Ne “Il grande ricatto” di Costantino Pistilli, le questioni politiche si mescolano con il problema dell’immigrazione, definita “strumentale”, quando la questione flussi migratori viene usata dai Paesi extraeuropei per “ricattare” l’Unione europea, che ne esce fragile e inefficace. Dialoghi con l’autore.
Un fenomeno che tiene sotto scacco la fragile strategia dell’Unione Europea nella gestione dei flussi migratori. È lo strumento che alcuni paesi utilizzano per fare pressione sui governi dell’UE oppure come ritorsione per alcune azioni ritenute inopportune. E’ la tesi che Costantino Pistilli ne Il grande ricatto (Paesi Edizioni, pp.98, 12€ acquista qui) propone al lettore concentrando l’attenzione su di un episodio poco conosciuto che nel 2021 ha messo a rischio le relazioni diplomatiche fra il Marocco e la Spagna, colpevole secondo il paese maghrebino, di aver dato asilo per motivi di salute a Brahim Ghali, capo del fronte Polisario, l’organizzazione armata che rivendica l’indipedenza del Sahara Occidentale e del popolo Sahrawi da Rabat. Il libro focalizza l’attenzione sui particolari dell’ospitalità mostrata dal governo di Madrid a quello che, a tutti gli effetti, le autorità marocchine considerano come un leader terrorista. Inoltre, con Costantino Pistilli abbiamo analizzato l’uso strumentale delle migrazioni e la questione demografica che nel libro vengono affrontate insieme all’incidente diplomatico che ha coinvolto Spagna e Marocco
L’episodio riportato nel suo libro, passato perlopiù inosservato all’opinione pubblica, rappresenta al contrario un avvenimento importante. Ci può spiegare il perché?
L’avvenimento mi è stato utile per spiegare il concetto di immigrazione strumentale che gli Stati impiegano come forma di ricatto oppure di ritorsione nei confronti di altri paesi limitrofi. Il caso che ha visto fronteggiarsi Spagna e Marocco nel maggio 2021 in tal senso è stato emblematico. Più di 10.000 persone vennero fatte entrare dal Marocco a Ceuta, exclave spagnola in terra africana per protestare contro l’ospitalità concessa dal governo iberico al leader del Fronte Polisario, legato tra l’altro ad alcune organizzazioni come Hezbollah e a Stati come Russia ed Iran. La gestione poco trasparente delle comunicazioni fra Spagna e Marocco, dell’ingresso e delle cure prestate al leader separatista, portarono alle dimissioni del Ministro degli Esteri spagnolo, Arancha González Laya, Il ministro dimissionario avvalendosi del segreto di Stato non rivelò i particolari di una vicenda che avvalora le mie convinzioni sull’utilizzo dei migranti come arma. Il Marocco, richiamando la sua ambasciatrice da Madrid dichiarò perentoriamente che la Spagna non aveva rispettato i diritti del Regno ed il principio di buon vicinato. Ecco perché con la sostanziale passività delle guardie di frontiera e con alcuni stratagemmi il governo di Rabat incoraggiò un flusso di immigrati mai registrato ai confini con la penisola iberica.
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Nel libro fa riferimento ad altri stati e leader politici che hanno fatto ricorso all’apertura delle frontiere come strumento di pressione politica. Chi sono e con quali metodi?
Due casi secondo me rendono plasticamente questa strategia: la Bielorussia di Lukashenko e la Turchia di Erdoğan. Nel 2021 la Bielorussia in risposta alle sanzioni comminate dall’UE, facilitando le procedure per il rilascio dei visti turistici in paesi come l’Iraq, rese più semplice il viaggio di migliaia di persone, perlopiù ingannate, che successivamente vennero abbandonate nella foresta al confine con la Polonia in sandali e calzoncini. Ignari di tutto, i migranti si trovarono stretti fra la polizia polacca che li respingeva e i bielorussi che non gli permettevano di arretrare. Nel 2019 Erdoğan dopo che Bruxelles aveva condannato l’operazione “Primavera di pace”, con la quale le forze di Ankara sferrarono un duro attacco ai curdi nella Siria settentrionale, utilizzò queste parole «Ehi, Ue, svegliatevi, ve lo dico di nuovo, se volete inquadrare la nostra operazione come un’invasione, il nostro compito allora è semplice: apriremo i cancelli e vi manderemo 3,6 milioni di rifugiati». Più di recente, per rimanere alla stretta attualità, la Tunisia, nonostante gli accordi con l’Italia e l’Unione Europea, ha assunto un atteggiamento coerente nel blocco dei flussi migratori. In questo senso va letto l’accordo raggiunto ad ottobre fra gli ambasciatori dei 27 Stati dell’UE sul regolamento per la gestione delle crisi contenuto nella più ampia riforma del Patto sulla migrazione e l’asilo proposta dalla Commissione europea nel 2020.
Uno degli aspetti interessanti affrontati nel libro riguarda la questione demografica. Come crede che impatterà sull’Europa, sempre più “vecchio continente”?
Nel prossimo decennio assisteremo ad uno shock demografico in cui l’Europa, oramai continente antico più che vecchio, sarà surclassato dall’Africa, un continente in cui la popolazione crescerà in maniera esponenziale con inevitabili tensioni e conflitti legati alla carenza di risorse e al cambiamento climatico. L’immigrazione sarà sempre di più è un fenomeno che a differenza di quella strumentale, da condannare senza alcun dubbio, dovrà essere gestito nel miglior modo possibile tenendo conto. Che le città di Ceuta e Melilla, citate nel mio libro, rappresentano pienamente, come ha opportunamente notato Giulio Meotti, l’aspetto che avrà la maggior parte delle città europee fra 20-30 anni. Infatti, a Ceuta, dall’aprile del 1960 ad oggi, il 49 per cento della popolazione è musulmana, anche se la cifra reale è molto più alta mentre a Melilla ora è la prima città spagnola che ha superato il 50 per cento della popolazione musulmana come conseguenza dell’immigrazione, del ricongiungimento familiare e dell’alto tasso di natalità. Un fenomeno destinato quindi a diffondersi e che non potrà essere governato con gli slogan.
Copertina: Il grande ricatto, Paesi Edizioni