Le operazioni Stay-Behind della Nato. Gladio e le altre organizzazioni


Al termine della II Guerra Mondiale, il mondo è stato diviso in due blocchi: quello occidentale, capitanato dagli Stati Uniti e dall’Alleanza Atlantica, sfociata poi nella NATO; quello sovietico, guidato dall’Unione Sovietica e comprendente una serie di stati satellite di Mosca riuniti nel Patto di Varsavia.  In questo quadro si collocano le operazioni stay-behind della NATO, con l’obiettivo di creare dei nuclei operativi di agenti dormienti nei paesi Alleati il cui scopo, in caso di invasione sovietica o presa al potere di partiti e movimenti comunisti, era quello di intervenire con qualsiasi mezzo possibile per mantenere il posizionamento atlantista del proprio paese.


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La percezione del pericolo sovietico/comunista durante gli anni della Guerra Fredda era molto alta, soprattutto in alcuni paesi come l’Italia: confinante con uno stato comunista come la Repubblica di Jugoslavia, il nostro paese aveva inoltre il Partito Comunista più grande dell’Europa Occidentale che in più di un’occasione ha rischiato di raggiungere il potere, minando il posizionamento occidentale che l’Italia aveva duramente conquistato dopo le vicende della Seconda Guerra Mondiale e l’inevitabile isolamento internazionale dovuto alla parentesi fascista. Con tale minaccia incombente in quasi tutti i paesi dell’Europa, gli Stati Uniti e la NATO non potevano permettersi di rischiare lo sgretolamento del blocco atlantico e il rafforzamento di quello sovietico, alimentando le possibilità di un’invasione diretta da parte di Mosca dell’Europa occidentale.

Le operazioni stay-behind della NATO

Per questo, NATO e CIA cominciarono a sponsorizzare reti segrete (spesso paramilitari) nei paesi occidentali: formate da persone della società civile e militare ritenute affidabili, queste organizzazioni si basavano su valori quali l’anticomunismo e l’atlantismo. Non molto differenti nei metodi dai moti partigiani nati durante la Seconda Guerra Mondiale, le strutture stay-behind avevano come scopo quello di formare degli agenti in grado di ostacolare un’eventuale invasione sovietica o la presa al potere di movimenti e partiti comunisti. Sabotaggio, recupero di informazioni, propaganda anticomunista, supporto alle operazioni militari alleate, rapimenti e perfino colpi di Stato: erano queste le attività a cui si preparavano gli agenti addestrati all’interno di queste organizzazioni, avvolte ancora oggi nel mistero. La presenza di operazioni stay-behind della NATO è stata rilevata in molti paesi, con nomi diversi: in Belgio col nome in codice SDRA8; in Danimarca Absalon; in Lussemburgo Stay-Behind; in Portogallo Aginter; nei Paesi Bassi I&O; in Norvegia ROC; in Grecia LOK; in Germania TD BDJ; in Turchia Counter-Guerrilla; in Svizzera e in Austria, pur non facendo parte dell’Alleanza Atlantica, vi erano operazioni legate alla rete NATO, la P26 per gli elvetici e OWSGV per gli austriaci; in Italia, la più famosa, l’operazione Gladio. In paesi come Francia, Spagna, Svezia e Finlandia, i nomi restano tutt’ora sconosciuti. Analizziamo alcuni singoli casi.

Grecia

Al termine della II Guerra Mondiale, il primo ministro britannico Winston Curchill ordinò la creazione di un’armata segreta verso la fine del 1944 per evitare che gruppi comunisti della resistenza greca prendessero il potere nella penisola ellenica. L’organizzazione è conosciuta come Lochos Oreinon Katadromon (LOK), ed è stata inizialmente affidata al feldmaresciallo Alexander Papagos che, con il supporto dei britannici, reclutò elementi di estrema destra, monarchici e anti-repubblicani tra le sue fila per combattere i comunisti [1]. Quando la Grecia si unì alla NATO nel 1952, LOK entrò a tutti gli effetti nella rete stay-behind europea della NATO. Nel marzo del 1955, la CIA e LOK riconfermarono la cooperazione attraverso un documento segreto firmato dal Generale statunitense Trascott per la CIA e il Capo di Stato Maggiore delle forze armate elleniche Konstantin Dovas [2]. LOK potrebbe essere stata coinvolta nel colpo di Stato portato avanti dai militari greci il 20 aprile 1967 (nota come Dittatura dei Colonnelli): secondo quanto affermato dall’ex agente della CIA Philip Agee, LOK attivò il piano basato sulle linee guida della NATO per contrastare un’insurrezione comunista, chiamato “Prometeo”: sotto il comando del Tenente Colonnello Costas Asladines, LOK prese il controllo del Ministero della Difesa greco, ordinando l’avanzata di mezzi militari su Atene che, in poco tempo, occuparono stazioni radio, il parlamento e il palazzo reale, arrestando circa 10mila persone [3].

Tra gli arrestati figurano George Papandreou e suo figlio Andreas, con quest’ultimo che, dopo l’esilio in Canada e Svezia, tornò in Grecia per vincere le elezioni del 1981 e formare il primo governo socialista della Grecia. Secondo quanto testimoniato da Papandreou, egli scoprì dell’esistenza dell’organizzazione segreta della NATO, conosciuta con il nome in codice “Red Sheepskin”, durante il suo mandato da Primo Ministro nel 1984: ordinò la dissoluzione dell’organizzazione, come confermato dall’allora Ministro della Difesa greco, Nikos Kouris, che definì l’accordo segreto con la CIA un “patto inaccettabile” [4].

Nel 1990, l’opposizione socialista propose un’investigazione parlamentare sul ruolo di LOK nel colpo di stato del 1967, ma il Ministro dell’Interno Yannis Vassiliadis negò la necessità di un’investigazione, definendo la creazione di LOK un “atto giustificabile per la nazione” [5].

Germania

Il primo a far luce sulla presenza di una rete stay-behind della NATO in Germania fu il parlamentare socialista Hermann Scheer nel 1990, accusando l’illegittimità e l’incostituzionalità di una forza armata segreta fuori il controllo del parlamento o del governo. Tuttavia, la richiesta venne ritirata dopo che Scheer venne informato che anche i socialisti, durante il loro periodo al governo, avevano nascosto l’esistenza della rete. L’azione, tuttavia, suscitò l’interesse della stampa, sostenendo quest’ultima che una forza armata segreta si era formata includendovi tra le fila estremisti di destra ed ex nazisti guidati dal Generale Reinhard Gehlen, direttore del primo servizio di intelligence tedesco. Da qui l’appellativo giornalistico di Organizzazione Gehlen (ORG) [6]. Gehlen servì sotto Hitler sul fronte sovietico durante la II Guerra Mondiale, raggiungendo la fama grazie alle terribili atrocità compiute in guerra: dalla torture agli interrogatori, fino all’uccisione per fame di milioni di prigionieri di guerra sovietici [7]. Le informazioni raccolte da Gehlen furono determinanti per il suo salvataggio durante il Processo di Norimberga da parte del Presidente statunitense Truman, che invece gli concesse il ruolo di capo della ORG nella Germania sotto il controllo degli USA.

Nessun documento che attesti i fatti appena esposti è stato mai rivelato, tuttavia vi sono alcune testimonianze che confermerebbero la veridicità di tali vicende. La più importante è sicuramente quella di Hans Otto, ex ufficiale delle SS che, secondo i registri governativi, il 9 settembre 1952 confessò nel quartier generale della polizia di Francoforte di far parte di un gruppo di resistenza politico il cui scopo è fare attività di sabotaggio e “far saltare in aria i ponti in caso di invasione sovietica”. Secondo Otto, più di 100 agenti erano stati arruolati e addestrati alla guerriglia, inoltre, anche se non ufficialmente riconosciuta come requisito, quasi tutti i membri avevano tendenze neo-naziste.

Dalla testimonianza dell’ex ufficiale delle SS, le capacità finanziarie per avviare l’organizzazione sono state erogate dalla CIA tramite un cittadino americano di nome Sterling Garwood. Otto dichiarò che il nome in codice dell’organizzazione era “Technischer Dienst des Bundes Deutscher Jugend” (TD BDJ), guidata da Erhard Peters. [8]. Il TD BDJ, come rivelato da Hans Otto, aveva stilato delle liste nere comprendenti, secondo quanto appreso successivamente dalla polizia, principalmente comunisti e socialisti che sarebbero stati eliminati in caso di emergenza. La notizia raggiunse il Primo Ministro dello stato tedesco dell’Hessen, August Zinn, che chiese un’investigazione ai massimi livelli. Ma già nel settembre del 1952 la più alta corte di giustizia tedesca, la Bundesgerichtshof, ordinò la scarcerazione di tutti i membri del TD BDJ [9].

Il TD BDJ è stato inoltre collegato all’estrema destra tedesca quando il 26 settembre del 1980 scoppiò una bomba durante il celebre Oktoberfest di Monaco, dove morirono 13 persone e più di 200 rimasero ferite. Alcuni degli arrestati affermarono che il materiale esplosivo utilizzato fosse stato consegnato a loro dal ranger e simpatizzante dell’estrema  destra Heinz Lembke. Le testimonianze furono confermate quando, nell’ottobre del 1981, furono scoperti ben 33 depositi segreti appartenenti a Lembke, nel quale furono trovate armi automatiche, munizioni, equipaggiamento chimico militare, esplosivi, granate e armi anticarro. Gli armamenti potrebbero essere stati parte delle scorte del TD BDJ [10].

Turchia

Durante la Guerra Fredda, la Turchia era già il più grande esercito della NATO in Europa e il secondo dell’Alleanza dopo gli Stati Uniti. Possedeva inoltre un terzo del confine NATO a contatto diretto con i paesi membri del Patto di Varsavia. La Turchia quindi era strategicamente fondamentale per l’Alleanza Atlantica e così, già anni prima che il paese entrasse a far parte del Patto Atlantico, vi era presente un’organizzazione stay-behind denominata “Counter-Guerrilla”.

L’organizzazione è stata attiva per tutto il periodo della Guerra Fredda, conducendo alcune delle missioni più importanti delle forze armate turche [11]. Dopo la divulgazione dell’operazione Gladio in Italia, il Generale Kemal Yilmaz, capo delle forze speciali turche, nel 1990 confermò l’esistenza della rete NATO in Turchia. Yilmaz spiegò che l’organizzazione era sotto il comando delle forze speciali turche e aveva come obiettivo l’organizzazione di una resistenza in caso di occupazione comunista.

L’ex Primo Ministro turco Bulent Ecevit confermò alla stampa di aver appreso dell’esistenza di “Counter-Guerrilla” e del collegamento con le forze speciali nel 1974. All’epoca, il Generale Semih Sancar lo informò del finanziamento all’organizzazione da parte degli Stati Uniti sin dai primi anni del post-guerra mondiale. L’ex Primo Ministro dichiarò inoltre di sospettare dell’organizzazione e del suo coinvolgimento nel massacro di Piazza Taksim ad Istanbul nel 1977, dove 36 manifestanti vennero assassinati da un estremista di destra durante la Festa dei Lavoratori del 1 maggio [12].

Francia 

La prima rete stay-behind in Francia nacque subito dopo la fine della II Guerra Mondiale, nel momento in cui sia Washington che Londra temevano la forza dei movimenti comunisti nel paese transalpino; comprendeva estremisti di destra, collaboratori dell’ex Repubblica di Vichy e monarchici, secondo quanto rivelato dal Ministro dell’Interno socialista Edouard Depreux nel giugno del 1947 [13]. L’organizzazione fu sciolta dopo le proteste dell’opinione pubblica, spaventata dalla possibilità di un colpo di Stato di estrema destra. La paura però dei comunisti restava, pertanto il servizio segreto militare francese, il Service de Documentation Extérieure et de Contre-Espionnage (SDECE), guidato da Alexis Ribiere, organizzò una seconda forza armata segreta, confermata successivamente dall’ufficiale della CIA Edward Barnes [14].

Il Presidente francese François Mitterrand, in carica dal 1981 al 1995, cercò in tutti i modi di evitare le domande dei giornalisti riguardanti la rete stay-behind francese dopo la rivelazione italiana di Gladio nel 1990, affermando che la rete era ormai dissolta e che ne erano rimasti ben pochi, di cui, con grande sorpresa, tutti parevano essersene dimenticati [15]. Tuttavia, grande imbarazzo generarono le dichiarazioni del Presidente del Consiglio italiano Giulio Andreotti, che confermò la presenza di rappresentanti della stay-behind francese in un meeting segreto a Bruxelles il 24 ottobre 1990, smentendo di conseguenza le parole del Presidente francese Mitterrand, che si rifiutò di commentare.

Austria 

Posizionata sul complicato confine con gli stati del blocco sovietico e memore dell’occupazione russa durata un decennio, l’Austria si dotò di una rete stay-behind legata alla NATO. Nei primi anni ’50, i governanti austriaci volevano infatti consolidare la neutralità dello Stato austriaco e, con il supporto di CIA e MI6, crearono un’organizzazione segreta dal nome in codice “Österreichischer Wander-Sport-und Geselligkeitsverein” (OWSGV), guidata da Franz Olah, futuro Ministro dell’Interno austriaco degli anni ’60.

Nel 1990, quando venne rivelata la presenza di reti stay-behind della NATO in tutta Europa, il governo austriaco, per cercare di non rovinare la reputazione di paese neutrale, affermò che in Austria non erano presenti reti stay-behind. Sei anni dopo, tuttavia, il quotidiano statunitense Boston Globe rivelò l’esistenza di depositi della CIA in Austria. L’allora Presidente austriaco Thomas Klestil e il Cancelliere Franz Vranitzky si dichiararono ignari della presenza di organizzazioni segrete nel paese e chiesero agli Stati Uniti un’investigazione su vasta scala[16]. L’Amministrazione Clinton rifiutò di condurre un’investigazione, con il portavoce del Dipartimento di Stato Nicholas Burns che tuttavia confermò la presenza di una struttura segreta in Austria e non solo[17].

Italia: l’operazione Gladio

La storia dell’Italia dal dopoguerra in poi, in tutto il periodo della Prima Repubblica, è stata pesantemente influenza dall’anti-comunismo statunitense. La paura era reale laddove il Partito Comunista Italiano (PCI) e il Partito Socialista Italiano (PSI) raccoglievano crescenti consensi nell’elettorato del paese. Inoltre non è una scoperta che il PCI, in particolare, fosse finanziato direttamente dall’Unione Sovietica[18]. Dall’altro lato, CIA e i servizi segreti italiani foraggiavano l’organizzazione stay-behind italiana, Gladio, con l’appoggio di membri della Democrazia Cristiana.

Dopo la sconfitta delle forze dell’Asse, di cui l’Italia mussoliniana faceva parte, il Presidente statunitense Roosvelt, il Primo Ministro britannico Churchill e il leader dell’Unione Sovietica Stalin, si incontrarono nel febbraio del 1945 nella città di Jalta, nell’incontro passato alla storia come “Conferenza di Jalta” dove le tre grandi potenze avversarie dell’Asse si “spartirono” il mondo: durante questa conferenza, il futuro dell’Italia prevedeva l’inclusione della penisola nell’area di influenza statunitense. Inizialmente, gli Stati Uniti e la CIA puntarono alla mafia siciliana, come affermato dall’agente dell’agenzia statunitense Victor Marchetti, che ha dichiarato come “la natura anti-comunista” della mafia era uno degli strumenti che gli USA volevano utilizzare per controllare l’Italia[19].

La mafia però risultò più che altro utile per lo sbarco in Sicilia delle forze Alleate, con l’operazione Husky. Successivamente, Washington e Londra si preoccuparono della crescente popolarità dei moti partigiani comunisti, che arduamente combatterono il regime fascista, guadagnandosi un certo rispetto tra la popolazione italiana. Al termine della guerra, l’attenzione degli Stati Uniti e del Regno Unito nei confronti dell’Italia fu massima: l’obiettivo era evitare in qualsiasi modo che i neo costituiti partiti di sinistra riuscissero a vincere le prime elezioni della storia repubblicana italiana. Il Presidente statunitense era infatti preoccupato della popolarità del Partito Comunista Italiano, il più grande nell’Europa occidentale, e il Partito Socialista Italiano, che insieme formavano una coalizione denominata Fronte Democratico Popolare.

I sondaggi davano il Fronte come possibile vincitore delle elezioni, dopo che nelle elezioni locali si era distinto per essere la seconda forza dopo la Democrazia Cristiana, ampiamente supportata da Washington. Le elezioni portarono alla vittoria la Democrazia Cristiana, che con oltre il 48% dei voti guadagnò 305 seggi, mentre il Fronte Democratico Popolare si fermò a quasi il 31%, con soli 183 seggi guadagnati.

Da qui, la Democrazia Cristiana segnò la posizione atlantista dell’Italia e l’alleanza con gli Stati Uniti, con cui sin da subito si instaurarono ottimi rapporti che portarono rapidamente agli investimenti statunitensi per la ricostruzione (Piano Marshall). Il PCI fu estromesso dal governo e nel 1949 l’Italia entrò a far parte dell’Alleanza Atlantica con il Trattato di Washington, poi organizzatasi nella NATO.

Il pericolo comunista era però ancora sentito dall’altra sponda dell’oceano, e proprio pochi giorni prima dell’adesione dell’Italia alla NATO, venne istituito il primo servizio segreto italiano dopo la guerra: il Servizio Informazioni Forze Armate (SIFAR), sotto il controllo del Ministero della Difesa e il cui direttore divenne il Generale Giovanni Carlo Re. Il SIFAR fin da subito iniziò a collaborare con la CIA (che a conti fatti gestiva il servizio segreto italiano, scegliendone addirittura il personale) nel profilare gli appartenenti ai partiti comunisti e, più in generale, di sinistra, influenzando la politica dei primi anni della Repubblica [20].

E’ proprio in quell’anno che Gladio sarebbe nata, seppur con una denominazione diversa. In base alla Relazione del Comitato Parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato del 1995, la nascita di un’organizzazione stay-behind in Italia risale al 1949, con il nome di “Duca”[21]. L’ufficialità di Gladio (seppur rimasta ovviamente segreta), è datata 1956: è in quest’anno che la CIA e il SIFAR stilano un protocollo d’intesa che sancisce la definitiva consacrazione dell’organizzazione. Nella relazione inviata dal Presidente del Consiglio Giulio Andreotti alla Commissione Stragi, nel 1990, si fa infatti riferimento ai documenti secretati dell’accordo (a firma di Giovanni De Lorenzo, capo del SIFAR nel 1956 e fortemente voluto dalla CIA [22], nonché famoso per essere l’ideatore del Piano Solo) nel quale si confermava la presenza di impegni precedenti a quella data.

A seguito del protocollo, venne istituita, nell’ambito dell’Ufficio “R” (ovvero l’ufficio di controspionaggio) del SIFAR, una sezione di addestramento denominata “Studi Speciali e Addestramento del Personale” (SAD). La SAD, divisa in 4 gruppi, vedeva nei suoi responsabili anche i coordinatori dell’Operazione Gladio. Il quartier generale della stay-behind fu il Centro Addestramento Guastatori (CAG) di Capo Marriargiu, nei pressi di Alghero, in Sardegna.

Negli anni successivi, un’importante passaggio ci viene dato dal documento top secret dello Stato Maggiore della Difesa intitolato “Le forze speciali del SIFAR e l’Operazione Gladio” del 1 giugno 1959, a firma di De Lorenzo. In questo documento si afferma che la pianificazione militare NATO in merito ad operazioni anti-comuniste in Europa era coordinata da due comitati, il Coordinating and Planning Committee (CPC) e l’Allied Coordination Committee (ACC), che non facevano parte della NATO ma erano direttamente collegate al Supreme Headquarters Allied Powers Europe (SHAPE), l’entità responsabile delle attività di comando sulle forze alleate impiegate in operazioni in Europa e nel mondo. Nel documento si sottolinea la preoccupazione dell’Alleanza per sovversioni interne in caso di invasione sovietica e in Italia, in particolare, per il ruolo sempre più forte di PCI e PSI. Nel documento si cita esplicitamente il nome di Gladio nell’accordo tra il servizio italiano e quello statunitense nel campo delle operazioni stay-behind. Nel documento si conclude infine che l’accordo tra CIA e SIFAR del 1956 pone le basi operative per la missione Gladio [23].

Nel gennaio del 1961, John F. Kennedy divenne Presidente degli Stati Uniti d’America. Nei confronti dell’Italia, Kennedy si distanziò dai suoi predecessori, mostrando simpatie per il PSI. Credeva infatti che i socialisti italiani avrebbero cercato forme di socialismo all’interno del contesto democratico. Tuttavia, l’idea di Kennedy incontrava le resistenze di CIA e Dipartimento di Stato [24]. Nel 1963, l’incubo della CIA si materializzò: nelle elezioni italiane di aprile, comunisti e socialisti guadagnarono numerosi seggi, a scapito delle altre liste. La DC scese al 38%, il peggior risultato sin dalla sua creazione; il PCI raggiunse il 25% dei voti che, unito al grande successo del PSI, al 14%, portava per la prima volta la sinistra unita ad avere la quota di maggioranza nel Parlamento. Al governo tuttavia, dopo mesi di negoziazioni, si instaurò una coalizione di centrosinistra con l’accordo di DC, PSI e altre formazioni minori, con Presidente del Consiglio Aldo Moro. Si tratta di un accordo storico, in quanto vede per la prima volta la partecipazione dei socialisti al governo, con Pietro Nenni, leader del PSI, vicepresidente del Consiglio.

Il governo tuttavia non durò molto: alcune decisioni in materia economica mettono in crisi l’accordo tra socialisti e democristiani, e inoltre, i socialisti perdono un importante alleato dall’altra parte dell’oceano: nel novembre del 1963, il Presidente statunitense Kennedy viene assassinato a Dallas, in Texas.

L’anno successivo, all’indomani della crisi politica, l’ormai ex capo del SIFAR De Lorenzo, in quel periodo divenuto Comandante dell’Arma dei Carabinieri, tentò di attuare un piano sovversivo che avrebbe portato all’arresto di numerosi esponenti politici e la presa al potere in Italia dei carabinieri, denominato Piano Solo. Il colpo di Stato prevedeva di occupare questure, sedi di partiti, sindacati, sedi di giornali, radio e televisioni e, ovviamente, centri di potere. Il piano, per varie vicissitudini, non vide mai la sua realizzazione e la scoperta, avvenuta qualche anno più tardi da parte de L’Espresso, portò alla rimozione di De Lorenzo dalla sua carica (De Lorenzo era diventato nel frattempo Capo di Stato Maggiore dell’Esercito), tuttavia una commissione d’inchiesta istituita per far luce sulla vicenda bollò le azioni di De Lorenzo come “deprecabili” ma non come un tentativo di colpo di Stato.

Il Piano Solo ritornò in auge quando venne resa pubblica Gladio, vista la presenza della figura di De Lorenzo, in precedenza capo del SIFAR e coordinatore dell’operazione stay-behind.  Tuttavia non furono riscontrati mai collegamenti tra il piano e l’operazione, se non nella decisione di incarcerare gli eventuali politici arrestati durante lo svolgimento del piano presso il CAG di Capo Marriargiu[25].

Gladio è stata collegata anche alla loggia P[26], una loggia massonica parte del Grande Oriente d’Italia che negli anni ’70 adottò una politica sovversiva nei confronti dello Stato italiano. Il capo della Loggia, Licio Gelli, è stato spesso ipotizzato appartenente a Gladio, con ruoli di primo piano. Tuttavia, anche qui le varie commissioni e i procedimenti giudiziari non hanno dimostrato collegamenti reali tra la loggia e l’operazione.

La scoperta di Gladio

Il primo a scoprire di Gladio è stato il magistrato Felice Casson nell’estate del 1990, il quale indagava sul caso della strage di Peteano: il 31 maggio 1972, nei pressi di Gorizia, un’autobomba esplose uccidendo 3 carabinieri e ferendone altri 2. L’attentato, con matrice politica di estrema destra, fu organizzato da Vincenzo Vinciguerra, membro di movimenti neo-fascisti come Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, che si consegnò anni dopo alle autorità confessando la paternità dell’azione.

Durante il processo, Vinciguerra fece luce sui collegamenti tra movimenti di estrema destra e politica, mostrando come alcuni esponenti politici avessero coperto la matrice fascista dell’attentato[27].

Durante il processo, il magistrato Casson attaccò Vinciguerra, in particolare cercò di collegare (dopo la deposizione del Colonnello Notarnicola, direttore della 1a Divisione del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare, SISMI, che rivelò l’esistenza dei NASCO, i depositi di armi di Gladio) l’esplosivo utilizzato da Vinciguerra con quelli presenti nel deposito NASCO di Aurisina, smantellato, insieme ad altri depositi, nel 1972 [28] [29].

A seguito delle indagini, nei primi mesi del 1990, il magistrato chiese ed ottenne l’autorizzazione, da parte della Presidenza del Consiglio, di accedere agli archivi del SISMI negli anni dal 1972 al 1974. Nel frattempo, il Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, chiese una relazione sulla stay-behind italiana allo Stato Maggiore della Difesa. Il 15 aprile 1990 venne pubblicato il primo articolo di stampa sul tema Gladio, cominciando ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle indagini del magistrato Casson e sulla misteriosa organizzazione segreta[30]. Con la diffusione delle prime notizie, altri giudici cominciano a chiedere le informazioni ottenute da Casson, per risolvere altri casi simili a quello di Peteano: ne è un esempio la richiesta del giudice istruttore Mastelloni sul caso del volo Argo 16.

Il 24 ottobre 1990, dinanzi alla Camera dei Deputati, il Presidente del Consiglio Andreotti rivela l’esistenza dell’organizzazione Gladio[31]. A seguito della rivelazione, sono numerosi i casi in cui l’organizzazione è stata oggetto di indagini, giudiziarie e mediatiche: Gladio è stata infatti collegata a numerosi stragi, come quella di Bologna[32] e di Piazza della Loggia[33], omicidi, come quello delle giornalista Ilaria Alpi e del cineoperatore Miran Hrovatin[34], nonché il rapimento e assassinio di Aldo Moro[35]. Nonostante tutte le accuse e le indagini, la Gladio e i suoi membri sono sempre stati assolti: di grande rilievo la sentenza della Corte d’assise di Roma del 3 luglio 2001, che assolveva i capi di Gladio da tutti i reati ipotizzati[36].

Per quanto riguarda la strage di Peteano, le dichiarazioni di Vinciguerra, che aveva rifiutato qualsiasi collegamento con Gladio e specificato il modo in cui aveva ottenuto l’esplosivo, risultarono convincenti e valide dal giudice incaricato, Guido Salvini, che nella sentenza finale del processo rigettò le ipotesi, prive di elementi probanti, formulate dal magistrato Casson[37].

Conclusioni

Fornire un’analisi esaustiva del fenomeno risulta molto complesso: la quantità di informazioni è enorme nonché la varietà presente non permette una facile consultazione. Se risulta abbastanza intuitivo affidarsi alla documentazione istituzionale (sentenze, verbali, rapporti etc.), questa non sempre permette una visione storica del fenomeno e, d’altro canto, alcuni scritti di storici e autori sul tema risultano spesso ideologizzati e quindi strumentalizzati. La complessità del fenomeno, inoltre, costringe l’interessato a dover superare la sterile diatriba tra “complottisti” e “anti-complottisti”, che sul tema risultano i padroni della divulgazione. Solo negli ultimi anni, alcuni autori più giovani e spesso neutrali hanno tentato di analizzare nel profondo il fenomeno, senza cadere nella trappola dell’ideologia [38].

E’ necessario quindi affrontare il tema in maniera chiara e il più possibile neutrale: le sentenze e le istituzioni hanno sostanzialmente scongiurato qualsiasi collegamento tra l’organizzazione e alcune delle pagine più buie della storia italiana, tuttavia risulta difficile non intravedere la presenza di Gladio all’interno di una stagione caratterizzata dalla strategia della tensione, portata avanti da vari gruppi con differenti finalità e idee.

La non totale apertura degli archivi e la “desecretazione” della documentazione inerente a Gladio, sia da parte dell’Italia che da parte di Stati Uniti e NATO,  non  permettono una visione totale del fenomeno. La legittimità dell’organizzazione all’interno dell’ordinamento italiano risulta essere un ulteriore tema di scontro, seppur l’Avvocatura dello Stato, in un parere allegato alla relazione presentata dal Presidente del Consiglio alla Camera, abbia interpretato l’accordo tra SIFAR e CIA del 1956 (e la contestuale creazione di Gladio) come la semplice esecuzione della legge n.465/49, ovvero la legge che ha recepito il Trattato di Washington.

Considerando quindi le contingenze storiche e le sensazioni degli uomini che hanno vissuto il periodo della Guerra Fredda, non possiamo demonizzare l’idea di costituire delle reti che potessero intervenire laddove le democrazie liberali dell’Europa occidentale, nate dopo le vicende della II Guerra Mondiale, risultavano realmente in pericolo. Tuttavia non si può nascondere il fatto che tali reti risultino talvolta coinvolte o imputabili di aver partecipato ad azioni ed eventi che hanno deciso la storia dell’Europa occidentale, in alcuni casi in modo negativo. Solo il tempo, e l’apertura degli archivi, potranno far luce su alcune delle organizzazioni più misteriose della storia europea.


Note

[1] Peter Murtagh , The Rape of Greece. The King, the Colonels, and the Resistance (London: Simon & Schuster, 1994), p. 29.

[2]Jens Mecklenburg, Gladio: Die geheime Terrororganisation der Nato, Elefanten Press, 1997, p. 19.

[3]Agee and Wolf, Dirty Work, p.154

[4]Jean-Francois Brozzu-Gentile, L’affaire Gladio, Editions Albin Michel, 1994, p.137.

[5] International news service Associated Press, November 14, 1990

[6] Leo Müller, Gladio. Das Erbe des Kalten Krieges. Der NATO Geheimbund und sein deutscher Vorläufer, Rowohlt, 1991, p.14.

[7]Christopher Simpson, Blowback. America’s Recruitment of Nazis and Its Effects on the Cold War, Weidenfeld and Nicolson, 1988, p.44.

[8] Müller, Gladio, p.72.

[9]William Blum, Killing Hope. US Military and CIA interventions since World War II, Common Courage Press, 1995, p.64.

[10] Oesterreichische Militärische Zeitschrift, Heft 2, 1991, p.123.

[11] Selahattin Celik, Türkische Konterguerilla. Die Todesmaschinerie, Mesopotamien Verlag, 1999 p.44.

[12] Celik, Türkische Konterguerilla, p.41;  Lucy Komisar, Turkey’s Terrorists: A CIA Legacy Lives On, The Progressive, 1997.

[13] Roger Faligot, Pascal Krop, La Piscine. Les Services Secrets Francais 1944 – 1984, Editions du Seuil, 1985, p.85.

[14]Jonathan Kwitny, The CIA’s Secret Armies in Europe. An International Story. The Nation, 1992, pp. 446-447.

[15]Citato in Gentile, L’affaire Gladio,  p.41.

[16] Ian Traynor, Britain pressed to reveal arsenals: Austria demands truth on Allies’ cold war tactics,The Guardian, 22 gennaio 1996; Hella Pick, Britain hid arms in cold war Austria: Allies relied on former Waffen SS personnel to repel potential Soviet invasion—US weapons may now be in the hands of neoNazis, The Guardian, 27 gennaio 1996.

[17] Sam King, Hunt for secret US war gold grips Austria, The Sunday Times, 28 gennaio1996.

[18] Per un approfondimento sul tema: Valerio Rima, Oro da Mosca. I Finanziamenti Sovietici al PCI dalla Rivoluzione d’Ottobre al Crollo dell’URSS, Mondadori, 1999.

[19] Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi Doc. XXIII, n. 64, Volume Primo, Tomo II, 22 marzo 2001, p. 76.

[20] Primo Moroni, Mario Coglitore, Sandro Scarso, La notte dei Gladiatori: Omissioni e silenzi della repubblica, Calusca Edizioni, 1992.

[21] Relazione del Comitato Parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato, 1995, https://www.camera.it/_bicamerali/leg14/sis/documen/xii34_3.htm. Nello specifico:  Tribunale di Bologna – Ufficio istruzione, Relazione di perizia del prof. G. De Lutiis, p.p. n. 219\A\86 RGGI e n. 1329\A\84 RGGI – Allegato n. 20.

[22]    Roberto Faenza, Il malaffare. Dall’America di Kennedy all’Italia, a Cuba, al Vietnam, Mondadori, 1978, p. 312.

[23]    Stato Maggiore della Difesa, Servizio Informazioni delle Forze Armate, Ufficio R – Sezione SAD: Le forze speciali del SIFAR e l’Operazione GLADIO. Roma, 1 Giugno 1959. http://www.php.isn.ethz.ch/kms2.isn.ethz.ch/serviceengine/Files/PHP/20213/ipublicationdocument_singledocument/8a92b89a-40bc-4933-a3aa-4c5dd449514d/it/590601_report_gladio.pdf , Documento contenuto in: Mario Coglitore, La Notte dei Gladiatori. Omissioni e silenzi della Repubblica, Calcusca Edizioni, 1992, p. 131.

[24] Roberto Faenza, il malaffare, p.311

[25] Giovanni Maria Bellu, Piano Solo, ecco i politici da arrestare, Repubblica, 30 ottobre 1999, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1999/10/30/piano-solo-ecco-politici-da-arrestare.html

[26] Giovanni Maria Bellu, Giuseppe D’Avanzo, Dietro Gladio c’era la Loggia P2, Repubblica, 17 gennaio 1991, https://www.repubblica.it/online/album/novantuno/bellu/bellu.html

[27] Sentenza di condanna emessa il 25 luglio 1987 dalla Corte d’Assise di Venezia.

[28] Giacomo Pacini, Le altre Gladio, Einaudi, 2014.

[29] Roberto Bianchin, Giorgio Cecchetti, Gladio, non tornano i conti sui ‘NASCO’, Repubblica, 20 gennaio 1991, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1991/01/20/gladio-non-tornano-conti-sui-nasco.html

[30] Marcella Andrioli, SISMI, l’ultima indagine scottante, Panorama, 15 aprile 1990, https://www.stay-behind.it/sites/default/files/documenti/html/Panorama%2015-4-90.htm

[31] Resoconto stenografico della seduta del 24 ottobre 1990, Camera dei Deputati, http://legislature.camera.it/_dati/leg10/lavori/stenografici/sed0537/sed0537.pdf

[32] Rita Di Giovacchino, Strage di Bologna, la verità negata, Il Fatto Quotidiano, 20 agosto 2011, https://www.ilfattoquotidiano.it/2011/08/20/strage-di-bologna-la-verita-negata/152575/

[33] Roberto Bianchin, Giorgio Cecchetti, Gladio dietro le stragi?, Repubblica, 15 dicembre 1990, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/12/15/gladio-dietro-le-stragi.html

[34] Andrea Palladino, Luciano Scalettari, L’ultimo viaggio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia e quell’ombra di Gladio, Il Fatto Quotidiano, 25 marzo 2012, https://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/25/lultimo-viaggio-ilaria-alpi-lombra-gladio/197492/

[35] Franco Scottoni, Nel caso Moro l’organizzazione Gladio, Repubblica, 30 ottobre 1990, https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1990/10/30/nel-caso-moro-operazione-gladio.html

[36] Sentenza Corte d’Assise di Roma, 3 luglio 2001, http://www.misteriditalia.it/servizisegreti/gladio/lastruttura/magistratura/AssoluzioneMartinieInzerilli.pdf

[37] Sentenza-ordinanza Ufficio Istruzione, sez. 20, Tribunale Civile e penale di Milano, procedimento penale nei confronti di Rognoni Giancarlo e altri, Giudice Istruttore Guido Salvini, 3 febbraio 1998, pag. 206, https://www.stay-behind.it/sites/default/files/documenti/html/Salvini%20scagiona%20Gladio%203_2_98_2.pdf

[38]  Consiglio la lettura di Nome in codice: Gladio, di Mirko Crocoli, A.C.A.R. Edizioni, 2017.


Copertina: “Figure” di  Luigi Guerricchio (1932-1996). DiManoinmano


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