Più volte annunciato negli ultimi mesi, il processo di normalizzazione dei rapporti tra Turchia e Siria sembra avere finalmente preso avvio a fine dicembre 2022, grazie all’incontro avvenuto a Mosca tra il ministro della difesa turco, Hulusi Akar, e la sua controparte siriana, Ali Mahmoud Abbas. Il drammatico sisma di inizio febbraio, tuttavia, potrebbe averne alterato gli sviluppi.
A cura di Filippo Fedeli
Ankara e Damasco: una relazione complicata
Già durante la Guerra Fredda, le relazioni tra Turchia e Siria – la prima membro della NATO, la seconda alleata dell’Unione Sovietica e in stretto contatto con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) – sono state altamente problematiche, sfiorando addirittura la guerra in più di un’occasione.
A partire dagli anni 2000, con l’arrivo al potere di Recep Tayyip Erdoğan, da un lato, e Bashar al-Assad, dall’altro, i due paesi sembrarono in un primo momento aver superato le divergenze passate, sviluppando rapporti particolarmente positivi, soprattutto in ambito economico-commerciale. Ciò rispondeva principalmente alla visione geopolitica dello stratega turco Ahmet Davutoğlu, basata sulla dottrina della Profondità Strategica, secondo cui Ankara, per tornare a essere una grande potenza, avrebbe dovuto perseguire una politica estera “di buon vicinato” con gli Stati limitrofi – da molti rinominata, non a caso, “neo-ottomanesimo” -, con cui la Turchia condivideva profondi legami storico-culturali.
Lo scoppio della Primavera siriana a marzo 2011, tuttavia, rese presto obsoleta la politica di Davutoğlu. Se in un primo momento la Turchia fu ingolosita dalla possibilità di rovesciare il regime di al-Assad, attraverso il supporto logistico-militare nei confronti dei ribelli siriani – riuniti sotto il nome di Esercito Libero Siriano (FSA) -, il perdurare del conflitto civile, la nascita dello Stato islamico (IS) e, infine, la formazione di un proto-Stato a maggioranza curda nella regione settentrionale del Rojava – dominato dal Partito dell’Unione Democratica (PYD), legatissimo al PKK -, convinsero il governo turco della necessità di attuare un radicale cambio d’approccio.
A partire dal 2016, pertanto, la politica turca nei confronti della crisi siriana va interpretata in base alla logica della “difesa avanzata”[1]. L’obiettivo principale non era più la caduta di al-Assad – resa oramai impossibile dall’intervento russo-iraniano, grazie al quale Damasco è riuscita a riconquistare la maggior parte del territorio -, bensì la messa in sicurezza dei propri confini meridionali, ripulendoli dalla minaccia jihadista e curda. È in questo senso che vanno lette le numerose offensive militari condotte nel nord della Siria – di cui l’ultima lanciata il 20 novembre 2022, in risposta all’attentato a Istanbul di presunta (secondo Ankara) matrice curda[2] -, che hanno contribuito alla creazione di varie zone d’influenza controllate proprio dall’esercito turco. Sul piano diplomatico, inoltre, Erdoğan è riuscito con successo a ritagliarsi uno spazio in seno al cosiddetto Processo di Astana, percorso di pace promosso da Russia, Iran e Turchia, avviato nella capitale kazaka a inizio 2017, il quale ha de facto trasformato la Siria in un vero e proprio condominio russo-turco-iraniano.
La ripresa del dialogo turco-siriano
Accantonato definitivamente l’obiettivo di destituire Bashar al-Assad, dunque, il governo turco, con la mediazione di Mosca, ha iniziato sempre di più a considerare l’idea di riprendere il dialogo con il regime di Damasco, con cui i rapporti diplomatici erano stati interrotti nel 2011.
Se è vero che negli ultimi anni non sono mancati incontri tra le due parti per capire se fosse possibile arrivare a una riconciliazione[3], lo scoppio del conflitto in Ucraina ha sicuramente imposto un’accelerazione a tale processo. Il primo incontro degno di nota in tal senso è quello avvenuto a metà settembre 2022, a Damasco, tra il direttore dell’intelligence nazionale turca (Mit), Hakan Fidan, e la sua controparte siriana, Ali Mamluk, durante cui fu valutata la prospettiva di un ulteriore incontro tra i ministri degli esteri dei due paesi[4]. Dopo poche settimane, durante il summit di Praga della Comunità Politica Europea, lo stesso Erdoğan si è detto disponibile a incontrare Bashar al-Assad non appena sarebbe arrivato «il momento opportuno»[5].
Questo è indicativo del rinnovato approccio tattico adottato dalla Turchia, la quale mostra l’intenzione di approfittare della debolezza della Russia, distratta dalla guerra in Ucraina – nonché dell’Iran, alle prese con la rivolta interna -, al fine di recuperare un certo grado d’influenza sul regime siriano[6]. Da un punto di vista russo, infatti, Putin è perfettamente consapevole che sia proprio la minaccia turca a legittimare la presenza militare di Mosca a difesa di Damasco. Inoltre, un possibile futuro spostamento di truppe e risorse dalla Siria verso il teatro ucraino lascerebbe sguarnite le proprie posizioni nel paese mediorientale, favorendo ulteriori incursioni militari da parte della Turchia. Prospettiva che, paradossalmente, contribuisce a far convergere ancora una volta gli interessi tattici di Ankara e Mosca: da un lato, la Turchia intavola trattative con la Siria, la quale al contempo si limita a osservare (per non dire avallare) le offensive turche nel nord del paese; dall’altro lato, Erdoğan promette, almeno per il momento, di non minacciare in alcun modo gli interessi della Federazione russa nella regione[7].
A tal proposito, una spinta nella normalizzazione dei rapporti tra Turchia e Siria sembra essere giunta a fine dicembre 2022, con l’incontro a Mosca tra i ministri della difesa dei due Stati. Sotto la supervisione del russo Sergej Shoigu, il ministro turco, Hulusi Akar, e la sua controparte siriana, Ali Mahmoud Abbas, hanno discusso di varie questioni, tra cui la risoluzione del conflitto e la stabilizzazione del paese, il tema dei profughi siriani rifugiati in Turchia (oltre 3.5 milioni di persone), nonché di futuri sforzi congiunti al fine di eliminare ogni forma di estremismo in Siria[8]. Durante il colloquio, come riporta lo stesso Hulusi Akar, è stata addirittura presa in considerazione la possibilità di aprire lo spazio aereo siriano al fine di condurre operazioni militari contro le milizie curde[9].
Più di un osservatore ha notificato che tale incontro, il primo di alto livello governativo a partire dallo scoppio del conflitto, è visto come propedeutico per futuri vertici governativi, nonché in prospettiva tra gli stessi leader Erdoğan e Bashar al-Assad. Proprio quest’ultimo, tuttavia, ha presto smentito ogni possibilità di rapido disgelo nei confronti della Turchia, almeno finché quest’ultima non dimostri l’intenzione di porre fine all’occupazione militare nel nord della Siria, nonché a ogni tipo di sostegno verso i gruppi ribelli ancora presenti nel governatorato di Idlib, nel nord-ovest del paese[10]. A dimostrazione che un’effettiva pace tra Ankara e Damasco rimane ancora lontana.
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Gli effetti politici del terremoto[11]
Prima di concludere, pare doveroso soffermarsi in breve sulle conseguenze politiche causate dal terremoto – dai devastanti effetti dal punto di vista umanitario (oltre 50.000 morti e milioni di sfollati) – che ha colpito Turchia e Siria la notte tra il 5 e il 6 febbraio.
Il recente sisma, infatti, potrebbe svolgere la funzione di catalizzatore rispetto a tutta una serie di processi in atto, tra cui proprio quello di normalizzazione delle relazioni turco-siriane. Tuttavia, sebbene affiori la possibilità che nel medio periodo le due leadership intensifichino i contatti al fine di fronteggiare l’emergenza comune, i problemi che nell’immediato devono essere risolti restano molti. In primo luogo, tra questi vi è l’arrivo dei convogli umanitari nelle zone siriane fuori dal controllo governativo, soprattutto le province di Idlib e Afrin (occupate dalla Turchia). In secondo luogo, persiste la questione delle sanzioni internazionali contro Damasco, solo parzialmente allentate dalla comunità internazionale e, in particolare, dall’Occidente. Infine, di fondamentale importanza è la prossimità temporale delle elezioni in Turchia, previste per maggio 2023, che impongono a Erdoğan la necessità di concentrarsi sui problemi interni, lasciando in secondo piano le questioni siriane[12].
Conclusione
Per le ragioni sopra descritte, dunque, parlare di una completa riappacificazione tra Turchia e Siria sembra ancora prematuro. Tuttavia, l’incontro tra i ministri della difesa dei due paesi, avvenuto lo scorso dicembre a Mosca, pare aver aperto uno spiraglio verso una reale distensione. Inoltre, il governo turco potrebbe approfittare delle momentanee debolezze di Russia e Iran – la prima occupata dal conflitto in Ucraina, la seconda distratta dalle proteste anti-regime – al fine di aumentare la propria influenza sul regime di Damasco. Resta da capire, infine, se il tragico sisma di inizio febbraio possa condurre a un’ulteriore spinta nel processo di normalizzazione turco-siriana oppure alla sua ennesima battuta d’arresto.
Note
[1] E. Areteos, Mavi Vatan and Forward Defense. The Sinuous Journey of a Republican and Imperial Hybridization, agosto 8, 2020, Diplomatic Academy of University of Nicosia, https://www.unic.ac.cy/da/wp- content/uploads/sites/11/2020/07/Mavi-Vatan-and-Forward-Defence-Evangelos-Areteos.pdf.
[2] Turkey Kurdish strikes: Operation Claw-Sword targets militant bases, novembre 20, 2022, BBC, https://www.bbc.com/news/world-middle-east-63693308.
[3] Si prenda in considerazione, ad esempio, l’incontro tra i ministri degli esteri dei due paesi, avvenuto a margine del summit dei paesi non allineati a Belgrado, a ottobre 2021. R. Soylu, Turkey’s Cavusoglu says he met Syrian foreign minister in October, agosto 11, 2022, Middle East Eye, https://www.middleeasteye.net/news/turkey-syria-cavusoglu-says-met-foreign-minister.
[4] Cfr., D. Santoro, I due forni di Ankara. In Eurasia insieme a Washington, nel Medioceano con Mosca, in “Limes – Rivista Italiana di Geopolitica”, 2022, n. 9, p. 191.
[5] Turkey’s Erdogan can meet Syria’s Assad “when right time comes”, ottobre 6, 2022, Reuters, https://www.reuters.com/world/middle-east/turkeys-erdogan-can-meet-syrias-assad-when-right-time-comes-2022-10-06/.
[6] Cfr., D. Santoro, in Il Mondo Oggi, novembre 21, 2022, Limes – Rivista Italiana di Geopolitica, https://www.limesonline.com/notizie-mondo-oggi-21-novembre-turchia-pkk-kurdistan-siria-iraq-germania-polonia-ucraina-cop27-kazakistan/130062.
[7] Cfr., D. Santoro, I due forni di Ankara…, op. cit., p. 192.
[8] Turkey, Syria, Russia defence ministers hold talks in Moscow, dicembre 28, 2022, Al-Jazeera, https://www.aljazeera.com/news/2022/12/28/turkey-syria-russia-defence-ministers-hold-talks-in-moscow.
[9] Russian, Syrian, Turkish defence ministers meet in Moscow for first talk since 2011, dicembre 28, 2022, France 24, https://www.france24.com/en/middle-east/20221228-russian-syrian-turkish-defence-ministers-meet-in-moscow-for-first-talks-since-2011?_ga=2.36777571.2127331570.1676078264-271936602.1676078264.
[10] Siria: Assad, nessun disgelo con Turchia senza fine occupazione, gennaio 13, 2023, Ansa, https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/01/13/siria-assad-nessun-disgelo-con-turchia-senza-fine-occupazione_9662da16-1b75-4564-88b3-a9d35113a41f.html
[11] Per un’analisi più approfondita si veda A. Minervini, Turchia: un terremoto anche politico?, febbraio 8, 2023, Opinio Juris, https://www.opiniojuris.it/turchia-un-terremoto-anche-politico/
[12] Cfr., S. J. Frantzman, Turkey-Syria earthquake: 6 ways it could affect the Middle East, febbraio 6, 2023, The Jerusalem Post, https://www.jpost.com/middle-east/article-730747
Foto copertina: Turchia e Siria