Il Montenegro e la Serbia, sono stati definiti nel 2018 dall’allora commissario europeo per l’allargamento Johannes Hahn “capofila” nel percorso di integrazione UE. Contestualmente era stata data loro la prospettiva (ambiziosa) di poter accedere all’UE nel 2025. A tre anni dalla “scadenza” di questa data, a che punto sono i negoziati e il percorso di avvicinamento?
Il Montenegro è uno dei paesi più giovani d’Europa, avendo riacquistato la propria indipendenza nel 2006 a seguito dell’esito positivo del referendum che si è tenuto a maggio di quell’anno[1]. A differenza di quanto avvenuto nel processo di sfaldamento della Jugoslavia, quando il ruolo dell’Unione Europea era stato marginale, contradditorio e sostanzialmente inefficace, nella separazione tra Podgorica e Belgrado l’UE ha giocato un ruolo centrale. Bruxelles è intervenuta già nelle fasi preparatorie del referendum, individuando, ad esempio il quorum del 55% necessario affinché la proposta fosse approvata, nonché, successivamente, nella stabilizzazione del paese.
Centrale durante la campagna per l’indipendenza è stato anche il tema dell’integrazione euroatlantica, ritenuto dalle élites politiche montenegrine come obiettivo fondamentale per il paese. Governo e Parlamento riaffermeranno questo posizionamento anche all’indomani della vittoria dell’opzione indipendentista. Le relazioni diplomatiche con l’UE e con i suoi stati membri sono state aperte nel corso del 2006 e, undici anni dopo nel 2017, il Montenegro è entrato a far parte della NATO.
Podgorica ha firmato l’accordo di stabilizzazione e associazione, nonché un accordo transitorio sulle relazioni commerciali nell’ottobre del 2007, che entreranno in vigore rispettivamente nel 2010 e nel 2008. Nello stesso anno viene presentata la domanda di adesione all’UE, alla quale la Commissione risponde positivamente due anni dopo riconoscendo lo status di candidato, pur rimandando l’apertura dei negoziati (che avverrà nel 2012) alla risoluzione di sette priorità principali. Ad oggi, dei trentatré capitoli aperti solo tre risultano chiusi provvisoriamente (Capitoli 25 – scienza e ricerca, 27 – educazione e cultura, 30 – relazioni esterne). Anche il Montenegro ha goduto della liberalizzazione dei visti, perseguita dalle istituzioni europee nell’ambito della politica di approfondimento della partnership con i paesi dei Balcani occidentali, divenendo tra le prime beneficiarie nel 2010, assieme a Serbia e Macedonia del Nord.
Partnership economica
Nel periodo 2007 – 2021 l’Unione Europea ha investito circa 600 milioni di Euro[2] all’interno dell’economia montenegrina anche attraverso gli strumenti di assistenza per la preadesione IPA II e il più recente IPA III.
Diverse sono le istituzioni europee che negli anni hanno investito nel paese al fine di agevolare l’ammodernamento dell’economia del paese. Per quanto riguarda la Banca Europea degli Investimenti (BEI), nel maggio scorso ha annunciato che avrebbe mobilitato fondi al governo montenegrino pari a 2,9 milioni di Euro, cifra che si iscrive all’interno del programma da 18 milioni firmato nel 2019, volto alla modernizzazione del sistema di educazione nazionale.
Nel 2021 la Presidente della Commissione Von der Leyen ha annunciato un’ulteriore imponente mobilitazione di risorse per i paesi dei Balcani occidentali, pari a nove miliardi di Euro. L’obiettivo è quello di spingere verso la convergenza economica con i paesi UE negli ambiti della competitività, della crescita e delle transizioni verde e digitale, evidentemente nel più ampio programma dell’integrazione.
Adozione unilaterale dell’Euro
Uno degli aspetti più peculiari del rapporto tra Unione Europea e Montenegro è quello dell’adozione unilaterale da parte di Podgorica dell’Euro.
Nel contesto del collasso della Jugoslavia socialista, il Montenegro, che rimane all’interno della più piccola federazione jugoslava assieme alla Serbia, soffre pesantemente della fase iperinflazionistica vissuta dal paese nel biennio 1992 – 1994. Le tensioni politiche, che si affiancano a quelle economiche, portano Podgorica a cercare di recidere i propri legami con Belgrado. A partire dal 1996 Đukanović, onnipresente leader della politica montenegrina e vero architetto dell’indipendenza del paese, decide di inaugurare una propria politica economica indipendente. Nel 1999 al fine di proteggere l’economia montenegrina, il governo decide di adottare un sistema monetario duale, con il quale hanno corso legale sia il dinaro sia il marco tedesco, che sostituirà completamente la divisa Jugoslava nel 2001.
Con l’entrata in vigore della Moneta Unica anche il Montenegro decide nel 2002 di adottare unilateralmente l’euro, pur non avendo concluso alcun tipo di accordo con le istituzioni europee.
Se la Banca Centrale Europea non ha opposto formali proteste a questo atto unilaterale, la Commissione dal canto suo nelle dichiarazioni che accompagnano la firma dell’accordo di associazione e stabilizzazione non ha riconosciuto la validità di questa decisione in quanto incompatibile con il Trattato di Maastricht. Tuttavia, negli ultimi anni Bruxelles si è dimostrata più comprensiva rispetto all’introduzione unilaterale dell’Euro, riconoscendo le circostanze straordinarie vissute dal paese.
Il problema si pone però nel quadro più generale dell’ingresso nell’Unione Europea in particolare rispetto alla conformità con i criteri di convergenza la cui applicazione è essenziale per poter utilizzare l’Euro come moneta nazionale.
Conclusioni
Nel pacchetto sull’allargamento presentato ad ottobre 2022 la Commissione ha reso pubbliche le sue valutazioni sulla situazione dei progressi dei paesi dei Balcani occidentali nonché della Turchia nel loro percorso di adesione all’UE. Per quanto riguarda il Montenegro si sono sottolineate le criticità principali che ostacolano il percorso di Podgorica verso l’UE. In particolare, passi avanti sono necessari nei dossier che concernono la libertà di espressione, la lotta alla criminalità organizzata nonché la credibilità del sistema giudiziario. Preoccupazione, inoltre, è stata avanzata rispetto l’instabilità politica che si traduce in un processo riformatore che in questi anni è andato avanti a rilento.
Le istituzioni montenegrine devono impegnarsi coerentemente e con decisione in questo percorso al fine di rendere credibile il 2025 come data di accesso all’UE. Se si dovesse mancare questo appuntamento, il rischio è quello di danneggiare irrimediabilmente la credibilità e l’attrattiva della membership con conseguenze dannose per la stessa UE.
Mentre ci si avvicina al 2025 sarà anche interessante vedere come si risolverà la questione dell’uso dell’Euro. Se è poco credibile che il Montenegro decida di introdurre una sua divisa nazionale, è più plausibile che il rispetto criteri di convergenza rientrino nei negoziati di adesione, affinché il paese sia pronto ad accedere alla moneta unica nello stesso momento dell’accesso all’UE.
È interessante notare come, complice un percorso di avvicinamento all’UE aperto da dieci anni, per cui sicuramente lento, ma che non ha visto grossi scossoni (com’è avvenuto nel caso macedone o turco), non si registrino rilavanti tendenze euroscettiche. Al contrario, i principali partiti politici sono tutti tendenzialmente concordi nel perseguire l’integrazione europea del paese, riflesso di un sentimento comune anche all’interno dell’opinione pubblica che risulta pro Europa e in generale pro Occidente.
Note
[1] La celebrazione del referendum di indipendenza era stata prevista nella stessa costituzione della Federazione di Serbia e Montenegro (“Clausola del Riesame” art. 60), da celebrarsi dopo il 2006, non prima, cioè, del terzo anniversario della fondazione della nuova entità politica. Il referendum è stato poi approvato dal 55,5% degli aventi diritto, poco sopra della soglia del 55% che era stata individuata dall’UE per la validità della decisione.
[2] Dati del 2021 reperibili https://www.eeas.europa.eu/montenegro/european-union-and-montenegro_en?s=225
Foto copertina: Bandiera del Montenegro e dell’UE