Variante Coppa d’Africa


La Coppa delle nazioni africane è iniziata. Il dubbio sorge spontaneo: è giusto? 


Si gioca in sei stadi di cinque città: Camerun, Senegal, Algeria, Tunisia, Egitto, Marocco, Nigeria, queste, alcune delle favorite alla vittoria. 
Riavvolgiamo il nastro e partiamo dall’inizio: La Confédération Africaine de Football anticipò, inizialmente, il torneo dall’11 giugno al 9 luglio 2021 al periodo che va dal 9 gennaio al 6 febbraio 2021, valutando le condizioni estreme del Camerun – paese ospitante della coppa – pericolose e deleterie per i partecipanti. Scelta giusta, ma non saggia: la poca lungimiranza e la pressione politico-economica portarono ad un nuovo slittamento, questa volta di un intero anno; la Coppa d’Africa si sarebbe giocata nello stesso periodo invernale, ma nel 2022. Un evento del quale non ci sono antecedenti, in una condizione umana e sanitaria senza precedenti.
Il 31 marzo 2021 la Confédération Africaine de Football – come detto – rinviò la Coppa al 2022; nessuno avrebbe potuto immaginare uno scenario simile a distanza di un anno.
A novembre insorgono i primi mugugni: gira voce di una possibile nuova variante; i primi casi sono in Botswana e in Sud Africa, l’11 e il 14 novembre. Il 26 novembre 2021, a un mese e mezzo dall’inizio del torneo, l’Oms designa la variante Omicron; la Coppa delle nazioni africane è nuovamente a rischio.
La variante si espande, se da una parte gli enti politici del calcio raccomandano cautela ma spronano affinché non si cambino i piani, dall’altra le società calcistiche e i giocatori non hanno timore a esprimere perplessità sulla situazione. L’incontro tra Patrice Motsèpe, Presidente sudafricano della CAF dal 2021, e Samuel Eto’o, Presidente della federazione calcistica del Camerun, sancisce un’unione d’intenti verso la concretizzazione della manifestazione: ormai non si può tornare più indietro.
Alle porte del torneo non tardano i primi scandali: il Presidente della CAF impone il test molecolare come condizione sine qua non per entrare negli stadi e poter usufruire dello spettacolo, ma si vocifera dell’esistenza di test falsi per arginare le disposizioni dichiarate.
Iniziano, però, a spuntare i primi giocatori africani positivi; tra il 29 e il 31 dicembre l’Algeria e il Camerun denunciano sette calciatori risultati positivi al Covid. A questi si aggiungono, man mano, altre squadre come Tunisia, Marocco, Nigeria e Senegal; fino ad arrivare al paradosso dell’Egitto che, il giorno prima dell’inizio della Coppa d’Africa, non è potuto partire causa focolaio di positivi nella nazionale, costringendo a posticipare la partita contro la nazionale nigeriana.
Nessuno stop all’orizzonte; la precarietà sarà una compagna di cui la Coppa delle nazioni africane non potrà privarsi. C’è da chiedersi se fosse stato più adeguato rimandare, ancora una volta, il torneo: posticipare avrebbe portato ad un gap calcistico, economico, sociale impossibile da recuperare. Che la Confederazione abbia voluto tutelare calciatori, staff tecnico e spettatori sulla questione del clima e non della sanità è un punto che dovrà, e sarà, sicuramente chiarito in futuro.
Come potremmo mai rispondere adesso a conseguenze che ancora non sono avvenute? Ai posteri l’ardua sentenza.