Propaganda di Stato: radicalizzare una nazione


La propaganda di Stato come mezzo di persuasione sociale.


A cura di Kristina Bilimenko

Introduzione

Parlare di radicalizzazione molto spesso è forviante, il collegamento immediato che si fa con tale termine è quello con il terrorismo, meglio ancora se di stampo islamico. Qualcosa che riusciamo ad immaginare, a percepire, qualcosa a cui riusciamo a dare un volto. La radicalizzazione, tuttavia, può avvenire a vari livelli, può esser perpetrata da svariati individui e su persone che non per forza hanno collegamenti con l’Islam o il terrorismo puro e semplice come lo conosciamo noi. Radicalizzare significa spingere specifici individui a ritenere giuste determinati valori o idee. Consideriamo soprattutto che, nonostante ci troviamo ad operare quotidianamente in una società libera e democratica, il mondo non gira come direbbe qualcuno allo stesso modo. Molto spesso accade che, in Stati autoritari, i poteri centrali mettono in atto una narrazione volta a condizionare la popolazione di riferimento, per scopi politici per lo più. Seppur non lo riteniamo così comune è fenomeno che ha una forte presenza, sia in nazioni democratiche come quella americana (basti pensare alla narrativa trumpiana e il conseguente assalto a Capitol Hill), sia in nazioni in cui la democrazia lascia la scena ad altro tipo di governo con connotati più autoritari come quella russa. Indottrinare o radicalizzare altro non è che condizionare il pensiero degli individui affinché ritengano sagge delle scelte che normalmente non sembrerebbero tali.

Leggi anche:

La radicalizzazione in principio

Il tema della radicalizzazione possiede una moltitudine di sfaccettature: può esser adoperata da gruppi terroristici, da una fazione politica o persino da uno Stato.
Non vi è una definizione univoca di cosa sia la radicalizzazione[1]. Certo è che si configura come un processo all’interno del quale concorrono fattori condizionanti e in cui l’individuo opera uno spostamento verso le punte estreme, verso posizioni o soluzioni radicali al di là di ogni compromesso. [2] All’interno del termine radicale troviamo due assunti che bisogna prendere in considerazione: il primo riguarda la contrapposizione tra ciò che è radicale e ciò che è moderato; la seconda, che si configura come diretta correlazione con la prima, riguarda la connotazione violenta che viene accostata al termine dalla comunità internazionale.
Analizzando il termine in sé si evince come alla base di questa concezione vi sia:

  • Un cambiamento individuale che segue delle fasi;
  • A guida di tale mutamento interiore dell’individuo, vi sia una figura che traghetta il pensiero o la visione di qualcuno in una specifica direzione che differisce da quella comunemente accettata o validata;
  • Tale processo è facilitato dall’uso dei social media e di internet.

    Le fasi di cui il processo di radicalizzazione si costituisce sono quattro e si suddividono in [3] gruppi:

  • Pre-radicalizzazione, momento in cui si creano o hanno preso piega i fattori contestuali generali che rendono l’individuo più ricettivo verso un determinato tipo di atteggiamento.
  • Identificazione, è la fase in cui l’individuo, allontanandosi dalla sua personalità o dal suo comportamento abituale, si avvicina alla visione più radicale che si porta in contrapposizione non soltanto con la sua persona ma anche molto spesso con il resto della comunità sociale.
  • Indottrinamento, in questo momento del processo l’individuo diviene più socialmente isolato. Si punta sul bisogno di cambiare la società e si accetta a pieno la nuova visione della realtà.
  • Manifestazione, in quest’ ultimo momento si verifica molto spesso la volontà dell’individuo a passare all’azione con lo scopo di promuovere la propria ideologia.

Il percorso della radicalizzazione non conduce necessariamente ad intraprendere azioni violente, e il leader carismatico che influenza o traghetta l’individuo verso la radicalizzazione può esser concepito non per forza nella figura di un terrorista, ma può esser anche un esponente politico, o ancora il Presidente di uno Stato.

Si può radicalizzare una nazione?

Il caso da noi preso in considerazione sarà comprendere come può una nazione esser radicalizzata, o meglio, indottrinata mediante l’utilizzo del discorso e dell’ideologia tipica di gruppi dell’estrema destra? Non è facile definire quali siano i fattori alla base di questa ideologia in quanto varie ed innumerevoli sono le sfumature che negli anni si sono formate. Principalmente parliamo di nazionalismo, populismo di destra, razzismo, xenofobia e posizioni antiliberali.
Nel caso della radicalizzazione di una nazione, o per meglio dire della costituzione dell’identità di Stato con connotati pre-individuati dal potere centrale, le prime due fasi sono molto più labili. La pre-radicalizzazione pone le sue basi su eventi storicamente importanti che hanno scosso la società. La fase dell’identificazione, poggia sull’identificarsi come parte integrante di un’unica nazione. Diverso è il caso dell’indottrinamento, parte centrale del nostro discorso, in quanto è proprio qui che le autorità centrali o la politica in generale hanno maggior potere di manovra. L’elemento determinate è il linguaggio, efficace mezzo per la costruzione di una narrativa e base dell’indottrinamento. Come sottolineato da Noam Chomsky, le parole non sono soltanto parole, in quanto, almeno in parte il linguaggio è determinato dall’ambiente in cui opera e si sviluppa.[4] Il linguaggio altro non fa che rispecchiare le strutture sociopolitiche, ponendosi come un simbolo. Tramite la concettualizzazione della realtà, riflette prospettive e visioni particolari, che spianano il cammino a condizionamenti e costrizioni su coloro che tale linguaggio acquisiscono, nella maggior parte emerge che il linguaggio implica l’esercizio di un potere. La realtà non è mai neutrale e neppure le parole.[5]
A livello collettivo “per ogni individuo, in quanto parte di un gruppo sociale, i dati e la forma di ogni comunicazione dipendono anche dal tipo delle attività repressive che sono state esercitate su di lui.”[6]
Molto spesso alla base di questa narrativa vi sono dei valori nazionali predeterminati. Questo tipo di linguaggio viene messo a punto tramite l’utilizzo della propaganda in congiunta talvolta con elementi di hatespeech.

La propaganda e il suo risvolto

La propaganda è la gestione delle attitudini collettive tramite la manipolazione di simboli significativi.[7] È un’azione che tende ad influire sull’opinione pubblica manipolandone la cognizione. Di per sé la propaganda non rappresenta necessariamente un elemento negativo. L’accezione che questa può acquisire cambia in base all’utilizzo che della propaganda viene fatto. Un esempio in questo caso è ciò che sta avvenendo in Ucraina, a seguito della guerra il presidente ha optato per una costante presenza televisiva con una narrativa specifica che si ripete nell’arco del tempo. Sicuramente anche questa potrebbe esser definita come propaganda e probabilmente lo è. L’accezione positiva qui però è rappresentata dalla retorica della riconquista del paese, dell’unità e solidarietà nazionale questo in quanto una minaccia reale e non paventata è stata perpetrata. In tal caso non si tratta di pensiero indotto, in quanto si opta a rafforzare semplicemente l’identità nazionale per avere una maggiore coesione in un momento difficile dettato da fattori fuori dal controllo del potere centrale.
La propaganda assume connotazioni negative quando il suo uso è volto alla coercizione del pensiero al fine di giustificare un potere centrale autoritario o un tipo di politica che si configura come repressiva e poco incline ai valori democratici. Nel caso dell’estrema destra, ad esempio, la propaganda viene spesso utilizzata per instaurare la paura del «diverso». Le persone di un altro Paese, colore o fede religiosa nonché gli omosessuali e i disabili sono particolarmente esposti all’ostilità degli estremisti di destra e ad attacchi verbali e fisici di stampo razzista. In tali contesti si fa spesso perno sulla propaganda come costruzione narrativa, basata per di più su distorsioni esplicitamente rilevabili. La presenza odierna di mezzi di comunicazione di massa, tra cui quella dei social ed una presenza della televisione sempre più invasiva ha permesso di incrementare la diffusione di tale pensiero, che utilizza l’hatespeech nei media per la sua propagazione. Il linguaggio consente di creare e di trasformare identità, ruoli, gerarchie e asimmetrie. Le espressioni d’odio possono avere funzioni di aggressione – che talvolta sfociano in violenza fisica – e di propaganda volta a creare e a mantenere una polarizzazione tra gruppi, e a normalizzare e legittimare comportamenti discriminatori contro individui esclusi e marginalizzati, per costruire o per consolidare le gerarchie sociali. L’esito di tali complesse dinamiche indebolisce o nega del tutto la partecipazione, la visibilità e il potere performativo delle parole dei gruppi subordinati e vulnerabili, disciplinandone la condotta sociale e prescrivendone i comportamenti.[8]
I segni costitutivi di questa corrente di pensiero si rifanno ad un patriottismo estremo, in cui la figura dell’altro, come affermato anche poc’anzi, funge da fulcro. L’altro proprio in quanto inferiore, nemico, e colui che frena la ‘’rinascita’’ del proprio paese, un impedimento fisico da distruggere. In breve, tale ideologia posa i suoi pilastri su idee totalitarie, antidemocratiche ed etnocentriche.[9]
Un punto da attenzionare è il cosiddetto revisionismo storico, che va di pari passo con la negazione di alcuni eventi drammatici. Tuttavia, sarebbe opportuno sottolineare che, i connotati dell’estremismo di destra non sono ben definiti per tale ragione vi sono innumerevoli sfaccettature da considerare sia a livello comportamentale che organizzativo.  I comportamenti non necessariamente comportano la presenza in contemporanea di atteggiamenti violenti, idee antidemocratiche e razziali… è possibile al contrario che tutto ciò sia disaggregato.

La teoria del complotto

In questo senso la teoria del complotto, spesso utilizzata proprio per giustificare posizioni così forti verso l’altro, acquista un ruolo rilevante prendendosi la scena all’interno della propaganda.
La teoria del complotto presuppone che alcuni eventi o situazioni siano manipolati in segreto da un gruppo di cospiratori, con l’intento di nuocere o modificare la società senza tener conto del suo volere. Si divide il mondo in buoni e cattivi, si tende ad individuare un capro espiatorio in persone o gruppi, viene ingannevolmente suggerito che nulla accade per caso e che non esistono coincidenze. [10] Le teorie del complotto possono essere definite come:

  • Congetturali: si concentrano spesso su informazioni frammentarie o anomalie piuttosto che su evidenze concrete, da queste vengono formulate congetture;
  • Controcorrente: media ed esperti mainstream, come le istituzioni sono visti come parti di un sistema che cerca di celare il complotto proponendo un racconto ufficiale;
  • Esoteriche: le teorie del complotto attingono spesso ad elementi fantastici per spiegare la complessità della realtà;
  • Auto-confermative: il fatto stesso di provare a sfatare alcune teorie viene letto come ennesima prova della loro veridicità.

Il tutto è volto alla creazione di una realtà difforme da quella narrata dalla controparte, in cui si implica la necessità di proteggere la propria nazione e società da attacchi esterni, attacchi volti a distruggerla. Il perenne senso di minaccia, da una parte, e la presenza di una identità a cui appigliarsi, dall’altra, sono i due elementi che restano a tali individui. Non importa se le teorie e la narrazione professata siano vere l’importante è che le persone vi credano e che quella divenga la loro realtà.
Le teorie complottistiche sono validi strumenti sia discorsivi che comunicativi, i quali si conciliano alla perfezione con obiettivi anche di stampo politico. Esempi di tale narrativa soprattutto negli ultimi anni ne abbiamo a bizzeffe, uno fra tanti l’assalto a Capitol Hill. Ovviamente non è il solo caso che si potrebbe considerare, più interessante, in realtà, sarebbe comprendere come questa ideologia venga adoperato a livello più alto. Comprendere come un Capo di Stato può indottrinare gli individui della propria nazione. Elemento questo che verrà approfondito successivamente e nello specifico con il caso Russia.

Conclusione

I processi alla base nel caso di uno Stato sono più semplici da mettere in moto, molti degli elementi necessari sussistono già e la voce che guida la propaganda o narrazione è quello di cui ci si fida di più, il potere centrale. Certo la radicalizzazione individuale, i cui leader sono meno rappresentativi dei primi, è più complicato. L’isolazione è necessaria, ed è un processo per certi versi più radicale ed intenso. La base, tuttavia, in entrambi i casi è data dalla propaganda o narrazione, differisce l’accezione ma il senso è lo stesso. Analizzare la propaganda, perpetrata dallo Stato, risulta essere più interessante in quanto è meno percepibile è meno vivida e tende a nascondersi dietro cose o parole a primo acchito impercepibili, irrilevanti, un connubio di cose che se allineato fornisce un quadro tuttavia spaventoso.


Note

[1] ‘’La radicalizzazione può essere definita come un processo di evoluzione personale per la quale un individuo adotta idee ed obiettivi politici o politico-religiosi sempre più radicali, con la convinzione che il raggiungimento di tali obiettivi giustifichi i metodi estremi. Tale processo, può indurre un individuo o un gruppo ad accettare, sostenere o incoraggiare l’uso della violenza come mezzo politico-religioso. È un processo dinamico, non necessariamente lineare, che può essere lento e graduale o al contrario manifestarsi in modo repentino ed esplosivo. In alcuni casi generato da influenze esterne, come un leader carismatico o una dinamica di gruppo, in altri può aver luogo come processo interno di auto radicalizzazione, magari scatenata da fattori coinvolgenti come quelli accessibili da Internet, in concomitanza a fattori personali individuali.’’ Augusto Zaccariello, ‘’IL FENOMENO DELLA RADICALIZZAZIONE VIOLENTA E DEL PROSELITISMO IN CARCERE’’, Sicurezza e Giustizia, numero III/MMXVI, 2016.
[2] ‘’Radicalizzazione’’, vocabolario Treccani online, link: https://www.treccani.it/vocabolario/radicalizzazione/
[3] Commissione Internazionale Austria- Francia- Germania, ‘’ Manuale sulla radicalizzazione’’, Ufficio Studi, ricerche, legislazione e rapporti internazionali, giugno, 2009. [4] Artemij Keidan, ‘’Natura innata del linguaggio secondo Noam Chomsky’’, Noise from Amerika, Aprile 2016.
[5] ‘’Il sistema linguistico, per il tramite della concettualizzazione della realtà, riflette prospettive e visioni particolari facenti si che queste esercitino condizionamenti e costrizioni su coloro che acquisiscono ed usano il linguaggio. (…) E pur nella quotidianità delle situazioni, è apparso che l’uso del linguaggio implica sempre l’esercizio di un potere. La presentazione della realtà non è mai neutra, né neutra la reazione alle parole.’’ Clara Villoresi, ‘’Barbara Frischmuth e Il Collegio delle suore: la lingua come strumento di indottrinamento’’, Rivista internazionale di tecnica della traduzione, Trieste, pp. 168.
[6] Ivi, pp. 169.
[7] H. Lasswell, (1927). The Theory of Political Propaganda. American Political Science Review, 21(3), 627-631.
[8] Claudia Sanna, ‘’ I DISCORSI DELL’ODIO, SOCIAL E MIGRAZIONE: RIFLESSIONI SU UN MODELLO INTERPRETATIVO ‘’, Università per Stranieri di Siena, pp. 44.
[9] Weworld, ‘’ Estremismo violento e radicalizzazione giovanile: vettori, manifestazioni e strategie d’intervento’’, Milano, 2021.
[10] Commissione Europea, ‘’Individuare le teorie del complotto’’, Link: https://commission.europa.eu/strategy-and-policy/coronavirus-response/fighting-disinformation/identifying-conspiracy-theories_it


Foto copertina: La propaganda di Stato come mezzo di persuasione sociale.