What if: le sorti di Taiwan con il ritorno di Trump alla Casa bianca


“Gli Stati Uniti perseguiranno sempre l’America First, e Taiwan può passare dall’essere un importante pedina dello scacchiere ad una da scartare in qualsiasi momento”, ha dichiarato Chen Binhua, portavoce dell’ufficio degli affari di Taiwan a Pechino durante un briefing con la stampa.


Chen Binhua stava rispondendo a una domanda su un’intervista rilasciata da Trump a Fox News nel mese di luglio 2023. In quell’occasione, Trump aveva evitato di rispondere in modo netto alla  domanda relativa a cosa farebbe in caso di un attacco cinese nei confronti di Taiwan. “Se rispondessi a questa domanda, mi metterei in una pessima posizione negoziale”, aveva detto Trump all’epoca. “Detto questo, Taiwan ha preso tutti i nostri chip”. Secondo gli analisti, un rientro di Trump alla Casa Bianca porterebbe con sé il caos che ha caratterizzato i suoi quattro anni nello Studio Ovale, creando incertezza nelle relazioni di Washington con il resto del mondo. In particolare, la futura posizione di Trump su Taiwan appare incerta anche alla luce della sua precedente amministrazione, durante la quale affermava che l’isola non era una sua priorità.  In effetti, nel sito web della campagna di Trump che riporta 46 punti della sua politica non c’è alcuna menzione di Taiwan.

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La storica telefonata e l’ambiguità (strategica?) di Trump

Quando gli è stato chiesto di commentare le osservazioni di Chen, un portavoce della campagna di Trump ha fatto riferimento ai commenti fatti da Trump quando era presidente, che indicavano la Cina come una minaccia per la sicurezza nazionale.
Il portavoce ha anche fatto riferimento a una conversazione precedente che la presidente di Taiwan Tsai Ing-wen ha avuto con Trump quando era presidente eletto nel 2016. La telefonata è stata la più vicina all’ottenimento di un riconoscimento formale da parte degli Stati Uniti da parte di un leader taiwanese da quando Washington ha stabilito relazioni con il governo comunista di Pechino, circa quattro decenni fa. Nessun altro presidente degli Stati Uniti lo aveva fatto dal 1979, quando Washington stabilì relazioni diplomatiche formali con Pechino riconoscendo Taiwan come parte di “una sola Cina”.
Quando Pechino ha espresso la sua rabbia per la telefonata, Trump ha replicato che non si sarebbe fatto “imporre nulla”. In seguito, interrogato sulla rottura del protocollo, ha dichiarato a Fox News di non capire perché gli Stati Uniti siano “vincolati” all’impegno di onorare la politica di una sola Cina “a meno che non facciamo un accordo con la Cina su altre cose, incluso il commercio”. Tre mesi dopo, il Presidente Trump, appena inaugurato, ha accettato di onorare la politica di una sola Cina durante una telefonata con il Presidente cinese Xi Jinping, nella speranza di indurre Pechino a ridurre il deficit commerciale bilaterale.

Armi e semiconduttori

“Penso che telefonate simili a quella di Tsai siano probabilmente avvenute in passato, ma non sono mai state rese pubbliche. E lui [Trump] l’ha pubblicizzata molto”, ha detto Eric Gomez del Cato Institute, un think tank di Washington. L’atteggiamento di Trump nei confronti di Taiwan “sembra fluttuare in modo selvaggio”, ha aggiunto Gomez. Gomez ha ipotizzato che Trump, in un secondo mandato, potrebbe fare pressioni su Taiwan per quanto riguarda i semiconduttori, dato che la questione “attira molto l’attenzione”.
Durante l’amministrazione Trump, TSMC, il produttore di semiconduttori di Taiwan, che è il più grande costruttore di chip avanzati al mondo, ha investito per la prima volta nella costruzione di un impianto di produzione in Arizona. Il progetto ha subito ritardi a causa della mancanza di manodopera qualificata e dell’opposizione locale all’arrivo di lavoratori da Taiwan. Trump ha, inoltre, concluso un numero record di accordi di armi con Taipei durante la sua presidenza. Solo nel 2020, le vendite militari statunitensi a Taiwan sono state pari a 5 miliardi di dollari.
Per Thomas Parker della George Washington University, autore di American Presidents in Diplomacy and War, Trump rimane più interessato alla “bilancia dei pagamenti che alla bilancia dei poteri”, poiché tende a ridurre tutti i problemi a “questioni economiche, cosa che certamente fa nei confronti della Cina”.

Cosa accadrebbe con una nuova amministrazione Trump?

Trump non ha mai smesso del tutto di interessarsi a Taiwan, nemmeno dopo il termine della sua presidenza. Alcuni “ex funzionari di alto livello dell’amministrazione Trump” sono rimasti impegnati con Taiwan anche dopo aver lasciato l’incarico. Mike Pompeo, che è stato segretario di Stato americano di Trump dal 2018 al 2021, ha visitato Taiwan nel marzo 2022, esortando Washington a riconoscere l’isola come “Stato sovrano”. Pompeo era stato preso in considerazione per un secondo mandato prima che Trump perdesse le elezioni presidenziali a favore di Biden nel 2020.
Gli analisti che hanno una visione favorevole di Trump, sostengono che sarebbe più attivo di Biden nel trattare con Taiwan e si impegnerebbe per evitare qualsiasi conflitto dal momento che la maggior parte degli elettori repubblicani si oppone al coinvolgimento militare degli Stati Uniti in conflitti esteri, in favore di una maggiore attenzione alle questioni interne.
Un sondaggio condotto a novembre dal Chicago Council on Global Affairs ha indicato che oltre il 50% degli intervistati è contrario all’invio di truppe statunitensi per aiutare il governo taiwanese a difendersi da Pechino. La maggioranza degli americani, tuttavia, è favorevole alla vendita di armi all’isola. John Copper, professore emerito di relazioni internazionali al Rhodes College di Memphis, nel Tennessee, ha dichiarato che “i repubblicani si aspettano che Trump agisca rapidamente e cerchi di prevenire un conflitto mostrando rapidamente la propria forza”.


Foto copertina: Donald Trump