La guerra in Ucraina ha creato alcune spaccature tra le ossa del polveroso scheletro sovietico che è l’Asia Centrale e la più evidente è quella creatasi tra la Russia e il Kazakistan.
Introduzione
Non sembra essere più un segreto la distanza politica che si è venuta a creare tra il Cremlino e la più grande ed influente delle ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale, il Kazakistan, a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina, avvenuta il 24 febbraio 2022. Il Presidente kazako, Tokaev, ha preso le distanze dalla decisione russa di invadere l’Ucraina sin dai primi giorni dell’invasione. Va precisato, però, che sebbene Tokaev non abbia appoggiato la decisione aggressiva del Cremlino, durante lo storico voto per la risoluzione ONU di condanna alle azioni della Federazione Russa il Kazakistan si è astenuto[1]. Il rapporto che il Cremlino detiene (o deteneva) con le ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale è sempre stato molto controverso. Sebbene l’Impero sovietico abbia cessato di esistere nel 1991, la neonata Federazione Russa ha perseguito in quella particolare area del mondo i suoi interessi, mantenendo rapporti politico/militari strettissimi e non abbandonando, di fatto, una dimensione e un atteggiamento di tipo “imperiale”. Ponendo un particolare focus sul Kazakistan, una dimostrazione più che pratica dell’ingerenza russa in Asia Centrale avvenne poco prima dell’invasione dell’Ucraina. Il Kazakistan visse un’ondata di proteste, dovute all’aumento dei prezzi del GPL che sfociarono in veri e propri disordini civili, anche violenti, soprattutto nella città di Almaty[2]. Ad intervenire tempestivamente (e si può dire che tempesta fu) fu la Russia, in forza agli accordi dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (CSTO[3]), guidata da Mosca, e di cui fanno parte sei repubbliche ex sovietiche (Armenia, Bielorussia, Kazakhstan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan). Ufficialmente le proteste furono rapidamente (e duramente) sedate dai cingolati e dai soldati della Federazione Russa e il numero di vittime dichiarato fu di 164[4]. Evento cardine, leggibile solo tra le righe degli eventi kazaki, nonché più che probabile “pima crepa” tra Mosca e Nur-Sultan è stato l’allontanamento a seguito delle proteste del Presidente del Consiglio di sicurezza del Kazakistan, ex Presidente trentennale del paese e padre della rivoluzione Nursultan Nazarbaev. Fedelissimo di Mosca e amico di Vladimir Putin in persona, era un punto politico più che saldo per l’ingerenza Russa in tutta la regione[5]. Di altra fattura si è dimostrata essere la leadership del Presidente in carica Tokaev e la questione Ucraina ne è stata, come accennato, un forte esempio.
La frattura politico/economica
Principale punto di frattura politico/economico tra la Russia e il Kazakistan (ma in generale con numerose altre ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale) è l’effetto “di rimbalzo” che le sanzioni imposte dall’occidente stanno avendo sui delicatissimi sistemi economici della regione. Si è visto come un aumento dei prezzi del GPL avesse causato in Kazakistan delle violente rivolte, ebbene, preoccupazione principale del presidente Tokaev in questo caso, è l’effetto che le sanzioni possono avere sull’economia interna del paese che è fortemente interconnessa a quella russa (ma anche “corteggiata” dall’avanzata economica cinese nella stessa area). A confermare queste dinamiche anche le parole dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI): […] la Russia non è solo il principale partner commerciale per questi Paesi, ma è anche un’importantissima terra di transito, attraverso la quale le commodities centrasiatiche (dall’energia, ai prodotti agricoli, alle risorse minerarie, al manifatturiero) raggiungono i mercati europei. Da ultimo, va anche aggiunto che, pur non essendo vittima di sanzioni e/o parte del conflitto in atto, la Cina sta avendo un ruolo di primo piano nell’acuire il rallentamento dell’economa.[6]
Il ruolo “di transito” delle repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale è divenuto sempre più marcato con la dissoluzione dell’Urss, finendo con l’incarnare (sotto molti aspetti) il ruolo che il geografo e padre della geopolitica moderna Halford J. Mackinder assegnò alla regione centroasiatica, quello di Heartland, ovvero il pivot degli interessi degli interessi delle grandi potenze.
Sir Halford J. Mackinder, the father of modern-day geopolitics, which Morgenthau so disparages, is famous not for a book, but for a single article, “The Geographical Pivot of History,” published in the April 1904 issue of The Geographical Journal in London. Mackinder’s thesis is that Central Asia, helping to form as it does the Eurasian Heartland, is the pivot on which the fate of great world empires rests: for the earth’s very layout of natural arteries between mountain ranges and along river valleys encourages the rise of empires, declared or undeclared, rather than states.[7]
Probabilmente l’Asia Centrale che vediamo oggi è molto diversa dal “pivot” mondiale immaginato da Mackinder nel lontano 1904. Sicuramente alcuni assunti quali la sua centralità negli scambi commerciali di una vastissima porzione del mondo e il ruolo chiave nel passaggio degli idrocarburi sono oramai elementi che pongono senz’altro un’importante attenzione sugli stati che compongono la regione e di cui alcune tipologie di crisi sono endemiche.
La Russia, come accennato, ha sempre vantato un controllo economico e politico dai tratti autoritari malcelati. Un esempio è anche il monopsonio[8] (che però sta lentamente venendo ridimensionato) del mercato proprio degli idrocarburi: È attorno a quest’ultima che, d’altra parte, si è andata sviluppando la competizione energetica centrasiatica nel primo quindicennio successivo alla dissoluzione sovietica, nella misura in cui l’eredità infrastrutturale dell’Urss rendeva le repubbliche centrasiatiche dipendenti dalla preesistente rete russocentrica. In questo senso, l’apertura di canali d’esportazione di idrocarburi verso oriente ha notevolmente ampliato le possibilità di esportazione petrolifera del Kazakistan e, soprattutto, spezzato l’isolamento infrastrutturale nel settore del gas del Turkmenistan, sull’acquisto delle cui risorse la Russia ha goduto sino ad allora di un sostanziale monopsonio[9].
L’eredità sovietica in Asia Centrale non è solo di tipo infrastrutturale e l’ingerenza di Mosca in questa particolare regione è ancora molto forte, indicatore importante è stato però l’atteggiamento di Tokaev, reso teatralmente pubblico in un faccia a faccia con Vladimir Putin in persona.
Conclusioni, lo “schiaffo” di Tokaev
Uno degli eventi principali avvenuti al tanto atteso forum economico di San Pietroburgo è stato il confronto tra Tokaev e Putin, direttamente sul palco e dinnanzi a giornalisti e invitati all’evento. In quell’occasione il Presidente kazako ha dissentito alle affermazioni del Presidente Putin nei riguardi della crisi in Ucraina. Tokaev non solo ha insistito sul fatto che Kiev ha diritto al mantenimento della propria sovranità territoriale, ma ha anche rincarato la dose affermando che il Kazakistan non ha intenzione di riconoscere le autoproclamate repubbliche di Donetsk e Lugansk, in linea con il non riconoscimento dell’Ossezia del Sud, Taiwan ecc. ecc.[10]. Ultimo “schiaffo” dato da Tokaev al Presidente russo Putin è stato il rifiuto di un riconoscimento che Putin voleva offrire al Presidente kazako; l’onorificenza di Aleksandr Nevskij, una delle più prestigiose della Russia[11]. La presa di posizione kazaka apparentemente salda e risoluta rispetto al già ampiamente analizzato rapporto che le ex repubbliche sovietiche detengono con la Federazione Russa può trovare una spiegazione in una convergenza di fattori. L’invasione dell’Ucraina., sebbene sia stata la somma di una serie di direttrici, è stata soprattutto la dimostrazione violenta di come la Russia di Putin non tolleri ingerenze esterne (o presunte tali) in quelle che considera, secondo una retorica novecentesca, le sue sfere di influenza. Il Kazakistan prendendo le distanze dalle decisioni del Cremlino potrebbe stare lanciando un messaggio velato a Mosca, in vista dell’oramai vistoso avvicinamento che quest’ultimo sta operando verso la Cina. A dimostrazione della crescente convergenza di interessi tra Pechino e le repubbliche centrasiatiche, la cooperazione energetica, oltre ad approfondire l’interscambio bilaterale, ha infine proceduto di pari passo e preparato il terreno a forme più ampie di intese bilaterali. Nel luglio 2005, Hu Jintao e Nazarbayev siglavano così ad Astana una Dichiarazione congiunta per lo sviluppo del “partenariato strategico” sino-kazako, di cui la cooperazione energetica rappresentava la colonna portante, anche al di là del settore degli idrocarburi.[12] Sebbene la Cina e la Russia al momento siano convergenti sia sul piano economico sia su una visione più o meno condivisa del mondo internazionale, non mancano i terreni di scontro, presenti e futuri e uno di questi è proprio l’Asia Centrale. Il Kazakistan, visto il tempestivo intervento militare russo dei mesi precedenti e alla luce dell’aggressività dimostrata in Ucraina (che resta comunque una situazione estremamente diversa da quella kazaka o dell’Asia Centrale) potrebbe aver operato attraverso Tokaev e con questo dissenso manifesto una mossa preventiva e un avvertimento proprio al Cremlino e al futuro del più grande paese dell’Asia Centrale che potrebbe anche essere diretto al di fuori dell’ala “protettrice” russa.
Note
[1] General Assembly Overwhelmingly Adopts Resolution Demanding Russian Federation Immediately End Illegal Use of Force in Ukraine, Withdraw All Troops. In https://press.un.org/en/2022/ga12407.doc.htm
[2] Kazakistan: dalla rivolta alla repressione. In https://www.ispionline.it/it/eventi/evento/kazakistan-dalla-rivolta-alla-repressione
[3] Si veda https://en.odkb-csto.org/
[4] Si veda https://it.euronews.com/2022/01/13/decisivo-l-intervento-della-csto-in-kazakhstan-i-soldati-russi-tornano-a-casa-da-vincitori
[5] Si veda https://www.agi.it/estero/news/2022-01-05/kazakistan-nazarbayev-padre-padrone-15125440/
[6] In https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/linsostenibile-dipendenza-da-mosca-34705
[7] R. D. Kaplan, The revenge of geography, ed. Random House, New York, 2012, cit. p. 48
[8] “Struttura di mercato in cui è presente un solo compratore e una molteplicità di venditori. In un m. il compratore fronteggia una curva di offerta positivamente inclinata e ha potere di mercato, ovvero ha la possibilità di influenzare il prezzo, generando una perdita di efficienza (deadweight loss)”. Si veda https://www.treccani.it/enciclopedia/monopsonio_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/#:~:text=Struttura%20di%20mercato%20in%20cui,di%20efficienza%20(deadweight%20loss).
[9] C. Frappi, Il fattore energetico nella proiezione cinese verso l’Asia centrale, ISPI n°129, luglio 2012, cit. p.9
[10] Si veda https://www.youtube.com/watch?v=hbCAsvZknXs
[11] Si veda https://www.asianews.it/notizie-it/Tokaev-e-Putin-si-scontrano-sulla-crisi-ucraina-56089.html
[12] C. Frappi, Il fattore energetico nella proiezione cinese verso l’Asia centrale, ISPI n°129, luglio 2012, cit. p.10
Foto copertina: Il presidente della Russia Putin con l’omologo del Kazakistan Kassym-Jomart Tokayev.Kremlin