Il mondo secondo Xi: “la nuova era”


La nuova era di Xi Jinping si vuole concretizzare con una diversa posizione della Cina nel mondo, Pechino come centro di un unico ordine globale integrato, la cui interconnessione è sostenuta dagli standard e dalla “saggezza” della Cina”.


La “nuova era” di Xi Jinping ha preso il via lo scorso ottobre 16 ottobre al termine del 20° Congresso Nazionale del PCC in Cina. Durante il discorso di apertura dei lavori del Congresso, Xi Jinping ha toccato diversi punti riguardanti sia i rapporti con Hong Kong, dove ha elogiato il modello “un paese e due sistemi” (applicabile anche ai rapporti con Macao), ma anche i rapporti con la ribelle Taiwan, ribadendo ancore un volta che la Cina considera l’isola di Formosa come parte della Cina e che “risolvere la questione di Taiwan è un affare del popolo cinese e spetta al popolo cinese decidere.”. Insomma Xi Jinping ha promesso che la riunificazione avverrà, è solo questione di tempo.
Il presidente Xi ha concluso il suo discorso lanciando un appello all’unità: “restiamo uniti come una sola persona e andiamo avanti con determinazione”. Rinforzando così l’importanza del concetto di unità per “costruire un Paese socialista e moderno in tutti gli aspetti e far avanzare il ringiovanimento nazionale su tutti i fronti.”.
La parola d’ordine espressa dal Congresso è: “nuova era”. Negli ultimi cinque anni, il termine “nuova era” (新时代) è apparso con sempre maggiore frequenza nei white paper cinesi, nella propaganda, nei discorsi ufficiali e nella diplomazia pubblica. Ma cosa intende Xi per nuova era? Senza dubbio “nuova era” è l’espressione più abusata nei discorsi politici e istituzionali per cercare di trasmettere al pubblico l’idea di voler cambiare le cose, magari in contrasto con quanto fatto, o non fatto, fino a quel momento. Ma nel caso cinese nuova era va ad indicare un idea ben precisa che passa nella mente del Presidente Xi. Una nuova era che può essere semplificata così: “La Cina e Xi, e Xi è la Cina”. Un percorso di fusione tra il Presidente e il Regno di Mezzo iniziato con il 19° Congresso del Partito nel 2017. Da allora, la “nuova era” è stata applicata retroattivamente nelle dichiarazioni ufficiali per riferirsi al periodo successivo al 18° Congresso del Partito nel 2012, equiparando la “nuova era” a tutto il mandato di Xi Jinping come segretario generale del PCC. La nuova era di Xi Jinping si vuole concretizzare con una diversa posizione della Cina nel mondo, Pechino come centro di un unico ordine globale integrato, la cui interconnessione è sostenuta dagli standard e dalla “saggezza” della Cina”. La “nuova era” viene utilizzata anche per affrontare le delicate questioni interne come il Tibet, lo Xinjiang e Taiwan. Lo scorso 10 agosto l’Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato e l’Ufficio informazioni del Consiglio di Stato della Repubblica popolare cinese hanno pubblicato un libro bianco intitolato “La questione di Taiwan e la riunificazione della Cina nella nuova era”, già nel preambolo è possibile comprendere la strategia cinese per Taiwan “Risolvere la questione di Taiwan e realizzare la completa riunificazione della Cina è un’aspirazione condivisa da tutti i figli e le figlie della nazione cinese. È indispensabile per la realizzazione del ringiovanimento della Cina. È anche una missione storica del Partito Comunista Cinese (PCC). Il PCC, il governo cinese e il popolo cinese hanno lottato per decenni per raggiungere questo obiettivo.”, e poi ancora “Taiwan appartiene alla Cina fin dai tempi antichi[1]” ergo Pechino non accetterà nessun tipo di interferenza occidentale, che il mondo stia attento. Del resto la posizione di Pechino rispetto alla guerra in Ucraina è chiara. Se da un lato si condanna la violazione dei confini di uno Stato sovrano, dall’altro si “comprendono” le motivazioni di Mosca il suo senso di accerchiamento. Una posizione che ovviamente riflette quelle che sono le principali preoccupazioni cinesi. Il riferimento all’integrità territoriale ucraina e quindi non riconoscere le annessioni russe, si basano sulla volontà cinese di non accettare nessun tipo di interferenza nei luoghi che Pechino considera come propri territori Taiwan, ma anche Hong Kong, Tibet e Xinjiang. Stesso vale per il “senso di accerchiamento”, discorso che vale per Mosca ma anche per Pechino.
Il discorso di una “nuova era” è usato anche per sfidare gli Stati Uniti, la NATO ei paesi occidentali che appartengono alla “vecchia” era unipolare della politica globale. Chiaramente Xi Jinping punta a ritagliarsi un ruolo di protagonista alternativo, se non concorrente, al mondo unipolare a trazione americana. Il Beijing Consensus versus Washington consensus, con Pechino modello di sviluppo alternativo che non trova nel rispetto delle libertà fondamentali, nella libertà di stampa, nel rispetto e tutela dei diritti umani e nella democrazia liberale i pilastri su cui edificare la società. Ma al contrario Pechino si erge ad interlocutore affidabile e soprattutto indifferente a tutte queste istanze. Xi Jinping dopo la “pausa” causa pandemia, spinto da un forte desiderio di recuperare il tempo perduto, ha ripreso i suoi tour diplomatici ed ha incontrato più di 30 leader mondiali negli ultimi tre mesi. Un tentativo di ristabilire i rapporti anche con i Paesi europei. Ma salta all’occhio l’assenza dall’elenco dei leader con cui Xi ha recentemente incontrato, il Primo Ministro indiano, Narendra Modi, e il leader della Corea del Nord, Kim Jong-un. Modi era presente alle riunioni dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai a settembre e al G20 a novembre, ma lui e Xi hanno tenuto solo brevi scambi informali in entrambi. Sebbene l’India e la Cina abbiano posto fine alla loro situazione di stallo militare durata 28 mesi nel Ladakh orientale, le tensioni in materia di sicurezza in altre sezioni della linea di controllo effettivo (il confine de facto) rimangono elevate. India e Cina continuano a mantenere ciascuna circa 60.000 truppe e armi avanzate nel teatro del Ladakh, e prevediamo che i legami bilaterali rimarranno difficili nel 2023-37.
Kim Jong-un è l’unico leader del partito comunista al governo (tra Corea del Nord, Cuba, Laos e Vietnam) con il quale Xi non ha avuto un incontro bilaterale. Parte di ciò potrebbe riflettere le ansie della Cina per i ripetuti test missilistici della Corea del Nord quest’anno, che minacciano di raffreddare le relazioni più calde della Cina con il Giappone e la Corea del Sud (poiché le ultime due si avvicinano agli Stati Uniti per motivi di sicurezza)[2].
Allora come sarà il mondo secondo Xi? Un mondo basato sul concetto della “nuova era”, la Cina è presente, è forte, e non ha nessuna intenzione di permettere alle potenze occidentali(leggi in primis Usa), di provare ad immischiarsi nel proprio cortile di casa (Taiwan) o provare dall’esterno ad innescare rivolte nelle province dove la stabilità, per fattori economici ma soprattutto etnici) è a forte rischio (Xinjiang e Tibet). L’obiettivo per la Cina è il 2049, cioè l’anno della scadenza prevista dai cinesi del completamento dell’imponente progetto della Belt and Road Initiative, che coinciderà con il centenario della fondazione della Repubblica popolare cinese (RPC), e che secondo Pechino, proietterà il Regno di Mezzo sul tetto del mondo.


Note

[1] https://english.news.cn/20220810/df9d3b8702154b34bbf1d451b99bf64a/c.html
[2] https://www.eiu.com/n/how-to-read-xi-jinpings-return-to-the-world-stage/


Foto copertina: Xi Jinping