Ponti vs Muri. L’UE si spacca e Lukashenko gongola sulla questione migranti.


Mentre l’Europa si interroga e si spacca sulla delicata situazione che da settimane si protrae al confine tra Kuźnica e Bruzgi, e mentre la politica e la stampa nostrana si scontra seguendo la tradizionale retorica costruttori di ponti contro costruttori di muri che da sempre caratterizza il dibattito italiano in materia di migrazione, il regime di Lukashenko gongola e si prepara a raccogliere i frutti del proprio operato.


 

Il tema immigrazione, si sa, è sempre stato un tema scottante e altamente divisivo tanto a Bruxelles quanto in Italia. Socialisti e sovranisti di tutta Europa si scontrano sistematicamente seguendo rispettivamente la retorica dell’accoglienza e dell’abbattere muri e rimuovere filo spinato, oppure quella della necessità di proteggere confini, sovranità e identità culturale.
Tuttavia, mentre in Europa monta l’ennesima polemica, in Bielorussia il regime porta avanti cinicamente e con decisione la sua strategia volta a palesare le contraddizioni latenti dell’Unione, e a dimostrare quanto fragile e vulnerabile possa essere l’Europa se posta dinnanzi a una crisi che non può (o non vuole) gestire, utilizzando migliaia di migranti come strumento di pressione e ricatto.
Difatti, concentrandosi sulle condizioni inumane dei migranti costretti a vivere in un “limbo”, spinti dalle autorità bielorusse ad ammassarsi ai confini con Polonia e Lituania, così come riportato da alcune agenzie[1] e giornalisti bielorussi come Hanna Liubakova[2] e confermato anche dalla oppositrice di Lukashenko, Sviatlana Tsikhanouskaya[3], si rischia tuttavia di non cogliere un aspetto tutt’altro che secondario: Quella che si sta consumando alle porte dell’Unione non è una crisi migratoria, bensì un atto di aggressione da parte di un soggetto ostile, che sfrutta i migranti come strumento per condurre una guerra ibrida.[4]

From borders to bridges…

Nel suo celebre libro “Connectography”[5], lo scrittore Parag Khanna, nel suo primo capitolo intitolato proprio “dai confini ai ponti” teorizza il passaggio da una geografia politica a una geografia funzionale, ovvero una geografia in cui i confini cederanno il posto ad una più stretta connessione funzionale che riguarderà infrastrutture, risorse naturali, fenomeni migratori.
In un certo senso l’Unione Europea potrebbe essere considerata un esempio di quanto teorizzato da Khanna nel suo libro, la quale presenta in parte tutte queste caratteristiche. Dalla Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio CECA creata col Trattato di Parigi del 18 aprile 1951 fino alla firma della Convenzione di Schengen del 19 giugno 1990, la comunità europea ha conosciuto un’evoluzione della propria geografia su base funzionale, nonostante alcune critiche accusino l’Europa di aver perso lo spirito originario.
Sebbene questo spirito che muoveva i padri fondatori dell’Unione Europea fosse quello di creare una comunità libera da barriere, muri e confini politici, l’idea, ideologicamente condivisibile sostenuta da alcuni leader politici di una Europa senza confini, potrebbe rivelarsi realisticamente praticabile qualora il proprio vicino si chiama Canada. Molto meno realistica, invece, quando al di là dei propri confini ci sono regimi autoritari e illiberali come Bielorussia, Russia e Turchia. Purtroppo, le attività condotte da Lukashenko sulla questione migranti – che secondo alcuni analisti vedrebbero la partecipazione di Mosca – dimostrano che la gestione e il controllo delle frontiere esterne dell’Unione crei non pochi problemi a Bruxelles.
La sensazione è che l’Europa abbia mostrato, ancora una volta, la propria vulnerabilità e fragilità quando è chiamata a garantire la sicurezza dei propri confini e/o a gestire fenomeni endogeni che potrebbero potenzialmente creare emergenze di difficile soluzione.
In questi casi, si ripresenta la necessità di dotare l’UE di una gestione unitaria della politica estera, di difesa e sicurezza e della gestione del fenomeno migratorio, prevedendo una cessione di sovranità da parte degli stati membri. Le resistenze degli stati nazionali a cedere una parte più consistente della propria sovranità, unita alla mancanza di una difesa europea, relega l’UE nel ruolo di attore geopolitico secondario e potenzialmente ricattabile da altri attori, regionali e non solo.

Niente di personale, sono solo affari…

Era il 2016 e l’UE conclude un accordo strategico con la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan. L’incontro tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente turco a Istanbul siglò la collaborazione tra UE e Turchia su quello che sarebbe stato ribattezzato “accordo sui migranti”.[6]
In occasione dell’operazione militare “Fonte di Pace”[7] in Siria nordorientale nel 2019, l’Unione Europea invitò Ankara a sospendere quella che sembrava un’invasione militare, ottenendo come risposta la minaccia di vedere 3,6 milioni di rifugiati stanziati in Turchia giungere sul suolo europeo.[8]
La sfida di Erdoğan all’Unione Europea ha mostrato al mondo che Bruxelles è facile preda di ricatti e ritorsioni che fanno leva sulla incapacità europea di gestire il fenomeno migratorio in modo unitario. La rocambolesca ritirata dall’Afghanistan ha generato un nuovo fenomeno migratorio, in merito al quale la risposta europea è stata incerta, timorosa ed ha innescato tensioni e divisioni tra i paesi membri, tra rimpalli di responsabilità e chiusure.[9]
Sui migranti Erdoğan, dunque, ha mostrato la via e Lukashenko l’ha seguita. Secondo alcuni osservatori, Bielorussia e Russia avrebbero facilitato la mobilitazione dei migranti, attraverso voli provenienti dalla Siria diretti a Mosca e Minsk, spingendo Germania e UE a adottare sanzioni economiche[10] mirate a soggetti privati e compagnie aeree sospettate di aver trasportato migranti verso l’Europa attraverso pacchetti turistici creati ad-hoc.[11]
Gli obiettivi di questa guerra ibrida intrapresa da Lukashenko sono molteplici. Da una parte ci sono Polonia e Lituania. La prima si è resa protagonista di una intensa campagna di condanna delle violenze del regime bielorusso nei confronti dei manifestanti pro-democrazia, denunciando l’arresto illegale di alcuni cittadini polacchi – tra cui alcuni giornalisti – che avevano testimoniato sulla brutalità delle autorità di Minsk nella repressione delle proteste. La Lituania, invece, è colpevole di aver dato asilo alla oppositrice Sviatlana Tsikhanouskaya.
Ci sarebbero evidenze che la propaganda di regime abbia voluto in tutti i modi sottolineare ed evidenziare la brutalità dei respingimenti attuati dalla polizia di frontiera polacca, con l’ausilio di cannoni ad acqua e fumogeni. Alcuni video circolati in rete hanno mostrato militari bielorussi aggirarsi nei campi sorti nella foresta adiacente al confine polacco, intenti a “istruire”[12] i migranti e a distribuire viveri, bastoni e granate fumogene, supportando questi ultimi nell’aprire varchi nel filo spinato.[13]
La sensazione, nell’opinione di chi scrive, è che la Polonia ha giocato il ruolo della vittima perfetta per la narrazione sostenuta dalla propaganda di Lukashenko, il quale ha colpito Varsavia su un punto che avrebbe scatenato una vigorosa reazione da parte del governo PiS, da sempre molto duro sul tema dei migranti, e riaccendere la discordia tra l’Est e l’Ovest d’Europa. D’altro canto, il governo polacco, alle prese con un certo calo di consensi e sottoposto al vaglio della Commissione Europea in merito al rispetto dello stato di diritto, non ha perso occasione per mostrare i muscoli, per cercare di ricompattare il paese e ottenere consenso.
Il secondo obiettivo di Lukashenko era, ovviamente, l’UE nel suo complesso. Mostrare al mondo il volto cinico e disumano di una Unione Europea debole con i forti e forte con i deboli. Una Unione che si fa portavoce della difesa dei diritti umani, ma che lascia migliaia di migranti al freddo al di là propri confini. Inoltre, Lukashenko con la questione migranti vuole mostrare al mondo la fragilità di una Unione che è incapace di difendere i propri confini da minacce esterne, tutto questo mentre in Europa ci si interroga sul come l’UE riuscirà a garantire la sicurezza del continente europeo, visto che gli Stati Uniti stanno progressivamente concentrando i propri sforzi nello scacchiere Indopacifico in chiave anticinese, come emerso nella bozza del Strategic Compass sulla difesa europea.[14] Dimostrare ai paesi UE che Bruxelles non è in grado di proteggere i propri confini; scoraggiare i paesi maggiormente critici rispetto al progetto di difesa europea – Polonia in primis – e creare un nuovo conflitto sulla gestione dei flussi migratori; tutto questo potrebbe rientrare nella strategia di Lukashenko e di Putin (sui migranti) per scoraggiare Bruxelles da adottare ulteriori sanzioni economiche verso Minsk, e indebolire il peso geopolitico dell’Unione.

Conclusioni

Mentre il Presidente UE Charles Michel[15] e l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Josep Borrell[16] hanno affermato che nuove sanzioni sono sul tavolo, chiedendo a Minsk di cessare qualsiasi forma di attacco ibrido verso l’Europa e richiamando gli stati membri a mostrarsi uniti, la cancelliera Angela Merkel e Lukashenko hanno avuto una conversazione telefonica, durante la quale hanno concordato di avviare colloqui tra UE e Bielorussia. Intanto, il Consiglio UE ha deciso di sospendere l’applicazione dell’accordo UE-Bielorussia in merito alla facilitazione del rilascio dei visti, mentre da Berlino, il ministro degli Interni tedesco Horst Seehofer aveva dichiarato “Dobbiamo aiutare il governo polacco a proteggere la sua frontiera esterna” e ancora “Questo sarebbe compito della Commissione europea, faccio appello perché agisca. La invito ad agire“. [17]
La risposta della Commissione è giunta attraverso le parole della Presidente della Commissione UE, Ursula von der Leyen, la quale ha annunciato che la Commissione è pronta a mobilitare 700mila euro da destinare alla assistenza umanitaria con cibo, coperte e kit di pronto soccorso, chiedendo che il regime bielorusso smetta di mettere a rischio la vita dei migranti.[18]
Diverse agenzie hanno annunciato che le autorità bielorusse avrebbero sgomberato l’accampamento situato al confine con la Polonia e che migliaia di migranti sono stati condotti al centro logistico “Bremino”, mentre circa 430 persone, in particolare curdi iracheni, avrebbero volontariamente lasciato la Bielorussia per fare ritorno in Iraq.[19]
La Polonia, dal canto suo, che aveva già schierato oltre 12.000 militari nei pressi del checkpoint di Kuźnica, ha annunciato la creazione di un muro al confine con Russia e Bielorussia, senza aspettare il benestare di UE e NATO, ottenendo il supporto di Lituania e Lettonia, mentre l’Estonia ha annunciato di avviare esercitazioni militari al confine bielorusso e l’istallazione di recinzioni al confine russo.[20]
Dall’altra parte, invece, Lukashenko minaccia UE con i migranti e Polonia di tagliare le forniture di gas verso l’Europa, mentre il Cremlino respinge l’accusa di spingere i migranti al confine polacco.[21]
È opinione di chi scrive, che mentre la politica europea rincorre la tradizionale dicotomia ponti/muri, l’UE rischia di pagare lo scotto di non essere riuscita a dotarsi di una politica migratoria unitaria ed efficace, di una vera politica di difesa e sicurezza dei confini europei (sarebbe interessante valutare il ruolo giocato dalla Agenzia Frontex in questo caso), di una politica energetica europea, che rende l’Europa vulnerabile a qualsiasi minaccia o condizionamento da parte di attori esterni.


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Attori come la Turchia di Erdoğan e la Bielorussia di Lukashenko sfruttano la tradizionale incapacità europea di trovare una soluzione condivisa per far fronte al fenomeno migratorio, utilizzando i migranti come arma di pressione e ricatto, per strappare concessioni e/o per alimentare divisioni in seno all’UE. Mentre la Russia fa sentire la propria pressione sulla questione Ucraina sfruttando l’arma della fornitura energetica. Inoltre, come ricordato in precedenza, l’attenzione degli Stati Uniti sembra essersi spostata sulla competizione con la Cina nello scacchiere asiatico, costringendo gli europei a fare i conti con la propria sicurezza.
In gioco c’è la tenuta di un’Unione sempre più divisa, scossa da una crisi pandemica ed economica non ancora superata, ed alle prese con l’ambizioso progetto della autonomia strategica e con la mancanza di volontà politica dei leader europei di cedere parte della sovranità nazionale in materia di difesa, immigrazione e politica estera. In questo grande gioco che è la geopolitica, attori come Russia, Turchia e Bielorussia, appaiono più attrezzati e determinati nel perseguire i propri interessi strategici.
La scacchiera è pronta. Le pedine si muovono. L’UE sarà preparata a vincere la partita geopolitica del continente europeo?


Note

[1] https://twitter.com/nexta_tv/status/1457710960555212803
[2] https://twitter.com/HannaLiubakova/status/1459843766542643200
[3] https://twitter.com/Tsihanouskaya/status/1460754933230321669
[4] https://www.politico.eu/article/belarus-border-migration-geopolitical-crisis-nato-eu/
[5] Parag Khanna, Connectography: Mapping the Global Network Revolution (2017), Orion.
[6] https://euractiv.it/section/europea-parlano-i-fatti/news/laccordo-ue-turchia-sui-migranti-5-anni-dopo/
[7] https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2019/10/10/operazione-turca-fonte-pace-181-obiettivi-colpiti/
[8] https://www.adnkronos.com/erdogan-minaccia-milioni-di-rifugiati-in-europa_1G6OBPH9AUU7FU7gO3LJYF?refresh_ce
[9] https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/speciale-afghanistan-rifugiati-corridoi-o-muri-31395
[10]https://www.lastampa.it/esteri/2021/11/15/news/crisi_migranti_sul_confine_bielorussa-ue_il_cremlino_la_russia_potrebbe_aiutare_come_mediatore-41
[11] https://formiche.net/2021/11/russia-bielorussia-europa-migranti/
[12] https://twitter.com/Poland_MOD/status/1457707511100973062
[13] https://twitter.com/HannaLiubakova/status/1459843766542643200
[14] https://www.affarinternazionali.it/2021/11/la-bussola-strategica-ue-e-limportanza-di-agire/
[15] https://twitter.com/eucopresident/status/1458445443801702410
[16] https://www.reuters.com/world/europe/eu-broaden-belarus-sanctions-monday-borrell-2021-11-14/
[17] Cfr. https://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/bielorussia-polonia-953db784-ca9b-4e66-8bdf-5241147254d9.html?refresh_ce
[18] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2021/11/17/bielorussia-draghi-migranti-usati-per-politica-estera_9b579f95-f5c4-4275-845d-d7faf5136e71.html
[19]https://www.lastampa.it/esteri/2021/11/18/news/la_bielorussia_sgombera_accampamento_di_migranti_al_confine-430825/
[20] https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/11/17/lestonia-annuncia-esercitazioni-al-confine-la-bielorussia/
[21] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2021/11/11/bielorussia-la-russia-allonu-non-stiamo-spingendo-i-migranti-al-confine-della-bielorussia-con-la-polonia_9c94c830-8343-4895-90fe-6482cbb91665.html


Foto copertina:Presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko Wikimedia Commons