Analisi delle svolte socio-politiche che coinvolsero il paese nel recente passato. Uno sguardo in dietro per comprendere al meglio l’oggi.
Per capire quanto sta accadendo in Myanmar è utile analizzare ciò che è avvenuto in passato, partendo dall’anno 2011 in quanto colmo di singolarità che riflettono il marasma della vita politica del paese asiatico. L’analisi dei mutamenti intercorsi nell’anno in questione risulta fondamentale per lo studio e la comparazione con gli accadimenti odierni, tanto per i cambiamenti avvenuti che per la cristallizzazione degli stessi nel sistema politico a causa dell’azione della Giunta militare. Lo studio, tuttavia, non può limitarsi al solo 2011 ma deve ripercorre le tappe precedenti e gli immediati sviluppi futuri. Il 2011 racchiude quindi in sé modificazioni profonde per il popolo birmano, in particolare è l’anno susseguente la tornata elettorale, avvenuta dopo vent’anni di sospensione della democrazia nel paese.
Le ultime elezioni avvennero nel 1990 e videro trionfare l’allora neo-costituta Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) che ottenne 392 dei 485 seggi parlamentari, ed alla cui testa si poneva l’attuale leader Aung San Suu Kyi. Le elezioni, tuttavia, non vennero riconosciute dal Tatmadaw[1] che ripristinò l’assetto del regime precedente sorretto dallo State Development and Peace Council (SPDC)[2].
La Costituzione del 2008 ed il cambiamento mancato
Nonostante la parvenza della comparsa di un ordinamento democratico è di fondamentale importanza ricordare come le elezioni del 2010 risultassero viziate dalla Costituzione del 2008. Questa vide la luce dopo 18 lunghi anni di governo da parte dello SPDC e 5 anni di elaborazione. Del presente assetto costituzionale si iniziò a parlare a partire dal 30 agosto 2003. Quando il Primo Ministro birmano, il generale Khin Nyunt, annunciò la tabella di marcia in sette fasi elaborata dal State Development and Peace Council (SPDC) verso la democrazia. Già da sé il divario temporale tra la pianificazione e l’entrata in vigore non deve essere sintomo secondario della fallacia di tale assetto normativo. Ed anzi deve essere prova di come la giunta militare abbia voluto, dopo anni di chiusura e sanzioni internazionali, convincere la comunità internazionale dei suoi buoni intenti, al fine di non essere esclusa dalla stessa e nel frattempo avere un periodo per elaborare una carta costituzionale a lei favorevole. La tabella di marcia, in sette fasi, elaborata dal SPDC prevedeva:
1. La riconvocazione del Convenzione Nazionale (sospesa dal 1996);
2. L’attuazione graduale del processo necessario all’emergere di un autentico e disciplinato sistema democratico al termine positivo dei lavori della Convenzione;
3. La redazione di una nuova Costituzione secondo i dettagliati principi fondamentali approvati dalla Convenzione Nazionale.
4.L’approvazione della nuova Costituzione attraverso un referendum nazionale
5. L’indizione di elezioni libere ed eque per la formazione degli organi legislativi Pyithu Hluttaws in conformità con la nuova Costituzione
6. La convocazione dell’assemblea legislativa nazionale, con la partecipazione dei membri eletti, in linea con la nuova Costituzione;
7. La costruzione da parte dei leader dello Stato del governo e degli altri organi centrali costituiti dal Parlamento di una nazione moderna, sviluppata e democratica.[3]
I primi tre punti vennero attuati dall’ SPDC tra gli anni 2004 e 2008, incontrando tuttavia una forte resistenza da parte dell’opposizione birmana rifugiatasi all’estero. L’opposizione, portata avanti dai membri della NLD, nasceva dalla consapevolezza della falsità di intenti da parte della Giunta militare nella realizzazione dei sette punti ed era una diretta risposta alla soppressione della democrazia attuata nel corso degli ultimi 40 anni e dopo la cancellazione dei risultati delle elezioni del 1990. Tali considerazioni portarono la NLD a ritirarsi dalla Convenzione nazionale e dalla stesura della carta costituzionale.
Oltreché discutere delle lente tempistiche di elaborazione è necessario affrontare il processo di promulgazione della Costituzione, anch’esso singolare. L’8 febbraio 2008 avvenne l’annuncio della data del voto referendario sull’approvazione della Costituzione, che avrebbe avuto luogo il 10 maggio dello stesso anno, mentre buona norma prevede che le votazioni inerenti le modifiche o le promulgazioni costituzionali debbano essere annunciate con largo anticipo, al fine di permettere alla popolazione di raggiungere un certo grado di dimestichezza con il sistema.
La votazione in questione invece venne annunciata con soli due mesi di anticipo. Mentre le copie del testo costituzionale iniziarono ad essere distribuite al pubblico solo a partire dal 9 aprile, in sola lingua bamar, ad un costo di 1.000 kyat (1,50 $)[4]. In un paese dove lo stipendio medio era pari a 5,50$ al giorno[5] per oltre il 60% della popolazione.
Queste decisioni da parte della giunta possono essere facilmente ricondotte a tre obiettivi:
1. L’esplicita intenzione di ostacolare la campagna contro il referendum;
2. Connesso direttamente al primo punto è presumibile ipotizzare che la giunta non volesse politicizzare il dibattito, anzi non volesse assolutamente che il dibattito prendesse forma, imponendo una Costituzione che avrebbe dovuto essere promulgata così come presentata;
3. Infine, rendere pressoché impossibile la libera informazione da parte dei cittadini grazie all’ elevato costo delle copie della Costituzione e della loro stampa in sola lingua bamar, impedendo di fatto alle minoranze etniche, che parlano lingue diverse, di poter comprendere il testo[6].
L’annuncio del referendum venne immediatamente seguito, il 26 febbraio, dalla promulgazione di una legge elettorale, da applicare al referendum in questione. Tale legge, richiamata nella carta costituzionale, risultava essere altamente controversa in quanto l’articolo 392 della Carta escludeva esplicitamente ampie parti della popolazione dalla possibilità di partecipare al voto referendario. In particolare, l’Articolo escludeva:
-I membri delle comunità religiose, andando così ad escludere oltre 400.000 monaci buddisti particolarmente attivi sul piano sociale e sulla scena politica, come era emerso dalla rivoluzione dello zafferano del 2007;
– Le persone con disturbi mentali, giudicate da un’apposita corte;
– Le persone che insolventi, escludendo in questo modo le fasce povere e indebitate rappresentanti ampie porzioni della società[7];
– Le persone che stavano scontando delle pene carcerarie, o accusate di crimini;
– Le persone illegalmente all’estero;
– Gli stranieri[8];
Essendo la Carta Costituzionale il perno di ogni Paese, pare ovvio e consuetudinario che tutta la popolazione che ne diverrà soggetta debba poter esprimere la propria opinione a riguardo. Come garantito dal Patto internazionale sui diritti civili e politici all’Articolo 2[9]. Tuttavia, pur non contravvenendo al dettato costituzionale, il Myanmar è uno dei 12 Stati a non aver intrapreso alcuna azione per la ratifica di tale trattato[10].
Oltre all’assenza dell’opposizione nel processo di stesura della Costituzione e dell’esclusione di buona parte della popolazione dal processo decisionale, la nuova Costituzione applicava due ulteriori discriminanti verso l’attuazione di una reale trazione democratica: il controllo militare sul governo e la limitazione dell’opposizione.
Il controllo militare sul Governo
La Costituzione prevede la creazione di un sistema bicamerale centralizzato nel quale la Camera Alta, denominata National Assembly (Amyotha Hluttaw) è rappresentata da 12 parlamentari eletti in egual misura dalle 7 Regioni, dai 7 Stati e da un rappresentante per ogni Divisione autogestita o Zona autogestita; mentre la Camera bassa, the Union Assembly (Pyithu Hluttaw) viene eletta su base popolare, all’interno dei vari distretti. Tutte le Camere Regionali, degli Stati e Nazionali, assumenti il nome generale di Hluttaw, prevedevano che il 25% dei seggi fossero riservati ai rappresentanti del Tatmadaw secondo le norme costituzionali. All’interno del Potere Esecutivo, la Costituzione istituiva il “Consiglio Nazionale di Difesa e Sicurezza” (NDSC). Composto dal Presidente; i due Vicepresidenti; i Presidenti di ciascuna Camera del Parlamento nazionale; il Comandante in Capo e Vice Comandante in Capo dei Servizi di Difesa; e i ministri degli Affari Esteri, degli Affari di Frontiera, della Difesa, e degli Affari Interni.
Secondo la Costituzione, i ministri della difesa, affari di Confine e Interni devono essere militari attivi nominati dal Capo delle Forze armate. Unitamente all’Articolo 352 della medesima carta, ciò impedisce l’accesso a tali cariche alla componente femminile, in contravvenzione con la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, ratificata dal Myanmar[11].
Il capitolo XI della Costituzione inoltre conferisce al Presidente l’autorità, dopo essersi coordinato con l’NDSC, di dichiarare lo stato di emergenza in tutto o in parte del paese e di trasferire tutta l’autorità legislativa, esecutiva e giudiziaria al Comandante in capo dei servizi di difesa[12], ovvero egli stesso. Considerando che NSDC è composto da 11 membri, di cui 6 direttamente cooptati dagli apparati militari, pare ovvia la facilità per il Presidente di indire lo Stato di emergenza. Ciò cancella uno dei principi base dello Stato democratico moderno, vale a dire la tripartizione dei poteri, teorizzato nello “Spirito delle leggi” di Montesquieu nel XVIII sec. Lo stato di emergenza – legiferato al Capitolo XI della Costituzione con ben 22 articoli – può essere attivato nel caso in cui agli Stati e alle Regioni[13] sia impedita l’attuazione dei dettami costituzionali. In altri termini in caso di guerra, invasione o sommossa popolare. Fattualità che può portare alla sospensione dei diritti sociali e politici, come prescritto dall’Art. 379 Costituzione.
Limitazione dell’opposizione
L’articolo 392 della Costituzione, del Capitolo IX sull’elezione dei membri del Parlamento vieta il diritto di voto ad una lista di persone, tra cui gli appartenenti agli ordini religiosi, i detenuti, persone squalificate dalla legge elettorale. Ulteriori articoli costituzionali, tra cui i criteri per la candidatura al Pyithu Hluttaw, sono volti direttamente a colpire i membri della NLD. L’Art 120, Comma C prescrive l’obbligo di aver vissuto gli ultimi dieci anni nel paese, escludendo in questo modo coloro che si rifugiarono all’estero per sfuggire alla Giunta militare; mentre lo stesso Articolo al Comma D rimanda alla necessità di possedere i criteri dell’Art. 392 per essere eletti; l’Articolo 121, Comma A impedisce la candidatura a tutti gli incriminati esautorando i membri della NLD che rimasero in Birmania e vennero arrestati per aver fatto parte della Lega; i Commi H & I dello stesso articolo vietano la candidatura di chi utilizzi la religione come elemento politico e gli esponenti religiosi. Inoltre, sono presenti almeno due Commi in due diversi articoli – Art. 59 Comma F & Art. 121 Comma F – che paiono esser stati creati appositamente per impedire ad Aung San Suu Kyi la candidatura al Pyithu Hluttaw ed alla Presidenza del Parlamento. Avendo avuto ella due figli dal marito Michael Aris, cittadino britannico. Nonché essendo stata agli arresti domiciliari per quasi vent’anni ella contravviene già agli Articoli 120 e 392 della carta costituzionale.
Oltre alle problematiche endogene non è di secondaria importanza ricordare la catastrofe che il 2 maggio 2008 colpì il centro-sud del paese. Il ciclone Nargis, di categoria 3[14], portò alla morte 13 84″537 persone e creò 53″836 dispersi[15]. In risposta alla catastrofe il Governo bloccò l’arrivo degli aiuti internazionali, temendo infiltrazioni da parte di governi e associazioni che avrebbero potuto interferire con il referendum che si sarebbe comunque svolto da lì a pochi giorni[16]. Su impulso dell’allora Ministro degli Esteri francese, Bernard Kouchner, l’ambasciatore francese all’ONU richiese l’intervento internazionale sulla base del principio “Responsibility to Protect”. Risoluzione che venne prontamente fermata, in sede del Consiglio di Sicurezza, dal voto contrario di Cina e Russia[17]. Gli oppositori della risoluzione sostennero che il ciclone era una questione interna che non minacciava la pace e la sicurezza internazionale; e che l’azione coercitiva avrebbe minato la cooperazione dei generali nel prossimo futuro.
L’SPDC annunciò che il referendum si sarebbe comunque svolto nella data prevista del 10 maggio 2008. Un’eccezione sarebbe stata fatta per la città di Rangoon, le sue aree limitrofe e sette comuni nella regione dell’Irrawaddy. Ovvero le aree maggiormente colpite dal ciclone, nelle quali il referendum sarebbe stato posticipato di due settimane, al 24 maggio[18].
Per quanto riguarda l’esito della votazione, in assenza di osservatori internazionali non resta che affidarsi alle dichiarazioni del SPDC da una parte e dell’opposizione dall’altra. Il primo dichiarò che l’affluenza fu elevata in entrambe le date, mentre l’opposizione dichiarò esser stata modesta. Inoltre, quest’ultima riportò la presenza di pesanti brogli elettorali con la presenza di schede precompilate e l’intimidazione nei pressi dei seggi elettorali delle periferie[19].Nonostante i resoconti contrastanti il 29 maggio 2008 l’SPDC, con la circolare n° 7/2008, riportò un’affluenza alle urne pari al 98,12% dei 27.288.827 aventi diritto e l’approvazione della nuova carta costituzionale da parte del 92,48% dei votanti[20]. Su tali basi la nuova Costituzione entrò in vigore.
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Note
[1] Nome per indicare l’apparato militare birmano
[2] Indicazione per la Giunta militare che guida il paese dal 1988
[3] “Burma’s 2010 Elections: Implications of the New Constitution and Election Laws”, Congressional Research Service, 29 aprile 2010, pagina 2
[4] Ibidem, pagina 3
[5] Indice percentuale della popolazione sotto la soglia di povertà (1,90$ al giorno) stimato al 3,1% al 2011 (4,8% nel 2010, 1,4% nel 2012. In diminuzione) Indice percentuale della popolazione sotto la soglia di povertà (5,50$ al giorno) stimato al 58,2% al 2011 ( 62,1% nel 2010, 54,3% nel 2012. In diminuzione). Fonte: The World Bank
[6] il 2014 Myanmar Population and Housing Census riporta di come a livello nazionale l’89,5% della popolazione sia alfabetizzata. L’alfabetizzazione è in continua espansione all’interno del paese, seppur regista una differenza nei tassi tra la popolazione femminile e quella maschile, con la seconda più istruita rispetto che la prima. Anche se alla mappa illustrata (pagina 23) è chiaramente visibile di come la distribuzione della popolazione istruita si collochi principalmente nelle regioni centrali, coincidenti con l’area storicamente abitata dalla popolazione bamar, la cui lingua è oggi quella ufficiale del paese. A tal proposito viene riportato di come gli stati periferici, in special modo Kayin – Shan – Chin – Rakhine – soffrano del più alto tasso di analfabetismo a livello nazionale. Stati nei quali vivono prevalentemente popolazioni non di etnia bamar.
[7] dati del UNDP riportano come oltre il 25% della popolazione viva sotto la soglia di povertà al 2010. Le percentuali di distruzione sono altamente variabili all’interno del paese. Il 73% della popolazione del Chin viveva sotto tale soglia, così come il 44% del Rakhine, il 33% dello Shan e del Tanintharyi ed il 32% de Ayeyarway. I dati mostrano come la povertà colpisca maggiormente la popolazione residente nelle campagne e nelle zone periferiche dello Stato rispetto alle aree urbanizzate e costiere.
Integrated Household living conditions survey in Myanmar (2009-2010) poverty line, guano 2021, UNDP, Pagina 12
[8] Burma’s 2010 Elections: Implications of the New Constitution and Election Laws, Congressional Research Service, 29 aprile 2010, pagina 3
[9] International Covenant on Civil and Political Rights, Risoluzione dell’Assemblea Generale 2200A, 16 dicembre 1966
[10] Status of ratification interactive dashboard, United Nation Human Rights
[11] Ibidem
[12] “Burma’s 2010 Elections: Implications of the New Constitution and Election Laws”, Congressional Research Service, 29 aprile 2010, pagina 5
[13] I sette stati sono Chin, Kachin, Kayah, Kayin, Mon, Rakhine e Shan; le sette regioni sono Ayeyawady, Bago, Magway, Mandalay, Sagaing, Taninthayi e Yangon.
[14] Un ciclone di categoria 3 ha venti “molto distruttivi” con raffiche di 170-225 km/h.
[15] “84.500 decessi confermati dal ciclone Nargis”, Associated Press, 24 giugno 2008; e “Ufficiale: il bilancio delle vittime del ciclone in Myanmar sale a 84.537″, Xinhua, 24 giugno 2008
[16] Le sfide di Aung San Suo Kyi per la nuova Birmania, Cecilia Brighi, Eurilink, 2016, pagina 70
[17] The Burma Cyclone and the Responsibility to Protect, Roberta Cohen, Brookings, 21 luglio 2008, https://www.brookings.edu/on-the-record/the-burma-cyclone-and-the-responsibility-to-protect/
[18] Vote Delayed in a Few Worst Cyclone-hit Areas but the Rest Will Go Ahead, Jocelyn Gecker, Associated Press, May 6, 2008
[19] Le sfide di Aung San Suo Kyi per la nuova Birmania, Cecilia Brighi, Eurilink, 2016, pagina 71
[20] “Burma’s 2010 Elections: Implications of the New Constitution and Election Laws”, Congressional Research Service, 29 aprile 2010, pagina 4
Foto copertina: Manifestanti a Yangon, in Myanmar, a metà marzo 2021. Dopo manifestazioni pacifiche contro un colpo di stato militare a febbraio, alcuni manifestanti si sono mobilitati in una sorta di guerriglia. Credit: New York Times