, la Corte non svolse appieno le sue funzioni, dovendo attendere otto anni prima di poter entrare regolarmente in attività. Questo perché era necessario emanare nuove dettagliate leggi che rendessero più definita la sua complessa disciplina, nonché si incontrò una notevole difficoltà a livello politico per l’elezione dei primi giudici costituzionali.
Ad esplicare le funzioni della Corte è l’articolo 134 della Costituzione, il quale le disciplina in tre diversi ambiti: in primis in merito alle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, emanati dallo Stato e dalle Regioni. Nella categoria degli “atti aventi forza di legge” sono ricompresi diversi atti normativi, come ad esempio i decreti legge e i decreti legislativi, oggetto anch’essi di un controllo di costituzionalità.
In secondo luogo la Consulta è chiamata ad esprimersi sui conflitti di attribuzione “tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni” [1]. In tal senso la Costituzione sottolinea il ruolo chiave che la Corte è chiamata a svolgere nel dirimere possibili conflitti tra diversi organi, qualora ad esempio lo Stato ritenga che una Regione abbia invaso il proprio ambito di competenza.[2]
In seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione nel 2001, le competenze tra lo Stato e le Regioni sono notevolmente variate e spesso ciò ha portato a possibili controversie, su cui la Corte è più volte intervenuta. In terzo luogo la Costituzione assegna alla Consulta il giudizio in merito alle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, in seguito alla messa in stato d’accusa deliberata dal Parlamento in seduta comune.
Per comprendere meglio la natura e la struttura della Corte, è necessario rifarsi all’articolo 135 della Costituzione, dove vengono stabiliti i criteri e i requisiti di nomina a giudice costituzionale. Su un totale di quindici giudici, un terzo sono nominati dal Parlamento in seduta comune, un terzo dal Presidente della Repubblica e un terzo dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative, ossia tre giudici dalla Corte di Cassazione, uno dal Consiglio di Stato e uno dalla Corte dei Conti. Le ragioni di affidare la nomina a più organi distinti tra loro risale allo spirito di una maggiore democraticità e imparzialità, evitando dunque che un unico organo possa decidere autonomamente la composizione di una Corte così determinante per il nostro ordinamento.
Tuttavia per tale disciplina è prevista un’importante eccezione: qualora il Parlamento in seduta comune promuova un giudizio d’accusa verso il Presidente della Repubblica, come pocanzi accennato, ai quindici giudici onorari, se ne aggiungono altri sedici, i cosiddetti giudici aggregati, estratti a sorte da un elenco di cittadini che devono obbligatoriamente avere i requisiti per l’eleggibilità a senatore, ossia almeno i quarant’anni di età.
Il secondo comma dell’art. 135 illustra invece i requisiti per poter essere eletto giudice costituzionale, ossia essere “magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria e amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio”[3]. Dato il particolare ruolo richiesto, non è possibile svolgere allo stesso tempo altri incarichi, così come è preclusa la possibilità di rinnovo del mandato, la cui durata è di nove anni. La Corte, come molti organi collegiali, elegge a sua volta un Presidente L’elezione dell’attuale Presidente Amato è avvenuta all’unanimità[4], tuttavia è sufficiente la maggioranza assoluta dei giudici, ossia la metà più uno, quindi in tal caso otto giudici su quindici totali. Qualora tale maggioranza non venga raggiunta, si procede ad un ballottaggio tra i due candidati che hanno ricevuto più voti. Il ruolo del Presidente ha tuttavia un duplice significato: simbolico, poiché rappresenta la Corte; ma anche pratico, dal momento che ha il compito di predisporre e dirigere i lavori della Consulta.
Uno degli aspetti più complessi su cui la Corte può intervenire, è quello legato al giudizio di legittimità costituzionale in materia referendaria. L’istituto del referendum, previsto in primis dall’art.75 della Costituzione, prevede in tal caso la possibilità per cinquecentomila elettori o almeno cinque consigli regionali di chiedere l’abrogazione totale o parziale di una legge o un atto avente forza di legge. La Corte ha il compito di verificare se le richieste di referendum siano ammissibili da un punto di vista costituzionale, rilevando dunque possibili vizi di incostituzionalità, come ad esempio “le richieste di referendum formulate in modo da ricomprendere in un unico quesito più domande di abrogazione oggettivamente diverse, coartando così la libertà dell’elettore; le richieste di abrogazione di leggi il cui contenuto non è libero, ma è vincolato dalla Costituzione, o che non si possono modificare senza incidere sulla Costituzione”.[5] Tale funzione, che non è presente in quelle previste dall’art.134, fu assegnata alla Corte con legge costituzionale nel marzo 1953, ampliando quindi la sua sfera di intervento.
La disciplina finora esaminata si basa tuttavia su un presupposto fondamentale: non spetta alla Corte intervenire spontaneamente nella verifica di legittimità costituzionale di una legge o un atto avente forza di legge. Il suo intervento può essere richiesto mediante due metodi consolidati: il giudizio via incidentale o il giudizio in via principale.[6] Il procedimento più frequente è quello in via incidentale, ossia quando nel corso di un processo un giudice rileva un possibile vizio di legittimità costituzionale di una disposizione o di una norma. In tal caso il giudizio è sospeso e il giudice, con un’ordinanza motivata, rimette la questione alla Corte in attesa di una pronuncia definitiva. Al contrario, il ricorso in via principale viene presentato dalle Regioni, qualora leggi statali o di altre Regioni siano lesive delle proprie competenze, o dallo Stato, rispetto a leggi regionali eccedenti le loro funzioni. Grazie a tali procedure è dunque possibile adire la Corte.


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Note

[1] Costituzione della Repubblica Italiana, art. 134.
[2] MODUGNO, Lineamenti di diritto pubblico, Giappichelli Editore, Torino, 2010, p.675.
[3] Costituzione della Repubblica Italiana, art.135 Cost.
[4] Il Sole 24 ore, 29 gennaio 2022: https://www.ilsole24ore.com/art/la-corte-costituzionale-elegge-amato-e-nuovo-presidente-AE8tE3AB
[5] Corte Costituzionale: https://www.cortecostituzionale.it/jsp/consulta/istituzioni/lacorte.do.
[6] MODUGNO, Lineamenti di diritto pubblico, Giappichelli Editore, Torino, 2010, p.708-9.


Foto copertina: UDIENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SUL TEMA DEL SUICIDIO ASSISTITO AL CENTRO IL PRESIDENTE DELLA CORTE GIORGIO LATTANZI CON ALDO CAROSI MARTA CARTABIA